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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3584
URBANISTICA ED EDILIZIA - Condono edilizio - Domanda di oblazione e versamento
della somma dovuta effettuate da persona diversa dall'imputato - Effetti –
Esclusione - Caratteristiche "fiscali" della sanatoria edilizia - Art. 32, c. 28
L. n. 326/2003 - L. n. 47/1985. In tema di c.d. "condono edilizio", nessuna
efficacia può riconoscersi alla procedura di condono instaurata dal committente
dei lavori abusivi nei confronti dell’esecutore dei lavori poiché qualora la
domanda di oblazione ed il versamento della somma dovuta siano effettuate da
persona diversa dall'imputato, quest'ultimo non può trarre vantaggio
dall'iniziativa di altro soggetto (salvo che si tratti di comproprietario e tale
qualità venga dimostrata in maniera incontrovertibile), sia per il carattere
personale della causa estintiva (art. 182 cod. pen.) sia per l'espresso disposto
dell'art. 38, 5° comma, della legge n. 47/1985 (la cui perdurante applicabilità
discende dalla previsione dell'art. 32, comma 28 della legge n. 326/2003), che
ha ribadito il principio codicistico, quanto ai limiti personali del beneficio
della oblazione, prevedendo un'unica eccezione per il solo comproprietario, con
una disposizione che è di stretta interpretazione proprio perché derogatoria
della regola generale. Tale interpretazione è avvalorata dalle caratteristiche
"fiscali" della sanatoria edilizia e dalla possibilità di fruire di sconti e
dilazioni collegati a qualità o condizioni personali dell'istante. Pres. Lupo,
Est. Fiale, Ric. Accursio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud.
25/11/2008), Sentenza n. 3584
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UDIENZA 25.11.2008
SENTENZA N. 2436
REG. GENERALE n. 3105/04
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Ernesto LUPO Presidente
Dott. Agostino CORDOVA Consigliere
Dott. Alfredo M. LOMBARDI Consigliere
Dott. Aldo FIALE Consigliere
Dott. Margherita MARMO Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ACCURSIO Roberto, nato a Licata il 2.6.1959
avverso la sentenza 28.10.2003 della Corte di Appello di Milano
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Francesco Bua, il quale ha
concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per
essere il reato estinto per prescrizione
Udito il difensore, Avv.to Franco Gugliucci, sostituto processuale dell'Avv.to
Mario Ramundo, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 28.10.2003, confermava la
sentenza 22.10.2002 del Tribunale monocratico di Como, che aveva affermato la
responsabilità penale di Accursio Roberto in ordine al reato di cui:
- all'art. 20, lett. b), legge n. 47/1985 (per avere - quale esecutore delle
opere commissionate da Pagani Giuseppe - realizzato, senza la necessaria
concessione edilizia, un intervento di demolizione totale di un fabbricato
esistente e realizzazione di uno scavo di fondazione - acc. in Lurago Marinone,
l' 1.7.2000)
e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di arresto ed euro 7.000,00 di
ammenda.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, il quale - sotto i profili
della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- l'insussistenza del reato, dovendo ritenersi l'esecuzione dei lavori in
oggetto legittimata da una DIA per opere di manutenzione straordinaria
presentata dal Pagani il 14.6.2000. Nel corso dell'esecuzione di detto
intervento il manufatto era crollato a cagione della fatiscenza delle strutture
e quello che i giudici del merito avevano configurato come uno scavo per la
realizzazione di nuove fondazioni costituirebbe invece soltanto una voragine
naturale, palesatasi per effetto del crollo, dacché sarebbe esistita in loco una
vasca sotterranea la cui presenza non era conosciuta.
Tenuto conto della possibilità di presentazione di domanda di "condono edilizio"
- ex art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003 - questa
Corte, con ordinanza del 6.2.2004, ha disposto la sospensione del procedimento
ai sensi dell'art. 44 della legge n. 47/1985.
Il Comune di Lurago Marinone (con nota pervenuta il 27.10.2008) ha comunicato
che un'istanza di condono edilizio è stata effettivamente presentata da Giuseppe
Pagani, in data 10.12.2004, ai sensi della legge n. 326/2003, ma non è stato
ancora rilasciato alcun provvedimento sanante.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato
esclusivamente in fatto e manifestamente infondato.
1. La motivazione della sentenza impugnata, infatti, appare esauriente e
corrispondente alle premesse fattuali acquisite in atti, in quanto essa esamina
tutti gli elementi decisivi a disposizione e fornisce risposte coerenti a tutte
le obiezioni della difesa.
La vicenda in esame è caratterizzata dall'avvenuta demolizione di un vecchio
fabbricato e dalla costruzione di un "edificio integralmente nuovo", che non
risulta corrispondente a quello preesistente quanto a tipologia edilizia, sagoma
e volumi.
Le pretestuose prospettazioni difensive (di mera accidentalità degli
accadimenti), già puntualmente confutate dai giudici del merito, trovano
definitiva smentita nella descrizione delle opere per le quali è stata
presentata dal committente domanda di condono edilizio; mentre censure
concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della
ricostruzione dei fatti e dell'attribuzione degli stessi alla persona
dell'imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la
struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e
coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal
processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura
del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza
impugnata.
2. Nessuna efficacia può riconoscersi, nei confronti dello Accursio, alla
procedura di condono edilizio instaurata da Giuseppe Pagani quale committente
dei lavori abusivi, in quanto l'imputato è stato condannato nella qualità di
esecutore dei lavori, mentre il condono è stato richiesto dal committente delle
opere e, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, in tema di
c.d. "condono edilizio", qualora la domanda di oblazione ed il versamento della
somma dovuta siano effettuate da persona diversa dall'imputato, quest'ultimo non
può trarre vantaggio dall'iniziativa di altro soggetto (salvo che si tratti di
comproprietario e tale qualità venga dimostrata in maniera incontrovertibile),
sia per il carattere personale della causa estintiva (art. 182 cod. pen.) sia
per l'espresso disposto dell'art. 38, 5° comma, della legge n. 47/1985 (la cui
perdurante applicabilità discende dalla previsione dell'art. 32, comma 28 della
legge n. 326/2003), che ha ribadito il principio codicistico, quanto ai limiti
personali del beneficio della oblazione, prevedendo un'unica eccezione per il
solo comproprietario, con una disposizione che è di stretta interpretazione
proprio perchè derogatoria della regola generale.
Tale interpretazione è avvalorata dalle caratteristiche "fiscali" della
sanatoria edilizia e dalla possibilità di fruire di sconti e dilazioni collegati
a qualità o condizioni personali dell' istante.
3. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione del reato,
scaduta in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla
presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32,
ric. De Luca).
4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte "abbia proposto
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616
c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione
dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di mille/00 euro in favore della
Cassa delle ammende.
ROMA, 25.11.2008
Deposito in Cancelleria il 27/01/2009
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