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TAR VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697


RIFIUTI - Inerti - Contaminazione al di sotto delle soglie normativamente previste - Conferimento in discarica per inerti - Possibilità. Ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, comma 1, lett. e), del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36 e dell’ art. 5, comma 1, lett. b), e comma 2, del DM 3 agosto 2005, in presenza di inquinanti sotto le soglie normativamente predeterminate, non è impedito il conferimento degli inerti in discarica. Pres. De Zotti, Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De Strobel e Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697

RIFIUTI - Conferimento in discarica - Fanghi - Classificazione come rifiuti inerti - Possibilità- Art. 2, c. 1, lett. e) ed r) d.lgs. n. 36/2003. E’ vero che l’art. 2, comma 1, lett. e), del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36, definisce gli inerti come rifiuti solidi; tuttavia la successiva lett. r), definisce come liquido (non ammesso in discarica ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a, del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36 ) “qualsiasi rifiuto sotto forma liquida, comprese le acque reflue non convogliate in reti fognarie ed esclusi i fanghi”. Ne discende che i rifiuti costituiti da fanghi, ai fini del conferimento in discarica, non costituiscono un’autonoma categoria e, possedendone le caratteristiche, possono essere classificati come rifiuti inerti. Pres. De Zotti, Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De Strobel e Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697

RIFIUTI - L.R. Veneto n. 3/2000 - Impianti di smaltimento e recupero - Localizzazione - Zona agricola di tipo E - Compatibilità - Art. 208, c. 6 d.lgs. n. 152/2006. L’art. 21 della L.R. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3 dispone che i nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti siano ubicati nell'ambito delle singole zone territoriali omogenee produttive o per servizi tecnologici, precisando tuttavia che ciò debba avvenire “di norma”. Tale disposizione pertanto non esclude la possibilità, da valutare caso per caso, di localizzare discariche di questo tipo in zona agricola di tipo E, tanto più ove si consideri che l’approvazione di tale tipo di impianti costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici (cfr. art. 27, comma 5, del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ora art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152). Pres. De Zotti, Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De Strobel e Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697

RIFIUTI - L.R. Veneto n. 3/2000 - Distanza di 150 metri tra la discarica e gli edifici - Computo - Perimetro dell’area destinata ad essere occupata dai rifiuti. La distanza di 150 metri tra la discarica e gli edifici, di cui all’art. 32, comma 1, della L.R. Veneto 21 gennaio 2000, n. 3, non va calcolata tenendo conto anche delle aree adibite al transito dei veicoli, atteso che la disposizione in esame prevede espressamente che le distanze debbano essere misurate dal perimetro dell'area destinata ad essere occupata dai rifiuti. Pres. De Zotti, Est. Mielli - Comune di Villafranca di Verona (avv.ti Picotti, De Strobel e Suppiej) c. Provincia di Verona (avv.ti Ruffo e Sartori) - T.A.R. VENETO, Sez. III - 26 novembre 2008, n. 3697
 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Ric. n. 2374/07

Sent. n. 369/08


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, terza Sezione,
 

con l’intervento dei signori magistrati:


Angelo De Zotti Presidente
Angelo Gabbricci Consigliere
Stefano Mielli Referendario, relatore

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


 

sul ricorso n. 2374/07, proposto da COMUNE di VILLAFRANCA di VERONA, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Picotti, Gabriella De Strobel e Giorgio Suppiej, con domicilio eletto presso lo studio del terzo in Venezia, Cannaregio n. 6025;


contro

 

la Provincia di Verona, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Riccardo Ruffo e Antonio Sartori, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Venezia Mestre, Cale del Sale n. 33;


e nei confronti
di Marmo Ambiente Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Biondaro e Francesco Curato, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Venezia, P.le Roma n. 468/b;


per l’annullamento
della determinazione del Dirigente del Settore Ecologia della Provincia di Verona n. 4748/07 del 3 settembre 2007, di approvazione del progetto di discarica per rifiuti inerti in località Gazii del Comune di Villafranca di Verona, presentato dalla ditta Marmo Ambiente Spa, nonché degli atti connessi e, in particolare, dei pareri n. 155 e 160 del 2007 della Commissione provinciale per la valutazione di impatto ambientale, nonché del parere 28 giugno 2007, favorevole all’installazione presso l’impresa Quarella Spa di un postcombustore catalitico;


Visto il ricorso con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Verona e della controinteressata Marmo Ambiente Spa ;
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti gli atti tutti di causa;
uditi nella pubblica udienza del 16 ottobre 2008 - relatore il referendario Stefano Mielli - l’avv. Suppiej per il Comune ricorrente, l'avv. Sartori per la Provincia di Verona e l'avv. Biondaro per la Marmo Ambiente spa;


ritenuto in fatto e considerato in diritto:


FATTO


Con provvedimento n. 4748 del 3 settembre 2007, del dirigente del Settore Ecologia della Provincia di Verona, previo parere favorevole della commissione per la valutazione di impatto ambientale del 15 giugno 2007, è stato approvato il progetto per una discarica per rifiuti inerti, derivanti dalla lavorazione delle marmoresine, presentato dalla controinteressata Marmo Ambiente Spa, da localizzare nel territorio del Comune di Villafranca di Verona.


Il Comune, che per quanto di competenza nel corso della procedura aveva espresso parere negativo, impugna detti provvedimenti unitamente al parere del 28 giugno 2007, favorevole all’installazione presso l’impresa Quarella Spa di un postcombustore catalitico, per le seguenti censure:


I) violazione dell’art. 4, comma 1, e degli allegati A1 e A1 bis della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, e dell’art. 21, comma 1, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, incompetenza degli organi provinciali per la procedura di valutazione di impatto ambientale, a fronte della competenza degli organi regionali;
II) violazione dell’art. 4, comma 3, della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, incompetenza del dirigente provinciale ad emettere il giudizio di incompatibilità ambientale, essendo competente la Giunta;
III) violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, carenza di motivazione e difetto di istruttoria;
IV) violazione dell’art. 32, comma 1, lett. a) della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, carenza di motivazione, difetto di istruttoria e violazione della normativa regionale in materia di distanze;
V) violazione della tavola 1 e dell’art. 12 delle norme tecniche di attuazione del piano territoriale regionale di coordinamento, nonché della tavola 2 B e dell’art. 52 delle norme tecniche di attuazione del Piano d’area Quadrante Europa, e degli artt. 12 e 14 delle norme tecniche di attuazione del piano territoriale provinciale adottato, per incompatibilità della zona, inserita nella fascia di ricarica degli acquiferi, con la destinazione a discarica;
VI) violazione della tavola 2B e degli artt. 49 e 51 delle norme tecniche di attuazione del Piano d’area Quadrante Europa, recanti il divieto di localizzare nuovi impianti in fregio agli ambiti prioritari per la protezione del suolo;
VII) difetto dei presupposti, carenza ed insufficienza di istruttoria, per aver trasformato un sostanziale diniego in un atto di assenso condizionato al rispetto di una lunga seria di adempimenti.


Si sono costituiti in giudizio la Provincia di Verona, e la controinteressata, eccependo l’inammissibilità, per difetto di legittimazione e carenza di interesse, dell’impugnazione dei provvedimenti autorizzativi concernenti l’installazione di un postcombustore catalitico, e chiedendo la reiezione del ricorso perché infondato.
 

Con ordinanza n. 955 del 13 dicembre 2007, è stata respinta la domanda cautelare, invece accolta in appello, dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3538 del 1 luglio 2008, ai fini di una sollecita fissazione dell’udienza di merito.
 

Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2008, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese, la causa è stata trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. Preliminarmente deve essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse l’impugnazione del parere del 28 giugno 2007, espresso dalla commissione provinciale valutazione di impatto ambientale, favorevole all’installazione, presso la ditta Quarella Spa sita nel territorio del Comune di Sant’Ambrogio di Valpolicella, di un post combustore catalitico.
Infatti tale atto non è il provvedimento finale del 10 settembre 2007, non impugnato, con cui è stato autorizzato il post combustore catalitico, ma un parere di carattere endoprocedimentale, che non è in rapporto di consequenzialità immediata, diretta e necessaria con l'atto impugnato.
Ne consegue che anche in caso di accoglimento del ricorso, l’annullamento dell’atto endoprocedimentale non potrebbe incidere su un provvedimento divenuto ormai inoppugnabile.
Per questa parte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.


2. Nel merito il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Con il primo motivo il Comune ricorrente sostiene che i rifiuti da conferire non potrebbero essere ascritti alla categoria degli inerti, con la conseguenza che la discarica non rientrerebbe tra quelle per inerti la cui autorizzazione, ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b), e dell’allegato A1 bis della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, è demandata alla competenza della Provincia.
La tesi è sostenuta sulla base di tre concorrenti argomentazioni.
Secondo il ricorrente ciò discenderebbe in primo luogo dalla riscontrabilità, tra i rifiuti della lavorazione del marmo, di prodotti chimici potenzialmente dannosi per la salute come lo stirene, o tossici e nocivi come il TOC o il BTEX, la cui presenza escluderebbe la possibilità di qualificare i rifiuti come inerti.
In secondo luogo, dal particolare processo produttivo volto all’abbattimento della concentrazione delle sostanze pericolose. Secondo il ricorrente i rifiuti subirebbero la trasformazione in inerti solo a seguito dell’impiego di un postcombustore catalitico, che opererebbe un trattamento termico dei fanghi da conferire.
Da ultimo, dall’errore consistente nell’impropria qualificazione come inerti di rifiuti che, in realtà, in quanto fanghi, non sono allo stato solido, e pertanto non possono essere definiti tali.
L’articolata censura non merita accoglimento.


2.1 In ordine al primo rilievo, è necessario osservare che, contrariamente a quanto dedotto, non è la semplice presenza di sostanze contaminanti ad impedire il conferimento in discariche di inerti, ma solo il superamento di determinate soglie.
In mancanza di tale superamento si deve ritenere che i rifiuti abbiano una percentuale inquinante trascurabile (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 8 agosto 2007, n. 2718).
Invero, l’art. 2, comma 1, lett. e), del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36, definisce come inerti “i rifiuti solidi che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa”, che “non si dissolvono, non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonché l'ecotossicità dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e sotterranee”.
L’art. 5, comma 1, lett. b), e comma 2, del DM 3 agosto 2005, recante la definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, prescrive che:
- sono smaltiti in discarica per inerti, quelli che, a seguito della caratterizzazione, non risultino contenere contaminanti organici (quali il TOC e il BTEX) in concentrazioni superiori a quelle indicate nella tabella 3 del decreto;
- è vietato il conferimento in discarica per inerti di rifiuti che contengono le sostanze previste dalla tabella 1, allegato 1 al D.M. 25 ottobre 1999, n. 471 (ora la colonna B tabella 1 allegato 5 al Tiolo V, della parte IV, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152), del Ministro dell'ambiente, in concentrazioni superiori alle concentrazioni limite per i siti ad uso commerciale ed industriale, ad esclusione dei PCB, per i quali il limite è fissato 1 mg/kg.
Orbene, nel caso all’esame risulta che la caratterizzazione del rifiuto ha accertato il rispetto di tali caratteristiche e valori (la tipologia del rifiuto non subisce trasformazioni significative di natura fisica, chimica o biologica; la presenza di stirene riscontrata si attesta mediamente su valori soglia di 15 mg/kg, con punte massime di 40 mg/kg a fronte di un valore soglia, prevista dalla tabella allegata al Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, di 50 mg/kg; i valori riscontrati del parametro TOC, calcolati in eccesso, variano da 10.000 a 27.000 mg/kg, quando il limite previsto dalla tabella 3 del DM 3 agosto 2005, è 30.000: (cfr. gli stralci della relazione tecnica – descrittiva allegata al progetto, riprodotti a p. 3 della relazione tecnica di cui al doc. 1 depositato in giudizio dalla Provincia).
Pertanto, in presenza di inquinanti sotto le soglie normativamente predeterminate, non è impedito il conferimento in una discarica per inerti.


2.2 Quanto al secondo dei rilievi formulati con il primo motivo, con il quale si lamenta il mancato coinvolgimento della Regione nell’approvazione di un impianto che riguarda rifiuti originariamente privi delle caratteristiche proprie degli inerti, che divengono tali solo a seguito del trattamento che subiscono con il post combustore catalitico, deve rilevarsi che, come chiarito dalle difese della Provincia e della controinteressata, ed è inoltre riscontrabile dalla documentazione versata in atti (cfr. docc. 13 e 14 depositati in giudizio dalla controinterssata, recanti, rispettivamente, l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera e la relativa domanda), tale impianto, contrariamente a quanto dedotto, non riguarda il trattamento termico dei fanghi di risulta, e non è preordinato al conferimento degli stessi in discarica.
Riguarda infatti il trattamento termico della sospensione, costituita dall’acqua e dalla polvere interna allo stabilimento di produzione, generata dalla segagione e dalla lucidatura del marmo, che ha come effetto la riduzione della concentrazione di inquinanti.
Pertanto è priva di riscontri l’affermazione secondo cui tale impianto sarebbe parte integrante del progetto di realizzazione della discarica.
Il provvedimento impugnato, peraltro, si limita a prendere atto di tale circostanza senza subordinare il conferimento nella discarica per inerti alla presenza di questo impianto, né emergono elementi atti a documentare che, in assenza di esso, non sarebbero comunque rispettate le soglie di concentrazione normativamente predeterminate.
Alla luce di tali considerazioni, la censura deve essere respinta.


2.3 Quanto alla dedotta non sussumibilità dei rifiuti prodotti nella categoria degli inerti perché costituiti da fanghi, deve osservarsi che è vero che l’art. 2, comma 1, lett. e), del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36, definisce gli inerti come rifiuti solidi; tuttavia la successiva lett. r), definisce come liquido (non ammesso in discarica ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. a, del Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36 ) “qualsiasi rifiuto sotto forma liquida, comprese le acque reflue non convogliate in reti fognarie ed esclusi i fanghi”.
Ne discende che, contrariamente a quanto dedotto, i rifiuti costituiti da fanghi, ai fini del conferimento in discarica, non costituiscono un’autonoma categoria e, possedendone le caratteristiche, possono essere classificati come rifiuti inerti.
Le doglianze di cui al primo motivo devono pertanto essere respinte.


3. Con il secondo motivo il Comune ricorrente lamenta l’incompetenza del dirigente provinciale ad emettere il giudizio di compatibilità ambientale, invocando sul punto la competenza della Giunta.
La doglianza è priva di fondamento, in quanto l’art. 4, comma 3, della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, prevede che il giudizio di compatibilità ambientale di cui all’art. 19 della medesima legge, sia emesso dalla Giunta provinciale, solo in assenza di diversa formulazione statutaria.
 

3.1 Nel caso all’esame, lo Statuto della Provincia di Verona (cfr. doc. 15 depositato in giudizio dalla controinteressata) all’art. 75, commi 3 e 5, demanda ai regolamenti di specificare i compiti gestionali dei dirigenti, precisando che ad essi spettano in ogni caso tutti i compiti che la legge e lo Statuto non riservano espressamente ad altri organi.
L’art. 65, lett. h), demanda alla Giunta solo l’espressione del parere di cui all’art. 17, comma 2 della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, con riguardo a quelle fattispecie in cui la competenza ad esprimere il giudizio di compatibilità ambientale è di altri enti, e la Provincia è chiamata ad esprimere il proprio parere nell’ambito della procedura.
L’art. 24, lett. g), del regolamento degli uffici e dei servizi (cfr. doc. 16 depositato in giudizio dalla controinteressata) attribuisce ai dirigenti il compito di adottare tutti i provvedimenti autorizzatori il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni tecniche.
L’art. 16 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Provincia di Verona n. 66 del 29 agosto 2002, ai sensi dell’art. 6, comma 5, della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, disciplina le modalità di funzionamento della commissione provinciale di valutazione di impatto ambientale, e demanda espressamente al dirigente la competenza ad adottare l’atto finale.
Tenuto conto che la riserva statutaria di cui all’art. 4, comma 3, della legge regionale 26 marzo 1999, n. 10, ha carattere relativo e non assoluto, e della specifica normativa dell’ente locale sopra richiamata, la competenza deve pertanto essere riconosciuta in capo al dirigente.
Anche la censura di cui al secondo motivo deve pertanto essere respinta.


4. Con il terzo motivo il Comune lamenta l’illegittimità e l’incongruità della localizzazione della discarica in una zona in parte interessata da una cava non estinta, sita in zona E.
La doglianza deve essere respinta.
L’art. 21 della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, dispone che i nuovi impianti di smaltimento e recupero di rifiuti siano ubicati nell'ambito delle singole zone territoriali omogenee produttive o per servizi tecnologici, precisando tuttavia che ciò debba avvenire “di norma”.
Tale disposizione pertanto non esclude la possibilità, da valutare caso per caso, di localizzare discariche di questo tipo in zona agricola di tipo E, tanto più ove si consideri che l’approvazione di tale tipo di impianti costituisce, ove occorra, variante agli strumenti urbanistici (cfr. art. 27, comma 5, del Dlgs. 5 febbraio 1997, n. 22, ora art. 208, comma 6, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152).
Ne discende che non è ravvisabile un’incompatibilità di tipo urbanistico.
Priva di riscontri risulta altresì l’ulteriore doglianza con la quale il Comune lamenta l’incompatibilità dell'approvazione di un progetto di discarica sull’area di una cava in esercizio, in quanto tale possibilità sembra ammissibile allorquando sia esaurita l'attività estrattiva, anche solo su una sua porzione, a patto che sussistano le condizioni materiali per organizzare e sviluppare distintamente l'attività di discarica da quella di cava, e consentire il regolare svolgimento delle diverse attività.
Detta possibilità è espressamente ammessa dal punto 1, lett. c, del dispositivo della deliberazione della Giunta regionale 24 marzo 1998, n. 924, recante “direttive per l'applicazione della L.R. 7 settembre 1982, n. 44 e della L.R. 16 aprile 1985, n. 33, e successive loro modifiche, in materia, rispettivamente, di cave e discariche”.
Il terzo motivo deve pertanto essere respinto.


5. La censura di cui al quarto motivo, con cui il Comune denuncia il mancato rispetto della normativa sulle distanze della discarica dalle abitazioni, è infondata in fatto.
L’art. 32, comma 1, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, stabilisce che gli edifici destinati ad abitazione debbano distare almeno 150 metri dalle discariche.
Secondo quanto risulta dalla documentazione versata in atti (cfr. la valutazione della Commisisone, il piano di gestione operativa e la tavola n. 8, di cui ai docc. 17, 18 e 19 allegati dalla controinteressata), nel caso all’esame per gli edifici esterni detta distanza è garantita mediante il riporto di terreno naturale, mentre per l’edificio posto all’interno dell’area di escavazione, è previsto che le modalità di gestione della discarica dovranno garantire il rispetto della distanza per il primo triennio, mentre successivamente, in attuazione di un contratto di acquisto già stipulato, l’edificio sarà acquisito dalla controinteressata.
La pretesa del ricorrente di misurare le distanze calcolando anche le aree adibite al transito dei veicoli, è invece priva di fondamento, in quanto l’art. 32, comma 1, della legge regionale 21 gennaio 2000, n. 3, prevede espressamente che le distanze debbano essere misurate dal perimetro dell'area destinata ad essere occupata dai rifiuti.


6. Con il quinto motivo il Comune lamenta l’illegittima localizzazione della discarica in un’area che molteplici strumenti di pianificazione territoriale, definiscono di ricarica degli acquiferi (segnatamente la tavola 1 e l’art. 12 delle norme tecniche di attuazione del Piano territoriale regionale di coordinamento, nonché della tavola 2 B e dell’art. 52 delle norme tecniche di attuazione del Piano d’area Quadrante Europa, e gli artt. 12 e 14 delle norme tecniche di attuazione del Piano territoriale provinciale adottato).
In base all’art. 12 delle norme tecniche allegate al Piano territoriale di coordinamento regionale (e all’art. 52 del Piano d’area Quadrante Europa che a questo si richiama), nelle fasce di ricarica degli acquiferi “è vietato il nuovo insediamento di attività industriali, dell'artigianato produttivo, degli allevamenti zootecnici e di imprese artigiane di servizi con acque reflue non collegate alla rete fognaria pubblica o di cui non sia previsto, nel progetto della rete fognaria approvata, la possibilità di idoneo trattamento o, per i reflui di origine zootecnica, il riutilizzo, e comunque uno smaltimento compatibile con le caratteristiche ambientali dell'area”, ed “è fatto divieto di scaricare nel sottosuolo e nelle falde acquifere sotterranee le acque di raffreddamento”.
Orbene, come controdedotto dalla Provincia e dalla controinteressata (e riscontrabile nella documentazione versata in atti: cfr. il verbale n. 155 del 2007 e l’autorizzazione di cui ai docc. 9 e 12 depositati in giudizio dalla controinteressata), il progetto approvato riguarda una discarica di inerti; non rientra quindi tra le attività precluse, e non risulta comportare scarichi di acque reflue (è previsto un sistema di raccolta delle acque originate da reflui civili, di quelle meteoriche, e di quelle di lavaggio delle ruote dei mezzi) o scarichi diretti delle acque della discarica (in fase di gestione le acque meteoriche è previsto siano raccolte in invasi non permeabili e conferite periodicamente, previa caratterizzazione analitica, ad un impianto di trattamento; appositi accorgimenti sono previsti per la fase post gestione) e non contrasta con specifici vincoli di carattere naturalistico o ambientale (sul punto cfr. la relazione tecnica di cui al doc. 1 depositato in giudizio dalla Provincia).
Inoltre il Piano territoriale provinciale di coordinamento adottato vieta la realizzazione nella fascia di ricarica degli acquiferi di discariche per rifiuti non inerti, e, nel caso di specie, come sopra rilevato, si tratta invece di una discarica per inerti.
Pertanto, in relazione a quanto dedotto con il quinto motivo, il provvedimento impugnato si sottrae alle censure proposte.


7. E’ invece infondata in fatto la doglianza di cui al sesto motivo di ricorso, con la quale il Comune lamenta la violazione degli artt. 49 e 51 delle norme tecniche di attuazione del Piano d’area Quadrante Europa, il quale pone il divieto di ubicare nuovi impianti di trattamento e smaltimento rifiuti in fregio all’interno dell’ambito prioritario della protezione del suolo.
Infatti l’area interessata dal progetto è situata ad oltre 500 metri da detta area, e non in fregio, mentre la variante del Comune volta proprio a includere la zona interessata dal progetto nell’ambito prioritario della protezione del suolo, è stata annullata con sentenza del Tar Veneto, Sez. II, 27 luglio 2007, n. 2613.
La censura deve pertanto essere respinta.


8. Con il settimo motivo la Provincia lamenta il difetto di istruttoria circa la corretta caratterizzazione dei rifiuti, e valorizza, a tal fine, una dichiarazione del rappresentante dell’Arpav il quale, nell’ambito della commissione per la valutazione di impatto ambientale (cfr. il verbale n. 160 del 23 agosto 2007 di cui al doc. 11 depositato dalla controinteressata), ha segnalato in linea generale che, nei rifiuti provenienti dalla segagione e lavorazione delle marmoresine, la presenza di sostanze inquinanti in valori elevati avrebbe potuto comportarne la non ammissibilità in una discarica per inerti, sottolineando la mancanza di rappresentatività dei rilievi analitici perché, fino ad allora, effettuati su materiale stoccato, anziché sul rifiuto appena prodotto.
La doglianza deve essere respinta.
Infatti, come contro dedotto dalla Provincia, il provvedimento impugnato detta a questo fine apposite prescrizioni affinché sia assicurata la rappresentatività del rifiuto da sottoporre a caratterizzazione prima dei conferimenti (cfr. nell’elenco degli obblighi da rispettare previsti dal provvedimento impugnato, quelli di cui al quinto e sesto trattino), fermo restando che permane in capo alla Provincia la possibilità di intervenire qualora dovessero sorgere dubbi sulle caratteristiche dei rifiuti.
Pertanto, in ragione di tali considerazioni e della circostanza che nel caso di specie gli accertamenti analitici effettuati hanno riscontrato valori al di sotto delle soglie normativamente previste (cfr. quanto già osservato sub 2), aspetto non contestato dal Comune, la censura deve esser respinta.


8. Con l’ultimo motivo il Comune si duole dell’eccessivo numero di prescrizioni e condizioni apposte al provvedimento autorizzatorio, lamentando che in realtà, attraverso queste, un sostanziale diniego verrebbe trasformato in un atto favorevole.
La censura, genericamente formulata, è inammissibile per carenza di interesse, in quanto non è dedotta alcuna lesività delle prescrizioni e le stesse, prevedendo particolari cautele per l’esercizio dell’attività, ne circoscrivono i potenziali rischi per l’ambiente e per la comunità stanziata sul territorio del Comune.


In definitiva pertanto, il ricorso deve essere dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, in parte lo dichiara inammissibile e in parte lo respinge, nel senso precisato in motivazione.
Condanna il ricorrente Comune di Villafranca alla rifusione delle spese di lite in favore della resistente Provincia di Verona, liquidandole in complessivi € 4.000,00, e in favore della controinteressata Marmo Ambiente Spa, liquidandole in complessivi € 4.000,00, per spese, diritti ed onorari, oltre i.v.a. e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 16 ottobre 2008.


Il Presidente

l’Estensore

Il Segretario
 



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