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T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. II - 23 ottobre 2008, n. 5197
ENERGIA - Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas - Composizione del
Consiglio - Natura di collegio perfetto - Esclusione. L’Autorità per
l’Energia Elettrica e il Gas non può essere inquadrata tra i c.d. “collegi
perfetti”, sia perché la sua composizione non è strutturata in funzione della
rappresentanza di esperienze, conoscenze o interessi diversi, ma in ragione
della posizione di indipendenza dei suoi membri, sia perché le funzioni affidate
all’Autorità non sono di valutazione e di giudizio meramente tecnico, ma di
regolazione del mercato (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 652).
Ne consegue la legittimità della sanzione (nella specie, ai sensi dell’art. 2,
comma 20, lettera c) della legge 14 novembre 1995, n. 481) irrogata dal
Consiglio ancorchè costituito da sue soli membri, in assenza del terzo
componente. Pres. Leo, Est. Bertagnolli - S. s.p.a. (avv.ti Torrani e Ielo) c.
Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (Avv. Stato) - T.A.R. LOMBARDIA,
Milano, Sez. IV - 23 ottobre 2008, n. 5197
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE
AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA LOMBARDIA
MILANO
SEZIONE IV
T.A.R. LOMBARDIA – SENT. N. 5197/2008 DEL 23/10/2008
Registro Sentenze: /
2008
Registro Generale: 3153/2006
nelle persone dei Signori:
ADRIANO LEO Presidente
MARA BERTAGNOLLI Ref., relatore
UGO DE CARLO Ref.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nell'Udienza Pubblica del 7 ottobre 2008
Visto il ricorso 3153/2006 proposto da:
SORGENIA S.p.a.
rappresentata e difesa da:
Pier Giuseppe Torrani e Domenico Ielo
con domicilio eletto in MILANO
C.so Magenta, n. 63
presso
lo studio degli stessi
contro
AUTORITA’ PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS
rappresentata e difesa da
AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO
ex lege domiciliata in MILANO
Via Freguglia , 1
presso gli Uffici della stessa
per l’annullamento
della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 228/06,
contenente “Irrogazione di una sanzione ai sensi dell’art. 2, comma 20, lettera
c) della legge 14 novembre 1995, n. 481, nei confronti della soc. Sorgenia
s.p.a.”
Visti gli atti di costituzione in giudizio di:
AUTORITA’ PER L’ENERGIA ELETTRICA E IL GAS
Visti gli atti e i documenti depositati con i ricorsi;
Viste le memorie presentate sia dalla ricorrente che dall’Amministrazione
resistente e la correlata documentazione;
Visto l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto
dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore alla pubblica udienza del 7 ottobre 2008 il Ref. Mara
Bertagnolli e uditi i procuratori delle parti, come da verbale;
FATTO
Con deliberazione n. 188/04 l’AEEG chiedeva a Sorgenia (già Energia s.p.a.) di
trasmettere, per ciascun contratto di approvvigionamento, le seguenti
informazioni:
a) fornitore, data di attivazione, durata del contratto e punto di consegna
della fornitura;
b) prezzo base di acquisto fob con indicazione della data di riferimento;
c) formula/e di aggiornamento del prezzo di acquisto, con indicazione delle
quote di tale prezzo che sono soggette alle diverse tipologie di aggiornamento;
d) formula utilizzata per indicizzare il prezzo di acquisto in funzione
dell’andamento delle quotazioni delle materie prime energetiche e del loro peso,
con indicazione della frequenza di ricalcolo e del periodo di riferimento
adottato;
e) eventuali variabili economiche che concorrono alla determinazione del prezzo
di acquisto;
f) termini e modalità di revisione dei contratti di approvvigionamento.
Oltre a quelle previste dal punto 1 dell’allegato, ora citate, la deliberazione
prevedeva altresì (punto 2) che per ciascun contratto fossero forniti i
quantitativi acquistati e i prezzi medi mensili di acquisto su base fob.
Tale deliberazione è stata impugnata e, con sentenza del 3 maggio 2005, n. 3276,
il TAR Lombardia l’ha annullata, in quanto violativa del diritto al riserbo su
informazioni commerciali, nella parte in cui prevedeva l’obbligo di produzione
dei dati di cui alle lettere a) e b) del punto 1 dell’Allegato A alla delibera
n. 188/04.
Forte del principio affermato dal giudice amministrativo, secondo cui non
trovano giustificazione e si pongono in contrasto con le norme poste dal d. lgs.
196/2003, le richieste di informazioni relative ai fornitori esteri ed alle
connotazioni dei contratti in corso e le richieste di informazioni inerenti i
prezzi base di acquisto, la odierna ricorrente ha ritenuto che (nonostante la
pendenza dell’appello, proposto sia da parte della ricorrente, che dell’AEEG
avverso la sentenza stessa) una corretta applicazione dello stesso dovesse
portare ad escludere la trasmissione all’Autorità anche dei prezzi medi mensili
di cui al successivo punto 2 del medesimo Allegato A, rispondendo, invece, alle
esigenze dell’AEEG la sola comunicazione delle percentuali di variazione dei
medesimi.
Nelle more della definizione del ricorso d’appello avverso la citata sentenza -
proposto oltre che dall’Amministrazione anche dalla stessa Sorgenia s.p.a.,
proprio al fine di ottenere una pronuncia del giudice anche sulla illegittimità
della richiesta di comunicazione dei dati di cui al punto 2 della delibera n.
188/04, in ordine ai quali il giudice di primo grado non si è espressamente ed
esplicitamente espresso – l’Autorità ha, con delibera n. 228/06, sanzionato
Sorgenia s.p.a. per aver omesso di comunicare taluni dati ed in particolare
quelli previsti dal punto 2 dell’Allegato A della delibera n. 188/04.
Ciò nonostante la stessa Sorgenia avesse dimostrato la propria disponibilità a
“trasmettere ulteriori elementi informativi nei limiti in cui ulteriori dati non
conducono a svelare le informazioni di cui il Tar ha affermato la riservatezza”,
nonché a concordare opportune forme per la trasmissione dei dati, in modo tale
da garantire il rispetto della riservatezza degli stessi.
Ritenendo tale provvedimento sanzionatorio illegittimo, Sorgenia s.p.a. ha
impugnato il medesimo con il ricorso in esame, affidato alle seguenti doglianze:
1. violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 20, lettera c) della legge
14 novembre 1995, n. 481. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica.
Nel caso di specie mancherebbe il fatto tipico da cui scaturisce l’irrogazione
della sanzione affittiva: la sentenza n. 3276/05 ha dichiarato l’illegittimità
della richiesta della comunicazione dei prezzi base, ma trasmettere, in forma
disaggregata, i prezzi medi previsti dal punto 2 dell’Allegato A avrebbe
coinciso, nella sostanza, con la comunicazione anche degli stessi prezzi base,
ricavabili mediante una semplice operazione matematica. L’impossibilità di
adempiere all’obbligo comunicativo non potrebbe, quindi, che farsi discendere
dall’affermazione del principio di riservatezza dei dati operata dal giudice
amministrativo, così escludendo la sussistenza dell’obbligo comunicativo, di cui
si pretende, invece, la violazione. Violazione peraltro imputabile alla stessa
mancanza di disponibilità dell’Autorità alla collaborazione per l’individuazione
di una diversa modalità di trasmissione (aggregata) dei dati richiesti,
rispettosa del sopra ricordato principio di riservatezza;
2. violazione dell’art. 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Per integrare la
fattispecie illecita mancherebbe, nel caso di specie, anche l’elemento
dell’antigiuridicità, posto che non solo era diritto di Sorgenia s.p.a. non
comunicare dati coperti da riserbo, ma tale diritto derivava ancor più dal
mancato ricevimento dell’informativa di cui all’art. 13 del d. lgs. 196 del
2003, relativo al trattamento dei dati;
3. violazione dell’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689. La mancata
comunicazione delle informazioni in questione non sarebbe imputabile a Sorgenia
neanche a titolo di colpa, avendo l’azienda più volte manifestata la propria
volontà a trovare un accordo circa le modalità di aggregazione e comunicazione
dei dati richiesti;
4. violazione dell’art. 3, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689. In
ogni caso il comportamento della ricorrente sarebbe frutto dell’errore
incolpevole sul fatto, in considerazione del dispositivo della sentenza,
qualificabile come elemento positivo, estraneo all’autore, idoneo ad ingenerare
nell’agente l’incolpevole opinione della liceità del suo agire;
5. eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità. Violazione
mediata dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990. Il principio di proporzionalità
dell’azione amministrativa avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione ad un
atteggiamento di disponibilità alla ricerca di una modalità di trasmissione dei
dati rispettosa della riservatezza di taluni di essi, in modo da contemperare
gli opposti interessi;
6. violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge 24 novembre 1981, n.
689 – violazione del principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla
gravità dell’illecito. Nell’irrogazione della sanzione l’AEEG si sarebbe
limitata a considerare la gravità del danno, omettendo di considerare gli
ulteriori elementi di graduazione, rappresentati dalle condizioni dell’azione e
dall’intensità del dolo o grado della colpa;
7. nullità ai sensi dell’art. 3, comma 3, del d. l. 16 maggio 1994, n. 293 e
dell’art. 21 septies della legge n. 241/90. La deliberazione impugnata sarebbe
stata adottata dall’Autorità in violazione delle norme che regolano l’attività
provvedimentale degli organi in regime di prorogatio.
Da più di un anno, infatti, al momento dell’adozione del provvedimento, secondo
parte ricorrente uno dei tre membri del Consiglio sarebbe stato dimissionario
senza essere sostituito, con la conseguenza che la decisione sarebbe stata
adottata, in contrasto con la legge e con ogni principio posto alla base
dell’attività di organi collegiali, secondo cui non può operare un collegio
composto di soli due membri. Del resto il citato d. l. 293/94 troverebbe
applicazione, nel caso di specie, in considerazione del fatto che dall’ambito
della stessa sarebbero esclusi solo gli organi di nomina parlamentare, mentre il
Consiglio dell’AEEG sarebbe composto da membri di nomina governativa.
La ricorrente concludeva, quindi, per l’annullamento del provvedimento
impugnato, ovvero per l’esercizio del potere di riduzione della sanzione da
parte del giudice.
Si è costituita in giudizio l’Autorità intimata, sostenendo l’infondatezza del
ricorso e concludendo per il rigetto del medesimo.
In vista della pubblica udienza sia la ricorrente che l’Amministrazione
resistente hanno prodotto apposite memorie.
In particolare l’Autorità per l’energia elettrica ed il gas richiama il
precedente di questo Tribunale (sentenza n. 6261/07) nel quale, proprio con
riferimento alla deliberazione n. 188/04, è stato chiarito come la sentenza n.
3276/05 avesse annullato solo le lettere a) e b) del punto 1 della medesima
deliberazione, con la conseguenza che il giudicato non può ritenersi esteso al
successivo punto 2.
Conseguenza immediata e diretta è che la ricorrente non poteva legittimamente
sottrarsi all’obbligo di inviare la documentazione di cui al suddetto punto 2.
Ne discenderebbe l’infondatezza del primo e del secondo motivo di ricorso.
Secondo l’Amministrazione, inoltre, le informazioni trasmesse non sarebbero
idonee ad integrare il rispetto dell’obbligo di comunicazione in parola, mentre
la mancanza di comunicazione relativa alla privacy avrebbe dovuto essere
tempestivamente dedotta con riferimento alla deliberazione n. 188/04, mentre
sarebbe sicuramente tardiva in relazione alla deliberazione 228/06.
Per quanto attiene alla dedotta illegittima composizione del Collegio, parte
resistente richiama i numerosi precedenti con cui questo Tribunale ha asserito
che le modifiche normative che hanno previsto un ampliamento del Collegio, cui
non è stata data ancora esecuzione, non comportano automaticamente la decadenza
del Collegio preesistente (TAR Milano, n. 622/06, 922/06, 5409/07).
Infine la difesa erariale insiste sulla legittimità della quantificazione della
sanzione, sia in considerazione del fatto che, considerato il fatturato della
ricorrente, nonché il massimo edittale previsto, essa non appare eccessivamente
onerosa, sia perché la ricorrente non avrebbe in realtà posto in essere alcuno
“sforzo collaborativo”e comunque l’Autorità avrebbe già provveduto a monte,
nell’adozione della deliberazione n. 188/04, ad operare quella comparazione dei
contrapposti interessi invocata da parte ricorrente.
Sorgenia s.p.a., dal canto suo, ha ribadito le posizioni precedentemente
espresse e sopra riportate.
Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2008 la causa, su conforme richiesta dei
procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso in esame trae origine dall’interpretazione della deliberazione dell’AEEG
n. 188/04 operata da Sorgenia s.p.a., la quale, a fronte della richiesta di
informazioni inoltrata dall’Autorità ha autonomamente ritenuto che, alla luce
della ratio della sentenza n. 3276/05 avente ad oggetto la stessa delibera n.
188/04, se doveva ritenersi illegittima la richiesta dell’Autorità di conoscere
i prezzi assoluti, altrettanto doveva necessariamente concludersi per la
comunicazione dei prezzi medi di acquisto, in quanto quest’ultima avrebbe
consentito, mediante una semplice operazione matematica, di ricostruire il dato
coperto da riservatezza.
Di diverso avviso l’Autorità per l’energia elettrica e il gas che, quindi, ha
sanzionato il comportamento parzialmente omissivo dell’obbligo di comunicare le
informazioni richieste (sanzionato dall’art. 2, comma 20, lettera c) della legge
n. 481/95), irrogando la sanzione di cui al provvedimento oggetto del ricorso in
esame, nonostante l’impugnazione al giudice amministrativo di appello della
citata sentenza n. 3276/05 ai fini di ottenere una pronuncia anche sotto lo
specifico aspetto in questione.
Secondo la ricorrente la norma ora richiamata sarebbe stata illegittimamente
applicata a causa della carenza del fatto tipico da cui deve scaturire
l’irrogazione della sanzione.
Non solo Sorgenia s.p.a. avrebbe offerto di comunicare i dati richiesti in forma
aggregata, in modo da rendere impossibile ricostruire il prezzo base, ma avrebbe
anche prodotto quella parte delle informazioni la cui trasmissione non
risultava, a parere della stessa, preclusa dal sopra ricordato principio a
tutela dei dati commerciali. Per converso l’Autorità non avrebbe prestato alcuna
collaborazione al fine di individuare una soluzione condivisa, ma si sarebbe
limitata ad un comportamento di astensione da ogni comunicazione fino alla
decisione di irrogare la sanzione affittiva. Ciò escluderebbe l’esistenza del
fatto tipico sanzionato.
La tesi di parte ricorrente non appare condivisibile.
Con la recente sentenza n. 6261/2007, questo Tribunale ha chiarito che
“l’annullamento della delibera 188 del 2004, disposta da questa Sezione, ha
riguardato soltanto le lettere a) e b) del punto 1 dell’allegato A alla delibera
e non il punto 2, la cui parziale inosservanza è stata sanzionata con la
delibera n. 229/2006. Ciò si desume dalla lettura combinata sia del dispositivo
sia della motivazione delle sentenze di annullamento, tutte di analogo
contenuto, ed in particolare dalla sentenza 3275/2005, citata nel ricorso,
appare evidente che la declaratoria di annullamento riguarda soltanto le parti
dell’allegato A alla delibera 188/2004 indicate espressamente nel dispositivo,
senza che gli effetti della sentenza di annullamento possano estendersi ad altre
parti della delibera non esplicitamente caducate dal Tribunale (è noto, del
resto, per quanto concerne i limiti oggettivi del giudicato amministrativo, che
quest’ultimo si forma soltanto in relazione al dispositivo ed agli accertamenti
ed affermazioni contenute nella motivazione, costituenti la premessa logica
necessaria delle statuizioni contenute nel dispositivo, cfr. Consiglio di Stato,
sez. V, 28.1.2001, n. 1075).
Non può infine tacersi che, stando almeno alle affermazioni difensive
dell’Avvocatura erariale, non smentite dalla ricorrente, la sentenza 3275/2005
risulta impugnata, con appello tuttora pendente davanti al Consiglio di Stato,
sicché non pare essersi ancora formato un giudicato che in qualche modo possa
escludere quanto dall’Autorità preso a fondamento del potere sanzionatorio
esercitato.
In ogni caso, anche a volere considerare- circostanza che non ricorre- un
eventuale contrasto fra parte motiva e dispositiva della sentenza, la stessa non
potrebbe essere superata in via interpretativa considerando “di fatto” espunto
dalla delibera un articolato non espressamente indicato nel dispositivo della
sentenza; occorrendo per ciò percorrere gli ordinari rituali rimedi previsti
dalla legge che disciplina il processo amministrativo.”.
Tali conclusioni sono condivise dal Collegio, che non ravvisa ragione di
discostarsi dalle stesse anche nel caso di specie. Esse, infatti, hanno ad
oggetto l’estensione oggettiva del giudicato alle diverse parti del
provvedimento annullato; profilo con riferimento al quale nessun rilievo ha la
circostanza evidenziata dalla ricorrente in termini di non pertinenza, che il
precedente sia nato nei confronti di una società che non aveva impugnato la
deliberazione n. 188/04.
Si deve, quindi, concludere che, proprio il fatto che la sentenza 3276/2005
abbia espressamente annullato solo le lettere a) e b) del punto 1 della delibera
n. 188/04 esclude la legittimità del comportamento della ricorrente che, in via
del tutto autonoma e personale, ha ritenuto di poter essere esonerata dalla
produzione dei dati di cui al successivo punto 2 della medesima delibera 188/04,
in palese violazione dei sopra ricordati principi dei limiti del giudicato.
Ne discende il rigetto del primo motivo di ricorso.
Peraltro non appare fondata nemmeno la seconda doglianza, con cui parte
ricorrente lamenta la violazione dell’art. 13 del d. lgs. 196 del 2003. Il
Collegio ritiene, infatti, che, come evidenziato dalla difesa erariale, la
censura sia tardiva, in quanto avrebbe dovuto essere opposta in sede di
impugnazione della delibera n. 188/04 che disponeva la comunicazione dei dati e
non anche con riferimento al provvedimento sanzionatorio del comportamento
omissivo rispetto all’ordine di produzione.
Né miglior sorte può subire il terzo motivo di ricorso, posto che la colpa di
Sorgenia s.p.a. è dimostrata dall’avvenuta presentazione ad opera della stessa
dell’appello avverso la sentenza di primo grado che ha parzialmente annullato la
delibera n. 188/04 proprio al fine di ottenere una pronuncia espressa anche sul
punto 2 di detto provvedimento.
Ciò evidenzia innegabilmente come la ricorrente fosse a conoscenza della non
estensione della pronuncia di primo grado anche ai dati di cui al già ricordato
punto 2, con ciò escludendo la buona fede che certo non può ritenersi
ravvisabile nell’aver volontariamente ed arbitrariamente anticipato gli effetti
di una pronuncia giurisdizionale di là da venire.
In altre parole l’esclusione della colpa non può derivare dall’aver
volontariamente provveduto ad una personale interpretazione estensiva dei
principi affermati dal giudice di primo grado, secondo una tesi prospettata
avanti il giudice d’appello, ma non ancora valutata, nella sua fondatezza, da
quest’ultimo. Né tali conclusioni possono essere ribaltate per il solo fatto che
il Consiglio di Stato non abbia concesso la sospensione degli effetti della
sentenza impugnata, in primis, dall’Amministrazione, poiché ciò può, semmai,
andare a sostegno della possibile correttezza della medesima, ma non anche di
quanto sostenuto con il proprio appello dalla ricorrente.
Né, per le stesse ragioni, può ravvisarsi, come invece sostenuto da parte
ricorrente nella quarta doglianza, un errore scusabile in capo a Sorgenia a
causa della pretesa contradditorietà della sentenza n. 3276/05, non ravvisabile
nel caso di specie.
Il quinto motivo di ricorso non appare a sua volta fondato. Se da un lato non
può essere trascurato che la disponibilità manifestata dalla ricorrente non era
volta alla produzione dei dati richiesti dall’Autorità, ma all’individuazione di
altri, sostitutivi di quelli previsti dalla delibera n. 188/04, dall’altro all’AEEG
non poteva essere richiesto di modificare autonomamente e nei soli confronti
della ricorrente le prescrizioni previste da un atto come la delibera n. 188/04,
frutto del complesso procedimento che passa attraverso il meccanismo delle
consultazioni e quindi non modificabile se non in forza di un identico
procedimento ovvero di una sentenza passata in giudicato (che, però, per quanto
riguarda il punto 2 in questione, si ribadisce, non esiste ancora).
Sotto il profilo procedimentale, peraltro, con la doglianza n. 7 parte
ricorrente sostiene la nullità del provvedimento sanzionatorio ai sensi
dell’art. 3, comma 3, del d. l. 16 maggio 1994, n. 293 e dell’art. 21 septies
della legge n. 241/90, in quanto adottato da un Consiglio costituito da soli due
membri e, quindi, in assenza del terzo, necessario, componente.
Il Collegio ritiene, al riguardo, di poter condividere quanto già affermato sul
punto dal Consiglio di Stato, sia in sede consultiva (cfr. Cons. Stato, I,
n.785/95), che nella sentenza della sezione VI, 12 febbraio 2001, n. 652 nella
quale si legge:
“a) nessuna norma di legge prevede che l’Autorità debba deliberare con la
totalità dei suoi membri, mentre al contrario l’ampia autonomia riconosciuta
dall’art.10, commi 2 e 6, della legge n.287/90 induce a ritenere che il
legislatore abbia lasciato alla discrezionalità dell’Autorità la definizione
dell’assetto delle maggioranze con riferimento sia al quorum strutturale, che a
quello funzionale;
b) l’Autorità non può essere inquadrata tra i c.d. “collegi perfetti”, sia
perché la sua composizione non è strutturata in funzione della rappresentanza di
esperienze, conoscenze o interessi diversi, ma in ragione della posizione di
indipendenza dei suoi membri, sia perché le funzioni affidate all’Autorità non
sono di valutazione e di giudizio meramente tecnico, ma di regolazione del
mercato;
c) la mancata previsione di membri supplenti costituisce ulteriore ed inequivoco
elemento, da cui dedurre che il legislatore non abbia voluto prescrivere la
necessaria partecipazione totalitaria dei membri dell’Autorità in sede di
decisione.
L’assenza di un membro dell’Autorità non ha quindi comportato alcuna
illegittimità del provvedimento adottato e sulla base delle medesime
considerazioni non è in contrasto con la norma primaria il regolamento interno
adottato dall’Autorità, che prevede un quorum strutturale maggioritario per la
validità delle sedute.”
Anche nel caso di specie, quindi, deve ravvisarsi la legittimità della sanzione
irrogata dal Consiglio, ancorché composto da due soli membri.
Né a diverse conclusioni può condurre la sopravvenienza dell’art. 1, comma 15
della legge n. 239 del 2004, modificativa della composizione del Consiglio
stesso. A tale proposito questo Tribunale ha già in numerose occasioni chiarito
che le modifiche normative che hanno previsto un ampliamento del Collegio (da
due a quattro componenti), cui non è stata data ancora esecuzione mediante la
designazione dei due nuovi componenti, non hanno determinato automaticamente la
decadenza del Collegio preesistente (TAR Milano, n. 622/06, 922/06, 5409/07).
Non risulta, quindi, propriamente richiamata la disciplina del regime di
prorogatio degli organi governativi decaduti.
Infine Sorgenia s.p.a. contesta (censura n. 6) la circostanza per cui
nell’irrogazione della sanzione l’AEEG si sarebbe limitata a considerare la
gravità del danno, omettendo di considerare gli ulteriori elementi di
graduazione, rappresentati dalle condizioni dell’azione e dall’intensità del
dolo o grado della colpa.
Anche per questo aspetto il Collegio ritiene di condivisibile la tesi della
difesa erariale. La sanzione risulta congruamente commisurata al fatturato della
ricorrente, non eccessivamente onerosa in ragione di ciò e, comunque,
quantificata tenendo conto del massimo edittale previsto, nonché del fatto che,
come sopra evidenziato non vi è stato da parte della ricorrente un vero “sforzo
collaborativo”, quantomeno nel senso richiesto dall’Autorità,. Ciò tenuto conto
anche del fatto che l’esigenza di comparazione dei contrapposti interessi tra il
mantenimento della segretezza di taluni dati e quello dell’Autorità alla
conoscenza degli stessi, invocata da parte ricorrente l’Autorità anche in
un’ottica di riduzione della sanzione, era già stata operata a monte, in sede di
adozione della deliberazione n. 188/04.
La particolarità della fattispecie giustifica, comunque, la compensazione delle
spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione Quarta,
definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe indicato.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 7 ottobre 2008.
___________________________Presidente
___________________________Estensore
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