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TAR PUGLIA, Bari, Sez. I, 8 marzo 2008, sentenza n. 530
ENERGIA - Impianti eolici - Enti locali - Poteri di amministrazione attiva -
Principio di sussidiarietà. L’analisi puntuale della legislazione statale e
delle norme dettate dalla Regione Puglia, in tema di autorizzazione alla
costruzione di impianti eolici, rivela che spettano ai Comuni significativi
poteri di amministrazione attiva, sia a livello di pianificazione (art. 5 della
legge n. 10/1991; artt. 4-ss. del regolamento regionale n. 16/2006), sia nella
fase di conferenza dei servizi sui progetti presentati alla Regione (art. 12 del
d. lgs. n. 387/2003; art. 14, 5° comma, del regolamento regionale n. 16/2006;
delibera di Giunta regionale n. 35/2007). Analogo potere di intervento viene
riconosciuto agli enti locali dalla legge regionale n. 11/2001 in materia di
valutazione di impatto ambientale. Ed anzi, la normativa regolamentare della
Regione Puglia prevede che le imprese titolari di nuovi impianti debbano
stipulare con i Comuni interessati apposite convenzioni e che le stesse possano
allegare alla domanda di autorizzazione l’eventuale delibera del Consiglio
comunale che esprime parere favorevole al progetto. D’altronde, sul piano
sistematico, confliggerebbe verosimilmente con il principio di sussidiarietà
sancito dall’art. 118 Cost. un corpus legislativo che estromettesse del tutto
gli enti locali dai processi di decisione sulla localizzazione delle
infrastrutture energetiche. Pres. Allegretta , Est. Picone - F. s.r.l. (avv.ti
Picozza e Di Giovanni) c. Comune di Cerignola (avv. Clarizio), Regione Puglia (n.c.)
e Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari,
Sez. I - 8 marzo 2008, n. 530
ENERGIA - Produzione di energia elettrica da fonti tradizionali o rinnovabili -
Procedure pubblicistiche di natura concessoria - Esclusione - Costruzione ed
esercizio di impianti per l’energia eolica - Libere attività d’impresa - D.lgs.
n. 387/2003. L’ordinamento comunitario e quello nazionale non ammettono
procedure pubblicistiche di natura concessoria a presidio dell’attività di
“produzione” di energia elettrica da fonti tradizionali o rinnovabili. La
costruzione e l’esercizio di impianti per l’energia eolica sono libere attività
d’impresa soggette alla sola autorizzazione amministrativa della Regione,
secondo l’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, in attuazione dell’art. 6 della
Direttiva 2001/77/CE (che a sua volta rinvia, come si è visto, alla direttiva
generale sul mercato elettrico). Secondo il vigente assetto normativo, si tratta
di attività economiche non riservate agli enti locali, non soggette a regime di
privativa, che non rientrano nella nozione di servizio pubblico locale di cui
agli artt. 112-ss. del d. lgs. 267/2000, sebbene rivestano una significativa
importanza nell’ottica dell’apertura e dello sviluppo del mercato comunitario e
della tutela dell’ambiente. Pres. Allegretta , Est. Picone - F. s.r.l. (avv.ti
Picozza e Di Giovanni) c. Comune di Cerignola (avv. Clarizio), Regione Puglia (n.c.)
e Ministero dello Sviluppo Economico (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez.
I - 8 marzo 2008, n. 530
ENERGIA - Produzione di energia elettrica - Art. 12, c. 6 d.lgs. n. 387/2003 -
Divieto di misure di compensazione patrimoniale a favore di enti locali. In
materia di produzione di energia elettrica, secondo il chiaro disposto dell’art.
12, 6° comma, del d. lgs. n. 387/2003, poi confermato con l’art. 1, 4° comma -
lett. f), della legge n. 239/2004, vige il divieto assoluto di prevedere misure
di compensazione patrimoniale a favore delle Regioni e degli enti locali. Sul
piano della politica energetica, è sufficiente il rilievo che una simile
espansione dei poteri impositivi delle autonomie locali determinerebbe effetti
aberranti, in termini di costi di produzione supplementari gravanti sui
produttori di energia da fonti rinnovabili, a beneficio di ristrette
collettività ed a discapito della generalità degli utenti finali. Pres.
Allegretta , Est. Picone - F. s.r.l. (avv.ti Picozza e Di Giovanni) c. Comune di
Cerignola (avv. Clarizio), Regione Puglia (n.c.) e Ministero dello Sviluppo
Economico (Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 8 marzo 2008, n. 530
ENERGIA - Produzione di energia eolica - Concorso di domande volto
all’ottenimento di autorizzazioni numericamente limitate - Soluzione dei
conflitti - “Monetizzazione” - Illegittimità. Quale che sia, in astratto, il
criterio da preferire nella soluzione dei conflitti in caso di concorso di
domande volte all’ottenimento di autorizzazioni numericamente limitate
(comparazione discrezionale o priorità cronologica), è indubitabile che, nella
materia della produzione di energia eolica, la “monetizzazione” costituisca
sintomo di sviamento dal corretto uso del potere e dia luogo ad illegittimità
dei relativi provvedimenti. Nell’attesa di una positiva regolamentazione, che
potrà trovare collocazione nelle emanande linee-guida ministeriali previste
dall’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, l’autorità competente al rilascio delle
autorizzazioni per la costruzione di nuovi aerogeneratori (ossia la Regione
Puglia) non potrà che attenersi al disposto dagli artt. 8-ss. del regolamento
regionale n. 16/2006, che prevedono la cosiddetta “valutazione integrata” delle
proposte progettuali concorrenti in uno stesso ambito pianificatorio, da
effettuarsi a scadenze prefissate in sede regionale, allo scopo di individuare
gli elementi di incongruità o di sovrapposizione tra impianti e di
razionalizzare le diverse proposte tra loro interferenti. Pres. Allegretta ,
Est. Picone - F. s.r.l. (avv.ti Picozza e Di Giovanni) c. Comune di Cerignola
(avv. Clarizio), Regione Puglia (n.c.) e Ministero dello Sviluppo Economico
(Avv. Stato) - T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. I - 8 marzo 2008, n. 530
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA PUGLIA
(Sezione Prima)
N. 00530/2008 REG.SEN.
N. 00435/2007 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 435 del 2007 e successivi motivi
aggiunti, proposti da Farpower s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti
Eugenio Picozza ed Annalisa Di Giovanni, con domicilio eletto presso l’Avv. Rosa
Cerabino in Bari, via Melo, 141;
contro
- Comune di Cerignola, rappresentato e difeso dall'avv. Luca Alberto Clarizio,
con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via De Nicolò, 7;
- Regione Puglia, non costituita in giudizio;
- Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata in Bari, via Melo, 97;
nei confronti di
- Alerion Energie Rinnovabili s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti
Benedetto Giovanni Carbone, Federico Massa ed Aldo Loiodice, con domicilio
eletto presso quest’ultimo in Bari, via Nicolai, 29;
- Fen Energia s.p.a., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione
della deliberazione della Giunta comunale di Cerignola n. 47 del 8.2.2007,
avente ad oggetto “Indirizzi per l’individuazione soggetti interessati alla
realizzazione degli impianti eolici”;
della manifestazione di interesse alla realizzazione di parchi eolici, All. A
alla suddetta deliberazione;
della deliberazione della Giunta comunale di Cerignola n. 44 del 8.2.2007, con
la quale si è deliberato di procedere all’assegnazione di impianti eolici nel
territorio di Cerignola;
di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, con
particolare riferimento alla deliberazione del Consiglio comunale di Cerignola
n. 35 del 13.10.2004, avente ad oggetto “Localizzazione di parchi eolici –
indirizzi all’organo esecutivo e all’ufficio tecnico – approvazione di schema di
convenzione”;
della deliberazione della Giunta comunale di Cerignola n. 90 del 3.4.2007,
avente ad oggetto “Manifestazione d’interesse alla realizzazione di parchi
eolici – determinazioni finali” e di ogni altro atto presupposto, preparatorio,
connesso e consequenziale, con particolare riferimento ai verbali della
commissione di valutazione tecnica nn. 1, 2 e 3 e relativi allegati nn. 1 e 2;
nonché per la condanna del Comune di Cerignola al risarcimento del danno
complessivamente pari ad Euro 136.000.000.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Cerignola, del
Ministero dello Sviluppo Economico, di Alerion Energie Rinnovabili s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2008 il dott. Savio Picone
e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La società ricorrente espone di aver acquisito la disponibilità di terreni,
situati nel Comune di Cerignola, allo scopo di realizzarvi impianti eolici per
la produzione di energia elettrica.
Con lettera del 13.2.2007, l’Amministrazione resistente informava la Farpower
s.r.l. di aver indetto, mediante le gravate deliberazioni n. 44 e 47 del
8.2.2007, una procedura ad evidenza pubblica per l’assegnazione di impianti
eolici.
In breve, dopo aver concluso la prima fase di “aggiudicazione” di 15 impianti
eolici avviata sul finire del 2004, il Comune con i provvedimenti impugnati dava
corso ad un procedimento di gara per l’assegnazione di ulteriori 52 impianti, in
modo da saturarne il numero massimo realizzabile ai sensi degli artt. 13 e 14
del regolamento regionale n. 16/2006 (che hanno introdotto un “parametro tecnico
di controllo” limitativo del numero di aerogeneratori autorizzabili in
determinate aree territoriali, rispettivamente in presenza ed in assenza dei
Piani regolatori comunali per l’installazione di impianti eolici – P.R.I.E.).
Il bando poneva a base di gara un corrispettivo minimo una tantum pari ad Euro
10.700 ad impianto, un aggio percentuale del 4,50% sull’energia prodotta, con
minimo garantito di Euro 6.000 ad impianto, ed un aggio percentuale del 2,20%
sulla vendita dei “certificati verdi”, ai fini della “messa a disposizione dei
richiedenti” delle tre zone individuate dal Piano di localizzazione comunale,
approvato con deliberazione consiliare n. 35 del 13.10.2004. Si prevedeva
l’aggiudicazione alle due offerte più vantaggiose, valutate dalla commissione di
gara all’uopo istituita.
Il bando prescriveva altresì, tra i requisiti soggettivi per concorrere
all’aggiudicazione, l’aver già in esercizio almeno un impianto eolico nel
territorio nazionale.
In una delle zone messe a gara ricadevano anche i terreni acquisiti dalla
ricorrente, giudicati idonei alla installazione di aereogeneratori e per i quali
la stessa aveva presentato domanda di autorizzazione alla Regione Puglia, ai
sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. E’ agli atti una nota del 7.3.2007,
a firma del dirigente della Regione Puglia – Assessorato all’ecologia, nella
quale veniva implicitamente avallata la condotta del Comune di Cerignola, in
base alla considerazione che le procedure di competenza regionale “… non possano
prescindere dalla coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione
degli enti territorialmente competenti”.
Con la successiva deliberazione di Giunta comunale n. 90 del 3.4.2007, all’esito
delle valutazioni della commissione, veniva conclusa la procedura di evidenza
pubblica stabilendo che “… al primo classificato (Alerion Energie Rinnovabili di
Milano) va autorizzata la realizzazione del primo parco eolico per un totale di
n. 30 aerogeneratori, mentre al secondo classificato (Fen Energia spa di Milano)
va autorizzata la realizzazione del secondo parco eolico per un totale di n. 22
aerogeneratori, precisandosi che la scelta dell’area dove dovranno sorgere i
detti impianti dovrà essere effettuata in primis dalla prima classificata; … Il
medesimo Dirigente procurerà che venga stipulata la convenzione prevista sia
dalla regolamentazione regionale che dalla citata delibera consiliare n.
35/2004, con l’intesa che della convenzione definitiva venga preso atto da parte
di questa Giunta per il necessario controllo ad essa competente; Altre domande
da parte di ditte che intendano realizzare sul territorio comunale di Cerignola
impianti eolici dovranno conseguentemente essere respinte, in attesa
dell’approvazione definitiva del Piano regolatore per l’installazione di
impianti eolici (P.R.I.E.)”.
Le controinteressate Fen Energia s.p.a. ed Alerion Energie Rinnovabili s.r.l.
avevano offerto, rispettivamente, un corrispettivo una tantum per ogni impianto
di Euro 20.000 e di Euro 12.500, un aggio sull’energia prodotta del 6,85% e del
10%, un minimo garantito ad impianto di Euro 12.000 e di Euro 15.000, un aggio
sulla vendita dei certificati verdi del 3,01% e del 6%, risultando
comparativamente le migliori offerenti in termini economici.
Con ricorso ritualmente notificato il 26.3.2007 e con successivi motivi aggiunti
notificati il 2.5.2007, la Farpower s.r.l. impugna i descritti provvedimenti,
deducendo:
Violazione dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003. Incompetenza. Nullità per
carenza assoluta di potere. Violazione del principio di tipicità dei
provvedimenti amministrativi e del principio di nominatività dei procedimenti
autorizzatori;
Sviamento di potere. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso
di potere. Violazione dell’art. 13 del Regolamento regionale n. 16/2006;
Violazione dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, della delibera della Giunta
regionale n. 35/2007, dell’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE, dell’art. 14 del
Regolamento regionale n. 16/2006. Sviamento di potere e disparità di
trattamento;
Violazione dei principi generali del Trattato CE e delle libertà fondamentali,
in particolare della libera prestazione dei servizi. Violazione dell’art. 295
TCE sul regime di proprietà negli stati membri. Violazione degli artt. 41 e 42
della Costituzione;
Violazione dell’art. 14, 5° comma, del Regolamento regionale n. 16/2006.
Sviamento di potere. Disparità di trattamento e travisamento dei presupposti di
fatto e di diritto.
In prossimità della camera di consiglio fissata per trattazione dell’istanza
cautelare, la ricorrente ha depositato memoria ove ha ulteriormente articolato
le proprie censure di legittimità.
Si sono costituiti il Comune di Cerignola e la controinteressata Alerion Energie
Rinnovabili s.r.l., affermando l’inammissibilità del ricorso, per omessa
impugnazione di atti presupposti e per mancata partecipazione alla gara, ovvero
la sua infondatezza.
Con ordinanza n. 445/2007 del 6.6.2007, questa Sezione ha accolto l’istanza
cautelare ed ha sospeso i provvedimenti impugnati.
Si è costituita l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari per conto del
Ministero dello Sviluppo Economico, chiedendone l’estromissione dal giudizio per
difetto di legittimazione passiva.
Le parti hanno depositato scritti difensivi prima dell’udienza pubblica del
6.2.2008, alla quale la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Ai fini della presente controversia, è necessario individuare le norme di
diritto comunitario, statale e regionale applicabili in materia di mercato
dell’energia elettrica, con specifico riguardo alla disciplina della
realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Deve essere
individuato, in particolare, il regime giuridico proprio dell’attività di
“produzione” di energia elettrica.
Come è noto, a partire dalla Direttiva 1996/92/CE, si è andata affermando a
livello comunitario la progressiva liberalizzazione del mercato dell’energia,
attraverso il superamento del regime di monopolio pubblico sulla produzione,
sulla distribuzione e sulla vendita. In sintesi, l’art. 3 della direttiva
introduceva il principio generale secondo cui gli Stati membri, nel dovuto
rispetto del principio di sussidiarietà, fanno sì che le imprese elettriche
siano gestite nella prospettiva di conseguire un mercato concorrenziale, senza
discriminazioni tra esse quanto a diritti o obblighi, assicurando un grado di
apertura dei mercati direttamente comparabile. Fermo il rispetto dei principi
della Trattato CE, veniva consentito agli Stati membri di imporre alle imprese
del settore obblighi di servizio pubblico, al solo fine di salvaguardare la
sicurezza di approvvigionamento, la regolarità ed il prezzo delle forniture, la
qualità dell’ambiente. Per quel che qui rileva, gli artt. 4-ss. della direttiva
regolavano la costruzione di nuovi impianti di “generazione” di energia
elettrica (“produzione”, nella terminologia del legislatore italiano),
consentendo l’alternativa tra il regime autorizzatorio puro e la procedura di
gara d’appalto. L’art. 5 obbligava gli Stati che optassero per il primo a
stabilire criteri di rilascio delle autorizzazioni obiettivi, trasparenti e non
discriminatori, riferiti esclusivamente alla sicurezza delle reti, alla
protezione dell’ambiente, all’assetto del territorio, all’uso del suolo
pubblico, all’efficienza energetica, alla natura delle fonti primarie, alle
capacità tecnico-economiche dei richiedenti. L’art. 6 disciplinava le modalità
di esperimento della procedura di evidenza pubblica, che doveva essere
necessariamente preceduta da una valutazione preventiva periodica della capacità
attuale di generazione e del fabbisogno di energia elettrica. Gli artt. 7-ss.
assoggettavano invece a regime concessorio la gestione della rete di
trasmissione, il dispacciamento e la gestione della rete di distribuzione,
obbligando il gestore unico a condotte trasparenti e non discriminatorie.
Il d. lgs. n. 79/1999 di attuazione della Direttiva 1996/92/CE ha pienamente
recepito i principi di liberalizzazione ed apertura del mercato dell’energia,
disponendo all’art. 1 che le attività di produzione, importazione, esportazione,
acquisto e vendita di energia elettrica sono libere, nel rispetto dei soli
obblighi di servizio pubblico; le attività di trasmissione, dispacciamento e
distribuzione sono invece svolte in regime di concessione, sotto la vigilanza
dell’Autorità di settore (cfr. gli artt. 3-ss. e 9 del decreto). Per quel che
qui rileva, il legislatore italiano ha optato per il modello autorizzatorio puro
in relazione all’attività di “produzione” di energia elettrica, ripudiando il
sistema della gara d’appalto e conformandosi alle previsioni dell’art. 5 della
Direttiva 1996/92/CE: l’art. 8 del d. lgs. n. 79/1999, dopo aver fissato limiti
massimi di concentrazione in capo alle singole imprese produttrici, rimanda
infatti ad uno o più regolamenti che disciplinino l’autorizzazione alla
costruzione e all’esercizio di nuovi impianti di produzione dell’energia
elettrica o la modifica ed il ripotenziamento di impianti esistenti, prevedendo
lo svolgimento di una procedura di autorizzazione unificata e semplificata che
si concluda, in tempi determinati, con il rilascio di un provvedimento
abilitativo unico e confinando la valutazione urbanistica dei progetti al solo
caso di occupazione di aree esterne a quelle pertinenziali. Il diniego di
autorizzazione deve fondarsi, secondo il 5° comma dell’art. 8, in ogni caso su
motivi obiettivi e non discriminatori.
Può dirsi che in tal modo il legislatore italiano ha definitivamente collocato
la produzione e la vendita di energia elettrica nell’alveo dell’attività
d’impresa concorrenziale, sì sottoposta a controllo e regolazione amministrativa
ma non più riservata alla mano pubblica, né soggetta a regime di privativa o di
contingentamento (con l’ovvia eccezione delle derivazioni d’acqua per uso
idroelettrico le quali, stante la naturale limitatezza della risorsa, continuano
ad essere affidate in concessione onerosa trentennale, ai sensi dell’art. 12 del
d. lgs. n. 79/1999).
La cornice comunitaria non è sostanzialmente mutata con la nuova Direttiva
2003/54/CE. Ivi si legge, al 4° considerando, che “La libera circolazione delle
merci, la libera fornitura dei servizi e la libertà di stabilimento, assicurate
ai cittadini europei dal Trattato, possono tuttavia essere attuate soltanto in
un mercato completamente aperto, che consenta ad ogni consumatore la libera
scelta dei fornitori e ad ogni fornitore la libera fornitura ai propri clienti”;
al 12° considerando, che “Le procedure di autorizzazione non dovrebbero dar
luogo a un onere amministrativo sproporzionato alle dimensioni e al potenziale
impatto tra i produttori di energia elettrica”; al 17° considerando, che “Per
garantire a tutti gli operatori del mercato, compresi i nuovi operatori, un
accesso effettivo al mercato, è necessario istituire meccanismi di bilanciamento
non discriminatori e che rispecchino i costi”. Quanto al regime dell’attività di
produzione di energia elettrica, la nuova direttiva conferma l’alternativa tra
procedura di autorizzazione (art. 6) ed indizione di gara d’appalto (art. 7),
accentuando tuttavia la preferenza per la prima: gli Stati membri non potranno
infatti prevedere discrezionalmente procedure di gara, bensì soltanto nel caso
in cui gli impianti in costruzione o le misure di efficienza contenute nelle
autorizzazioni non garantiscano la sicurezza dell’approvvigionamento ovvero la
tutela dell’ambiente.
La netta opzione del legislatore italiano per il sistema autorizzatorio, quanto
all’attività di produzione di energia elettrica, è stata confermata con la legge
n. 239/2004. L’art. 1, 4° comma, dispone che lo Stato e le Regioni, al fine di
assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli essenziali di prestazioni
e l’omogeneità delle tariffe, garantiscono tra l’altro: l’assenza di vincoli,
ostacoli o oneri, diretti o indiretti, alla libera circolazione dell’energia
all’interno del territorio nazionale e dell’Unione; l’assenza di oneri di
qualsiasi specie che abbiano effetti economici diretti o indiretti al di fuori
dell’ambito territoriale ove sono previsti; la possibilità di prevedere misure
di compensazione e di riequilibrio ambientale per la localizzazione di
infrastrutture ad elevato impatto territoriale (il cui importo è regolato dal
successivo comma 36), con l’espressa esclusione degli impianti alimentati da
fonti rinnovabili; infine, procedure semplificate, trasparenti e non
discriminatorie per il rilascio delle autorizzazioni in regime di libero
mercato.
Il breve excursus sulla disciplina vigente, in tema di impianti di produzione di
energia elettrica da fonti tradizionali, è propedeutico all’analisi della
normativa sugli impianti eolici, dal momento che la legislazione speciale
introdotta per questi ultimi, sia a livello comunitario che statale, si
inserisce in quella generale del settore elettrico condividendone i principi
fondamentali fin qui illustrati.
Il legislatore nazionale, già con la legge n. 10/1991, affrontò parzialmente la
questione dell’utilizzo delle fonti rinnovabili di energia, definendola “di
pubblico interesse e di pubblica utilità” ai fini dell’applicazione delle leggi
sulle opere pubbliche (art. 1) e prevedendo la competenza pianificatoria delle
Regioni e dei Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti (art. 5).
Con la Direttiva 2001/77/CE, adottata in dichiarato favore allo sviluppo e
l’incremento dell’utilizzo di fonti rinnovabili, sul presupposto che “Il
maggiore uso di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili è una
parte importante del pacchetto di misure necessarie per conformarsi al
Protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici e dei pacchetti di politiche intese ad onorare ulteriori impegni” (3°
considerando), e che “E’ necessario tener conto della struttura specifica del
settore delle fonti energetiche rinnovabili, in particolare al momento della
revisione delle procedure amministrative di autorizzazione a costruire impianti
di produzione di elettricità proveniente da fonti energetiche rinnovabili” (20°
considerando), vengono assegnati obiettivi indicativi agli Stati membri e, per
quel che qui interessa, viene integrata la disciplina procedurale dettata dalla
Direttiva 96/92/CE per gli impianti di generazione di energia da fonti
tradizionali. Dispone l’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE che “Gli Stati membri
o gli organismi competenti designati dagli Stati membri valutano l’attuale
quadro legislativo e regolamentare esistente delle procedure di autorizzazione o
delle altre procedure di cui all’articolo 4 della Direttiva 96/92/CE applicabili
agli impianti per la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili
allo scopo di: - ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento
della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili; -
razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo; -
garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e
tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti
energetiche rinnovabili”. Nella fattispecie, il legislatore comunitario si è
dunque limitato a rinviare alla compiuta regolamentazione contenuta nella
direttiva del 1996 (oggi sostituita dalla Direttiva 2003/54/CE), consistente
nella descritta alternativa tra sistema autorizzatorio e sistema di gara
pubblica, indicando però agli Stati membri l’obbligo di semplificare ed
agevolare ulteriormente la costruzione di impianti di produzione, nell’ottica di
un maggior favore per lo sviluppo dell’offerta di energia da fonti rinnovabili.
Il recepimento della Direttiva 2001/77/CE è avvenuto con il d. lgs. n. 387/2003.
L’art. 12 del decreto (peraltro recentemente modificato dalla legge n.
244/2007), dopo aver rinnovato la previsione secondo cui le opere per la
realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili sono di pubblica
utilità ed indifferibili ed urgenti, ha stabilito che la costruzione e
l'esercizio dei detti impianti, la loro modifica, il potenziamento, rifacimento
totale o parziale e riattivazione, nonché le opere connesse e le infrastrutture
indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono
soggetti ad un’autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione (o dalla Provincia
delegata), nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela
dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che
costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine è
convocata dalla Regione una conferenza di servizi entro trenta giorni dal
ricevimento della domanda di autorizzazione. L'autorizzazione è rilasciata a
seguito di un procedimento unico da concludersi nel termine massimo di 180
giorni, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel
rispetto dei principi di semplificazione di cui alla legge n. 241/1990. In caso
di dissenso, purché non sia quello espresso da una amministrazione statale
preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio
storico-artistico, ed ove non diversamente e specificamente disciplinato dalle
Regioni, il decreto rimette la decisione alla Giunta regionale. Dal punto di
vista urbanistico, si stabilisce che gli impianti possono in ogni caso essere
ubicati anche in zona agricola, contemperando tuttavia la loro realizzazione con
la valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità,
del patrimonio culturale e del paesaggio rurale; il rilascio dell'autorizzazione
costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto, in conformità al progetto
approvato, e comporta l'obbligo di rimessa in pristino dello stato dei luoghi a
carico del titolare a seguito della dismissione. Viene poi stabilito il divieto
di prevedere misure di compensazione a favore delle Regioni e delle Province,
poi confermato dall’art. 1, 4° comma – lett. f), della legge n. 239/2004. E’
infine prevista l’approvazione, in Conferenza unificata Stato-Regioni, delle
linee guida per lo svolgimento del procedimento autorizzatorio, volte anche ad
assicurare il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio; in
attuazione di tali linee guida, le Regioni potranno procedere alla indicazione
di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di
impianti.
Prima di esaminare la normativa regolamentare recentemente approvata dalla
Regione Puglia in materia di energia eolica, è opportuno dar conto dei limiti
assegnati alla legislazione statale ed a quella regionale dalla Corte
costituzionale nel settore energetico, alla luce del riformato Titolo V della
Costituzione. Con la nota sentenza n. 383 del 11.10.2005, pronunciata in
relazione a molteplici previsioni della legge n. 239/2004, la Corte ha
confermato la loro riconducibilità alla materia “produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell’energia” di cui al 3° comma dell’art. 117 Cost.
(legislazione concorrente), escludendo l’assimilabilità della materia
dell’energia al “governo del territorio” ed alla “sicurezza ed ordine pubblico”
ovvero ai “livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
Prescindendo dall’intervento della Corte sui meccanismi di pianificazione
energetica e localizzazione delle infrastrutture attraverso la cosiddetta
“intesa forte”, nell’ambito della Conferenza unificata Stato-Regioni, quel che
più interessa ai fini della presente controversia è la parte della pronuncia
relativa alle norme della legge n. 239/2004 in tema di autorizzazione delle
attività di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, impugnate dalla Regione
Toscana per asserita violazione degli artt. 117 e 118 Cost. nonché del principio
di leale collaborazione. Sulla base di considerazioni immediatamente estensibili
alla normativa sulla costruzione degli impianti eolici, la Corte ha infatti
dichiarato non fondata la questione, affermando che “… L’individuazione delle
attività soggette ad autorizzazione costituisce senz’altro una disciplina
qualificabile come principio fondamentale della materia, dal momento che
attraverso di essa viene stabilito quando si renda necessaria la sottoposizione
al peculiare regime amministrativo relativo agli stabilimenti di lavorazione e
stoccaggio degli oli minerali: tale scelta, come è evidente, dipende anche da
variabili e parametri tendenzialmente insensibili alla specificità territoriale,
in quanto legati alla obiettiva rilevanza – non frazionabile geograficamente –
di tali attività rispetto agli interessi pubblici che ne impediscono uno
svolgimento liberalizzato. In quest’ottica, la stessa soglia quantitativa,
individuata in relazione alla complessiva capacità di stoccaggio, non appare
irragionevole rispetto al bilanciamento fra i diversi interessi in gioco. Quanto
alle specifiche censure concernenti le previsioni di cui ai commi 57 e 58,
occorre prendere atto della ineludibilità dell’evidente impatto sul territorio
di molte delle scelte che caratterizzano il settore delle politiche
riconducibili alla materia dell’energia (che, una volta completati i relativi
procedimenti, per quanto si è rilevato nel precedente par. 15, sicuramente si
impongono rispetto agli atti di gestione del territorio). Tali conseguenze,
tuttavia, debbono ritenersi adeguatamente bilanciate dal doveroso coinvolgimento
delle Regioni e degli enti locali all’interno dei processi decisionali di
elaborazione e realizzazione delle politiche energetiche; nello specifico
settore delle disposizioni qui censurate, si può richiamare, in proposito,
quanto prevede la stessa legge n. 239 del 2004 all’art. 1, comma 8, lettera c),
punti 5 e 6, in relazione all’individuazione «di criteri e modalità per il
rilascio delle autorizzazioni all’installazione ed all’esercizio degli impianti
di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali», nonché all’individuazione
«della rete nazionale di oleodotti»”. Ed ancora, nell’accogliere solo
parzialmente la questione promossa dalla Regione Toscana avverso la legge n. 239
del 2004, sempre in relazione agli artt. 117 e 118 Cost., nella parte in cui
prevede la misura percentuale massima del “contributo compensativo per il
mancato uso alternativo del territorio” così impedendo alla legge regionale di
disciplinare il contributo compensativo e gli effetti della mancata
sottoscrizione degli accordi, la Corte ha altresì chiarito che “…La
determinazione dell’ammontare massimo del contributo compensativo può essere
agevolmente ricondotta ad una normativa di principio, necessaria anche al fine
di garantire sull’intero territorio nazionale una relativa uniformità dei costi
per le imprese di coltivazione degli idrocarburi sulla terraferma”.
Trasponendo le conclusioni della sentenza n. 383/2005 alla materia degli
impianti eolici, può dunque affermarsi che, sul piano costituzionale,
costituiscono norme di principio inderogabili per le Regioni: 1)
l’individuazione e la delimitazione del regime autorizzatorio per nuove
attività; 2) la determinazione e la misura dell’eventuale contributo
compensativo posto a carico delle imprese titolari di nuovi impianti.
In disparte la declaratoria di incostituzionalità della legge regionale n.
9/2005, che aveva disposto una sospensione indifferenziata delle procedure di
nulla-osta per la costruzione di nuovi impianti eolici (cfr. Corte cost., n. 364
del 9.11.2006), e nelle more dell’emanazione delle linee guida per lo
svolgimento del procedimento autorizzatorio in sede di Conferenza unificata, la
Regione Puglia ha disciplinato la materia approvando il regolamento regionale n.
16/2006 (abrogativo del precedente regolamento n. 9/2006) e la delibera di
Giunta regionale n. 35/2007 (che ha abrogato le precedenti delibere n. 716/2005,
n. 1550/2006 e n. 1630/2006).
Con il primo, è stata prevista l’approvazione dei Piani regolatori comunali ed
intercomunali per l’installazione di impianti eolici – P.R.I.E., finalizzati
all’identificazione delle “aree non idonee” ovvero delle aree nelle quali non è
consentito localizzare gli aerogeneratori (artt. 4-7), ed è regolamentata la
cosiddetta “valutazione integrata” delle proposte progettuali concorrenti in uno
stesso ambito pianificatorio, da effettuarsi a scadenze prefissate in sede
regionale, allo scopo di individuare gli elementi di incongruità o di
sovrapposizione tra impianti e di razionalizzare le diverse proposte tra loro
interferenti (artt. 8-11). L’art. 13 del regolamento introduce un “parametro
tecnico di controllo” (P) limitativo del numero di aerogeneratori autorizzabili
in determinate aree territoriali, mentre il successivo art. 14 detta
disposizioni transitorie particolarmente restrittive applicabili, con effetto di
salvaguardia, nelle more dell’approvazione dei P.R.I.E. comunali; il 5° comma
del medesimo art. 14, in assenza di P.R.I.E., obbliga il soggetto proponente a
stipulare una convenzione con il Comune nel cui territorio ricade l’intervento.
Con la delibera di Giunta n. 35/2007, la Regione Puglia si è invece dotata di
norme di indirizzo e procedimentali, volte a colmare il vuoto normativo
determinato dalla mancata adozione delle linee guida ministeriali per lo
svolgimento del procedimento autorizzatorio, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs.
n. 387/2003. La delibera introduce in via provvisoria criteri preferenziali di
localizzazione, fissa i requisiti soggettivi per il conseguimento del titolo,
regolamenta in maniera dettagliata il dispiegarsi delle distinte fasi
procedurali (presentazione della domanda, verifica della documentazione,
conferenza dei servizi, assunzione di impegni da parte del soggetto proponente).
E’ previsto che il richiedente, in assenza di P.R.I.E. comunale, alleghi
all’istanza (§ 2.3.1 – lett. g) “… l’eventuale atto di indirizzo o delibera del
Consiglio comunale del territorio interessato dal progetto in cui si attesti
l’accoglimento della proposta di realizzazione dell’impianto; tale atto potrà
essere inoltrato successivamente alla presentazione della domanda e comunque
entro e non oltre la conclusione della conferenza dei servizi; per le iniziative
che interessano il territorio di più Comuni può essere necessaria la
presentazione di altrettante delibere; la delibera comunale non costituisce in
ogni caso atto vincolante per il Comune, in quanto la reale fattibilità del
progetto resta subordinata alla positiva complessiva valutazione in sede di
conferenza di servizi”. E’ prescritta inoltre la preventiva sottoscrizione di un
atto unilaterale d’impegno e di una convenzione con Regione e Comune, per
regolare i rapporti nella fase di costruzione dell’impianto (§ 2.3.5) e nella
fase di conduzione e dismissione (§ 2.3.6).
Da ultimo, l’art. 3, comma 16, della legge regionale n. 40/2007 (pubblicata sul
B.U.R.P. del 31.12.2007) ha previsto che la realizzazione dei parchi eolici è
disciplinata dalle direttive di cui al regolamento regionale n. 16/2006.
2. La sequenza di atti adottati dal Comune di Cerignola deve pertanto essere
valutata alla luce del composito quadro normativo fin qui descritto.
Il Comune, dando seguito alla deliberazione consiliare di indirizzo n. 35 del
13.10.2004, aveva già avviato sul finire del 2004 una prima fase di
“aggiudicazione” di 15 impianti eolici.
Con i provvedimenti impugnati, ha quindi dato corso ad una nuova procedura
competitiva per l’assegnazione di ulteriori 52 impianti, in modo da saturare il
numero massimo di aerogeneratori realizzabili nel rispetto del “parametro di
controllo” (P) ai sensi degli artt. 13 e 14 del regolamento regionale n.
16/2006, in assenza di P.R.I.E. approvato. La scelta è stata giustificata, tra
l’altro, con la necessità di effettuare una selezione obiettiva ed imparziale
tra le domande di autorizzazione pervenute, che sarebbero state superiori al
numero massimo di impianti assentibili.
Il bando ha posto a base di gara un corrispettivo minimo una tantum da
corrispondersi al Comune, pari ad Euro 10.700 ad impianto, ed inoltre un aggio
percentuale del 4,50% sull’energia prodotta, con minimo garantito di Euro 6.000
ad impianto, ed un aggio percentuale del 2,20% sulla vendita dei “certificati
verdi”. L’aggiudicazione ha avuto ad oggetto la “messa a disposizione dei
richiedenti” delle tre zone individuate dal Piano di localizzazione comunale,
approvato con la menzionata deliberazione consiliare n. 35 del 13.10.2004.
Il bando ha prescritto altresì, tra i requisiti soggettivi per concorrere
all’aggiudicazione, l’aver già in esercizio almeno un impianto eolico nel
territorio nazionale.
I terreni acquisiti dalla ricorrente, classificati idonei alla installazione di
aereogeneratori e per i quali la stessa aveva presentato domanda di
autorizzazione alla Regione Puglia, ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n.
387/2003, ricadevano in una delle “zone” poste in gara. La stessa Regione,
peraltro, con una breve nota del 7.3.2007 a firma del dirigente dell’Assessorato
all’ecologia, ha implicitamente condiviso la condotta del Comune di Cerignola,
in base alla considerazione che le procedure di competenza regionale “… non
possano prescindere dalla coerenza con gli strumenti di programmazione e
pianificazione degli enti territorialmente competenti”.
La delibera di aggiudicazione, impugnata con motivi aggiunti, ha stabilito che
“… al primo classificato (Alerion Energie Rinnovabili di Milano) va autorizzata
la realizzazione del primo parco eolico per un totale di n. 30 aerogeneratori,
mentre al secondo classificato (Fen Energia spa di Milano) va autorizzata la
realizzazione del secondo parco eolico per un totale di n. 22 aerogeneratori,
precisandosi che la scelta dell’area dove dovranno sorgere i detti impianti
dovrà essere effettuata in primis dalla prima classificata; … Il medesimo
Dirigente procurerà che venga stipulata la convenzione prevista sia dalla
regolamentazione regionale che dalla citata delibera consiliare n. 35/2004, con
l’intesa che della convenzione definitiva venga preso atto da parte di questa
Giunta per il neces-sario controllo ad essa competente; Altre domande da parte
di ditte che intendano realizzare sul ter-ritorio comunale di Cerignola impianti
eolici dovranno conseguentemente essere respinte, in attesa dell’approvazione
definitiva del Piano regolatore per l’installazione di impianti eolici (P.R.I.E.)”.
Risulta dai verbali di gara che le controinteressate Fen Energia s.p.a. ed
Alerion Energie Rinnovabili s.r.l. avevano offerto, rispettivamente, un
corrispettivo una tantum per ogni impianto di Euro 20.000 e di Euro 12.500, un
aggio sull’energia prodotta del 6,85% e del 10%, un minimo garantito ad impianto
di Euro 12.000 e di Euro 15.000, un aggio sulla vendita dei certificati verdi
del 3,01% e del 6%, risultando comparativamente le migliori offerenti in termini
economici.
Conclusivamente, può descriversi l’operazione posta in essere dal Comune di
Cerignola come assegnazione di concessioni onerose per la costruzione di
impianti eolici su terreni di proprietà privata (eventualmente soggetti ad
esproprio), aventi durata indeterminata, aggiudicate in base al massimo rialzo
sul corrispettivo fisso ed a percentuale.
3. Devono preliminarmente scrutinarsi le eccezioni di inammissibilità sollevate
dalla difesa del Comune di Cerignola, sul rilievo che la ricorrente avrebbe
dovuto impugnare nei termini dalla loro pubblicazione: la deliberazione del
Consiglio comunale n. 35 del 13.10.2004 (avente ad oggetto “Localizzazione di
parchi eolici – indirizzi all’organo esecutivo e all’ufficio tecnico –
approvazione di schema di convenzione”), il regolamento della Regione Puglia n.
16/2006, la delibera della Giunta regionale n. 35/2007, la nota del 7.3.2007 a
firma del dirigente della Regione Puglia – Assessorato all’ecologia.
Le eccezioni non sono meritevoli di accoglimento. Il primo degli atti
richiamati, risalente al 2004, si limitava a localizzare le aree idonee alla
installazione di nuovi impianti eolici (e per tale parte non ne è dimostrata la
diretta lesività degli interessi della ricorrente) ed a formulare meri indirizzi
per la Giunta comunale in ordine alle programmate procedure di evidenza pubblica
(e per tale parte la ricorrente correttamente lo impugna, congiuntamente al
bando ed alle aggiudicazioni concluse nel 2007). Il regolamento e la delibera di
indirizzo adottati dalla Regione Puglia hanno carattere di normazione generale
e, soprattutto, non contemplano neppure in via eventuale l’affidamento in
concessione dei nuovi impianti mediante gara, talché la ricorrente non era
tenuta a farne oggetto di specifico gravame in relazione ai provvedimenti del
Comune di Cerignola. Quanto alla lettera del dirigente regionale (peraltro
indirizzata ad altra società ed al Comune stesso), essa non ha determinato alcun
arresto procedimentale o diniego rispetto alla domanda di autorizzazione
presentata dalla Farpower s.r.l. ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003 e
quindi, pur rivelando una implicita condivisione da parte della Regione della
procedura instaurata dal Comune di Cerignola, non era autonomamente impugnabile.
Maggiore attenzione merita l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla difesa
del Comune per la l’omessa partecipazione della ricorrente alla gara, che ne
determinerebbe la carenza di interesse all'impugnazione, particolarmente con
riguardo alla censura mossa avverso la clausola del bando che prescriveva il
requisito soggettivo di avere in esercizio almeno un impianto eolico nel
territorio nazionale. Ciò sulla scorta del risalente orientamento
giurisprudenziale, secondo cui il soggetto che non ha presentato domanda di
partecipazione alla procedura di gara o di concorso non ha un interesse
qualificato e differenziato ad impugnare gli atti della medesima procedura,
poiché l'interesse fatto valere dal ricorrente, in tale ipotesi, è esattamente
quello di potere prendere parte alla procedura malgrado il bando non lo consenta
ed allora, fermo l'onere di impugnare tempestivamente il bando nella parte
lesiva, l'interesse concreto fatto valere dovrebbe essere comprovato dalla
presentazione della domanda di partecipazione nel termine fissato dalla lex
specialis della procedura.
Osserva il Collegio, in primo luogo, che la più recente giurisprudenza
amministrativa di primo e secondo grado ha rimeditato il suddetto indirizzo
ermeneutico, riconoscendo la legittimazione a ricorrere avverso un bando di gara
e l'annesso capitolato speciale all'impresa che non abbia presentato la propria
offerta, qualora sia prospettata l'esistenza di clausole immediatamente lesive
tali da impedire ex se l'utile presentazione dell'offerta, ovvero si contesti in
radice il metodo di selezione del contraente (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. I, n.
827 del 14.2.2002; Id., sez. II, n. 552 del 17.9.1996; T.A.R. Sicilia, Catania,
sez. II, n. 148 del 29.1.2002; T.A.R. Lazio, sez. III, n. 3412 del 26.4.2000) ed
affermando che se, in linea di massima, chi non ha partecipato alla gara di un
appalto pubblico non è legittimato a contestarne in sede giurisdizionale il
procedimento e l'esito, sussiste tuttavia l'interesse di tale soggetto quando
egli chieda l'annullamento in radice della gara stessa, affinché questa non
abbia luogo, nel qual caso l'omessa sua partecipazione è del tutto compatibile
con la domanda così posta, posto che l'impugnante ha proprio interesse ad
impedire lo svolgimento della procedura selettiva (cf. Cons. Stato, sez. V, n.
4970 del 20.9.2001; Id., n. 7341 del 11.11.2004; Id., n. 794 del 14.2.2003; Id.,
n. 7055 del 18.12.2002; Id., n. 351 del 31.1.2001; Id., sez. II, n. 149/2001 del
7.3.2001). Più di recente, la giurisprudenza ha rinvenuto il fondamento di tale
diverso orientamento nei valori comunitari e costituzionali e nelle recenti
riforme amministrative, giudicando non conforme alla piena esplicazione del
diritto alla difesa (art. 24 Cost.), della libertà della iniziativa economica
privata (art. 41 Cost.) e soprattutto dell'apicale principio di portata
comunitaria della libera e massima concorrenza, limitare la legittimazione di un
soggetto, sostanzialmente leso da un bando, al mero formalismo della
presentazione di una domanda che, con riferimento alla fattispecie in esame,
avrebbe comportato la sicura esclusione, anche in applicazione diretta
dell'ulteriore e generalizzante principio della economicità dei mezzi giuridici
(così TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 2206 del 18.4.2002).
Tale indirizzo ha di recente ottenuto autorevole conferma dalla giurisprudenza
comunitaria: “… Nell'ipotesi in cui un'impresa non abbia presentato un'offerta a
causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti
relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali le avrebbero proprio
impedito di essere in grado di fornire l'insieme delle prestazioni richieste,
essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso
tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di
aggiudicazione dell'appalto pubblico interessato. Infatti, da un lato, sarebbe
eccessivo esigere che un'impresa che asserisca di essere lesa da clausole
discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di gara, prima di
poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro
tali specifiche, presenti un'offerta nell'ambito del procedimento di
aggiudicazione dell'appalto di cui trattasi, quando persino le probabilità che
le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell'esistenza delle
dette specifiche. Dall'altro, risulta chiaramente dal testo dell'art. 2, n. 1,
lett. b), della direttiva 89/665 che le procedure di ricorso, che gli Stati
membri devono organizzare in conformità a tale direttiva, devono consentire in
particolare di ‘annullare … le decisioni illegittime, compresa la soppressione
delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie ...’. Ad
un'impresa deve essere pertanto consentito di presentare un ricorso direttamente
avverso tali specifiche discriminatorie, senza attendere la conclusione del
procedimento di aggiudicazione dell'appalto.” (così Corte Giust. CE, sent.
12.2.2004, C-230/02).
Nella fattispecie, peraltro, la ricorrente Farpower s.r.l. non si è limitata ad
impugnare la clausola del bando restrittiva della possibilità di partecipare
alla gara, ma ha proposto censure di legittimità in ordine alla stessa
possibilità di indire la procedura competitiva da parte del Comune di Cerignola.
Essa perciò ha interesse all’impugnativa e il ricorso sotto tale profilo è
ammissibile.
4. In via alternativa ai rubricati vizi di legittimità, la ricorrente chiede sia
dichiarata la radicale nullità degli atti adottati dal Comune di Cerignola, ai
sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990, per carenza assoluta di
potere ovvero incompetenza assoluta, dovendosi escludere che l’ente locale abbia
il potere di “assegnare” le aree su cui saranno costruiti gli impianti eolici e
di selezionare i soggetti che li realizzeranno.
Ad avviso del Collegio, la tesi non può essere accolta. Nella sequenza
procedimentale complessivamente posta in essere dal Comune di Cerignola non pare
ravvisabile l’esercizio di poteri pubblicistici del tutto privi di fondamento
legale, né lo sconfinamento nella sfera di attribuzioni di altro plesso
dell’Amministrazione. L’analisi puntuale della legislazione statale e delle
norme dettate dalla Regione Puglia, in tema di autorizzazione alla costruzione
di impianti eolici, rivela che spettano ai Comuni significativi poteri di
amministrazione attiva, sia a livello di pianificazione (art. 5 della legge n.
10/1991; artt. 4-ss. del regolamento regionale n. 16/2006), sia nella fase di
conferenza dei servizi sui progetti presentati alla Regione (art. 12 del d. lgs.
n. 387/2003; art. 14, 5° comma, del regolamento regionale n. 16/2006; delibera
di Giunta regionale n. 35/2007). Analogo potere di intervento viene riconosciuto
agli enti locali dalla legge regionale n. 11/2001 in materia di valutazione di
impatto ambientale. Ed anzi, la normativa regolamentare della Regione Puglia
prevede che le imprese titolari di nuovi impianti debbano stipulare con i Comuni
interessati apposite convenzioni e che le stesse possano allegare alla domanda
di autorizzazione l’eventuale delibera del Consiglio comunale che esprime parere
favorevole al progetto. D’altronde, sul piano sistematico, confliggerebbe
verosimilmente con il principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 Cost. un
corpus legislativo che estromettesse del tutto gli enti locali dai processi di
decisione sulla localizzazione delle infrastrutture energetiche.
Neppure persuade la prospettazione della situazione soggettiva dell’impresa che
intenda realizzare un nuovo impianto di produzione di energia, in termini di
diritto soggettivo di rango comunitario, incomprimibile da parte
dell’Amministrazione. Se non vi è dubbio, infatti, che l’incremento della
produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia valutato con aperto
favore dal legislatore comunitario e da quello nazionale, è tuttavia altrettanto
certo che le direttive di settore e la normativa interna fanno salvo l’esercizio
di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e
delle autonomie locali, specialmente in vista del contemperamento tra
progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell’ambiente, del
paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio. Alle imprese proponenti dovrà
semmai riconoscersi la titolarità di interessi legittimi alla corretta
valutazione delle istanze. D’altronde, l’ascendenza comunitaria della situazione
soggettiva tutelata non ne impedisce affatto la configurazione in termini di
interesse legittimo, secondo le peculiarità del diritto pubblico interno.
Ne discende l’infondatezza del ricorso, nella parte in cui prospetta la nullità
dei provvedimenti impugnati ai sensi dell’art. 21 septies della legge n.
241/1990.
5. Diversamente, il ricorso è fondato quanto ai dedotti profili di
illegittimità.
5.1. Sussiste, in primo luogo, il vizio di incompetenza relativa. Di fatto, il
Comune di Cerignola si è illegittimamente appropriato della potestà di
individuare i soggetti che avrebbero conseguito l’autorizzazione alla
costruzione dei 52 nuovi aerogeneratori, laddove ha disposto, con l’impugnata
delibera di aggiudicazione n. 90 del 3.4.2007, che “… Altre domande da parte di
ditte che intendano realizzare sul territorio comunale di Cerignola impianti
eolici dovranno conseguentemente essere respinte, in attesa dell’approvazione
definitiva del Piano regolatore per l’installazione di impianti eolici (P.R.I.E.)”.
Si tratta di una prerogativa appartenente alla Regione, titolare del
procedimento di autorizzazione ai sensi dell’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003,
che nessuna norma di legge ha mai trasferito ai Comuni. A questi ultimi
viceversa compete l’approvazione dei P.R.I.E., che individuano in modo obiettivo
le zone del territorio comunale non idonee alla localizzazione di aerogeneratori
dal punto di vista urbanistico, idrogeologico ed ambientale.
Né possono accogliersi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla difesa del
Comune di Cerignola, che tenta di giustificare siffatti provvedimenti con il
richiamo delle competenze generalmente spettanti ai Comuni in materia di governo
del territorio, nonché delle previsioni contenute nella delibera della Giunta
regionale n. 35/2007 che prevedono il coinvolgimento dei Comuni stessi in fase
di istruttoria.
Sotto il primo profilo, valga quanto nitidamente affermato dalla Corte
costituzionale con la citata sentenza n. 383/2005, che ha rimarcato la
distinzione tra la materia dell’energia e quella del governo del territorio, pur
essendo scontate ed inevitabili le reciproche interferenze; ed in ogni caso, la
potestà di pianificazione comunale degli impianti eolici è stata
dettagliatamente tipizzata con il regolamento regionale n. 16/2006, senza spazio
residuo per interventi nella selezione delle imprese autorizzate a realizzarli.
In secondo luogo, il § 2.3.1 – lett. g) della delibera della Regione Puglia n.
35/2007 prevede sì che il richiedente, in assenza di P.R.I.E., alleghi
all’istanza “… l’eventuale atto di indirizzo o delibera del Consiglio comunale
del territorio interessato dal progetto in cui si attesti l’accoglimento della
proposta di realizzazione dell’impianto; tale atto potrà essere inoltrato
successivamente alla presentazione della domanda e comunque entro e non oltre la
conclusione della conferenza dei servizi; … la delibera comunale non costituisce
in ogni caso atto vincolante per il Comune, in quanto la reale fattibilità del
progetto resta subordinata alla positiva complessiva valutazione in sede di
conferenza di servizi”. Ma tale atto, solo eventuale, rappresenta nient’altro
che un indirizzo non vincolante, neppure per l’ente da cui proviene,
suscettibile di essere contraddetto all’esito della conferenza dei servizi e,
quel che più conta, assolutamente inidoneo a selezionare i soggetti che
conseguiranno il nulla-osta. Del pari irrilevante è il fatto che i §§ 2.3.5 e
2.3.6 della delibera regionale impongano la preventiva sottoscrizione di un atto
unilaterale d’impegno e di una convenzione con Regione e Comune, atteso che
entrambi gli adempimenti sono finalizzati a regolare i rapporti tra l’impresa e
gli enti nelle fasi successive di costruzione, conduzione e dismissione
dell’impianto.
Il Comune di Cerignola, con i provvedimenti impugnati, si è perciò
illegittimamente appropriato della funzione di comparazione e selezione dei
progetti, che la legge attribuisce alla competenza della Regione.
5.2. Sussistono altresì le plurime violazioni di legge lamentate dalla
ricorrente.
Come dimostrato con l’excursus introduttivo che qui si richiama, l’ordinamento
comunitario e quello nazionale non ammettono procedure pubblicistiche di natura
concessoria a presidio dell’attività di “produzione” di energia elettrica da
fonti tradizionali o rinnovabili. La costruzione e l’esercizio di impianti per
l’energia eolica sono libere attività d’impresa soggette alla sola
autorizzazione amministrativa della Regione, secondo l’art. 12 del d. lgs. n.
387/2003, in attuazione dell’art. 6 della Direttiva 2001/77/CE (che a sua volta
rinvia, come si è visto, alla direttiva generale sul mercato elettrico). Secondo
il vigente assetto normativo, si tratta di attività economiche non riservate
agli enti locali, non soggette a regime di privativa, che non rientrano nella
nozione di servizio pubblico locale di cui agli artt. 112-ss. del d. lgs.
267/2000, sebbene rivestano una significativa importanza nell’ottica
dell’apertura e dello sviluppo del mercato comunitario e della tutela
dell’ambiente.
Neppure al legislatore regionale sarebbe consentito di sovvertire i predetti
principi regolatori, secondo la riferita giurisprudenza della Corte
costituzionale.
Al più, sarebbe dato ai Comuni di concedere a titolo oneroso l’uso esclusivo di
aree di loro proprietà destinate alla installazione degli aerogeneratori,
secondo il consueto regime di occupazione e sfruttamento dei beni pubblici. Ma
nella fattispecie risulta che il bando avesse ad oggetto zone di proprietà
privata, eventualmente soggette ad espropriazione per pubblica utilità a favore
degli “assegnatari” vincitori della gara.
I provvedimenti impugnati contrastano con le leggi regolanti la materia, anche
nella parte in cui hanno imposto un corrispettivo (in misura fissa e variabile)
alle imprese aggiudicatarie. Vige, infatti, il divieto assoluto di prevedere
misure di compensazione patrimoniale a favore delle Regioni e degli enti locali,
secondo il chiaro disposto dell’art. 12, 6° comma, del d. lgs. n. 387/2003, poi
confermato con l’art. 1, 4° comma – lett. f), della legge n. 239/2004. Il Comune
di Cerignola ha invece costruito un composito meccanismo di prelievo (legato
parzialmente alla quantità di energia prodotta) senza alcuna copertura
legislativa, in aperta violazione dell’art. 23 Cost. e del principio di tipicità
delle entrate di diritto pubblico. Sul piano della politica energetica, è
sufficiente il rilievo che una simile espansione dei poteri impositivi delle
autonomie locali determinerebbe effetti aberranti, in termini di costi di
produzione supplementari gravanti sui produttori di energia da fonti
rinnovabili, a beneficio di ristrette collettività ed a discapito della
generalità degli utenti finali.
5.3. Sussiste, infine, l’illegittimità per eccesso di potere lamentata dalla
ricorrente.
Invero, il Comune di Cerignola ha trasformato un’apparente lacuna normativa in
occasione di indebito incremento delle proprie entrate patrimoniali. A
giustificazione dei provvedimenti gravati, viene infatti ripetutamente invocata
(anche da parte della difesa dell’ente) l’assenza di criteri legislativamente
determinati per la scelta tra più progetti concorrenti in uno stesso ambito
territoriale. Ma se anche fosse vero che attualmente, in assenza delle
linee-guida statali, la normativa sugli impianti eolici non risolve il problema
del concorso di più progetti in uno stesso ambito, dove non possono essere tutti
realizzati a causa delle limitazioni imposte dal piano o dalle norme di
salvaguardia, è certo però che non potrebbe giammai consentirsi
all’Amministrazione, in difetto di una specifica previsione di legge, di
assegnare i titoli abilitativi ai migliori offerenti. La procedura di evidenza
pubblica escogitata dal Comune di Cerignola ha del tutto trascurato l’esame ed
il raffronto comparativo degli aspetti tecnico-qualitativi delle diverse istanze
e si è concentrata unicamente sul maggiore arricchimento possibile per le
finanze dell’ente, manifestando una tipica ipotesi di sviamento nell’uso della
discrezionalità.
A tal proposito, il Collegio non ignora che la stessa giurisprudenza
amministrativa, anche di recente, ha offerto soluzioni divergenti alla questione
del concorso di domande rivolte all’ottenimento di autorizzazioni numericamente
limitate. E’ prevalente l’orientamento che assegna rilevanza decisiva all’ordine
cronologico di presentazione delle istanze, in analogia con quanto previsto dal
legislatore, ad esempio, in relazione al rilascio delle licenze edilizie.
Una recente decisione della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, resa in
materia di autorizzazione all’apertura di distributori di carburante, ha così
motivato: “… L’errore in cui è incorso il primo giudice è quello di ritenere di
poter colmare una presunta lacuna normativa, istituendo una sorta di procedura
concorsuale nella quale comparare la diverse domande presentate. E ciò dopo aver
affermato che si versava in situazione di assenza di un regolamento per
l’installazione degli impianti, e che il criterio cronologico poteva
considerarsi legittimo in quanto rispondente ai principi di buon andamento,
imparzialità e trasparenza dell’amministrazione. In tal senso può ricordarsi,
del resto, come la giurisprudenza abbia ritenuto che, quando si controverta del
rilascio di licenze che rimuovono limiti al diritto di impresa, come nella
specie, il criterio cronologico, che accorda priorità alla domanda presentata
per prima, costituisce principio di portata generale a tutela degli interessi
pretesivi dell’imprenditore (Sez. IV, 14 maggio 2001 n. 2670). Né va taciuto che
l’ordine cronologico di presentazione delle istanze determina solo la sequenza
in base alla quale esse devono essere esaminate, fermo restando che, qualora la
prima presentata non sia in possesso dei requisiti richiesti dalla legge,
l’Amministrazione deve obbligatoriamente procedere all’esame di quella
successiva. … Occorre poi evidenziare che l’intento della sentenza di imporre
una procedura concorsuale non prevista dalla legge, se pur condivisibile de jure
condendo, avrebbe mutato sostanzialmente la natura del potere conferito nella
materia all’Amministrazione, che nel procedimento in questione deve limitarsi a
verificare la sussistenza dei presupposti di legge ed è priva di una qualche
apprezzabile discrezionalità. Ed è noto che l’esercizio della discrezionalità
richiede in ogni caso la preventiva indicazione di finalità e la prescrizione di
criteri, ossia un corredo di principi, nella specie è del tutto mancante, che il
Comune verrebbe autorizzato a dettare jussu judicis, in assenza di legittima
attribuzione della relativa competenza normativa.” (così Cons. Stato, sez. V, n.
4519 del 31.8.2007).
In senso opposto, con riguardo alle autorizzazioni per punti vendita di
quotidiani e riviste, è stato invece affermato che “…di fronte ad una pluralità
di domande volte ad ottenere la suddetta autorizzazione, non è ragionevole
fondare la scelta sul criterio della priorità cronologica nella presentazione
delle domande. Tale criterio può assumere rilievo residuale non esclusivo,
dovendo l’Amministrazione, in conformità ai principi di cui all’art. 97 Cost.,
effettuare l’esame delle domande in comparazione fra loro, al fine di
prescegliere quella maggiormente rispondente alla tutela del pubblico interesse”
(Cons. Giust. Amm. Sicilia, n. 561 del 9.7.2007).
Quale che sia, in astratto, il criterio da preferire nella soluzione dei
conflitti (comparazione discrezionale o priorità cronologica), è indubitabile
che nella fattispecie dedotta in giudizio la “monetizzazione” del concorso di
domande costituisca sintomo di sviamento dal corretto uso del potere e dia luogo
ad illegittimità dei relativi provvedimenti.
Nell’attesa di una positiva regolamentazione, che potrà trovare collocazione
nelle emanande linee-guida ministeriali previste dall’art. 12 del d. lgs. n.
387/2003, l’autorità competente al rilascio delle autorizzazioni per la
costruzione di nuovi aerogeneratori (ossia la Regione Puglia) non potrà che
attenersi al disposto dagli artt. 8-ss. del regolamento regionale n. 16/2006,
che prevedono la cosiddetta “valutazione integrata” delle proposte progettuali
concorrenti in uno stesso ambito pianificatorio, da effettuarsi a scadenze
prefissate in sede regionale, allo scopo di individuare gli elementi di
incongruità o di sovrapposizione tra impianti e di razionalizzare le diverse
proposte tra loro interferenti.
5.4. In ragione dell’accoglimento delle censure relative all’intera procedura di
gara, possono dichiararsi assorbiti i motivi di ricorso attinenti ai requisiti
soggettivi per la partecipazione ed alla insufficienza dello studio anemologico
richiesto dal Comune di Cerignola.
6. Quanto alla domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente, essa
non può trovare accoglimento.
La sospensiva concessa in sede cautelare da questa Sezione ha infatti
paralizzato gli effetti pregiudizievoli derivanti dalle aggiudicazioni disposte
dal Comune.
Appare quanto meno dubbia, poi, l’integrale imputabilità a quest’ultimo del
ritardo nella conclusione dell’iter autorizzatorio lamentato dalla Farpower
s.r.l., dal momento che si è ampiamente dimostrato che il soggetto
istituzionalmente deputato a gestire e portare a termine il procedimento,
disciplinato dall’art. 12 del d. lgs. n. 387/2003, è la Regione Puglia.
Infine, il risarcimento del danno per mancato conseguimento dell’autorizzazione
ad installare uno o più impianti eolici presupporrebbe la dimostrazione che la
società ricorrente, in assenza degli atti illegittimamente adottati dal Comune
di Cerignola, avrebbe conseguito il bene della vita a lei spettante, ossia i
titoli autorizzatori. Trova però applicazione il principio ripetutamente
affermato dalla giurisprudenza, secondo cui “Nei casi in cui, pur a seguito
dell’annullamento dell’atto illegittimo, persistano in capo all’Amministrazione
significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura, il risarcimento può
essere riconosciuto solo dopo e a condizione che l’Amministrazione, riesercitato
il proprio potere, come le compete per effetto del giudicato, abbia riconosciuto
all’istante il bene della vita; in tale ipotesi, inoltre, il danno ristorabile
non potrà che ridursi al solo pregiudizio determinato dal ritardo nel
conseguimento del bene anelato” (Cons. Stato, sez. VI, n. 1945 del 15.4.2003).
Nella fattispecie, i progetti presentati nel corso del 2007 dalla Farpower
s.r.l. non erano stati ancora vagliati dalla conferenza dei servizi e non
avevano ricevuto la verifica di compatibilità ambientale prevista, anche per gli
impianti eolici, dalla legge regionale n. 11/2001: dunque, anche dopo
l’annullamento giurisdizionale dei provvedimenti comunali ostativi al
conseguimento dei nulla-osta, residuerà in capo all’Amministrazione un’ampia
discrezionalità in merito al loro rilascio, e tale circostanza è di per sé
idonea ad escludere l’accoglibilità hic et nunc della domanda risarcitoria.
In conclusione, il ricorso è respinto quanto alla domanda di declaratoria di
nullità dei provvedimenti impugnati; è accolto quanto alla domanda di
annullamento dei provvedimenti impugnati; è respinto quanto alla domanda di
risarcimento del danno ingiusto.
Le spese processuali, attesa la complessità e novità delle questioni esaminate,
possono essere integralmente compensate.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Prima
Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie
parzialmente nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla le
deliberazioni della Giunta comunale di Cerignola n. 47 del 8.2.2007, n. 44 del
8.2.2007, n. 90 del 3.4.2007 e la deliberazione del Consiglio comunale di
Cerignola n. 35 del 13.10.2004 (quest’ultima limitatamente agli indirizzi per lo
svolgimento della procedura di evidenza pubblica e per la stipula della
convenzione).
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Corrado Allegretta, Presidente
Doris Durante, Consigliere
Savio Picone, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2008
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
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