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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Segnalata dall'avv. Nicola Giudice
Si ringraziano altresì gli avvocati Aurora Notarianni e Alessia Pace
TRIBUNALE DI MESSINA, Sez. GIP - 13 agosto 2008, n. 248
BOSCHI E FORESTE - INCENDI BOSCHIVI - Reato ex art. 423 bis c.p. - Tipo di vegetazione esistente sul
terreno - Irrilevanza. Ai fini della configurazione del reato di cui
all’art. 423 bis c.p. è irrilevante il tipo di vegetazione esistente sul terreno
quando questo rientri in area boschiva. La norma, infatti, si riferisce a
qualunque estensione di terreno sia che su di essa insista boscaglia, sterpaglia
o altra vegetazione, dal momento che l’intento perseguito dal legislatore è
quello di dare tutela ad entità naturalistiche la cui distruzione incide su un
bene primario insostituibile della vita la cui natura determina per ciò stesso
una maggiore pericolosità di diffusione delle fiamme. Del resto lo stesso art. 2
l. 21/11/2000 n. 353 (che ha introdotto la fattispecie dell’art. 423 bis c.p.)
ha definito l’incendio boschivo come un fuoco con suscettività di espandersi su
aree boscate, cespugliate o arborate, nonché su terreni coltivati o incolti e
pascoli limitrofi alle dette aree, così espressamente ricomprendendo nell’evento
sanzionato non solo l’incendio che incida sulle piante da fusto, ma anche quello
che riguardi qualunque forma di vegetazione ricadente nell’area boschiva (cfr.
Cass. 30/4/2001, n. 25935). Giud. Arena - Imp. Lombardo Pontillo. TRIBUNALE
DI MESSINA, Sez. GIP - 13/08/2008, n. 248
BOSCHI E FORESTE - INCENDI BOSCHIVI - Reato ex art. 423 bis c.p. - Proprietà
del terreno - Irrilevanza. Ai fini della sussistenza del reato di cui
all’art. 423 bis c.p. è irrilevante se la proprietà del terreno sia ascrivibile
esclusivamente all’autore del fatto, o meno. Infatti, in presenza di incendio in
area boschiva, la norma non fa alcuna distinzione in ordine alla proprietà. Del
resto lo stesso art. 423 c.p. prevede la rilevanza penale dell’incendio della
cosa propria, quando questo determini pericolo per la pubblica incolumità. Giud.
Arena - Imp. Lombardo Pontillo. TRIBUNALE DI MESSINA, Sez. GIP - 13 agosto
2008, n. 248
N. 5379/2007 RGNR N. Reg. Esec.
N. 4154/2007 RG GIP N. Camp. Pen.
N. 248/08 Reg. Sent. Redatta Scheda il
TRIBUNALE DI MESSINA
Sezione dei giudici per le indagini preliminari
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dott.ssa Maria T. Arena
In esito al giudizio abbreviato all’udienza del 13 maggio 2008
Con l’intervento del Pubblico Ministero dott. Claudio Onorati
E con l’assistenza del cancelliere B3 dott. Santo Lo Conte
Ha pronunciato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
Nel procedimento penale N. 4154/2007 R.G. GIP
Nei confronti di
LOMBARDO PONTILLO GIUSEPPE n. a Militello Rosmarino il 22.1.1970 ivi res. c.da
Furci, difeso di fiducia dall’avv. Giusepe Carrabba del Foro di Messina
Arr. dom. p.q.c. presente
IMPUTATO
a) Delitto p. e p. degli artt. 110-423 bis co. 1-3-4, 61 n. 1-5 c.p. poiché in
concorso ed unione con altre persone allo stato non identificate, utilizzando
più inneschi costituiti da fiammiferi innestati su sigarette, che venivano
collocate nell’erba dopo essere state accese, cagionava un incendio boschivo
nella località “Grangabella” in agro di Messina, dal quale derivava la
distruzione di circa HA 46,00 di area boscata e macchia mediterranea.
Con le aggravanti: di aver cagionato un danno grave, esteso e persistente
all’ambiente; di aver danneggiato una zona protetta; di aver agito in condizioni
di tempo (a notte inoltrata) e di luogo (in località isolata e impervia da
raggiungere) tali da minorare la pubblica e privata difesa, e per motivi abietti
o futili.
Fatto commesso in Messina tra il 23 e 24 luglio 2007.
PARTI CIVILI:
- LEGAMBIENTE Comitato Regionale Siciliano in persona del legale rapresentante
pro-tempore dom.to in Palermo via Agrigento n. 67, assistito dall’avv. Aurora
Notarianni del Foro di Messina
- W.W.F. in persona del suo Presidente Nazionale e legale rappresentante
pro-tempore dom.to in Roma via Po n. 25/C assistito dall’avv. Davide Bambina del
Foro di Trapani
IN FATTO ED IN DIRITTO
In seguito alla richiesta di definizione del processo con le forme del rito
abbreviato avanzata dall’odierno imputato, giusta ordinanza emessa il 29.2.2008
veniva fissata l’udienza per il 22 aprile 2007, data in cui, depositata la
dichiarazione di parte civile da parte di Legambiente Comitato Regionale
Siciliano, il processo veniva rinviato stante l’impedimento del difensore
dell’imputato.
All’odierna udienza, si costituiva parte civile anche il WWF e sulla conclusioni
delle parti, il processo veniva definito giusto dispositivo del quale era data
lettura in udienza.
Nei giorni 23 e 24 luglio 2007 si sviluppavano nel territorio messinese vasti
incendi che si propagavano creando ingenti danni all’ambiente e determinando
situazioni di pericolo per gli immobili ma soprattutto per le persone presenti
nelle zone interessate.
Le operazioni di spegnimento richiedevano enormi sforzi da parte dei Vigili del
Fuoco, che benché coadiuvati dal personale del Corpo Forestale della Regione
Siciliana non riuscivano, data la vastità del fenomeno, ad impedire che oltre un
migliaio di ettari di boschi e macchia mediterranea andassero completamente
distrutti.
Appariva chiara sin dalle prime indagini la natura dolosa degli incendi
divampati e ciò sia avuto riguardo alla localizzazione degli incendi, in luoghi
impervi, difficili da raggiungere con i mezzi di soccorso sia per il numero di
focolai concentrati in un’area relativamente ristretta, sia perché, infine,
alcuni degli incendi, ed in particolare quello in località Grangabella, si erano
sviluppati in orario notturno circostanza questa che consentiva evidentemente di
escludere a priori fatti di autocombustione.
Nel corso delle indagini venivano effettuati dei sopralluoghi atti a rinvenire
tracce utili al’identificazione dei piromani e predisposta la mappatura dei
terreni rimasti coinvolti negli incendi al fine di individuare proprietari,
possessori, utilizzatori delle aree danneggiate.
In località Grangabella, intanto, ove nelle ore serali del 23 luglio si era
sviluppato un incendio propagatosi per 46 ha di area boschiva e macchia
mediterranea, era rinvenuto un “innesco” costituito da una sigaretta
parzialmente consumata sulla quale era inseriti due fiammiferi che, non appena
fossero stati lambiti dalla sigaretta accesa, che andava consumandosi, avrebbero
dovuto appiccare le fiamme sul terreno circostante.
Il rinvenimento avveniva ai margini di una stradella rurale, in mezzo all’erba
alta, in una zona isolata e impervia, lontana dal traffico veicolare,
solitamente percorsa dal personale della Forestale o dai pastori, in un punto
prospiciente il luogo in cui insiste il fronte da cui si era sviluppato
l’incendio.
L’innesco, dunque, non poteva che essere stato collocato da persona che
conosceva la zona e che aveva ben valutato le modalità del’azione (la lenta
consumazione della sigaretta sino al raggiungimento dei fiammiferi dai quali si
sarebbe sviluppate la fiamma) anche al fine di avere il tempo necessario per
allontanarsi dall’area ove erano stati collocati gli inneschi.
Il reperto veniva trasmesso ai militari del RIS al fine di accertare la presenza
di tracce biologiche del piromane ed in particolare la presenza di saliva nella
zona del filtro della sigaretta che era stata accesa.
Contemporaneamente venivano delegati accertamenti tendenti a verificare gli
spostamenti degli abituali frequentatori della zona e disposta l’acquisizione di
materiale biologico da utilizzare per la successiva comparazione.
Tra costoro vi era anche il Lombardo Pontillo, dipendente dell’amministrazione
forestale che, nella zona in cui si era verificato l’incendio trascorreva con i
propri armenti il periodo invernale-primaverile.
In tale contesto, al Lombardo Pontillo, convocato da personale del Corpo
Forestale, veniva offerto un caffè. La tazzina dalla quale aveva bevuto
l’odierno imputato era trasmessa al RIS ai fini della comparazione. Analoga
attività veniva posta in essere anche con riferimento a Coloriti Giovanni,
Artino Inferno Salvatore e Gangemi Calogero.
Dalle analisi effettuate dai militari del RIS emergeva la piena sovrapponibilità
del profilo di DNA rinvenuto sull’innesco sequestrato e quello lasciato sulla
tazzina utilizzata per sorbire il caffè offerto a Lombardo Pontillo Giuseppe in
occasione della sua convocazione da parte del personale della Forestale.
L’accertamento genetico svolto forniva, dunque, la certezza che il Lombardo
Pontillo avesse acceso la sigaretta utilizzata come innesco dato che come è
noto, l’identificazione dei soggetti titolari di una sequenza genetica è
prossima al 100% (99,9% essendo data l’unica possibilità di confusione dalla
esistenza di un gemello omozigote).
A ciò si aggiungeva che l’imputato è un profondo conoscitore della zona poiché
come detto è solito condurre i propri animali al pascolo in quella zona durante
il periodo invernale e perché, ha collaborato con il Corpo Forestale proprio
nella zona colpita dall’incendio.
Chiaro poi appariva il movente atteso che la presenza di vegetazione boschiva e
cespugliata rappresenta un ostacolo al pascolo non consentendo la crescita di
erba ed intralciandone gli spostamenti.
Il Lombardo Pontillo dichiarava in prima battuta di essere rimasto a casa
propria in compagnia di parenti ed amici per tutta la sera e la notte in cui si
era sviluppato l’incendio. Le indagini svolte al fine di verificare l’alibi
fornito dall’imputato, però, facevano emergere numerose contraddizioni.
In particolare la moglie, La Monica Maria riferiva che il marito alle ore 18,30
si trovava presso la sua abitazione sita in c.da S. Piero del Comune di
Militello Rosmarino e che, subito dopo, si era portato in località Rantù ad
accudire gli animali. Avrebbe fatto rientro, secondo quanto riferito dalla
donna, intorno alle 20,30, e sarebbe uscito solo la mattina successiva, intorno
alle ore 4,00 per andare a svolgere la propria attività alle dipendenze
dell’Amministrazione Forestale.
Analogamente Lombardo Pontillo Sebastiano, Barbagiovanni Salvatore e Galati
Pontillo Sardo Antonino dichiaravano che l’odierno imputato si sarebbe trovato
presso la sua abitazione dalle ore 21,15 alle ore 24,00 circa e il Lombardo
Pontillo Sebastiano aggiungeva di aver visto il figlio in c.da Rantù dalle ore
19,00 alle 20,00, dati questi che si ponevano in contrasto con i riscontri
derivati dall’esame dei tabulati telefonici dai quali si ricava che l’imputato
nel tardo pomeriggio del 23 luglio si trovava:
- alle ore 17,53 a Sant’Agata di Militello;
- alle ore 21,05 a Villafranca Tirrena;
- alle ore 21,59 a Capo d’Orlando
- alle 22,33 a Militello Rosmarino
Rizzo Domenica, poi, moglie di Colorite Giovanni, pur confermando i rapporti di
conoscenza e frequentazione con la famiglia Lombardo negava di avere avuto
qualsiasi forma di contatto sia con il Lombardo che con i suoi familiari;
anche tale dichiarazione però si poneva in contrasto con quanto accertato dai
tabulati telefonici dai quali si ricava che la Rizzo, il 23 luglio 2007, alle
ore 17,53 riceveva presso la propria abitazione (090/******) una telefonata da
parte del Lombardo Giuseppe ed in particolare dall’utenza n. 349/******* di
proprietà del La Monica Maria ma in uso al marito Lombardo Pontillo Giuseppe,
che agganciava la cella Vodafone installata nel comune di Sant’Agata di
Militello.
Appare evidente dunque dall’esame dei tabulati telefonici sulle utenze n.
349/******* e n. 333/******* in uso al Lombardo Pontillo che lo stesso ha
effettuato spostamenti nel territorio della provincia anche nelle ore serali che
si rivelano compatibili con l’incendio ma del tutto incompatibili con la
versione offerta dall’uomo oltre che con le dichiarazioni rese dai sopraindicati
testi, circa gli spostamenti dell’imputato.
Estremamente significative si rivelano poi le conversazioni captate in modalità
ambientale all’interno della Casa Circondariale di Messina ove frattanto l’uomo
veniva ristretto giusta ordinanza custodiale emessa dal GIP presso il locale
Tribunale. Dai dialoghi non solo si ricavano illuminanti riscontri circa la
responsabilità dell’odierno imputato, ma vieppiù circa la partecipazione al
fatto di terze persone rimaste evidentemente ignote, nonché l’interesse del
Lombardo a dare avvicinare, da parte dei propri familiari (con i quali
concordava la versione dei fatti da fornire agli investigatori), persone che
potessero confermare l’alibi fornito.
Si veda in proposito la conversazione del 7.9.2007 (dopo 8 min.)
“GIUSEPPE: gli devi dire a Nino che quella sera erano le nove, nove e mezza,
quanto ormai ci siamo visti;
DONNA 1: lui ormai l’ha scritto…; loro sono venuti sono rimasti sino a
mezzanotte, mezzanotte, capito?
GIUSEPPE: va bene, ma loro stanno chiamando a loro … ai ragazzi? Loro sono
venuti e sono rimasti fino a mezzano
Si aggiunga poi che dalle conversazioni del 24 agosto 2007 si colgono elementi
che consentono di affermare che l’uomo non ha agito da solo, per non dire poi
della vera e propria confessione registrata nel corso della conversazione
intercettata in modalità ambientale il 29 agosto 2007 laddove il Lombardo
Pontillo dopo 26,55 minuti affermava “a me possono condannarmi per l’incendio di
Grangabella, la di 46 ettari” e laddove la donna (al minuto 52,00) gli diceva
“c’era scritto Curcuraci…” ‘uomo rispondeva “Ma quale Curcuraci, là noi non
c’entriamo niente … di Grangabella”.
Frattanto il consulente nominato dall’Ufficio di Procura, in data 8.10.2007
depositava il proprio elaborato nel quale esponeva che la zona interessata dal
fuoco appartiene al versante sinistro del bacino idrografico del torrente Rodia
caratterizzato da forma stretta e allungata e da pendenze accentuate; le fiamme
sono state fermate in basso lungo una linea ricadente ad un’altitudine variabile
tra i 70 e i 150 metri in prossimità del torrente Rodia ed in alto lungo la
stradella di servizio che interseca la pendice a mezza costa, la stessa ove è
stato rinvenuto l’innesco inattivo; l’origine dell’incendio deve essere
ricondotta all’esistenza di diversi focolai simultanei.
Il dott. Giaimo spiegava che il focolaio iniziale era verosimilmente da
individuare nella parte medio bassa della pendice, all’interno di un tratto
boscato a forte pendenza; che l e fiamme si erano diffuse con direzione
sud-ovest grazie al vento proveniente da nord est che determinava il c.d.
effetto camino spingendo il fuoco partito dalla pendice, verso l’alto lungo
l’impluvio. Alle ore 10,00 del 24 luglio il vento cambiava direzione verso Sud
Est spingendo il fuoco verso la parte bassa della pendice, fino alle ore 14,00
ora in cui il vento cambiava nuovamente direzione spirando da Nord/Nord - Est
spingendo nuovamente le fiamme verso l’interno.
Da quanto detto si ricava agevolmente come le affermazioni contenute nella
memoria difensiva depositata in udienza sono il frutto di un equivoco. Ed
invero, il dott. Giaimo non ha in alcun modo affermato che l’incendio è stato
appiccato lungo la stradella che corre sul crinale; del pari di incorre in un
equivoco quando si contesta il dato relativo all’estensione dell’incendio,
quantificato dal consulente del P.M. in 32 ha, laddove si consideri che la
tabella n. 3 allegata alla consulenza di riferisce alle “aree di presunto
appiccamento”.
Si contesta poi la circostanza che sull’area in parla insistesse un bosco misto
di conifere e latifoglie con pino domestico e querce termofile come leccio e
roverella e ciò lo si fa attraverso la produzione della foto satellitare
disponibile sul sito Internet GOOGLE EARTH che non dimostra certo, avuto
riguardo sia alla distanza oltre che alla incertezza circa l’epoca a cui si
riferisce la foto satellitare, che nel sito in parola non insistessero specie
del tipo indicate dal consulente agronomo che si è portato sui luoghi insieme a
personale del Corpo Forestale.
A ciò deve aggiungersi che per giurisprudenza costante sul punto, ai fini della
configurazione del reato in parola è irrilevante il tipo di vegetazione
esistente sul terreno quando questo, come nel caso di specie, rientri in area
boschiva.
La norma, infatti, si riferisce a qualunque estensione di terreno sia che su di
essa insista boscaglia, sterpaglia o altra vegetazione, dal momento che
l’intento perseguito dal legislatore è quello di dare tutela ad entità
naturalistiche la cui distruzione incide su un bene primario insostituibile
della vita la cui natura determina per ciò stesso una maggiore pericolosità di
diffusione delle fiamme.
Del resto lo stesso art. 2 l. 21/11/2000 n. 353 (che ha introdotto la
fattispecie dell’art. 423 bis c.p.) ha definito l’incendio boschivo come un
fuoco con suscettività di espandersi su aree boscate, cespugliate o arborate,
nonché su terreni coltivati o incolti e pascoli limitrofi alle dette aree, così
espressamente ricomprendendo nell’evento sanzionato non solo l’incendio che
incida sulle piante da fusto, ma anche quello che riguardi qualunque forma di
vegetazione ricadente nell’area boschiva (cfr. Cass. 30/4/2001, n. 25935).
Inoltre, ai fini della sussistenza del reato, è irrilevante se la proprietà del
terreno sia ascrivibile esclusivamente all’autore del fatto, o meno. Infatti, in
presenza di incendio in area boschiva, la norma non fa alcuna distinzione in
ordine alla proprietà. Del resto lo stesso art. 423c.p. prevede la rilevanza
penale dell’incendio della cosa propria, quando questo determini pericolo per la
pubblica incolumità.
Il quadro sin qui prospettato, relativo alla colpevolezza del Lombardo Pontillo
di completa poi con la confessione resa il 21.12.2007 al Pubblico Ministero,
laddove l’imputato confermava di essere l’autore dell’incendio cagionato con più
inneschi del tipo di quello rinvenuto e giustificando il proprio gesto con la
necessità di creare pascoli per le proprie bestie.
La confessione invero, presenta numerose incongruenze quali quella di avere
agito da solo, lanciando dal finestrino solo due inneschi, uno a monte ed uno a
valle della stradina, laddove invece,la consulenza stabiliva l’esistenza di
diversi punti di avvio del fuoco.
Analogamente per ciò che riguarda l’eventuale partecipazione di terze persone ed
i dialoghi intercorsi con la moglie rispetto ai quali non fornisce una
plausibile spiegazione (“Lei mi chiede anche di tale Calogero di cui si parla in
tale colloquio e del fatto che mia moglie fosse preoccupata poiché né io né lui
fumiamo sigarette. Non le so dare una risposta rispetto alle contestazioni che
mi muove. In particolare quanto a me, ribadisco che non fumo, anche se in
passato ho fumato. Quanto a Calogero, che si identifica in Calogero Cangemi, non
so dire se fuma e non so spiegare perchèparlavamo della sua auto e del fatto che
non fumiamo”).
Del pari il Lombardo Pontillo, dopo aver detto che i suoi cellulari erano
rimasti sempre nella sua disponibilità, non sapeva spiegare il motivo per il
quale risultassero agganciate alle ore 21,05 la cella di Villafranca Tirrena ed
alle ore 21,59 quella di Capo d’Orlando.
L’imputato deve essere dunque condannato in relazione al reato a lui ascritto,
correttamente qualificato anche per ciò che riguarda le circostanze contestate.
Il fatto è grave. L’area in questione, come si ricava dalle informative del
Corpo Forestale della Regione Siciliana e dagli accertamenti tecnici di tipo
agronomico-paesaggistico,rientra tra quelle protette con vincolo ambientale
ricadendo nell’area di zone di perimetrazione classificate SIC ITA 030011 e
ZPSITA030042 ai sensi del D.L.gls 42/2002 oltre che al vincolo idrogeologico di
cui al R.D.L. n. 3267/1923; la vastità dell’incendio provocato e la gravità dei
danni determinati all’ambiente rimasto inesorabilmente esposto al rischio di
dissesti idrogeologici, attesa l’avvenuta distruzione della copertura del suolo
che in caso di piogge persistenti, potrebbe determinare l’insorgenza di fenomeni
erosivi con conseguente trasporto di materiale solido a valle.
Venendo alla determinazione della pena, valutati i criteri di cui all’art. 133
c.p., si stima equo irrogare all’odierno imputato la pena di anni quattro,
riconoscendo al Lombardo Pontillo, avuto riguardo alla sua incensuratezza, le
circostanze attenuanti generiche in termini di equivalenza alle contestate
aggravanti, e ritenuta congrua la pena base di anni sei, operata la riduzione
per la scelta del rito, si perviene alla pena finale come sopra determinata.
L’imputato deve essere dichiarato interdetto dai pubblici uffici per la durata
di anni cinque.
Lombardo Pontillo deve essere condannato al risarcimento del danno in favore
delle parti civili costituite, entrambi portatrici di un interesse proprio che
rappresenta lo scopo oltre che l’elemento costitutivo del sodalizio, cioè
l’interesse alla salvaguardia dell’integrità dell’ambiente; detto danno va
liquidato in separata sede non essendovi in atti elementi atti alla
quantificazione.
Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali nonché ala
rifusione delle spese di costituzione e rappresentanza in giudizio delle parti
civili come da dispositivo, disponendone il pagamento in favore dello Stato.
Visti gli artt. 442, 533 e 535 c.p.p.
DICHIARA
Lombardo Pontillo Giuseppe colpevole del reato ascrittogli e concesse le
attenuanti generiche equivalenti rispetto alle contestate aggravanti, lo
condanna alla pena di anni quattro di reclusione, già ridotta per il rito.
Dichiara Lombardo Pontillo Giuseppe interdetto dai pubblici uffici per la durata
di anni cinque.
Condanna l’imputato al risarcimento del danno in favore delle parti civili
costituite, da liquidarsi in separata sede.
Condanna altresì l’imputato alla rifusione delle spese di costituzione di parte
civile che si determina, per ciascuna di esse, in euro 1.000 per competenze ed
onorari oltre IVA, CPA e spese come per legge e ne dispone il pagamento in
favore dello Stato.
Indica il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione.
Visto l’art. 304 comma 1 e bis) c.p.p.
DISPONE
La sospensione dei termini di custodia cautelare durante la pendenza dei termini
previsti dall’art. 544 comma terzo, c.p.p.
Messina 13 maggio 2008
Il Giudice
Dott.ssa Maria Arena
Depositata il 13.8.2008
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