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T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 7 Maggio 2008, n. 928



ASSOCIAZIONI - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Intervento ad adiuvandum - Soggetti legittimati all’impugnazione - Inammissibilità dell’intervento - Associazione Italia Nostra - Legittimazione straordinaria ex art. 146, c. 11 d.lgs. n. 42/2004 - Estensione analogica - Esclusione. Nel processo amministrativo, al fine di non eludere il termine di decadenza per proporre gravame, l’intervento è precluso a quanti sono legittimati all’impugnazione. Con riferimento ad Italia Nostra, pertanto, deve ritenersi inammissibile l’intervento ad adiuvandum, posto che l’associazione è inclusa nell’elencazione di cui agli artt. 13 e 18 l. 18 luglio 1986 n. 349 fra le associazioni ambientaliste nominativamente legittimate a impugnare gli atti incidenti sulla tutela del paesaggio. Né, in contrario, rileva l’art. 146, comma 11, d.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 che in materia attribuisce a Italia Nostra “la legittimazione all’impugnativa delle sentenze o ordinanze del Tribunale amministrativo regionale anche se non abbia proposto ricorso in primo grado”. Trattasi di legittimazione straordinaria all’appello prevista ex lege non estensibile analogicamente al di fuori dell’ipotesi specificamente disciplinata tale da non giustificare affatto la deroga alla regola processuale sulla indifferibilità, e la conseguente non elusione, del temine d’impugnazione. Pres. Balba, Est. Caputo - R.Z. (avv. Bormioli) c. Regione Liguria (avv.ti Benghi e Sommariva), Comuni di Riomaggiore e di Vernazza (avv. Gerbi), Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato), Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre (avv.ti Gamalero e Zanobini), riunito ad altro ricorso - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 7 maggio 2008, n. 928

URBANISTICA ED EDILIZIA - Piano di recupero urbanistico e ambientale - Assorbimento del procedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria - Illegittimità. E’ illegittimo l’assorbimento del procedimento di rilascio del titolo edilizio in sanatoria, rimesso alla potestà esclusiva del Comune, nell’ambito del procedimento di recupero urbanistico e ambientale (quale strumento attuativo di variante al PTCP), riservato alla Giunta Regionale. Nella “situazione di degrado”, postulato dell’intervento di recupero, infatti, non rientra affatto quella antigiuridica connessa alla realizzazione di opere abusive oggettivamente considerate: l’una richiama un dato di fatto socio-economico (solo) indirettamente riferito al territorio; l’altra si riporta all’illecito giuridico direttamente incidente sul tessuto paesaggistico (art. 169 d.lgs. n. 42/2004) ed urbano (art. 31 t.u. n. 320/2001) conseguente alla realizzazione e permanenza in loco delle opere abusive. Pres. Balba, Est. Caputo - R.Z. (avv. Bormioli) c. Regione Liguria (avv.ti Benghi e Sommariva), Comuni di Riomaggiore e di Vernazza (avv. Gerbi), Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato), Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre (avv.ti Gamalero e Zanobini), riunito ad altro ricorso - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 7 maggio 2008, n. 928

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Progetto di recupero paesaggistico ambientale - Disciplina di tutela del vincolo paesaggistico - Estraneità. Il progetto di recupero paesaggistico-ambientale non si iscrive nella disciplina di tutela del vincolo paesaggistico stricto sensu intesa (cfr. art. 143, cc. 1 e 5, lett, c), d.lgs. n. 42/2004): non designa affatto un procedimentale tecnico-amministrativo per la conservazione, gestione e valorizzazione del vincolo paesaggistico; sebbene individua uno strumento di politica del territorio - devoluto per l’appunto alla competenza di un organo politico qual è la Giunta regionale - finalizzato alla riqualificazione di aree, non assoggettate a vincolo ex lege, degradate o compromesse. Pres. Balba, Est. Caputo - R.Z. (avv. Bormioli) c. Regione Liguria (avv.ti Benghi e Sommariva), Comuni di Riomaggiore e di Vernazza (avv. Gerbi), Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato), Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre (avv.ti Gamalero e Zanobini), riunito ad altro ricorso - T.A.R. LIGURIA, Sez. I - 7 maggio 2008, n. 928

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


N. 00928/2008 REG.SEN.
N. 01047/2007 REG.RIC.
N. 01095/2007 REG.RIC.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1047 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Rosa Rita Zone, rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Bormioli, con domicilio eletto presso Giovanni Bormioli in Genova, p.zza Dante 9/14;


contro


Regione Liguria, rappresentato e difeso dagli avv. Gigliola Benghi, Michela Sommariva, con domicilio eletto presso Gigliola Benghi in Genova, via Fieschi 15;
Comune di Riomaggiore, Comune di Vernazza, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso Giovanni Gerbi in Genova, via Corsica 21/18-20;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Genova, Viale Brigate Partigiane 2;
Provincia di La Spezia;
Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre, rappresentato e difeso dagli avv. Armando Gamalero, Maria Luisa Zanobini, con domicilio eletto presso Armando Gamalero in Genova, via XX Settembre 14/12;

nei confronti di
Srl Villaggio Marino Europa, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso Luigi Cocchi in Genova, via Macaggi 21/5 - 8;

Sul ricorso numero di registro generale 1095 del 2007, proposto da:
Onlus Associazione Verdi Ambiente e Societa', rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Granara, con domicilio eletto presso Daniele Granara in Genova, via Bartolomeo Bosco 31/4;


contro


Regione Liguria, rappresentato e difeso dagli avv. Gigliola Benghi, Michela Sommariva, con domicilio eletto presso Gigliola Benghi in Genova, via Fieschi 15;
Comune di Riomaggiore, Comune di Vernazza, rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso Giovanni Gerbi in Genova, via Corsica 21/18-20;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Genova, Viale Brigate Partigiane 2;
Provincia di La Spezia;
Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre, rappresentato e difeso dagli avv. Armando Gamalero, Marialuisa Zanobini, con domicilio eletto presso Armando Gamalero in Genova, via XX Settembre 14/12;


nei confronti di

Srl Villaggio Marino Europa, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Cocchi, con domicilio eletto presso Luigi Cocchi in Genova, via Macaggi 21/5 - 8;

e con l'intervento di
Associazione Italia Nostra Onlus, rappresentato e difeso dall'avv. Carlo Raggi, con domicilio eletto presso Carlo Raggi in Genova, via Palestro 2/11;

per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1047 del 2007:
della deliberazione della giunta regionale n. 998 del 7.8.2007 avente ad oggetto "Comune di Riomaggiore (SP) - approvazione di progetto di recupero paesistico ambientale ai sensi dell'art. 75 della l.r. n. 36/1997 e s.m. avente contenuto e valore di S.U.A: di iniziativa privata in località Spaiggione di Corniglia"; nonchè di tutti gli atti preparatori e presupposti - e in particolare di quelli menzionati e richiamati nella D.G.R. nonchè dell'intesa stipulata il 2.8.2007 - conseguenti e connessi, anche ignoti ai ricorrenti - e in particolare gli eventuali atti comunali di sanatoria straordinaria di opere abusive ex art. 31 L. n. 47/1985 - nonchè di quelli menzionati di seguito, fatti oggetto di specifica censura.

quanto al ricorso n. 1095 del 2007:
della deliberazione del consiglio comunale n. 28 del 21.06.2007 avente ad oggetto adeguamento del PUC ai rilievi formulati dalla Provincia di Genova con atto del dirigente dell'area 5 - urbanistica e pianificazione generale e di settore n. 5529 del 18.10.2006 nonchè per l'annullamento della deliberazione del consiglio comunale n. 26 del 9.06.2006 di approvazione del progetto definitivo del piano urbanistico comunale ai sensi dell'art. 40 comma 4 lett. b) della L.R. n. 36/1997; della deliberazione del consiglio comunale n. 25 del 9.06.2006 recante discussione e votazione delle osservazioni dal n. 1 al n. 56 Piano Urbanistico Comunale;della deliberazione del consiglio comunale n.1 del 22 gennaio 2004 di adozione del progetto definitivo di PUC ai sensi dell'art. 40 comma 1 lett. c) della L.R. n. 36/1997; della deliberazione del consiglio comunale n. 31 del 12 giugno 2002 di adozione del progetto preliminare del PUC ai sensi dell'art. 38 della L.R. n. 36/1997 e per l'annullamento di ogni atto preparatorio, presupposto,inerente conseguente e/o comunque connesso ed in particolare dei seguenti atti:parere della Provincia di Genova reso sul progetto preliminare di PUC con DGP n. 534 del 29 ottobre 2002 e del relativo voto del comitato tecnico urbanistico provinciale n. 548 del 10.10.2002, 23.10.2002 e 28.10.2002 e del relativo voto del comitato tecnico urbanistico regionale n. 98 del 19.11.2002 ai sensi dell'art. 39 comma 1, della L.R. n. 36/1997; nulla osta ai sensi dell'art. 69 della L.R. n. 36/1997 a variare il PTCP in sede di approvazione del PUC rilasciato dalla Regione Liguria con DGR n. 79 del 16.07.2004.


Visti i ricorsi ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Liguria;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Riomaggiore;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vernazza;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Srl Villaggio Marino Europa;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Liguria;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Riomaggiore;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ente Parco Nazionale delle Cinque Terre;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Vernazza;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Srl Villaggio Marino Europa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19/03/2008 il dott. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 

FATTO


I ricorrenti, residenti nel comune di Riomaggiore, hanno impugnato la deliberazione regionale avente ad oggetto l’approvazione del progetto di recupero paesistico ambientale, avente valore di strumento urbanistico attuativo, promosso su iniziativa della società proprietaria del complesso turistico ricettivo, realizzato senza titolo in località Spiaggione di Corniglia.

Con autonomo ricorso l’Associazione Verdi Ambiente e Società V.A.S., riconosciuta dal Ministero dell’Ambiente, ha impugnato la stessa deliberazione.

Nelle premesse di entrambi gli atti introduttivi si precisa che:

- su parte dell’area originariamente occupata dalla ferrovia che percorreva la costa delle Cinque Terre, poi rimossa e spostata più a monte, a far data dal decennio decorrente dal 1980 è stato realizzato, senza titolo edilizio né autorizzazione paesaggistica, sfruttando il preesistente asse viario, il complesso turistico ricettivo denominato “ Villaggio Marino Europa”;

- le istanze di condono edilizio (ex art. 31 l. n. 47/85), presentate il 28.11.85 dalla dante causa della controinteressata per fatto ad essa imputabile non hanno avuto seguito come formalmente attestato dal responsabile del settore tecnico che il 18.02.03 auto-annullava il provvedimento d’avvio del procedimento di sanatoria;

- in ossequio a specifica previsione contenuta nell’art. 223 NTA del PRG di Riomaggiore, la controinteressata, subentrata nel frattempo nella proprietà dell’asse immobiliare, ha presentato, secondo il modello del procedimento di variante del PTCP, il progetto di recupero paesaggistico-ambientale di cui all’art. 75 l.r. 4 settembre 1997 n. 36 - sostanzialmente riproduttivo dell’abrogato art. 9 l.r. 2 maggio 1991 n.6 - preordinato a conseguire il permesso di costruire in sanatoria ed avente valore di strumento urbanistico attuativo con annessa convenzione urbanistica, preceduta da atto unilaterale d’obbligo.

L’asse argomentativo che dà contenuto giuridico alle descritte premesse di fatto, ed informa altresì le censure proposte avverso la deliberazione d’approvazione del progetto di recupero paesaggistico-ambientale, è che, oltre ad essere stati invertiti i procedimenti dal momento che il condono delle opere abusive avrebbe dovuto (cronologicamente e giuridicamente) precedere il risanamento dell’ambiente degradato al cui solo fine è teleologicamente indirizzata la progettazione ex art. 75 l.r. n. 36/97, vanificando oltretutto le istanze partecipative dei ricorrenti, non si sarebbero previamente definiti né gli immobili oggetto di sanatoria né le quantità volumetriche effettivamente condonabili.

Aggiungasi che, secondo le parti ricorrenti, la sanatoria per sua natura implica che sono suscettibili di essere recuperati solo i manufatti effettivamente esistenti nella loro (attuale) consistenza strutturale e volumetrica: viceversa gli edifici distrutti da eventi accidentali e gli interventi di costruzione al solo stadio progettuale, non ancora realizzati che andrebbero ipoteticamente a sostituire quelli abusivi in parte distrutti non potrebbero essere oggetto di condono.

Inoltre la disciplina del PTCP ( cfr. art. 48 NTA), per aree ricomprese nel perimetro del Parco delle Cinque Terre ed integranti siti di interesse comunitario (nell’acronimo SIC) tali da meritare la valutazione ambientale strategica, sarebbe radicalmente ostativa alla realizzazione di nuovi interventi edilizi con annesse opere a standards oltretutto insufficientemente progettate rispetto alle specifiche previsioni normative.

Conseguenti i motivi d’impugnazione raggruppati per omogenei profili di censura:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 31e 32 l.n. 47/85, dell’art. 39 l. n. 724/1994 e dell’art. 49 l.n. 449/1997 in relazione all’art. 223 NTA del PRG del comune di Riomaggiore nonché dell’art. 75 l.r. 4 settembre 1997 n. 36;

Violazione degli artt. 146 e 159 d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 dell’art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241. Eccesso di potere sotto vari profili;

Violazione dell’art. 48 del PTCP e dell’art. 3 direttiva 01/142/CE del 27 giugno 2001 n. 42 e delle direttive 79/409/Ce e 92/43/CE;

Violazione d dell’art. 41 quinquies l. 17 agosto 1942 n. 1150 e degli artt. 3, 7 e 9 .m. n. 1444/1968 in relazione art. 873 c.c. Eccesso di potere sotto vari profili.

La Regione Liguria, il Comune di Riomaggiore, il Comune di Vernazza, l’Ente Parco delle Cinque Terre e la società controinteressata si sono costituiti in giudizio deducendo profili d’inammissibilità e chiedendo la reiezione del ricorso.

È intervenuta in giudizio ad adiuvandum l’associazione Italia Nostra.

Alla pubblica udienza del 19.03.08 la causa su richiesta delle parti è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


I ricorrenti, residenti nel comune di Riomaggiore, e l’Associazione Verdi Ambiente e Società V.A.S. con separati ed autonomi ricorsi hanno impugnato la deliberazione della Giunta regionale della Liguria n. 298 del 7 agosto 2007 avente ad oggetto l’approvazione del progetto di recupero paesaggistico ambientale ad iniziativa privata in località Spiaggione di Corniglia nel comune di Riomaggiore con contestuale rilascio dell’autorizzazione paesaggistico–ambientale di cui all’art. 159 d.Lgs. n. 42/2004.

I ricorsi soggettivamente ed oggettivamente connessi devono essere riuniti.

Le principali censure muovono da un denominatore comune: il procedimento avente ad oggetto il condono delle opere abusive, realizzate senza titolo edilizio ed autorizzazione paesaggistica ed integranti un villaggio turistico ricettivo in zona assoggettata a vincolo paesaggistico e ricompresa nella fascia costiera dei confini del Parco delle Cinque Terre, avrebbe dovuto costituire presupposto giuridico, e non viceversa come avvenuto, essere assorbito dall’approvazione del progetto di recupero paesistico-ambientale di cui all’art. 75 l.r. n. 36/97.

L’illegittimità dell’ assorbimento e/o dell’inversione dei procedimenti sarebbe vieppiù comprovata, a tenore delle censure, dal fatto che non si sarebbero previamente definiti gli immobili oggetto di sanatoria né le quantità volumetriche effettivamente condonabili, tradendo la natura della sanatoria volta a consentire il mantenimento dell’ abusivamente costruito (nel quantum et illo) esistente nella sua (attuale) consistenza strutturale e volumetrica: mai, come nel caso di specie, per assentire nuovi interventi che vanno (ipoteticamente) a sostituire quelli abusivi come a suo tempo realizzati e, in parte, virtualmente ri-definiti perché riferiti a manufatti parzialmente distrutti per eventi accidentali.

Tant’è che sarebbero state di fatto frustate le esigenze partecipative dei ricorrenti fino ad indurli a proporre accertamento tecnico preventivo: domanda peraltro respinta sia da questo Tribunale (sez.I, ord. 1389/2007) che in appello dal Consiglio di Stato (sez. IV, ord. n. 6037/2007).

L’approvazione del progetto di risanamento consentirebbe inoltre, a mente delle censure, un nuovo intervento edilizio in violazione dell’art. 48 del PTCP, senza che, pretermettendo la normativa comunitaria, sia stata previamente verificata la compatibilità dell’intervento con la valutazione ambientale strategica ( nell’acronimo VAS) per un sito di interesse comunitario.

Aggiungasi, sempre sulla falsariga delle doglianze, che non sarebbero rispettati gli standards edilizi e che le opere progettate violerebbero altresì le prescrizioni imperative sulla distanza minima fra pareti finestrate.

In limine va dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum spiegato dall’associazione ambientale Italia Nostra.

Nel processo amministrativo, al fine di non eludere il termine di decadenza per proporre gravame, l’intervento è precluso a quanti sono legittimati all’impugnazione: Italia Nostra è inclusa nell’elencazione di cui agli artt. 13 e 18 l. 18 luglio 1986 n. 349 fra le associazioni ambientaliste nominativamente legittimate a impugnare gli atti incidenti sulla tutela del paesaggio.

Né, in contrario, rileva l’art. 146, comma 11, d.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 che in materia attribuisce (fra le altre associazioni ambientaliste anche) a Italia Nostra “la legittimazione all’impugnativa delle sentenze o ordinanze del Tribunale amministrativo regionale anche se non abbia proposto ricorso in primo grado”.

Trattasi di legittimazione straordinaria all’appello prevista ex lege non estensibile analogicamente al di fuori dell’ipotesi specificamente disciplinata tale da non giustificare affatto la deroga alla regola processuale sulla indifferibilità, e la conseguente non elusione, del temine d’impugnazione.

Nel merito il ricorso è fondato e deve essere accolto.

La risoluzione della questione involge la sintetica definizione del quadro sistematico di riferimento degli istituti giuridici in esame.

Va sottolineato che l’art. 223 NTA del PRG riconduce all’interno dell’urbanistica la protezione degli interessi paesaggistici ed ambientali differenziati che assumono un rilievo preminente e condizionante le opzioni urbanistiche relativamente ai beni immobili qui considerati.

Una vera e propria reductio ad unum lapidariamente condensata nella proposizione che “la sanatoria non possa prescindere da una complessiva risistemazione urbanistica, attuata nel possibile rispetto dei valori ambientali della zona”.

Tal’è la portata precettiva saliente della norma.

Viceversa (l’errato per le considerazione su cui diffusamente infra) riferimento all’art . 9 l.r. 2 maggio 1991 n.6, poi abrogato dall’art. 75 l.r. 4 settembre 1997 n. 36 che ne ha traslato il contenuto, è un dato estrinseco posto che la qualificazione degli istituti giuridici, e con esso del mezzo che consenta il raggiungimento del fine scelto e programmato (la valutazione complessiva degli interessi incidenti sul territorio), è officio iudicis: compito non precluso dall’omessa impugnazione, traducendosi in un giudizio improntato all’aderenza della (forma giuridica della) regola alla sostanza dei fenomeni reali da essa disciplinati che costituisce la prima vocazione assiologia di ogni ordinamento nonché metro dell’indagine ermeneutica.

Sicchè del tutto correttamente le parti ricorrenti non hanno impugnato l’art 223 delle N.T.A. del P.R.G. del Comune di Riomaggiore che, per la zona su cui insiste il compendio immobiliare, prescrive, per sanare gli abusi, l’approvazione del piano di recupero, lamentandone piuttosto la violazione della ratio sostanziale a cui la norma obbedisce.

Si censura il suo impiego: cioè l’assorbimento o l’inversione dei procedimenti di guisa che l’esercizio della potestà esclusiva rimessa al Comune in ordine al rilascio del titolo edilizio in sanatoria, articolato nell’istruttoria preordinata ad acquisire gli elementi di fatto nonché nelle valutazioni tecnico-discrezionali ad esso connesse, sarebbe stato di fatto precluso dall’approvazione del progetto di recupero presentato dalla controinteressata, vanificando oltretutto le istanze partecipative delle parti ricorrenti tipiche del procedimento urbanistico-edilizio.

Il meccanismo giuridico individuato dalla norma per la valutazione complessiva ed unitaria degli interessi coinvolti dal recupero urbanistico e ambientale è lo strumento attuativo di variante al PTCP, in origine disciplinato dall’art. 9 l. r. 2 maggio 1991 n. 6, ora calligraficamente riprodotto all’art. 75 l.r. 4 settembre 1997 n. 36.

Il progetto di recupero paesaggistico-ambientale, disciplinato dalla norma appena richiamata è infatti attuativo del PTCP, vale a dire si pone a livello sovraordinato rispetto alla pianificazione urbanistica.

È un raro e specifico caso di strumento propulsivo della pianificazione territoriale regionale che concettualmente, toto corde, indirizza e coordina, senza il ricorso a strumenti esecutivi, la pianificazione degli enti locali.

Il degrado che giustifica l’intervento propulsivo a livello regionale preordinato “al miglioramento della qualità complessiva dell’ambiente” è dalla norma riferito alla “situazione” storica contingente, avulsa cioè dal (diretto) riferimento ad una zona del territorio.

A significare che è il degrado socio-economico del territorio inteso - non in sé, bensì - come ambito materiale in cui si svolge l’attività antropica, che consente alla Giunta regionale, esercitando un’opzione che è espressione di politica socio-economica, di adottare prima ed approvare poi, bypassando le attribuzioni sulla disciplina del territorio riservate agli enti locali, specifici interventi che vanno a sovrapporsi alla pianificazione urbanistica comunale, e, se del caso, comportano, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 75 l.r. cit., la dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza delle opere previste.

Coerente con la rassegnata conclusione, conseguente all’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, è l’affermazione che nella “situazione di degrado” qui considerata non rientra affatto quella antigiuridica connessa alla realizzazione di opere abusive oggettivamente considerate: l’una, come precisato, richiama un dato di fatto socio-economico (solo) indirettamente riferito al territorio; l’altra si riporta all’illecito giuridico direttamente incidente sul tessuto paesaggistico (art. 169 d.lgs. n. 42/2004) ed urbano (art. 31 t.u. n. 320/2001) conseguente alla realizzazione e permanenza in loco delle opere abusive.

Né, sotto altra prospettiva, il progetto di recupero paesaggistico-ambientale, al di là dell’assonanza lessicale, si iscrive nella disciplina di tutela del vincolo paesaggistico stricto sensu intesa.

Soccorre sul punto il dato testuale desumibile dall’art.143, commi 1 e 5 lett. c), del d.lgs. n. 42/2004.

La zonizzazione della pianificazione paesaggistica, oramai caratterizzata dalla considerazione globale del territorio (significativamente l’art. 134 d.lgs.n. 42/04 ripartisce per categorie onnicomprensive i beni paesaggistici ivi ricomprendendo le zone degradate), è estesa dalla norma del codice dei beni culturali e del paesaggio anche ai comprensori privi di valore ambientale ed estetico in quanto degradati o compromessi; a loro volta, i piani paesaggistici per tali ambiti territoriali, discostandosi dalla tradizionale funzione di conservazione di valori preesistenti a vantaggio di quella di politica territoriale, sono abilitati a permettere la realizzazione di interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente degradate “senza il rilascio dell’autorizzazione di cui agli artt. 146, 147 e 159”.

Accedendo all’indirizzo teorico che postula l’unità organica dell’ordinamento giuridico, a mente del quale ogni norma assume il significato che oggettivamente deriva dall’appartenenza a quel medesimo sistema e conseguentemente muta il suo significato con il variare di altre norme ancorché di diverso rango gerarchico, l’art. 75 l.r. n. 36/97 sul progetto di recupero paesaggistico-ambientale va dunque sistematicamente ricondotto, letto e interpretato nella cornice della disciplina del codice per i beni culturali e del paesaggio appena richiamata.

Conclusione ulteriormente confortata dal fatto che la materia della tutela del paesaggio è devoluta alla competenza esclusiva dello Stato.

Sicché l’istituto in discorso nulla ha a che vedere con la disciplina delle aree tutelate per legge di cui all’art. 142 d.Lgs. n. 42/04 fra le quali rientra a pieno titolo quella su cui insistono le opere abusive che ne occupano: non designa affatto un procedimentale tecnico-amministrativo per la conservazione, gestione e valorizzazione del vincolo paesaggistico; sebbene individua uno strumento di politica del territorio - devoluto per l’appunto alla competenza di un organo politico qual’è la Giunta regionale - finalizzato alla riqualificazione di aree, non assoggettate a vincolo ex lege, degradate o compromesse.

Tuttavia il fatto che in astratto il progetto di recupero paesaggistico-ambientale, avente valore di piano attuativo, non riguardi le aree compromesse da insediamenti abusivi né quelle tutelate da vincolo paesaggistico, non è ex se dirimente per affermare tout court l’illegittimità dell’utilizzo in concreto del procedimento di variante del PTCP.

A tanto non già per un malinteso fenomeno giuridico di eterogenesi dei fini, quanto piuttosto in ragione della tendenziale – allo stadio attuale del diritto amministrativo – maggiore precettività del principio di economicità dell’azione amministrativa che impone di verificare se, nel concreto, tutti gli interessi pubblici ed i valori ad essi sottesi, coinvolti dall’approvazione del progetto ex art 75 l.r. cit., siano stati comunque garantiti ed assicurati.

Qualora infatti lo fossero, si avrebbe la verifica sul piano empirico che il procedimento in esame presenta margini di flessibilità che ne consentono l’utilizzo per perseguire interessi pubblici ulteriori rispetto a quelli tipici che informano la sua ratio istitutiva.

Ma anche a questo livello l’esito dello scrutinio di legittimità del procedimento è radicalmente negativo.

Analiticamente.

Sul profilo urbanistico-edilizio è acquisito in causa che nessun provvedimento di condono o di sanatoria sia stato mai ottenuto dalla controinteressata, proprietaria del compendio immobiliare abusivo.

Dirimente è l’acquiescenza al provvedimento formalmente assunto dal responsabile del settore tecnico che il 18.02.03 auto-annullava il provvedimento d’avvio del procedimento di sanatoria promosso dalla dante causa della società controinteressata con le istanze di condono edilizio (ex art. 31 l. n. 47/85), presentate il 28.11.85, e non concluso per inadempimento alle integrazioni richieste dall’amministrazione comunale.

Nè, sotto opposto e speculare profilo, la richiamata reductio ad unum, operata dall’art. 223 NTA del PRG degli interessi urbanistici e paesaggistici, porta a ritenere che il Comune abbia preventivamente consentito che gli interessi sottesi al controllo e alla repressione degli illeciti edilizi, e con essi la relativa potestà comunale, siano anch’essi oggetto del procedimento di recupero ambientale.

A tale riguardo, va sottolineato che, nell’assetto dell’ ordinamento costituzionale vigente, l’art. 117, comma 6, cost. attribuisce agli enti locali “la potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”.

Una riserva di potestà regolamentare che, al di là delle implicazioni sul piano del rapporto fra fonti normative di diverso livello, è sicuro indice che la Costituzione riconosce (e garantisce) le funzioni che sono proprie ed esclusive del Comune: prima fra tutte quella che il testo unico dell’edilizia gli attribuisce in tema di verifica e controllo dello sviluppo urbanistico del territorio.

Sicché risulta rafforzato l’orientamento (cfr., Corte cost. 24 febbraio 1994 n. 61; Corte cost. 27 luglio 2000 n. 61) che, già nel passato ordinamento, escludeva che i poteri comunali in ordine all’uso del territorio si riducessero ad una funzione meramente consultiva, priva di reale incidenza, a quella di proposta o di mera attività esecutiva.

Di fatto a tanto si riduce il ruolo del Comune di Riomaggiore all’esito della deliberazione impugnata che ha approvato il progetto di recupero.

L’affermazione contenuta negli atti defensionali che il Comune di Riomaggiore, pur avendo prestato parere favorevole al progetto approvato, si sarebbe comunque riservato il rilascio del condono, appare essere nulla più che un (ancorché legittimo) espediente processuale volto a paralizzare i motivi di censura che lamentano il denegato esercizio della potestà comunale in materia.

D’altra parte, anche accedendo a tale prospettazione, il procedimento di condono si risolve di fatto ad un guscio vuoto, mero simulacro di una funzione che, pleno iure, postula invece la previa valutazione degli interessi pubblici connessi alla volontà (e va aggiunta libera in quanto non condizionata da precedenti atti e pareri) di recedere dall’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi.

Anche in questa ulteriore prospettiva, a ragione i ricorrenti lamentano l’inversione del procedimento: volta che sia stato approvato, con il parere favorevole del Comune, il progetto di recupero avente valore di strumento urbanistico attuativo che consente, anche ai sensi dell’art. 12, primo comma, T.U. in quanto conforme alla disciplina urbanistica attuativa, la realizzazione delle opere edilizie in sostituzione dei manufatti abusivi, il condono appare essere mero atto dovuto.

Senza che, va sottolineato, la situazione obiettivamente antigiuridica, che permanentemente incide sul territorio ricompreso nel perimetro del Parco e tutelato ex lege da vincolo paesaggistico integrante sito d’interesse comunitario, sia stata accertata nella sua effettiva entità materiale, svilendo la potestà di controllo e di repressione degli abusi edilizi: laddove non vi sia comparazione d’interessi contrapposti, la discrezionalità tecnica volta all’individuazione del regime sanzionatorio appropriato richiede necessariamente l’esauriente accertamento dei fatti.

E per un duplice e concorrente ordini di ragioni.

Per un verso, la stessa natura reale delle sanzioni amministrative, che hanno ad oggetto non già l’attività contra legem bensì, ex art. 31 T.U.E., l’opera oggettivamente considerata, richiede necessariamente il previo accertamento dell’abuso materiale insistente sul tessuto urbano.

Per l’altro, la migliore tutela dell’interesse pubblico sottesa sia all’individuazione tecnico-discrezionale della sanzione ripristinatoria, in alternativa all’acquisizione gratuita, che alla volontà di assentire la sanatoria, ha quale impreteribile presupposto l’accurato accertamento dell’entità delle opere abusive effettivamente realizzate.

L’omissione procedimentale riconduce direttamente all’altro polo degli interessi coinvolti nel procedimento.

Anche i valori paesaggistici incarnati nelle aree qui considerate sono stati sostanzialmente disattesi.

Sia il Comune di Riomaggiore che di Vernazza (rispettivamente con le deliberazioni consiliari n. 22 del 29.06.06 e 19 27.06.06) hanno prestato formale assenso all’autorizzazione paesaggistica relativa al progetto di recupero.

La Provincia della Spezia, titolare del potere di controllo sull’esercizio delle funzioni urbanistiche di competenza dei comuni, si è di fatto disinteressata dell’esito del procedimento (deliberazione consiliare del 26.07.05 n. 148) suggerendo il raggiungimento dell’intesa fra le amministrazioni.

A sua volta l’Ente Parco ha subordinato via e-mail il suo assenso all’integrazione dell’atto unilaterale d’obbligo integrativo del progetto, ottenendo l’impegno della società alla cessione in suo favore di tre locali per servizi.

Non v’è mai stata una conferenza di servizi, pure prescritta (art. 5, comma 4, d.lgs n. 380/01 dal testo unico dell’edilizia) - o un meccanismo procedimentale equipollente - fra tutte le autorità preposte alla tutela del paesaggio e dell’assetto urbano che nell’integrità del contraddittorio si siano dialetticamente confrontate onde raggiungere una conclusione condivisa e soddisfacente.

Omissione tanto più censurabile ove si consideri che l’ 223 NTA del PRG per l’area in questione ha inteso innovativamente unificare la valutazione complessiva degli interessi paesaggisti, ambientali ed urbanistici, sancendo di fatto l’illegittimità di procedimenti autonomi che oltretutto, per come promossi e condotti, non hanno nemmeno seguito un corso parallelo ma si sono giustapposti.

Sicché, oltre la sussistenza della denunciata violazione dell’art.223 N.T.A. del PRG, risulta definitivamente acclarato che la variante al PTCP di cui all’art. 75 l.r. cit., per gli interessi in gioco e per lo scopo perseguito, è illegittima.

È significativo il fatto che la deliberazione della Giunta regionale impugnata dia atto che il vincolo che grava sulla zona è “quello di cui all’art. 142 d.lgs. n. 42/04”.

Sebbene e ciononostante non si fosse affatto in presenza di aree degradate, prese in perspicua considerazione dall’art. 143, commi 1 e 5, d.lgs n. 42/04 ed alle quali esclusivamente si riferisce l’art. 75 l.r.cit., l’organo politico ha concesso il nulla osta paesaggistico ex art. 159 per nuovi interventi edilizi esprimendo una valutazione di politica del territorio, diametralmente opposta ed assiologicamente antitetica a quella tecnico-amministrativa sottesa al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica avente riguardo alla (sola) conservazione e valorizzazione dei valori ambientali incarnati nel paesaggio.

Da ultimo mette conto rilevare che un’eventuale rinnovazione del procedimento, promosso e conformato secondo il modello infrastrutturale della conferenza o dell’accordo di programma, oltre a potersi eventualmente giovare del principio di conservazione degli atti non annullati, deve essere pubblicizzato ed aperto alla partecipazione di coloro i quali, aventi titolo, risultino interessati al suo esito.

L’accoglimento dei principali motivi di censura assorbe i residui motivi d’impugnazione.

Le spese di causa seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, Sezione Prima, sui ricorsi riuniti, dichiara inammissibile l’intervento in giudizio di Italia Nostra, li accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato in epigrafe indicato.

Condanna la Regione Liguria, il Comune di Riomagiore, il Comune di Vernazza, l’Ente Parco delle Cinque Terre, il Ministero per i beni e le attività culturali e la controintressata in solido fra loro ed in parti uguali alla rifusione delle spese di lite in favore dei ricorrenti e della Associazione VAS in complessivi 10.000,00 (diecimila) euro, da dividersi fra di essi per la metà.

Compensa le spese di lite nei confronti della Provincia della Spezia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 19/03/2008 con l'intervento dei Magistrati:

Santo Balba, Presidente
Roberto Pupilella, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO



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