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T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 19 marzo 2008, n. 317



URBANISTICA ED EDILIZIA - BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Autorizzazione paesaggistica - Regime vigente ex artt. 146, c. 12 e 167, c. 4 d.lgs. n. 42/2004 - Divieto di sanatoria ambientale - Rapporto tra l’interesse pubblico e l’interesse privato - Ipotesi di coincidenza tra la sanatoria e l’interesse pubblico - Conseguenze. La vigente normativa sull’autorizzazione paesistica risultante dal combinato dell’art. 146 comma 12 e dell’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004, facendo prevalere l’interesse pubblico ad un’utilizzazione controllata del territorio, esclude la sanatoria ambientale per le opere non preventivamente assentite, con l’eccezione di alcune fattispecie marginali, mentre il regime previgente, che affidava all’amministrazione la scelta tra la remissione in pristino e il pagamento di un risarcimento ambientale, riconosceva un certo rilievo al fatto compiuto alterando i rapporti di forza tra la parte pubblica e quella privata a favore di quest’ultima. La norma attualmente vigente presuppone tuttavia che nella fattispecie concreta si confrontino unicamente l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse del privato alla sanatoria. Verificandosi questa condizione, che dà forma alla fattispecie tipica, prevale il suddetto interesse pubblico e lo stato dei luoghi deve essere ripristinato. La situazione è però diversa se la sanatoria corrisponde anche a un differente e ulteriore interesse pubblico, che si affianca a quello privato. Questa ipotesi può verificarsi quando dall’attività edilizia oggetto di sanatoria derivi, direttamente o indirettamente, in via convenzionale, per atto unilaterale d’obbligo o sulla base di una previsione dello strumento urbanistico, un vantaggio ambientale, apprezzabile in modo distinto rispetto alla semplice modificazione dello stato dei luoghi apportata dal privato. Sotto questo profilo si può ritenere che tanto l’assunzione di oneri da parte del privato per migliorare le infrastrutture pubbliche o gli standard urbanistici quanto l’impegno del privato a svolgere un’attività produttiva già insediata secondo criteri ispirati a una maggiore sensibilità ambientale consentano di superare il rigido rapporto di anteriorità tra l’autorizzazione paesistica e l’attività edificatoria. Si tratta di risultati che assicurano una tutela dei valori e delle fragilità ambientali più ampia di quella derivante dalla semplice remissione in pristino e dunque non possono considerarsi vietati dal meccanismo di protezione stabilito dall’art. 146 comma 12 e dall’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004. Se il privato è disposto ad assumere oneri specifici per migliorare la situazione ambientale, e se è accertato che dalle opere abusive non può derivare alcun danno collaterale all’ambiente, l’ordine di demolire quale condizione necessaria per poi ottenere l’autorizzazione di opere identiche appare fondata su un’interpretazione irragionevole del quadro normativo e impone al privato un sacrificio non conforme al principio di proporzionalità. Pres. Mosconi, Est. Pedron - C. s.r.l. (avv.ti Lodetti e Codignola) c. Comune di Colzate (avv. Coppetti). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 19 marzo 2008, n. 317

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 191 del 2008, proposto da:
CMC - CARPENTERIE METALLICHE DI COLZATE SRL, rappresentata e difesa dagli avv. Giancarlo Lodetti ed Enrico Codignola, con domicilio eletto presso il secondo in Brescia via Romanino 16;

contro
COMUNE DI COLZATE, rappresentato e difeso dall'avv. Aldo Coppetti, con domicilio eletto presso l’avv. Domenico Bezzi in Brescia via Cadorna 7;

per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia

- dell’ordinanza del responsabile del Servizio Tecnico n. 37 del 6 dicembre 2007, con la quale è stata ingiunta la demolizione delle opere abusive realizzate della fascia di 150 metri dal fiume Serio;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Colzate;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2008 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l’art. 26 commi 4 e 5 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e avvisate le parti presenti;

Considerato quanto segue:


FATTO e DIRITTO


1. La società ricorrente è proprietaria di uno stabilimento produttivo nel Comune di Colzate in via Rodigari. Nel mese di agosto 2007 la ricorrente ha realizzato abusivamente una copertura metallica di notevoli dimensioni (circa 58,00 x 6,00 metri) su un terreno di sua proprietà adiacente allo stabilimento produttivo. Contestualmente è stato realizzato un muro di recinzione alto circa 2,40 metri con soprastante struttura metallica di appoggio per la suddetta copertura. Il risultato è un ampliamento del capannone industriale di circa 356,85 mq.

2. L’area su cui sono state edificate le opere abusive è classificata come D1 (produttiva). Per una superficie di circa 49,59 mq le opere abusive ricadono anche in zona sottoposta a vincolo ambientale ai sensi dell’art. 142 comma 1 lett. c) del Dlgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (fascia di rispetto di 150 metri dal fiume Serio). L’art. 32 delle NTA ammette in zona D1 l’aumento fino al 10% della superficie coperta esistente alla data di adozione del PRG, previa stipula di una convenzione con il Comune che preveda “miglioramenti qualitativi dell’insediamento produttivo quali la riduzione dell’impatto ambientale nonché la cessione di aree o la realizzazione di opere finalizzate all’interesse pubblico”.

3. In seguito all’ordine di sospensione dei lavori (provvedimento del responsabile del Servizio Tecnico n. 31 del 19 settembre 2007) la ricorrente in data 25 ottobre 2007 ha presentato domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del DPR 6 giugno 2001 n. 380. Prima della conclusione del procedimento, sul presupposto dell’impossibilità di concedere un’autorizzazione paesistica in sanatoria ai sensi dell’art. 167 del Dlgs. 42/2004, il Comune con ordinanza del responsabile del Servizio Tecnico n. 37 del 6 dicembre 2007 ha ingiunto la demolizione delle opere abusive realizzate nella fascia di rispetto di 150 metri dal fiume Serio, con la precisazione che in seguito alla remissione in pristino dello stato dei luoghi la ricorrente avrebbe potuto ottenere l’autorizzazione paesistica per realizzare nuovamente le opere demolite.

4. Subito dopo, in data 18 dicembre 2007, il Comune e la ricorrente hanno stipulato una convenzione ai sensi dell’art. 32 delle NTA (v. sopra al punto 2) che accerta la conformità urbanistico-edilizia di tutte le opere abusive e la difformità sotto il profilo ambientale delle opere posizionate sull’area di 49,59 mq nella fascia di rispetto fluviale. Per questa ultime le premesse della convenzione affermano che, essendo mancata la preventiva autorizzazione paesistica, l’assenso sotto il profilo urbanistico-edilizio potrà essere rilasciato solo dopo il ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 167 del Dlgs. 42/2004. Per ottenere il permesso di costruire in sanatoria la ricorrente si è obbligata in base all’art. 32 delle NTA a realizzare le opere di pavimentazione e illuminazione di un tratto della strada del Solecchio e a introdurre miglioramenti qualitativi dell’insediamento produttivo attraverso la razionalizzazione del lavoro. Oltre a questo la ricorrente si è impegnata a versare la somma di € 1.946,87 a conguaglio degli oneri di urbanizzazione e a prestare garanzia mediante polizza fideiussoria. Sempre in data 18 dicembre 2007 è stato rilasciato alla ricorrente il permesso di costruire in sanatoria con la speciale prescrizione che il titolo edilizio riguarda soltanto le opere non ricadenti nella fascia di rispetto fluviale, mentre per quelle ricadenti in tale fascia è richiamato l’obbligo di eseguire l’ordinanza di demolizione n. 37/2007 quale condizione per ottenere in seguito un titolo edilizio.

5. Contro l’ordinanza di demolizione n. 37/2007 (e implicitamente contro il permesso di costruire che la richiama) la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 1 febbraio 2008 e depositato il 21 febbraio 2008. Le censure possono essere sintetizzate nel contrasto tra l’ordine di demolire e la convenzione del 18 dicembre 2007 (che riguarderebbe la sistemazione complessiva dell’ampliamento del capannone industriale) e nell’assenza di un interesse pubblico alla mera demolizione di opere in astratto assentibili. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso ed evidenziando in particolare che la ricorrente non potrebbe lamentarsi dell’ordinanza demolitoria quando la stessa convenzione del 18 dicembre 2007 afferma che le opere eseguite in assenza di autorizzazione paesistica non possono essere assentite finché non sia ripristinato lo stato dei luoghi ai sensi dell’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004.

6. La tesi della ricorrente, secondo cui vi sarebbero sufficienti elementi per concedere nel caso in esame un’autorizzazione paesistica in sanatoria, appare condivisibile. Preliminarmente si osserva che in base alla documentazione disponibile (anche quella formata dalla ricorrente) una parte delle opere abusive ha effettivamente invaso la fascia di rispetto fluviale. Si tratta di opere che per le loro caratteristiche (v. sopra al punto 1) devono essere qualificate come ampliamento di superfici utili e volumi esistenti. Si tratta quindi di un abuso che fuoriesce dai casi nominati in cui l’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004 (come sostituito dall'art. 27 del Dlgs. 24 marzo 2006 n. 157) consente l’autorizzazione paesistica in sanatoria in deroga al divieto di cui all’art. 146 comma 12 del Dlgs. 42/2004.

7. La vigente normativa sull’autorizzazione paesistica risultante dal combinato dell’art. 146 comma 12 e dell’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004 è particolarmente severa, in quanto esclude la sanatoria ambientale per le opere non preventivamente assentite, con l’eccezione di alcune fattispecie marginali. La finalità della norma è di costituire un più solido deterrente contro gli abusi dei privati. Il regime previgente, che affidava all’amministrazione la scelta tra la remissione in pristino e il pagamento di un risarcimento ambientale (da individuare nel maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito dal trasgressore), riconosceva un certo rilievo al fatto compiuto alterando i rapporti di forza tra la parte pubblica e quella privata a favore di quest’ultima. Il regime attuale invece fa prevalere l’interesse pubblico a un’utilizzazione controllata (e quindi preventivamente assentita) del territorio caratterizzato da valori o fragilità ambientali. Si può quindi verificare nelle fattispecie concrete un’asimmetria tra la situazione urbanistico-edilizia (che potrebbe ammettere la sanatoria ordinaria mediante la verifica di conformità dell’art. 36 del DPR 380/2001) e la situazione ambientale (dove la mancanza formale dell’autorizzazione paesistica rappresenta un ostacolo insormontabile alla sanatoria).

8. La norma attualmente vigente presuppone tuttavia che nella fattispecie concreta si confrontino unicamente l’interesse pubblico all’utilizzazione controllata del territorio e l’interesse del privato alla sanatoria. Verificandosi questa condizione, che dà forma alla fattispecie tipica, prevale il suddetto interesse pubblico e lo stato dei luoghi deve essere ripristinato. La situazione è però diversa se la sanatoria corrisponde anche a un differente e ulteriore interesse pubblico, che si affianca a quello privato. Questa ipotesi può verificarsi quando dall’attività edilizia oggetto di sanatoria derivi, direttamente o indirettamente, in via convenzionale, per atto unilaterale d’obbligo o sulla base di una previsione dello strumento urbanistico, un vantaggio ambientale. Tale vantaggio può avere molteplici contenuti purché sia apprezzabile in modo distinto rispetto alla semplice modificazione dello stato dei luoghi apportata dal privato. Sotto questo profilo si può ritenere che tanto l’assunzione di oneri da parte del privato per migliorare le infrastrutture pubbliche o gli standard urbanistici quanto l’impegno del privato a svolgere un’attività produttiva già insediata secondo criteri ispirati a una maggiore sensibilità ambientale (ossia le obbligazioni contenute nella convenzione tra il Comune e la ricorrente: v. sopra al punto 4) consentano di superare il rigido rapporto di anteriorità tra l’autorizzazione paesistica e l’attività edificatoria. Si tratta di risultati che assicurano una tutela dei valori e delle fragilità ambientali più ampia di quella derivante dalla semplice remissione in pristino e dunque non possono considerarsi vietati dal meccanismo di protezione stabilito dall’art. 146 comma 12 e dall’art. 167 comma 4 del Dlgs. 42/2004. Se il privato è disposto ad assumere oneri specifici per migliorare la situazione ambientale, e se è accertato che dalle opere abusive non può derivare alcun danno collaterale all’ambiente, l’ordine di demolire quale condizione necessaria per poi ottenere l’autorizzazione di opere identiche appare fondata su un’interpretazione irragionevole del quadro normativo e impone al privato un sacrificio non conforme al principio di proporzionalità.

9. Il fatto che anche la convenzione tra il Comune e la ricorrente escluda l’autorizzazione paesistica in sanatoria non può essere qualificato come rinuncia della ricorrente a mantenere integre le opere realizzate o come acquiescenza rispetto all’interpretazione del Comune. È vero che secondo la giurisprudenza la volontà delle parti inserita nelle convenzioni urbanistiche può derogare alla disciplina di legge. Questo principio, individuato a proposito della quantificazione degli oneri di urbanizzazione, è inteso nel senso che è legittima la causa degli accordi che individuano una diversa sistemazione delle obbligazioni delle parti in vista del conseguimento di un obiettivo che è contemporaneamente di interesse pubblico e privato (v. CS Sez. IV 28 luglio 2005 n. 4015; TAR Brescia 10 gennaio 2007 n. 2; TAR Brescia 25 luglio 2005 n. 784). Occorre tuttavia sottolineare che l’aumento degli oneri per la parte privata è pur sempre collegato a una contropartita di facoltà edificatorie considerate satisfattive. Esiste quindi un sinallagma ma le parti sono libere di stabilire il peso delle rispettive obbligazioni. Trasportando questo schema interpretativo nel caso in esame risulta evidente che la ragione per cui la ricorrente ha assunto le proprie obbligazioni consiste nella sanatoria integrale dell’abuso. Non sarebbe ragionevole ritenere che la ricorrente abbia assunto un’obbligazione piena a fronte di una sanatoria parziale. D’altra parte il Comune ha già ottenuto tramite la convenzione tutti i vantaggi di cui all’art. 32 delle NTA. Rispetto a questa sistemazione di interessi il richiamo all’art. 167 del Dlgs. 42/2004 come norma impeditiva dell’autorizzazione paesistica in sanatoria costituisce un elemento estrinseco e in definitiva (nei limiti di quanto si è visto sopra al punto 8) un errore di diritto non essenziale, che può essere rettificato senza conseguenze per la convenzione.

10. Il ricorso deve quindi essere accolto e conseguentemente devono essere annullati sia l’ordinanza di demolizione n. 37/2007 sia i provvedimenti che la richiamano. L’effetto conformativo della presente sentenza impone al Comune di completare il procedimento di sanatoria anche nei confronti della porzione di opere ricadenti nella fascia di rispetto fluviale. Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti.


P.Q.M.


il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso.

Le spese sono integralmente compensate tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2008 con l'intervento dei signori:

Mario Mosconi, Presidente

Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore

Stefano Tenca, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/03/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO



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