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T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 21 novembre 2008, n. 5534
RIFIUTI - Recupero di rifiuti non pericolosi - Limiti quantitativi di cui al
DM n. 186/2006 - Procedure semplificate - Aumento dei rifiuti sottoposti a
recupero oltre tali limiti - Assoggettamento all’ordinaria procedura di VIA -
Art. 23 d.lgs. n. 152/2006. L’esercizio dell’attività di recupero di rifiuti
non pericolosi nel rispetto dei limiti quantitativi previsti dal DM del 5 aprile
2006, n. 186 (nella specie, 2.000 t/anno per il recupero di fanghi da industria
cartaria) consente di assoggettare l’autorizzazione di tali attività al regime
di procedura semplificata di cui agli articoli 214 e 216 del d.lgs. n. 152/2006.
L’aumento del quantitativo di fanghi da sottoporre a recupero sino a 30.000
t/anno, invece, comportando il superamento dell’ora ricordato limite, non può
che determinare l’inapplicabilità della procedura semplificata e
l’assoggettamento all’ordinaria procedura di valutazione ambientale (art. 23
d.lgs. n. 152/2006). Pres. Leo, Est. Bertagnolli - C. s.p.a. (avv. Pasqualini
Salsa) c. Regione Lombardia (avv. Fidani) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV
- 21 novembre 2008, n. 5534
RIFIUTI - A.I.A. - Conferenza di servizi - Parere non vincolante - Poteri
della regione. Rientra appieno nel potere della Regione, a cui è attribuito
la competenza al rilascio dell’A.I.A, di discostarsi dal parere non vincolante
della Conferenza di servizi, a maggior ragione laddove siano ravvisabili
possibili violazioni della norma in cui la Conferenza stessa sia incorsa. (cfr.
T.A.R. Lecce, I, 22 novembre 2005, n. 5236, secondo cui “Alla Conferenza di
servizi prevista dall'art. 27 d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22 sono affidati compiti
di carattere puramente istruttorio, e non di tipo decisorio; la stessa non
costituisce, quindi, un organo collegiale con funzioni decisorie ma solo uno
strumento procedimentale di accelerazione del procedimento finalizzato
all'emersione ed alla comparazione dei diversi interessi pubblici coinvolti.”).
Pres. Leo, Est. Bertagnolli - C. s.p.a. (avv. Pasqualini Salsa) c. Regione
Lombardia (avv. Fidani) - T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez. IV - 21 novembre
2008, n. 5534
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale
Amministrativo Regionale della Lombardia, Sezione Quarta,
N.5534/08 Reg. Sent.
N. 444 Reg. Gen.
ANNO 2008
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nell'Udienza Pubblica del 4 novembre 2008
Visto il ricorso 444/2008 proposto da:
CARTIERA DELL’ADDA S.p.a.
rappresentata e difesa da:
Claudia Pasqualini Salsa
con domicilio eletto in MILANO
p.zza San Nazaro in Brolo, n. 15
presso
lo studio dell’avv. stesso
contro
REGIONE LOMBARDIA
DIREZIONE GENERALE QUALITA’ DELL’AMBIENTE
DIREZIONE GENERALE TERRITORIO E URBANISTICA
DIREZIONE GENERALE RETI E SERVIZI DI PUBBLICA UTILITA’ E SVILUPPO SOSTENIBILE
rappresentata e difesa da:
Viviana Fidani
con domicilio eletto in MILANO
Via Fabio Filzi, n. 22
presso
gli Uffici dell’Avvocatura regionale
per l’annullamento
- del decreto n. 11101 del 4 ottobre 2007 – atto n. 1178 – Direzione
Generale Qualità dell’Ambiente Regione Lombardia, emesso dal Dirigente Struttura
Prevenzione Inquinamento Atmosferico e Impianti, avente ad oggetto:
“Autorizzazione integrata ambientale (IPPC) ai sensi del d.lgs. 18 febbraio
2005, n. 59, rilasciata a Cartiera dell’Adda s.p.a. con sede legale a Olona
Dubino (SO) in via Spluna n. 101 per l’impianto di Calolziocorte (LC) in via
Cavour, n. 63”, notificato il 12 dicembre 2007, nella parte in cui ha respinto
la richiesta di ampliamento della capacità di recupero dei fanghi;
- di tutti gli atti preparatori, presupposti, consequenziali e comunque connessi
e, patitamente, della comunicazione prot. T1.2007.0034617 del 29 novembre 2007.
Visti gli atti di costituzione in giudizio di:
REGIONE LOMBARDIA
Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
Viste le memorie presentate sia dalla ricorrente che dall’Amministrazione
resistente;
Visti gli atti della causa;
Designato relatore alla pubblica udienza del 4 novembre 2008 il Ref. Mara
Bertagnolli e uditi i procuratori delle parti, come da verbale;
FATTO
La Cartiera dell’Adda s.p.a. è un’azienda che opera nella produzione di carta e
cartone destinati al settore dell’imballaggio, mediante “recupero” ai sensi
dell’art. 33 del d. lgs. 22/97 (oggi art. 214 d. lgs. 152/2006), messa in
riserva (R13) e recupero di materia (R3) con riferimento a rifiuti di carta,
cartone, cartoncino per un quantitativo di recupero pari a 80.000 T/anno, nonché
fanghi di industria cartaria per un quantitativo di recupero pari a 2.000
T/anno.
Nelle more del procedimento preordinato al rilascio, mediante procedura
semplificata, dell’Autorizzazione Ambientale Integrata (A.I.A.), la richiedente
Cartiera dell’Adda inoltrava un’istanza volta ad ottenere l’aggiornamento
dell’autorizzazione mediante “l’aggiornamento del quantitativo di fanghi”, al
fine di poter aumentare il quantitativo trattato da 2.000 a 30.000 t/anno.
Nonostante il parere favorevole a tale aggiornamento espresso dalla Conferenza
di servizi, la Regione ha, invece, escluso di poter ricomprendere tale modifica
all’interno dell’A.I.A..
Ritenendo che l’autorizzazione rilascia sia illegittima, nella parte in cui ha
rigettato la richiesta di ampliamento della medesima, la Cartiera dell’Adda
s.p.a. ha impugnato tale provvedimento, ancorché limitatamente a tale specifica
parte, affidando il ricorso alle seguenti doglianze:
1. violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d. lgs. 152/2006, in
relazione all’allegato III, parte II d. lgs. 152/2006. Secondo la ricorrente,
alla luce della norma richiamata, il solo fatto di effettuare anche attività di
recupero del “macero” non comporterebbe l’esistenza di impianti o di attività
che ricadano sotto le previsioni di cui all’Allegato III, parte II del d. lgs.
152/2006 e, quindi, non imporrebbe l’assoggettamento della modifica alla
valutazione di impatto ambientale;
2. violazione e falsa applicazione del D.M. 5 febbraio 1998 come modificato dal
D.M. 5 aprile 2006, n. 186 – eccesso di potere per travisamento dei presupposti
di fatto e di diritto e contradditorietà. Nonostante l’iter del procedimento
avesse conosciuto un corretto svolgimento fino all’espressione del parere
favorevole della Conferenza di Servizi che ha ritenuto non sostanziale ai sensi
dell’AIA la modifica richiesta, la Regione, oltre ad avere inopinatamente
ritenuto assoggettabile la richiesta a VIA, avrebbe immotivatamente ed
apoditticamente disatteso la sintesi dei processi valutativi effettuati dalle
diverse Amministrazioni rappresentata dal parere della Conferenza di servizi;
3. violazione e falsa applicazione dell’art. 10 d. lgs. 59/2005 – violazione e
falsa applicazione del D.M. 5 febbraio 1998, come modificato dal D.M. 5 aprile
2006 n. 186 – violazione dell’art. 41 Cost..La Regione, al contrario della
Conferenza di servizi, avrebbe illegittimamente qualificato la modifica
richiesta come “sostanziale” e quindi assoggettabile alla particolare disciplina
procedimentale prevista dalla citata norma. Impropriamente, inoltre, avrebbe
ritenuto che il mero ampliamento quantitativo della capacità di recupero, senza
che fossero venuti meno i parametri autorizzativi, avrebbe determinato
l’impossibilità di applicare la procedura semplificata per il rilascio
dell’Autorizzazione integrata ambientale, ancorché già in corso;
4. eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, non potendosi
ritenere, secondo la ricorrente, che il mero richiamo alla norma integri
un’adeguata motivazione “per relationem”.
In vista della pubblica udienza la ricorrente ha altresì depositato una memoria
nella quale, evidenziato come l’art. 20 comma 1 del nuovo testo del d. lgs.
152/06 assoggetti effettivamente a “verifica di assoggettabilità” alla
valutazione di impatto ambientale anche attività di produzione e lavorazione di
cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni, essa sostiene però che tale
verifica sarebbe già avvenuta nell’ambito della Conferenza di servizi del 14
settembre 2007, nel verbale della quale si legge che “l’aumento del recupero dei
fanghi non è sostanziale ai sensi dell’AIA e non essendo soggetto a procedure
autorizzatorie preventive sarà autorizzato con la presente autorizzazione”,
rendendo superfluo ogni ulteriore aggravamento del procedimento.
Essa ha, quindi, ribadito il pieno rispetto, a proprio parere, della normativa
disciplinante la fattispecie, chiedendo altresì un risarcimento del danno, che
si sostiene colposamente cagionato dalla Regione in ragione della pretesa
chiarezza della disciplina vigente, per una cifra pari ad Euro 1.999.449,83.
La Regione, costituitasi in giudizio, ha anch’essa presentato una memoria nella
quale ha sostenuto l’assoggettabilità a VIA delle modifiche sostanziali
apportate all’impianto in questione per effetto del superamento dei limiti di
legge, sottolineando in particolare come l’erronea conclusione cui era pervenuta
la Conferenza di Servizi fosse stata determinata dalla mancata corretta
rappresentazione che la stessa si era fatta in ordine all’effettivo superamento,
in conseguenza dell’aumento dei quantitativi di fanghi da trattare, del
quantitativo totale di rifiuti trattati dalla richiedente, comportante
l’inapplicabilità delle procedure semplificate di autorizzazione.
È stata, inoltre, eccepita l’infondatezza delle ulteriori doglianze, atteso il
rispetto della allora vigente normativa, nonché l’adeguata motivazione del
provvedimento.
Alla pubblica udienza la causa, su conforme richiesta delle parti in causa, è
stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il provvedimento impugnato, nella parte in cui è stato fatto oggetto del ricorso
in esame, nega l’estensione dell’autorizzazione integrata ambientale, secondo il
procedimento semplificato, all’aggiornamento (in aumento) del quantitativo di
fanghi da recuperare, richiesto nel corso del procedimento attivato dalla
Cartiera dell’Adda s.p.a. con riferimento all’attività già precedentemente
svolta dalla ricorrente.
Tale diniego, il quale supera il contrario avviso della Conferenza di servizi
sentita nell’ambito del suddetto procedimento semplificato per il rilascio
dell’A.I.A., risulta essere motivato da una più approfondita analisi della
situazione di fatto, che avrebbe evidenziato la necessità di sottoporre la
variazione in questione al procedimento ordinario di autorizzazione.
A tale proposito il Collegio ritiene di poter condividere la tesi
dell’Amministrazione resistente secondo cui l’incremento dei fanghi da trattare
da 2.000 a 30.000 t/anno avrebbe dovuto comportare l’assoggettamento del
progetto alla preventiva valutazione di impatto ambientale ai sensi dell’art. 23
del d. lgs. 152/06.
L’azienda ricorrente esercita, infatti, oltre all’attività di cartiera che
l’assoggetta alla disciplina di cui al d. lgs. 59/05, anche quella di messa in
riserva e recupero di rifiuti non pericoli, quali:
- rifiuti di carta, cartone e cartoncino, inclusi i poliaccoppiati, anche di
imballaggi per un quantitativo di recupero pari a 80.000 t/a;
- fanghi di industria cartaria per un quantitativo di recupero pari a 2000 t/a.
Tutto ciò, quindi, per un totale complessivo di rifiuti trattati pari a 82.000
t/anno.
Ai sensi dell’art. 23 del d. lgs. 152/06, debbono essere assoggettati a
valutazione di impatto ambientale, tra gli altri, gli “Impianti di smaltimento e
recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno,
mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui …… all'allegato C,
lettere da R1 a R9, della parte quarta del presente decreto, ad esclusione degli
impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli
214 e 216 del presente decreto” (lett. b) del punto 9 dell’elenco A, dell’All.
III alla parte seconda del d.lgs. 152/06).
Il fatto che la ricorrente esercitasse la propria attività di recupero di
rifiuti non pericolosi secondo le quantità sopra ricordate e, quindi, nel
rispetto dei limiti quantitativi previsti dal DM del 5 aprile 2006, n. 186 (ed
in particolare delle 2.000 t/anno fissate per il recupero di fanghi da industria
cartaria) aveva consentito, in ragione della disposizione sopra riportata e
nonostante il superamento del limite giornaliero di 100 t/giorno, di
assoggettare l’autorizzazione di tali attività al regime di procedura
semplificata.
L’aumento del quantitativo di fanghi da sottoporre a recupero sino a 30.000
t/anno, invece, comportando il superamento dell’ora ricordato limite delle
soglie previste dal DM del 5 aprile 2006, n. 186, non poteva che determinare
l’inapplicabilità della procedura semplificata e l’assoggettamento all’ordinaria
procedura di valutazione ambientale, atteso l’evidente superamento del limite
generale del quantitativo complessivo di rifiuti trattati, pari, a seguito
dell’ampliamento richiesto, a 110.000 t/anno.
Legittimamente, quindi, la Regione ha ritenuto che le modifiche proposte non
potessero essere considerate nell’ambito della procedura di autorizzazione
ambientale semplificata.
A ciò si aggiunga il fatto che la modifica richiesta presentava
inequivocabilmente le caratteristiche di una modifica sostanziale.
L’art. 5 del d. lgs. 152/2006, lettera g), nel testo originario, anteriore alla
modifica introdotta dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4,
e vigente al momento dell’adozione del provvedimento censurato, infatti,
definiva la “variante sostanziale” come “l'intervento su un'opera già esistente
dal quale derivi un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla
precedente; per le opere o interventi per i quali nell'Allegato III alla parte
seconda del presente decreto sono fissate soglie dimensionali, costituisce
modifica sostanziale anche l'intervento di ampliamento, potenziamento o
estensione qualora detto intervento, in sé considerato, sia pari o superiore al
trenta per cento di tali soglie”.
Poiché, come già chiarito, la ricorrente esercita un’attività (il trattamento di
fanghi derivanti dal macero) assoggettata alla soglia dimensionale prevista dal
richiamato Allegato III della parte seconda del d. lgs. 152/06, appare evidente
come la richiesta variazione, determinante un incremento di fanghi recuperati
ben superiore al 30 % della soglia ammesso dalla norma, integrasse l’ipotesi di
una variante sostanziale.
Anche di tale circostanza doveva, contrariamente a quanto avvenuto in sede di
conferenza di servizi, tenersi conto nel valutare la domanda.
Correttamente, quindi, la Regione, avvedutasi degli errori di rappresentazione
della realtà della situazione in cui era incorsa la Conferenza di servizi, ha,
nell’ambito del potere riconosciutale dalla legge - la quale attribuisce alla
Regione la competenza a rilasciare l’A.I.A., acquisito il parere, obbligatorio,
ma non vincolante della Conferenza di servizi prevista dalla norma - superato le
conclusioni della Conferenza di servizi stessa per garantire un adeguato
rispetto della disciplina vigente.
Non può, quindi, trovare accoglimento il ricorso in esame.
Infondato appare, innanzitutto, il primo motivo di ricorso, con cui parte
ricorrente ha dedotto la pretesa violazione delle prescrizioni relative
all’assoggettamento a V.I.A..
Si è già avuto modo di chiarire come la disciplina vigente al momento del
rilascio del provvedimento impugnato, escludesse la possibilità di applicare la
procedura di autorizzazione semplificata a seguito di un incremento del
quantitativo di fanghi da trattare dell’importanza di quello richiesto dalla
ricorrente, richiedendone, invece, come correttamente rappresentato dalla
Regione, l’assoggettamento ad un’ordinaria procedura di valutazione ambientale.
Le considerazioni di cui sopra evidenziano, altresì, come non potessero essere
giudicate positivamente le conclusioni cui era pervenuta la Conferenza di
servizi; evidentemente quest’ultima è incorsa in un errore di valutazione dei
presupposti di fatto, in termini di quantitativi di rifiuti da considerarsi ai
sensi del D.M. 186/2006, come successivamente emerso, secondo quanto
rappresentato dalla difesa erariale, anche a seguito delle ulteriori verifiche
effettuate dall’ARPA.
Anche la seconda doglianza appare, per ciò stesso, infondata. Tanto più se si
considera che rientra appieno nel potere della Regione di discostarsi dal parere
non vincolante della Conferenza di servizi, a maggior ragione laddove siano
ravvisabili possibili violazioni della norma in cui la Conferenza stessa sia
incorsa. In tal senso anche la sentenza del T.A.R. Lecce, I, 22 novembre 2005,
n. 5236, secondo cui “Alla Conferenza di servizi prevista dall'art. 27 d.lg. 5
febbraio 1997 n. 22 sono affidati compiti di carattere puramente istruttorio, e
non di tipo decisorio; la stessa non costituisce, quindi, un organo collegiale
con funzioni decisorie ma solo uno strumento procedimentale di accelerazione del
procedimento finalizzato all'emersione ed alla comparazione dei diversi
interessi pubblici coinvolti.”. Da tali conclusioni, che il Collegio ritiene di
poter condividere, ne discende, quindi, la piena facoltà della Regione di
discostarsi dal parere espresso dalla Conferenza di servizi, nell’ottica del
pieno soddisfacimento dell’interesse pubblico che passa, in primo luogo,
attraverso il rispetto della norma.
Né può valere ad inficiare la legittimità del provvedimento la pretesa
violazione dell’art. 10 del d.lgs. 59/05 (terza censura) non solo in quanto la
ricorrente, non essendo essa ancora in possesso dell’AIA, non avrebbe potuto
invocare tale norma, ma anche in ragione del fatto che l’abbandono della
procedura semplificata deve, in base all’articolo stesso, avvenire ogni volta
che all’attività autorizzata sia apportata una variazione “sostanziale” o
comunque sia superata la soglia massima prevista dall’apposito decreto
ministeriale. Entrambe le condizioni risultano rispettate nel caso di specie,
atteso che non appare confutabile, anche alla luce di quanto più sopra
rappresentato, che il passaggio da un quantitativo di fanghi trattati da 2.000 a
30.000 t/anno debba essere qualificabile come “variazione sostanziale” e,
comunque, la soglia fissata dal Ministero (2.000 t/anno) risulterebbe
inevitabilmente superata.
Anche l’asserita carenza di motivazione di cui alla quarta doglianza non appare
ravvisabile nel caso di specie, avendo la Regione ben rappresentato, ancorché
sinteticamente, le ragioni che l’hanno indotta a superare il parere delle
Conferenza di servizi.
Il ricorso deve, quindi, essere rigettato, anche con riferimento alla domanda
volta ad ottenere il risarcimento del danno.
La particolarità e complessità della fattispecie, caratterizzata dallo stratificarsi di una normativa complessa e spesso difficilmente ricostruibile giustifica la compensazione delle spese del giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione Quarta,
definitivamente pronunciando respinge il ricorso in epigrafe indicato, anche con
riferimento alla consequenziale domanda di risarcimento del danno.
Dispone la compensazione delle spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 4 novembre 2008, con
l’intervento dei Signori magistrati:
ADRIANO LEO Presidente
MARA BERTAGNOLLI Ref., relatore
UGO DE CARLO Ref.
___________________________Presidente
___________________________Estensore
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