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T.A.R. PUGLIA,
Bari, Sez. III - 22 Aprile 2008, n. 1001
RIFIUTI - URBANISTICA ED EDILIZIA - Attività di discarica - Trasformazione
permanente del suolo - Recupero ambientale - Rimodellamento del sito - Permesso
di costruire - Necessità - Art. 3 dPR n. 380/2001. L’art. 3 del dPR n.
380/01, dettato in materia di interventi edilizi per cui è chiesto il permesso
di costruire, indica al punto e.3 “la realizzazione di infrastrutture ed
impianti anche per pubblici servizi che comporti la trasformazione in via
permanente di suolo inedificato …” ed il punto e.7 “la realizzazione di depositi
di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive
ove comportino l’esecuzioni di lavori cui consegua la trasformazione permanente
del suolo inedificato”. Non par dubbio che l’attività di discarica rechi di per
sé una modifica dello stato dei luoghi e quindi necessiti di p.d.c.; anche
quella di recupero ambientale, vale a dire spandimento di particolari rifiuti
sul sito per il suo rimodellamento, comporta nella sua effettuazione
trasformazione dello stato dei luoghi con conseguente necessita di p.d.c. Pres.
Urbano, Est. Mangialardi - F. s.n.c. (avv.Palieri) c. Comune di Triggiano (avv.
Gagliardi La Gala) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. III - 22 aprile 2008, n. 1001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 01001/2008 REG.SEN.
N. 01682/2006 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1682 del 2006, proposto da:
Feplan di Nocente Celeste & C. Snc, rappresentato e difeso dall'avv. Marco
Palieri, con domicilio eletto presso Marco Palieri in Bari, c/o Avv.F.Paparella
via Venezia, 14;
contro
Comune di Triggiano, rappresentato e difeso dall'avv. Franco Gagliardi La Gala,
con domicilio eletto presso Franco Gagliardi La Gala in Bari, via Abate Gimma,
94; Provincia di Bari;
nei confronti di
Tricenter Srl, rappresentato e difeso dall'avv. Felice Eugenio Lorusso, con
domicilio eletto presso Felice Eugenio Lorusso in Bari, via Amendola N.166/5;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento n. 169 prot. n. 21546 del 22 sett. 2006 del dirigente del
Settore Assetto del Territorio del Comune di Triggiano, e degli atti e
provvedimenti ivi richiamati come ad esempio l’Ordinanza n. 147 prot. n. 18264
del 1° agosto 2006 dello stesso dirigente comunale nonché ove occorra la
comunicazione di violazione urbanistico edilizia 2638/PM del 24 giugno 2006 ed
il verbale di accertamento e contestazione di violazione amministrativa in
materia urbanistica ed edilizia n. 48/2006 del Comando dci Polizia Municipale;
dell’Ordinanza n. 132 prot. n. 17117 del 25 luglio 2006 del Sindaco del Comune
di Triggiano e degli atti e provvedimenti ivi richiamati, come ad esempio la
relazione tecnica del 5.7.2006;
di ogni altro atto presupposto e connesso tra cui la relazione prot. n. 9440 del
21 aprile 2006 del dirigente del dirigente del Settore Assetto del Territorio
del Comune di Triggiano, il vigente regolamento edilizio e quello di igiene e
sanità del Comune di Triggiano approvato con deliberazione consiliare n. 52 del
27 nov. 1998;
per il risarcimento
dei danni derivanti dalla esecuzione degli atti gravati;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Triggiano;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Tricenter Srl;
Visti i tre atti di motivi aggiunti depositati rispettivamente il 20 febbraio
2007, il 14 novembre 2007, il 27 novembre 2007;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30/01/2008 il dott. Vito Mangialardi e
uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con atto notificato e depositato rispettivamente il 18 ottobre ed il 26 ottobre
2006 la ricorrente soc. Feplan esercente in Triggiano una attività di discarica
di II categoria di tipo A per la raccolta e lo smaltimento di rifiuti speciali
inerti, ha impugnato i provvedimenti in epigrafe meglio indicati con cui il
Comune di Triggiano ha ordinato ai suoi legali rappresentanti dapprima la
sospensione dell’attività di molitura delle pietre e degli altri materiali
inerti (ordinanza sindacale n. 132 del 25.7.2006) e poi la chiusura di ogni
attività di discarica in uno con la cessazione di ogni attività inerente il
recupero e la frantumazione degli inerti (ordinanza del dirigente del settore
Assetto del territorio n. 169 del 22.9.2006).
Ha dedotto:
A) avverso l’Ordinanza sindacale n. 132/06 il seguente vizio: 1) Violazione
dell’art. 50 del d,lgs. 267/2000, violazione degli artt. 216 e 217 del r.d. n.
1265 del 1934. Violazione della legge n. 203/1988. Violazione degli artt. 7 ed 8
della legge 241/90, degli artt. 87, 88 e 89 del regolamento comunale di igiene e
sanità approvato con delibera consiliare n. 52 del 27 novembre 1998. Violazione
dell’art. 97 della Cost. Violazione degli artt. 10 ed 11 delle preleggi. Eccesso
di potere. L’Ordinanza avversata che riguarda esclusivamente l’impianto di
molitura ed altri materiali inerti viene motivata per la considerazione che
l’impianto sarebbe privo di accorgimenti atti ad evitare la dispersione delle
polveri nell’atmosfera, nonchè privo dell’autorizzazione regionale di cui al dPR
203/1988, dell’autorizzazione edilizia e del certificato di agibilità. Dette
circostanze non sono costituiscono presupposti che possano abilitare ad un
provvedimento contingibile ed urgente.
B) avverso la determina dirigenziale n. 169/2006 ha dedotto i seguenti motivi
(numerati in sequenza a quello dianzi indicato): 2) Violazione degli artt.
1,3,10,15,22 e 31 del dPR 380 del 2001, degli artt. 2,27 e 29 del d.lgs. n. 22
del 1997, degli artt. 177 e seguenti del d.lgs. n. 152 del 2006, dell’art. 3 bis
del d.l. 361/1987, dell’art. 178 del d.lgs. 152/06, degli artt. 5 e 6 della l.
r. n. 30 e n. 86, degli artt. 1 e 3 delle legge 241/90, dell’art. 97 Cost.,
eccesso di potere. Osserva che il dirigente comunale ha dichiarato la decadenza
della c.e. n. 234 /91 relativa alla discarica e di quella n. 348/99 relativa al
recupero ambientale per mancata conclusione dei lavori nei termini
rispettivamente assegnati ai sensi dell’art. 15 comma 2 del dPR 380 del 2001.
Orbene con riferimento al recupero ambientale riguardante l’area A, la
ricorrente deduce che la disposta decadenza sia del tutto irrilevante, non
occorrendo per l’attività di recupero alcun permesso di costruire; non si è
realizzata alcuna opera nell’area de qua; si è provveduto a rimodellare
morfologicamente l’area mediante rinterro del cratere con particolari tipologie
di rifiuti inerti al fine di restituire l’area stessa all’uso agricolo, attività
che non necessita di alcun permesso di costruire, strumento giuridico inadatto a
regolare lo svolgimento dell’attività in questione che in quanto continuativa ed
a tempo indefinito, mal si concilia con la fissazione di un termine finale
determinato.
Con riferimento alla discarica di inerti –riguardante l’area B- fa presente che
la relativa attività è stata approvata dalla Provincia –che è competente a
riguardo- con deliberazione di Giunta n. 3036 del 18 nov. 1991 ancora valida ed
efficace.
Con riferimento all’area C- messa in riserva e riciclo-rappresenta che
l’attività in esame viene svolta sulla base dell’iscrizione nell’apposito
registro tenuto dalla Provincia; la inevitabile emissione di polveri è
consentita dall’autorizzazione regionale n. 2260 del 13 maggio 1997. 3)
Incompetenza. Violazione artt. 20,21,27,28,31,33 e 57 del d.lgs. n. 22/97; degli
art. 177 e seguenti del d.lgs. n. 152/06; degli artt. 5 e 6 della l.r. n. 30 del
1986, degli artt. 107 e seguenti del d.lgs. n. 267 del 2000 e degli artt. 27 e
seguenti del dPR 380/2001. Eccesso di potere. Il dirigente comunale è del tutto
incompetente ad incidere sullo svolgimento di un servizio pubblico rimesso alla
esclusiva competenza e responsabilità della Provincia di Bari. 4) Violazione
delle disposizioni di cui agli artt. 3.08.4, 5.02 e 5.07 della NTA del PUTT/P
approvato dalla Regine Puglia con deliberazione n. 1748 del 15 dic. 2000.
Violazione dell’art. 166 del d.lgs. n. 490 del 1999 e degli artt. 31 e 33 del
d.lgs. n. 22v del 1997. Violazione dell’art. 5 del d.m. 5 febbraio 1988. degli
artt. 177 e seguenti del d.lgs. n. 152 del 2006, dell’art. 5 della legge
regionale n. 30/1986, degli artt. 10 e 11 delle preleggi. Eccesso di potere. Fa
presenta che l’area A ove si svolge recupero ambientale non rientra propriamente
nelle “discariche” che sono impianti in cui si svolge l’attività di smaltimento,
vale a dire operazioni finalizzate a sottrarre definitivamente un materiale da
ogni altro impiego proficuo; il recupero materiale consiste, invece, in
operazioni di spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura e
dell’ecologia. L’area in questione non può, quindi essere regolamentata dalle
disposizioni del PUTT/P che riguardano le discariche. Per l’attività di recupero
ambientale non necessita poi il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Con
riferimento all’area B –discarica per inerti- il PUTT/P che è del 2001 non può
applicarsi ad impianti pregressi qual’è quello in questioine risalente al 1992.
Gli impianti della gestione di rifiuti sono da considerarsi alla stregua di
opere di interesse pubblico e quindi autorizzati ex lege alla luce delle
disposizioni del PUTT/P che per quelli esistenti alla sua entrata in vigore, ne
prevede l’autorizzazione in deroga (art. 5.07 punto 3.03). Non può essere
altresì chiesta autorizzazione paesaggistica, e ciò ai sensi delle disposizioni
di cui all’art. 5.02 punti 1 e 1.07 del PUTT/P. Quanto all’are C –messa in
riserva e recupero- la relativa attività, essendo stata autorizzata nel 1998
giusta iscrizione nel registro delle imprese tenuto dalla Provincia di Bari, è
sottratta alle sopravvenute disposizioni del PUTT/P.
5) Violazione del regolamento comunale di igiene e sanità (artt. 163 e 184) e di
tutta una serie di disposizioni già indicate in rubrica nei motivi precedenti.
Il regolamento comunale entrato in vigore nel 1999 , in assenza di disposizioni
di segno opposto, vale per l’avvenire e quindi non si applica alla discarica
realizzata nel 1993.
6) Eccesso di potere per sviamento ed ingiustizia manifesta. Il centro
commerciale poteva essere ultimato (stante l’Ordinanza del CdS del 28 aprile
2006 che aveva riformato la precedente del Tar n. 258/06), ma non aperto al
pubblico; l’Amministrazione comunale per superare il problema, ha ordinato
inopinatamente la cessazione di attività costituenti servizio pubblico.
Con motivi aggiunti del 20 febbraio 2007 la ricorrente ha provveduto ad
impugnare la nota n. 652 del 9 febbraio 07 a firma del dirigente dell’UTC di
Triggiano indirizzata a questa Sezione del Tar ed avente ad oggetto una
relazione su ulteriori verifiche in ordine allo stato dei luoghi dell’area
utilizzata a discarica; ha chiesto pure il risarcimento dei danni derivanti
dall’esecuzione degli atti e provvedimenti impugnati. Ha dedotto: 1) Nullità e/o
inesistenza delle note comunali riguardanti l’asserita escavazione dell’area
interessata dall’attività della Feplan, assenza degli elementi essenziali del
provvedimento e violazione degli artt. 21 bis e septies della legge 241/90 e s,m.i.
La nota comunale è nulla siccome atipica e del tutto priva di volontà e del
destinatario, mancando tra l’altro di qualsiasi parte dispositiva. 2) Violazione
della legge 241/90 (artt. 7, 8 , 10 e 21 bis) perché compiute le verifiche
tecniche in assenza di contraddittorio; 3) Incompetenza e violazione di una
serie di disposizioni indicate in rubrica dei precedenti motivi di gravame
essendo le note comunali emesse in carenza di potere ed illegittime per
incompetenza poichè la materia dei rifiuti speciali è riservata alla Provincia
ed ogni competenza in materia di cave è riservata alla Regione. 4) Eccesso di
potere perché l’attività istruttoria è stata svolta da un soggetto estraneo
all’amministrazione (geom. Marzullo) incaricato di procedere a rilievi
topografici ed alla predisposizione di una planimetria riassuntiva della
situazione dei luoghi al 1991, al 1995 ed al 2006. Si è preso poi a parametro di
comparazione un elaborato grafico redatto nel 1991 dall’ing. Crudele, che è
piuttosto un semplice schizzo riportante tre sezioni di una planimetria non
quotata.
Non v’è poi traccia dell’asserita ulteriore prosecuzione dell’attività di
escavazione dal 1995 al 2006 negli elaborati depositati dal Comune dai quali
anzi si ricava un progressivo riempimento della cava. Non è fondata l’accusa
mossa dal Comune di Triggiano alla Feplan di aver abusivamente proseguito
nell’attività di escavazione al fine di aumentare la profondità del cavo. 5)
Eccesso di potere perché, difformemente da quanto riferito, non v’è stata alcuna
attività di escavazione; 6) Violazione art. 891 cod. civ. ed eccesso di potere.
Si contesta quanto riferito dall’Amministrazione circa la situazione di pericolo
per i fondi limitrofi e la viabilità extra urbana. Si afferma che, se del caso,
la situazione di pericolo va ravvisata nella strada il cui progetto è stato
approvato nel 2004 e non nella cava preesistente. Quanto alla violazione
dell’art. 891 c.c. pure riferita dall’Amministrazione, osserva la parte che essa
norma è posta a tutela dei privati con possibilità di deroga e comunque il
Comune non è proprietario di aree confinanti.
Con secondo atto di motivi aggiunti, depositato in data 14 nov. 2007, la
ricorrente provvede ad impugnare l’Ordinanza n. 214 del 12 ott. 2007 e
l’Ordinanza n. 215 del 17 ott. 07 di rettifica della precedente quanto alle
generalità di un proprietario dei suoli, provvedimenti assunti dal dirigente
comunale del Settore Assetto del Territorio con cui si ordinato alla ricorrente
il ripristino dello stato dei luoghi. Ha impugnato altresì il provvedimento
dirigenziale n. 169/06 con cui si è disposta la cessazione di ogni attività, in
uno con atti connessi. Ha chiesto pure il risarcimento danni. Deduce nove
motivi, richiamando normativa già citata nell’atto introduttivo e nei precedenti
motivi aggiunti. Nel motivo sub 1) ribadisce la incompetenza del Comune, siccome
in materia di rifiuti speciali ed in materia di cave la competenza si appartiene
rispettivamente ala Provincia ed alla Regione; il motivo sub 2) riguarda la
incompatibilità tra la preesistente discarica di inerti della ricorrente ed il
sopravvenuto centro commerciale della Tricenter spa assumendo -come già detto in
scritti precedenti- che il rapporto di incompatibilità va risolto secondo il
principio generale della prevenzione (prior in tempore potior in iure). Sub 3)
deduce eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento, sviamento ed
ingiustizia manifesta nonchè violazione della l.r. n. 37/85, dell’art. 166 del
d.lgs. n. 490 del 199, della legge 431 del 1985, del d.m. 1.8.1985, del d.lgs.
n. 152 del 2006, del PUTT/P. Contesta quanto detto dal Comune a carico di essa
Feplan circa di prosecuzione della cava nonostante l’espresso divieto in tal
senso opposto dalla deliberazione provinciale n. 3036 del 1992. Le risultanza
della istruttoria comunale che ha messo a raffronto una planimetria del 1991 con
una aerofotogrammetria quotata del 1995 ricavandone un approfondimento del fondo
della cava comportano un macroscopico errore metodologico ed un grave
travisamento dei fatti stante la non omogeneità degli elaborati in questione.
Quanto poi all’ulteriore prosecuzione dell’attività di escavazione dal 1995 al
2006, di ciò non v’è traccia alcuna negli elaborati del Comune. 4) Eccesso di
potere. Si asserisce dal dirigente comunale che vi sarebbe stato ampliamento
dell’area di discarica su alcune particelle non “coperte” dalle autorizzazioni
provinciali (le p.lle nn. 391, parte, 401, 400, 390, 393, 398,399 e 98). Ciò non
è esatto perché alcune particelle derivano dal frazionamento di altre particelle
autorizzate. 5) Il Comune contesta che la Feplan avrebbe realizzato la discarica
in assenza della necessaria concessone edilizia. Ciò non è esatto perché la
realizzazione della discarica fu approvata dalla Provincia giusta deliberazione
giuntale n. 3036 del 1992; essa deliberazione approvata ai sensi dell’art. 3 bis
del d.l. n. 361/87 sostituisce ad ogni effetto ogni altro provvedimento
autorizzatorio e/o concessorio di competenza regionale, provinciale e
comunale.6) Violazione art. 891 cod. civ. ed art. 26 del dPR n. 495 del 1992;
eccesso di potere. E’ del tutto inconferente la considerazione comunale di
violazione dell’art. 891 del c.c., atteso che la norma civilistica in questione
è posta a tutela della proprietà privata ed il Comune non costa essere
proprietario di aree confinanti. 7) Si contesta da parte del Comune alla Feplan
di aver realizzato una discarica di inerti in zona sottoposta a vincolo
ambientale, senza la necessaria autorizzazione paesaggistica violando le NTA del
PUTT/P regionale e segnatamente l’art. 3.10.4 (prescrizione di base) punto 4.2
(area annessa). Il vincolo in questione, però, non è applicabile alla discarica
e comunque il PUTT/P è successivo alla discarica. 8) Violazione artt. 41,42, 43
e 97 Cost., del dPR n. 327 del 2001, del d.lgs. n. 152 del 2006, dell’art. 31
del dPR n. 380 del 2001, della legge 241/90 –artt. 1, 3 e 21, ed eccesso di
potere.
Si contesta con detto motivo la previsione di esproprio delle aree interessate
dagli abusi contestati di cui pure si parla nella parte dispositiva del
provvedimento, atteso che essa misura si applica solo per motivi di interesse
generale e previo indennizzo e non già come sanzione ad un inadempimento
ingiustificato. 9) Violazione art. 97 della Cost. Violazione artt. 1 e 3 della
legge 241/90. Nullità del provvedimento per impossibilità dell’oggetto. Eccesso
di potere. Si ordina il ripristino dello stato dei luoghi; nella specie il
Comune parla che talune particelle sarebbero state contemporaneamente
interessate dalla attività di escavazione abusiva (sottrazione) e dall’attività
di smaltimento abusivo di inerti (addizione). I due comportamenti si elidono a
vicenda, rendendo non intuibile l’attività a farsi.
Da ultimo la ricorrente avanza richiesta risarcitoria per i danni subiti stante
l’interruzione dell’attività impostale dalla Amministrazione, chiedendo il
pagamento della somma di € 1.210,95 per ogni giorno di sospensione
dell’attività.
In data 27 novembre 2007 la ricorrente ha depositato ulteriori motivi aggiunti
proposti avverso la Ordinane n. 214 e 215 del dirigente comunale rispettivamente
del 12 e 17 ott. 2007 e del provvedimento n. 169 del 22 sett. 2007 dello stesso
dirigente comunale (atti già gravati nel precedente atto di motivi aggiunti di
cui innanzi si è detto). Si deducono due “nuovi” motivi e cioè: 1) Violazione
artt. 50, 54 e 107 del TUEL, nonché violazione degli artt. 41,42,43 e 97 Cost.,
violazione del dPR 327 del 2001, violazione del d.lgs. n. 152 del 2006, del dPR
380/201 e precisamente dell’art. 31, violazione della legge 241/90 ed eccesso di
potere. Si rappresenta che il dirigente comunale ordinando il ripristino dello
stato dei luoghi ha fatto riferimento nel suo provvedere ad asserire ragioni di
urgenza, pubblica incolumità, e salute pubblica che comunque si rapportano ad
una competenza del Sindaco e non già del dirigente comunale; 2) Richiama la
parte il settimo motivo dei motivi aggiunti depositati il 14 novembre 2007
riguardante la contestazione delle affermazioni del dirigente circa la
violazione da parte della Feplan della prescrizione contenuta nella
deliberazione provinciale n. 3036 del 18 nov.1992 di cessazione di attività
estrattiva con decorrenza dalla data di inizio dei lavori di esecuzione del
progetto approvato. Quindi il dirigente avrebbe dovuto dimostrare la violazione
dopo il 18 nov. 92 nel mentre prende a riferimento una planimetria del 1991.
Anzi a ben vedere, si continua, il progetto approvato dalla Provincia di Bari
con la deliberazione n. 3036 del 1992 non è neppure quello indicato dalla
planimetria del Comune, ma altro ricavabile da planimetrie redatte da altro
tecnico acquisite al procedimento concluso con la deliberazione provinciale in
questione.
Si sono costituiti in giudizio e il Comune e la contro interessata soc.
Tricenter opponendosi all’avverso gravame.
Le istanza cautelari avanzate nel corso del giudizio (vuoi nell’atto
introduttivo, vuoi nei motivi aggiunti) sono state respinte giuste Ordinanze
n.778/2006, n. 269/2007 e n. 1082/2007.
Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2008 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Il ricorso con i relativi motivi aggiunti risulta infondato, ad eccezione di una
parte che possiamo definire residuale nell’economia generale del giudizio, vale
a dire la previsione di esproprio contenuta nei provvedimenti dirigenziali
dell’ottobre 2007 disponenti per il ripristino dello stato dei luoghi e di
questo si dirà maggiormente in prosieguo.
Il Collegio passa quindi all’esame dei vari motivi dell’atto introduttivo. Il
primo di essi è proposto avverso l’Ordinanza sindacale n. 132/2006. Il
provvedimento muove da una serie di considerazioni tra cui le seguenti: nel sito
della discarica Feplan –come risultava da sopralluogo effettuato e relazione in
data 5.7.06- si riscontrava la presenza di un apparato per la molitura delle
pietre e di altri materiali inerti che produceva grandi quantità di polveri di
cui si riscontrava la presenza sino a 200 mt di distanza; l’attività di molitura
rientrava nell’elenco delle industrie insalubri di cui al D.M. 5/9/1994 e la
Feplan non aveva esibito il prescritto decreto di cui all’art. 216 del r.d.
27/7/1934 n. 1265 e s.m.i;, non risultavano osservati gli artt. 87,88 e 97 del
vigente regolamento comunale di igiene e sanità pubblica in quanto non era stata
chiesta alcuna concessione per l’insediamento dell’impianto di molitura; mancava
il certificato di agibilità; non risultavano impianti in grado di captare le
polveri e non v’era alcuna autorizzazione della Regione in ordine alla
immissione in atmosfera delle polveri; le riscontrate carenze erano suscettibili
di arrecare danno alla salute sia dei lavoratori impegnati nell’attività di
molitura che nei confronti di soggetti che operavano nei numerosi impianti
produttivi e commerciali siti in prossimità dell’impianto di molitura. Tutto ciò
premesso, il Sindaco richiamata l’urgenza di provvedere al fine di eliminare i
pericoli di cui innanzi, e visto l’art. 50 del t.u. n. 267/00 ordinava la
sospensione entro 24 ore dell’attività di molitura, con riserva di ulteriori
provvedimenti.
Si contesta ora dalla ricorrente la sussistenza dei presupposti validi per
un’ordinanza contingibile e d’urgenza.
Osserva invece il Collegio che l’attività di molitura rientra nell’elenco delle
industrie insalubri e la Feplan non ha non ha svolto gli adempimenti di cui
all’art. 216 r.d. n. 1265/1934 (t.u. delle leggi sanitarie); inoltre in sito non
sussistono impianto atti a captare le polveri prodotte, e ciò in violazione
dell’art. 97 del regolamento comunale di igiene a sanità che detti accorgimenti
prescrive a tutela dei lavoratori addetti e per l’ambiente circostante. Il
sindaco si è mosso proprio per evitare un danno alla salute degli addetti e dei
soggetti che operano in numerosi impianti produttivi e commerciali siti in
prossimità, come esposto nell’articolato provvedimento. Orbene l’art. 50 del
d.lgs. n. 267/2000 (t.u. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) al 5^
comma dispone testualmente che : “In particolare, in caso di emergenze sanitarie
o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanze
contingibili ed urgenti sono adottate esclusivamente dal Sindaco quale
rappresentante della comunità locale” e non pare dubitabile che le polveri
conseguenti alla molitura delle pietre che si liberavano nell’atmosfera siano
suscettibili di creare un danno alla salute, prioritariamente per gli addetti
alle macine e poi per gli insediamenti produttivi viciniori. A suffragio
ulteriore della legittimità del provvedimento sindacale ora contestato richiama
il Collegio giurisprudenza del CdS (decisione n. 1678/2003) che chiarisce come
il provvedimento contingibile sindacale, quanto mira alla tutela della salute
pubblica, può essere adottato non solo per porre rimedio a danni alla salute gia
verificatisi, ma anche e soprattutto per evitare che tale danno si verifichi,
Aggiunge poi essa decisione che la circostanza che la situazione di pericolo
duri da tempo (e la risalenza dell’impianto quale circostanza ostativa
all’assunzione di un provvedimento d’urgenza viene rappresentata dalla parte)
non rende illegittimo l’esercizio di tale potere. Va disattesa poi la
prospettazione di censura che fa leva sulla indeterminatezza temporale della
ordinanza in questione; ciò in quanto le ordinanze contingibili ed urgenti non
debbono avere necessariamente il carattere della provvisorietà, anche perché la
individuazione della misura adeguata va rimessa alla valutazione discrezionale
del Sindaco (cfr. CdS n. 6168/2003). La Feplan afferma di essere in possesso
delle autorizzazioni per l’attività in questione. Ciò non pare esatto al
Collegio. Il provvedimento della G.R. pugliese n. 2260 del 13 maggio 1997,
citato a riguardo, invero non pare sattisfattivo a riguardo atteso che la
Regione deliberava di “fissare nelle more della concessione dell’autorizzazione
provvisoria di cui agli artt. 12 e 13 del dPR n. 203/88, cadenza annuale
all’obbligo della effettuazione da parte delle imprese delle misure delle
emissioni inquinanti”. Quindi non v’è alcuna autorizzazione anche perché ai fini
del suo rilascio necessita ex artt. 12 e 13 dPR n. 203/1988 a specifica domanda
corredata da apposita relazione tecnica con descrizione del ciclo produttivo ed
accorgimenti e tecnologie adottate per prevenire emissioni. Una apposita
relazione tecnica –come pure evidenziato dai tecnici comunali nel sopraluogo del
25.5.2006 non risulta prodotta; parte ricorrente ha depositato nell’ambito del
connesso ricorso n. 225/04 ed in data 26.10.06 in allegato a motivi aggiunti
delle schede tecniche dei dispositivi di abbattimento polveri, ma esse schede a
parere del Collegio non possono ritenersi sostitutive della relazione di cui si
è detto. A conclusione del sopralluogo si parla dai tecnici comunali di presenza
di grandi quantità di polveri sottili , dichiarazioni che fino a querela di
falso ha il suo effetto probatorio. Ai fini della presenza di una autorizzazione
per l’attività in questione non può nemmeno valere il risalente “nulla osta per
l’esecuzione di lavori edili”, provvedimento sindacale rilasciato in data 7
marzo 1962, cui si appella la parte. Esso provvedimento infatti riguarda
esecuzioni di lavori per (testualmente) “costruire impianto di
frantumazione-dormitorio e cabina tra (sformazione energia elettrica)” come
leggibile nella copia depositata nell’ambito del ricorso n. 225/04; pare al
Collegio -pertanto- che esso nulla osta riguardi solo l’attività edificatoria, e
non già l’attività di molitura di pietre.
Si provvede ora da parte del Collegio ad esaminare la pluralità dei vizi
proposti avverso il provvedimento dirigenziale n. 169/2006 con cui si è
dichiarata la decadenza delle concessioni edilizie n. 234/91 (inerente la
realizzazione di una discarica controllata di II categoria tipo A) e n. 348/99
(inerente il recupero ambientale ai sensi del d.m. 5.2.1998 di ex cava), i cui
lavori dovevano concludersi entro il 5.1.1994 ed entro il 14.9.2003, e si è
ordinato ai legali rappresentanti della Feplan di provvedere alla chiusura di
ogni attività di discarica oltre che di qualsiasi attività inerente il recupero
o riciclaggio e la frantumazione di inerti, astenendosi da qualsiasi operazione
comportante la trasformazione dello stato dei luoghi.
Si contesta dalla ricorrente, e prioritariamente, la stessa necessità di
permessi di costruire per le attività in questione; la tesi non ha pregio.
Infatti l’art. 3 del dPR n. 380/01 dettato in materia di interventi edilizi per
cui è chiesto il p.d. c. (permesso di costruire) indica al punto e.3 “la
realizzazione di infrastrutture ed impianti anche per pubblici servizi che
comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato …” ed il punto
e.7 “la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di
impianti per attività produttive ove comportino l’esecuzioni di lavori cui
consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato”. Non par dubbio che
l’attività di discarica rechi di per sé una modifica dello stato dei luoghi e
quindi necessiti di p.d.c.; anche quella di recupero ambientale, vale a dire
spandimento di particolari rifiuti sul sito per il suo rimodellamento, comporta
nella sua effettuazione trasformazione dello stato dei luoghi con conseguente
necessita di p.d.c.
Le attività in questione erano, a prova di quanto detto, interessate da due
concessioni edilizie, aventi la prima durata sino al 5.12.94 e la seconda sino
al ,14.9.2003 e quindi entrambe scadute come osservato dal dirigente comunale
nel suo provvedere. La tesi della parte è che l’approvazione della discarica
giusta delibera di Giunta provinciale n. 3036 del 18.11.92 sostituiva ogni altra
autorizzazione, concessione o permesso. Di contro va invece detto che
l’approvazione in questione è avvenuta in base alla legge regionale n. 30 del
1986 –citata espressamente in delibera- la quale non prevede per i provvedimenti
provinciali di approvazione dei nuovi progetti l’effetto sostitutivo invocato
dalla parte, né dichiarazioni in tal senso si evincono dalla citata delibera.
Per inciso osserva il Collegio che effetti sostitutivi, e nel senso voluto dalla
parte, sono previsti nel successivo d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronch)
–vedi per es. comma 7 art. 17. Qui invece ci muoviamo nell’ambito della
precedente legge regionale n. 30 del 1986 che effetti sostitutivi ai fini in
questione non prevede.
Nel successivo motivo (terzo nella elencazione fattane dalla parte) si eccepisce
la incompetenza del dirigente comunale siccome non abilitato ad incidere sullo
svolgimento del servizio pubblico; a riguardo il Collegio richiama quanto sopra
detto e cioè che per le attività in questione necessitava la concessione e
necessita ora il p.d.c., atti che si appartengono alla competenza del dirigente
comunale il quale ha, quindi, titolo a sanzionare attività e comportamenti non
assistiti da atti concessori/autorizzatori.
Nel quarto motivo si censura il provvedimento dirigenziale nella parte in cui
chiama a supporto anche il Piano Urbanistico Tematico Territoriale “Paesaggio” (P.U.T.T./P)
della Regione Puglia. Le disposizioni del PUTT/P, a dire della ricorrente, non
regolamenterebbero l’area in questione. Osserva invece il Collegio che essa area
è inserita nella Lama S. Giorgio (le lame e le gravine sono zone protette già
dalla legge Galasso); in particolare è “area annessa” dal PUTT/P recepito nel
PRG del Comune approavato con delibera di G.R. n. 2020/04. Il suolo, quindi, non
può essere oggetto di modificazioni se non sia stata rilasciata l’autorizzazione
paesaggistica ai sensi dell’art. 5.01 (vedi art. 2.01 del PUTT/P). Va poi detto
che ai sensi dell’art. 3.08.4 punto 4.2 delle NTA, nelle c.d. “aree annesse”
(tale è il sito in questione) non possono essere autorizzate discariche di
rifiuti solidi. …ad eccezione dei casi in cui ciò sia finalizzato (sulla base di
specifico progetto) al risanamento e/o adeguata sistemazione ambientale. Quindi
non è possibile una sistemazione della discarica, siccome mai proposto specifico
progetto. Parte ricorrente a suffragio del suo dire richiama l’art. 5.02 punto
1.07 delle NTA del PUTT che qui, però, non è conferente perché disposizione che
nella sua interezza si riferisce ad “opere dichiarate indifferibili ed urgenti
conseguenti a norme e provvedimenti statali e/o regionali emanate a seguito di
calamità”. Stessa considerazione va fatta in riferimento al pure richiamato art.
5.07 punto 3.03 delle NTA, in base al quale le opere di interesse pubblico già
approvato all’entrata in vigore del Piano,possono essere autorizzate anche in
deroga; invero alcuna procedura di autorizzazione anche in deroga è stata mai
avviata, in disparte la questione della non possibile iscrizione dell’opera di
che trattasi tra quelle di interesse pubblico, siccome mai approvata ai sensi
del decreto Ronchi. Parte ricorrente richiama poi, nella parte finale del suo
motivo, la nota comunale n. 29610/30038 del 16 dic. 2003 ravvisandovi un nulla
osta paesaggistico rilasciato dal Comune. A riguardo va invece brevemente detto
che al di là della questione della competenza in tema di autorizzazioni
paesaggistiche, essa nota a firma del dirigente del Settore Assetto del
territorio è del seguente tenore: “Si comunica che in relazione all’istanza
relativa all’intervento in oggetto, per quanto di competenza, si evidenzia che
l’area interessata all’attività in oggetto rientra nell’area annessa alla zona
agricola sottoposta al vincolo PUTT ed è compresa nell’area annessa all’ambito
territoriale esteso di valore “distinguibile C”. Le attività consentire in detta
area sono quelle di cui alle norme di attuazione del PUTT., approvato con
delibera regionale 15.12.2002 n. 1748. Restano salve le procedure, le verifiche,
le restanti competenze provinciali di cui al D. Lgs. 5.2.1997, n. 22 artt.
31-33) e degli altri enti interessati”. Non pare revocabile in dubbio, atteso il
tenore letterale della nota, che trattasi di una mera comunicazione e non già di
un Nulla Osta paesaggistico rilasciato dal Comune (non competente a riguardo).
Nel V^ motivo si parla di violazione del regolamento comunale di igiene e sanità
(pure citato dal dirigente a supporto del suo provvedere) siccome entrato in
vigore nel 1999 e quindi in periodo successivo alla discarica realizzata nel
1993. A riguardo è agevole osservare – come giustamente contro dedotto da parte
resitente- che le norme regolamentari comunali in tema di igiene e sanità sono
di ordine pubblico e di immediata attuazione e sono applicabili anche a
situazioni preesistenti (vedi CdS sez. V^ n. 396 del 4.8.86; sempre sez. V^ n.
1112 del 9.10.97).
Nel sesto ed ultimo motivo dell’atto di motivi aggiunti ora all’esame, parte
ricorrente parlando di sviamento a carico dell’operato comunale, viene ad
illustrare quelle che sarebbero le vere ragioni dell’ora svolta azione
amministrativa. Accenna, infatti, alla presenza di un centro commerciale che
sarebbe inopinatamente sorto ad un centinaio di metri dalla gestita discarica e
ciò in violazione del regolamento comunale di igiene e sanità che prevede la
distanza di almeno un chilometro, con conseguente illegittimità di provvedimenti
concessori/autorizzatori per esso centro commerciale stante la preesistenza
della molto viciniore discarica.
In merito va invece detto che l’art. 163 comma 2 del regolamento comunale
invocato da parte ricorrente a parametro della illegittimità dei rilasciati
titoli concessori prevede che : “Le discariche autorizzate di prima categoria e
di seconda categoria di tipo A …. devono essere ubicate alle seguenti distanze:
-Km 1 dalle ultime abitazioni del più vicino centro urbano, -a distanza di
sicurezza dal più vicino insediamento rurale regolarmente abitato o adibi-to a
lavorazioni agricole e/o ad allevamento; da strade statali e da strade
provinciali; - Km 1 da insediamenti produttivi, da impianti adibiti allo sport,
ad attività creative, a campeggi, villaggi turistici ed alberghieri”.
Ciò trascritto, pare al Collegio che, in base alla stessa interpretazione
letterale che è il principale criterio ermeneutico ex art. 12 preleggi,
essendosi usato il termine discari-che “autorizzate”, la disposizione
regolamentare abbia un doppio effetto nel senso che le “nuove” discariche per
essere autorizzate debbono rispettare le distanze sopra riferite, nel mentre le
discariche preesistenti, cioè “autorizzate”, qualora non rispetti-no dette
distanze versano in situazioni di “incompatibilità” e con ogni conseguenza atta
a rimuovere la riscontrata anomalia. Chi è “incompatibile” non può pretendere
che siano gli altri a trasferirsi od a frapporre la propria esistenza quale
ostacolo al sorgere di nuovi insediamenti.. Può trarsi quindi la conclusone che
non sono le concessioni edilizie per la realizzazione del nuovo centro
commerciale ad essere illegittime, bensì è l’attività di discarica che non
doveva essere iniziata e continuata. Nella relazione a firma dei dirigenti
comunali dei settori ambiente ed assetto del territorio prot. n. 9440 del
21.4.2006 si evidenzia che essa attività sin dal 1993 era esercitata in presenza
di numerose attività regolarmente autorizzate e di insediamenti produttivi sorti
ancora prima (nel PdF la destinazione dell’area era “D”, cioè zona per
insediamenti produttivi). Parte resistente ha prodotto agli atti di causa in
connesso ricorso n 225/04 planimetria in ci si evidenzia nel raggio di un Km
dalla discarica presenza anche di abitazioni. Parte ricorrente conclude
l’illustrazione della sua censura considerando che a seguito di decisione
cautelare del CdS resa su altro ricorso e che aveva consentito la ripresa dei
lavori per la costruzione del centro commerciale, essa struttura poteva essere
ultimata e non già aperta al pubblico; la conseguenza era stata che
l’Amministrazione per risolvere il postosi problema, non aveva esitato a
dichiarare la cessazione dell’attività della discarica. A riguardo il Collegio,
richiamato quanto sopra detto sulla conflittualilà tra centro commerciale e
viciniore discarica e preferenza a darsi, aggiunge solo che non si ravvisano
neanche i presupposti onde operare la netta distinzione profferita dalla parte
tra ultimazione della costruzione di un centro commerciale e sua apertura al
pubblico, riscontrandosi –invece- tra i due accadimenti una conseguenza e non
già inconciliabile separazione.
Va ora esaminato l primo atto di motivi aggiunti prodotto avverso la relazione
tecnica
sullo stato dei luoghi utilizzata a discarica dalla ditta Feplan, relazione
redatta dal dirigente comunale ed indirizzata a questa Sezione del Tribunale,
intesa a dimostrare che nel corso del tempo vi è stata attività di estrazione e
di cava. Si deducono sei motivi di gravame, che vanno tutti disattesi.
Nel primo si deduce la nullità di essa nota siccome atipica, priva di volontà e
del destinatario, mancando tra l’altro di qualsiasi parte dispositiva. A
confutazione della particolare censura, osserva invece il Collegio che trattasi
di nota difensiva e non già provvedimentale e pertanto non abbisognevole degli
elementi propri di un atto dispositivo. In virtù della natura di detta nota, va
anche reietto il secondo motivo ove si parla di vizi partecipativi (violazione
artt. 7 e seguenti legge 241/90). Trattasi, ripetesi, essenzialmente di
relazione prodotta dalla amministrazione a sua difesa, con la conseguenza che
non sono ravvisabili obblighi partecipativi a carico della stessa nella
confezione dell’atto de quo. Circa la pure sollevata incompetenza (3^ motivo),
si è già detto che in tema di attività di cava e discarica si ravvisa necessità
di permesso di costruire, con la conseguenza che non può escludersi la
competenza del dirigente comunale UTC nella materia di che trattasi. Il fatto
che poi l’Amministrazione si sia servita di un professionista esterno per una
compiuta istruìttoria, è pure spiegato in essa relazione: l’Ufficio dichiara
espressamente di non disporre di rilievi aerofotogrammetrici dopo il 1995, e
pertanto non potendo effettuarli direttamente, ha incaricato un professionista
esterno per l’ incombenza. Tra l’altro sussiste un principio generale quanto
alla possibilità di affidare a professionisti esterni compiti inerenti a lavori
che esulino dai normali compiti degli Uffici tecnici (CdS Sez. V n. 1027/99).
Nel merito poi dei rilievi topografici, intesi a dimostrare escavazione, sono
stati confrontati quelli del 1991 del 1995 e del 2006. Parte ricorrente afferma
che il primo rilievo (quello del 1991) non sia attendibile trattandosi di uno
schizzo più che di un elaborato grafico, redatto all’epoca da tecnico (ing.
Crudele). Osserva il Collegio che nella relazione predisposta all’epoca
dall’ing. Crudele si parlava espressamente (vedi pag. 1 relazione tecnica) di
“una cava ormai esaurita”; nel rilievo topografico palanoaltimetrico effettuato
con stazione totale LEICA TC307 e negli evidenziati profili longitudinali A-B,
C-D, E-F, G-H che mettono a confronto i profili longitudinali della pratica del
1991, quello aerofotogrammetrico del 1995 ed il rilievo plano altimetrico del
2006 risulta attività di estrazione in particolare dal periodo dal 1995 al 2005
(n.b. per il 1995 c’è il dato particolarmente probante dell’aerofotogrammetria).
Le considerazioni di cui innanzi portano a disattendere il quinto motivo ove si
deduce che non vi sia stata nessuna attività di escavazione.
Va infine disatteso il 6 motivo in cui si parla di errato richiamo dell’art. 891
cod. civ. tra le considerazioni che hanno comportato il provvedimento de quo,
significandosi che essa norma non può riguardare la fattispecie all’esame
siccome il Comune non è proprietario di suoli limitrofi. A riguardo osserva
brevemente il Collegio che comunque l’atto in questione, anche se esso richiamo
sia non conferente, ben si sorregge su tutte le altre considerazioni e
motivazioni esternate a suo supporto.
Il secondo atto di motivi aggiunti è stato depositato il 14 novembre 2007 ed è
proposto avverso le ordinanze dirigenziali n. 214 e n. 215 rispettivamente del
12 ott. e del 17 ottobre 2007 con cui si ordina alla ricorrente il ripristino
dello stato dei luoghi modificato dalla escavazione abusiva avvenuta
ininterrottamente dal 1991.
Deduce parte ricorrente nove motivi di ricorso, in gran parte ripetitivi di
quelli rappresentati in precedenti scritti.
Nel primo motivo si deduce l’incompetenza del Comune; questo è un problema già
affrontato e risolto sfavorevolmente alla tesi di parte ricorrente in quanto si
è e più volte detto che l’attività in questione è soggetta a p.d.c. (prima
concessione edilizia) il che incardina comunque la competenza dell’Ente locale.
Il secondo motivo riguarda la incompatibilità tra preesistente discarica e
sopravvenuto centro commerciale. Sul problema il Collegio si è diffusamente
espresso –ed in senso negativo alle pretese del ricorrente- nella narrativa che
precede in sede di disamina de sesto motivo dell’atto introduttivo.
Nel terzo e quarto motivo si contesta il verificarsi della prosecuzione ell’escavazione
della cava ed ampliamento dell’area di discarica; a riguardo va richiamato
quanto detto in precedenza in tema di raffronto delle varie planimetrie.
Il quinto motivo ripropone il problema della non necessità della concessione
edilizia stante l’approvazione provinciale di cui alla delibera giuntale n. 3036
del 1992; anche questa questione è stata ampiamente già delibata in precedenza,
qui ribadendosi che l’approvazione provinciale non poteva considerarsi
sostitutiva delle concessioni edilizie. Il sesto motivo a sua volte ripropone il
problema connesso al richiamo nelle motivazioni alla norma civilistica dell’art.
891 c.c.; vale a proposito quanto già riferito in precedenza. In ogni caso va
sottolineato che al di là di aspetti privatistici, si pone comunque problema di
sicurezza per la strada il che che coinvolge profili pubblicistici. Parte
ricorrente afferma che la strada è del 2004 e quindi successiva alla presenza di
discarica, con la conseguenza che l’errore è stato nel prevedere e costruire
essa strada. A riguarda osserva il Collegio che l’attività di escavazione si è
comunque protratta (o quantomeno ciò non è escluso) a tutto il 2006 e quindi il
riferimento temporale non può avere il valore escludente che la parte vuole
ravvisarvi.
Il settimo motivo ripropone il problema della applicabilità o meno delle
disposizioni PUTT/P al sito in questione, questione già affrontata e risolta in
senso favorevole alla tesi di parte resistente.
Nell’ottavo motivo si contesta la previsione contenuta nella parte dispositiva
delle gravate Ordinanze di “avvertenza di esproprio” delle aree interessate, nel
caso di inadempienza alle prescrizioni imposte con essi provvedimenti
ordinatori. Ritiene invero il Collegio che essa previsione sia errata e vada
quindi annullata. Infatti –come giustamente osservato dalla ricorrente-
l’esproprio si applica solo per motivi di interesse generale e previo indennizzo
e non pare legittima sanzione consequenziale alla mancata attività ordinata alla
parte che è di valenza più propriamente edilizia. Il dirigente, se del caso,
doveva far riferiemento all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle
aree interessate da interventi eseguiti senza concessione; comunque la
previsione di esproprio è errata e quindi merita annullamento.
Nel nono motivo ed ultimo motivo si parla di inattuabilità dell’ordinanza in
conseguenza soprattutto della inutilizzabilità della planimetria del 1991. Sulla
valenza degli atti del 1991 si è già detto; problemi operativi potranno essere
superati in sede di progetto a presentarsi ed in sede di disamina di esso
progetto potranno trovare soluzione tecnica difformità tra p.a. e privato.
Rimane da esaminare l’ultimo atto di motivi aggiunti, depositato in data
27.11.07 in cui ed in riferimento all’ordinanza di ripristino si contesta che
ricorressero nella specie ragioni di urgenza pubblica incolumità e di salute
pubblica. e che, qualora sussistenti, porterebbero alla competenza del sindaco.
A riguardo si osserva dal Collegio che nell’economia generale del provvedimento,
il riferimento all’urgenza ed al pericolo viene solo ad aggiungersi in un
corposo atto che ha essenzialmente natura sanzionatoria per violazione dedl dPR
380/01 (t.u. delle disposizioni in materia edilizia) e del regolamento comunale
di igiene e sanità pubblica, violazioni che per l’esame e connesse sanzioni
vedono la competenza dirigenziale. Con secondo motivo si viene a riprendere il
settimo dei precedenti motivi aggiunti contestandosi le affermazioni del
dirigente comunale in ordine alla prosecuzione dell’attività estrattiva per
errata considerazione dei tempi che andavano invero relazionati al dopo 18 nov.
1992 e non già con riferimento ad una planimetria che rappresenta lo stato dei
luoghi alla data del 15.4.91. A riguardo si è già detto che giusto elaborato
planoaltimetrico del 2006 si dimostra un continuo di essa attività nel corso
degli annni.
In conclusione e il ricorso principale ed i motivi aggiunti vanno reietti ad
eccezione della parte residuale rappresentata dalla previsione di esproprio
contenuta nelle ordinanze dirigenziali nn. 214 e 215 dell’ottobre 2007 e per i
motivi rappresentati in sede di disamina dell’ottavo dei motivi aggiunti
depositati il 14 nov. 07.
La reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti porta a disattendere la pretesa
risarcitoria pure avanzata dalla ricorrente; essa pretesa invero manca del suo
presupposto essenziale, vale a dire la illegittimità dei provvedimenti che si
assume essere stato causa del danno lamentato.
Spese, che in parte si compensano ricorrendone giusti motivi, per la parte
rimanente si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, respinge il
ricorso in epigrafe e relativi motivi aggiunti ad eccezione di una parte
residuale, vale a dire l’avvertenza,contenuta nelle ordinanze dirigenziali n.
214 e 215 dell’ottobre 2007, di esproprio in caso di mancata ottemperanza al
ripristino dello stato dei luoghi, che va annullata..
Le spese di giudizio che in parte si compensano per la rimanente parte si
liquidano in € 3.000,00 (tremila) a carico della ricorrente, a ciò condannata,
ed a favore del Comune di Triggiano e della contro interessata Tricenter ed in
parti uguali tra di loro (€ 1.500,00 cadauno).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 30/01/2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Vito Mangialardi, Consigliere, Estensore
Roberta Ravasio, Referendario
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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