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TAR VENETO, Sez. II - 17 dicembre 2008, n. 3878


CAVE E MINIERE - Attività di coltivazione di cava - Messa in sicurezza di fronti instabili - Aree autorizzate. Se è pur vero che lo svolgimento dell’attività di coltivazione della cava presuppone e consente anche la messa in sicurezza di fronti che si palesano instabili, tali operazioni debbono tuttavia riguardare le aree autorizzate ed essere comunque funzionali all’escavazione. Pres. Di Nunzio, Est.Rovis - D.F.G. e altro (avv.ti Bergonzini e Almansi) c. Parco regionale dei Colli Euganei (avv. Battistella) - T.A.R. VENETO, Sez.II - 17 dicembre 2008, n. 3878

CAVE E MINIERE - Gestione del territorio - Sanzioni amministrative pecuniarie - Opposizione all’ordinanza ingiunzione di pagamento - Sentenza Cassazione SS.UU. n. 28167/2008 - Art. 22 bis L. n. 689/81 e art. 34 D.Lgs. n. 80/98 - Giurisdizione - Giudice ordinario. La giurisdizione in materia di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative pecuniarie applicate a soggetti che svolgono attività di cava appartiene al giudice ordinario. (SS.UU., sentenze 2 luglio 2008 n. 18040 e 26 novembre 2008 n. 28167). Vi sono due norme, l’art. 22 bis della legge n. 689/81 che attribuisce al giudice ordinario tutte le opposizioni in materia di sanzioni, e l’art. 34 del DLgs n. 80/98 che attribuisce al giudice amministrativo tutte le controversie in materia di gestione del territorio: ciò stante, la sottrazione al giudice ordinario delle opposizioni alle sanzioni urbanistiche “avrebbe avuto bisogno di un’espressa previsione, che non è dato di rinvenire e che non può essere individuata nella generica formulazione dell’art. 34 cit.”. Diversamente opinando risulterebbe affatto incomprensibile l’attribuzione al giudice ordinario delle sanzioni urbanistiche in base all’art. 22 bis, II comma, lett. c) della legge n. 689/81, e la contestuale attribuzione delle medesime sanzioni al giudice amministrativo ai sensi del combinato disposto di cui allo stesso art. 22 bis, u.c. ed all’art. 34 del DLgs n. 80/98. Pres. Di Nunzio, Est.Rovis - D.F.G. e altro (avv.ti Bergonzini e Almansi) c. Parco regionale dei Colli Euganei (avv. Battistella) - T.A.R. VENETO, Sez.II - 17 dicembre 2008, n. 3878
 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

Ric. n. 2506/2004

Sent. n. 3878/08


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, seconda Sezione,
 

con l’intervento dei signori magistrati:


Giuseppe Di Nunzio Presidente
Claudio Rovis Consigliere, relatore
Domenico Landi Consigliere

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


 

sul ricorso n. 2506/2004, proposto da DALLA FRANCESCA GIANFILIPPO e dalla S.R.L. TRACHITE DI MONTEMERLO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Gherardo Bergonzini e Marino Almansi, con elezione di domicilio presso lo studio del secondo in Mestre, Via Carducci 13;


CONTRO


il Parco Regionale dei Colli Euganei in persona del legale rappresentante pro tempore, già rappresentato e difeso dagli avv.ti Vittorio Domenichelli, Guido Zago e Franco Zambelli, ora rappresentato e difeso dall'avv. Barbara Battistella, con domicilio presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell'art. 35 del R.D. 26.6.1924 n. 1054;
il Comune di Cervarese Santa Croce, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;


PER


l'annullamento dell’ordinanza 7.6.2004 n. 5644 di sospensione dei lavori di coltivazione e sistemazione ambientale all’interno del sito di cava n. 52 “Trachite di Montemerlo”, in Comune di Cervarese S. Croce (PD); dell’ingiunzione 10.6.2004 n. 5708 di versare la somma di euro 605.387,10 quale sanzione per intervento escavativo pretesamente effettuato all’interno del sito di Cava n. 52 in difformità dall’autorizzazione in godimento; della diffida 10.6.2004 n. 5808 a provvedere al ripristino dello stato dei luoghi;


nonché con i motivi aggiunti, per
l'annullamento del provvedimento del Direttore del Parco Regionale dei Colli Euganei 28.10.2004 n. 9521 con il quale è stato ingiunto il pagamento della sanzione pecunieria di € 547.298,00, nonché del presupposto atto 28.10.2004 n. 9520 di determinazione della stessa.


Visto il ricorso, notificato l’11.8.2004 e depositato presso la Segreteria il 17.8.2004, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ente Parco dei Colli Euganei, depositato l’8.9.2004 ed il 12.1.2005;
Viste le memorie prodotte dalle parti;
Visti gli atti tutti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 27 novembre 2008 - relatore il Consigliere Claudio Rovis – i procuratori delle parti;


Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO


Con deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 2240/02 la ricorrente, Trachite di Montemerlo S.r.l. – che con provvedimento 24.4.2002 aveva ottenuto l’autorizzazione ambientale n. 4036/99/674 da parte del Presidente dell’Ente Parco Colli Euganei - veniva autorizzata ad eseguire il primo stralcio quinquennale di un complessivo progetto quindicennale di coltivazione della cava n. 52 “Trachite di Montemerlo” ubicata nel territorio del Comune di Cervarese Santa Croce (Padova), con facoltà di estrarre (per il primo quinquennio) mc 20.000 di trachite.
Al fine di migliorare le tecniche produttive la ricorrente, previa richiesta assentita (in data 14.1.2003) dal Direttore dell’Ente Parco con riguardo ai profili ambientali ed idrogeologici, decideva di installare nella cava un impianto tecnologico costituito da una sega di riduzione dei massi di trachite.
Dovendo predisporre convenientemente il sito prescelto per l’installazione del predetto impianto, la società decideva di intervenire su una parete di roccia aggettante modificandone l’inclinazione in modo da evitare crolli o frane improvvisi.
Sennonchè il giorno 11 aprile 2003 l’operaio Fabio Panighello, manovrando una pala meccanica scavava accidentalmente la parte alta del fronte d’intervento: ciò provocava l’improvviso distacco dalla parete di un blocco di roccia che investiva la cabina del mezzo e provocava la morte del dipendente.
Nell’ambito del procedimento penale conseguito a tale incidente veniva disposto il sequestro del sito ove l’incidente stesso era avvenuto, con conseguente cessazione, nella predetta area, di ogni attività (anche inerente alla collocazione dell’impianto).
In prosieguo, il Direttore dell’Ente Parco adottava dapprima il provvedimento 7.6.2004 n. 5644 con cui sospendeva l’esecuzione dei lavori nell’intera cava, e poi - avendo rilevato, sulla scorta di un precedente sopralluogo, che “la ditta Trachite di Montemerlo S.r.l. ha effettuato una variazione alla coltivazione del sito estrattivo in difformità dal progetto autorizzato” - i provvedimenti 10.6.2004 n. 5708 e 5808 con cui ingiungeva alla Società il pagamento della sanzione di € 605.387,10 per escavazione abusiva di materiale rachitico e, rispettivamente, ordinava il ripristino dello stato originario dei luoghi mediante un progetto adeguato da proporre all’Ente Parco medesimo.
Avverso tali provvedimenti proponevano il presente ricorso la Trachite di Montemerlo S.r.l. e il titolare della medesima, Sig. Gianfilippo Dalla Francesca, i quali, previa affermazione della giurisdizione dell’adito Tribunale anche in relazione a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza SS.UU. 19.4.2004 n. 7374, ne chiedevano l’annullamento siccome illegittimi per violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.
Nelle more, atteso che a seguito del sopralluogo effettuato l’1.9.2004 era stato accertato che la Trachite di Montemerlo S.r.l. non aveva effettuato ulteriori escavazioni, con provvedimenti 2.9.2004 n. 7884 e 7885 l’Ente Parco Regionale dei Colli Euganei disponeva la sospensione dell’ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria e dell’ordine di ripristino dei luoghi e, rispettivamente, revocava l’ordinanza di sospensione dell’attività di coltivazione della cava.
Successivamente, con atto 28.10.2004 n. 9520 il Direttore dell’Ente Parco rideterminava la sanzione da irrogare alla S.r.l. Trachite di Montemerlo nell’importo di € 547.298,00, di cui, con provvedimento n. 9521 di pari data, ingiungeva il pagamento.
Con motivi aggiunti la Società chiedeva l’annullamento anche di tali atti, deducendone l’illegittimità per violazione dell’art. 33, II e VI comma della L.R. 44/82 e dell’art. 14, u.c. della L. 689/81, nonché per eccesso di potere sotto i profili del difetto di presupposti, del travisamento dei fatti, della carenza di adeguata attività conoscitiva, dell’incongruità ed erroneità dei criteri applicati e dello sviamento.
Resisteva in giudizio l’Ente Parco eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del giudice adito ed opponendo, nel merito, l’infondatezza del gravame, del quale, conseguentemente, chiedeva la reiezione.
Dopo alterne vicende - che hanno condotto la sezione ad accogliere la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati in sede di motivi aggiunti “avuto riguardo…alla presumibile fondatezza delle censure dedotte avverso le modalità con le quali è stata computata l’entità della sanzione”, a porre la causa, già introitata per la decisione, in rilettura per un approfondimento in contraddittorio sulla questione relativa alla giurisdizione, e a disporre alcuni rinvii della spedizione a sentenza per motivi vari -, la causa, chiamata all’udienza del 17 novembre 2008, è stata definitivamente introitata per la decisione.


DIRITTO


1.- Con l’atto introduttivo del presente giudizio i ricorrenti hanno impugnato sia il provvedimento 7.6.2004 n. 5644 di sospensione dei lavori di coltivazione della cava, sia i provvedimenti 10.6.2004 n.i 5708 e 5808 di ingiunzione al pagamento dell’importo di € 605.387,10 a titolo di sanzione pecuniaria per escavazione abusiva e, rispettivamente, di ripristino dei luoghi.
Successivamente, i provvedimenti n.i 5708 e 5808 del 2004 venivano dapprima sospesi con provvedimento 2.9.2004 n. 7884 e poi abrogati - donde la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione su di essi, anche perchè ineseguiti - con provvedimento 28.10.2004 n. 9521 che, impugnato con i motivi aggiunti, rideterminava la sanzione pecuniaria nel diverso importo di € 547.298,00, il cui pagamento veniva ingiunto alla società ricorrente, senza peraltro riproporre l’ordine di ripristino dei luoghi (la cui ratio era venuta meno a seguito della revoca della sospensione dell’attività estrattiva disposta con il provvedimento n. 7885/04).
Il collegio, dunque, deve esprimersi in merito alle domande giudiziali con le quali i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento, siccome asseritamente illegittime, dell’ordinanza 5644/04 di sospensione dei lavori di escavazione e dell’ingiunzione di pagamento della somma di € 547.298,00 a titolo di sanzione pecuniaria.


1.1.- Quanto all’ordinanza di sospensione dei lavori, i ricorrenti ne hanno censurato l’illegittimità per violazione dell’art. 29 della LR n. 44/82 e per travisamento e sviamento, difettando, nel caso di specie, il presupposto dell’inosservanza delle prescrizioni dettate dal provvedimento di autorizzazione alla coltivazione della cava.
Le censure non hanno pregio.
Il provvedimento cautelare trova motivato e corretto fondamento nella circostanza che la società ricorrente ha attuato un intervento di escavazione al di fuori dell’area autorizzata: né, in tale contesto, appare condivisibile la giustificazione addotta dalla società secondo cui il materiale recuperato (circa 300 mc) sarebbe ascrivibile non già alla mera attività di scavo, ma ad un intervento di messa in sicurezza dell’area ove avrebbe dovuto trovare collocazione l’impianto tecnologico consistente in una sega circolare per la riduzione dei massi di trachite.
Orbene, se è pur vero che lo svolgimento dell’attività di coltivazione della cava presuppone e consente anche la messa in sicurezza di fronti che si palesano instabili, tali operazioni debbono tuttavia riguardare le aree autorizzate ed essere comunque funzionali all’escavazione.
Nel caso in esame, invece, risultano asportati da un sito non autorizzato 300 mc di trachite in funzione della collocazione di un impianto tecnologico.
Ma anche a voler aderire alla tesi dei ricorrenti, si tratterebbe comunque di un intervento abusivo, in quanto effettuato in area vincolata in assenza della necessaria autorizzazione ambientale (acquisita soltanto per l’installazione della sega circolare).
Né può assumere rilievo la “modesta quantità” della trachite ricavata, ovvero la sua mancata commercializzazione: quanto alla prima, infatti, va osservato che si trattava di circa 300 mc di materiale, di una quantità, cioè, estraibile in 25-27 giorni (tenendo conto che il progetto autorizzato consente per il primo quinquennio l’estrazione complessiva teorica di circa 20.000 mc); quanto alla mancata commercializzazione, invece, va evidenziato come la stessa sia ascrivibile al fatto che l’area interessata (ove si è verificato il tragico incidente mortale) è stata posta immediatamente sotto sequestro penale.
Così come, sotto altro profilo, non può imputarsi all’adottato provvedimento cautelare una funzione inibitoria a tempo indeterminato dell’attività estrattiva: in realtà detto provvedimento, che si è reso necessario per effettuare gli accertamenti del caso conseguenti alla verificata difformità della coltivazione rispetto al progetto approvato, è stato revocato (meno di tre mesi dopo) non appena venute meno le esigenze cautelative su cui si fondava l’originario provvedimento.
Tenuto dunque conto delle circostanze (fra cui, in particolare, la morte accidentale dell’operaio) in cui l’Ente si è trovato ad operare, nonché della complessità degli accertamenti, il collegio ritiene l’impugnato provvedimento immune dai denunciati vizi.


1.2.- Quanto alla domanda di annullamento dell’ingiunzione di pagamento va, invece, declinata la giurisdizione del Tribunale adito in favore del giudice ordinario.
Come, invero, ha recentemente ribadito la Corte di Cassazione (SS.UU., sentenze 2 luglio 2008 n. 18040 e 26 novembre 2008 n. 28167), la giurisdizione in materia di opposizione all’ordinanza-ingiunzione di pagamento di sanzioni amministrative pecuniarie applicate a soggetti che svolgono attività di cava appartiene al giudice ordinario.
La citata pronuncia, dopo aver brevemente richiamato le precedenti decisioni in subiecta materia (da una parte, SS.UU 19.4.2004 n. 7374 la quale, premesso che il discrimine della giurisdizione va ravvisato, ai sensi dell’art. 34, II comma del DLgs n. 80/98, nella “materia” in cui l’atto incide, ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di sanzioni pecuniarie connesse all’attività di cava, in quanto attinenti alla materia urbanistica ed edilizia: concetti, questi, successivamente espressi dalle ordinanze SS.UU 10.7.2007 n. 15350 e 12.3.2008 n. 6525; dall’altra l’ordinanza SS.UU 4.7.2006 n. 15222 la quale ha affermato che, a seguito di Corte cost. n. 204704, è caduta l’attribuzione al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva in materia urbanistico-edilizia, “salvo che come estensione della giurisdizione generale di legittimità nei campi in cui essa preesisteva: campi tra i quali non è compreso quello delle violazioni amministrative, poichè la situazione giuridica soggettiva di chi deduce di essere stato sottoposto a sanzione in casi o in modi non stabiliti dalla legge ha comunque consistenza di diritti perfetti”), ha rimeditato la questione ed ha convincentemente argomentato – ed il collegio aderisce pienamente - affermando la giurisdizione del giudice ordinario.
L’art. 22 bis della legge n. 689/81 - sostiene la Corte -, ripartendo la competenza delle “opposizioni alle sanzioni amministrative” tra giudice di pace e tribunale, presuppone che l’intera materia delle sanzioni - lo conferma a contrario la disposizione di cui all’ultimo comma - appartenga al giudice ordinario.
L’art. 34 del DLgs n. 80/98, invece, devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie aventi per oggetto gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia”, ossia in materia di gestione del territorio (in cui rientra anche l’attività estrattiva).
Vi sono, cioè, due norme, l’art. 22 bis della legge n. 689/81 che attribuisce al giudice ordinario tutte le opposizioni in materia di sanzioni, e l’art. 34 del DLgs n. 80/98 che attribuisce al giudice amministrativo tutte le controversie in materia di gestione del territorio: ciò stante, la sottrazione al giudice ordinario delle opposizioni alle sanzioni urbanistiche – afferma la Corte – “avrebbe avuto bisogno di un’espressa previsione, che non è dato di rinvenire e che non può essere individuata nella generica formulazione dell’art. 34 cit.”.
Diversamente opinando, fra l’altro, risulterebbe affatto incomprensibile l’attribuzione al giudice ordinario delle sanzioni urbanistiche in base all’art. 22 bis, II comma, lett. c) della legge n. 689/81, e la contestuale attribuzione delle medesime sanzioni al giudice amministrativo ai sensi del combinato disposto di cui allo stesso art. 22 bis, u.c. ed all’art. 34 del DLgs n. 80/98.
Si aggiunga – conclude la Corte – che la giurisdizione esclusiva trae giustificazione e fondamento nella difficoltà di distinguere, in relazione alle singole controversie, tra diritti ed interessi legittimi: difficoltà che, invece, non sussiste con riferimento alle opposizioni alle sanzioni amministrative. Il che priva di qualsiasi ragionevolezza un’interpretazione estensiva dell’art. 34 cit. che ricomprenda nella giurisdizione del giudice amministrativo anche le sanzioni urbanistiche.


2.- Per le considerazioni che precedono, dunque, il ricorso va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse nella parte in cui si impugnano i provvedimenti n.i 5708 e 5808 del 2004 di ingiunzione al pagamento della sanzione di € 605.387,10 e, rispettivamente, di ripristino dei luoghi; va respinto nella parte in cui viene impugnato il provvedimento n. 5644/04 di sospensione dell’attività estrattiva (e viene chiesto il risarcimento del danno); va dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione nella parte in cui vengono contestati i provvedimenti n.i 9520 e 9521 del 2004 di rideterminazione e, rispettivamente, di irrogazione della sanzione pecuniaria.


Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.


P.Q.M.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo dichiara in parte improcedibile, in parte lo respinge ed in parte lo dichiara inammissibile, come in motivazione.
Compensa le spese e le competenze del giudizio fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in Camera di Consiglio, il 27 novembre 2008.


Il Presidente

L’Estensore

Il Segretario
 



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