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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3584



URBANISTICA ED EDILIZIA - Condono edilizio - Domanda di oblazione e versamento della somma dovuta effettuate da persona diversa dall'imputato - Effetti – Esclusione - Caratteristiche "fiscali" della sanatoria edilizia - Art. 32, c. 28 L. n. 326/2003 - L. n. 47/1985.
In tema di c.d. "condono edilizio", nessuna efficacia può riconoscersi alla procedura di condono instaurata dal committente dei lavori abusivi nei confronti dell’esecutore dei lavori poiché qualora la domanda di oblazione ed il versamento della somma dovuta siano effettuate da persona diversa dall'imputato, quest'ultimo non può trarre vantaggio dall'iniziativa di altro soggetto (salvo che si tratti di comproprietario e tale qualità venga dimostrata in maniera incontrovertibile), sia per il carattere personale della causa estintiva (art. 182 cod. pen.) sia per l'espresso disposto dell'art. 38, 5° comma, della legge n. 47/1985 (la cui perdurante applicabilità discende dalla previsione dell'art. 32, comma 28 della legge n. 326/2003), che ha ribadito il principio codicistico, quanto ai limiti personali del beneficio della oblazione, prevedendo un'unica eccezione per il solo comproprietario, con una disposizione che è di stretta interpretazione proprio perché derogatoria della regola generale. Tale interpretazione è avvalorata dalle caratteristiche "fiscali" della sanatoria edilizia e dalla possibilità di fruire di sconti e dilazioni collegati a qualità o condizioni personali dell'istante. Pres. Lupo, Est. Fiale, Ric. Accursio. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/01/2009 (Ud. 25/11/2008), Sentenza n. 3584

 


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UDIENZA  25.11.2008

SENTENZA N. 2436

REG. GENERALE n. 3105/04


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


Dott. Ernesto LUPO                            Presidente
Dott. Agostino CORDOVA                   Consigliere
Dott. Alfredo M. LOMBARDI                 Consigliere
Dott. Aldo FIALE                                 Consigliere
Dott. Margherita MARMO                     Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
ACCURSIO Roberto, nato a Licata il 2.6.1959
avverso la sentenza 28.10.2003 della Corte di Appello di Milano
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso
Udita, in pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere dr. Aldo Fiale
Udito il Pubblico Ministero, in persona del dr. Francesco Bua, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione
Udito il difensore, Avv.to Franco Gugliucci, sostituto processuale dell'Avv.to Mario Ramundo, il quale ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 28.10.2003, confermava la sentenza 22.10.2002 del Tribunale monocratico di Como, che aveva affermato la responsabilità penale di Accursio Roberto in ordine al reato di cui:
- all'art. 20, lett. b), legge n. 47/1985 (per avere - quale esecutore delle opere commissionate da Pagani Giuseppe - realizzato, senza la necessaria concessione edilizia, un intervento di demolizione totale di un fabbricato esistente e realizzazione di uno scavo di fondazione - acc. in Lurago Marinone, l' 1.7.2000)
e lo aveva condannato alla pena di mesi uno di arresto ed euro 7.000,00 di ammenda.


Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito:
- l'insussistenza del reato, dovendo ritenersi l'esecuzione dei lavori in oggetto legittimata da una DIA per opere di manutenzione straordinaria presentata dal Pagani il 14.6.2000. Nel corso dell'esecuzione di detto intervento il manufatto era crollato a cagione della fatiscenza delle strutture e quello che i giudici del merito avevano configurato come uno scavo per la realizzazione di nuove fondazioni costituirebbe invece soltanto una voragine naturale, palesatasi per effetto del crollo, dacché sarebbe esistita in loco una vasca sotterranea la cui presenza non era conosciuta.


Tenuto conto della possibilità di presentazione di domanda di "condono edilizio" - ex art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito dalla legge n. 326/2003 - questa Corte, con ordinanza del 6.2.2004, ha disposto la sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 44 della legge n. 47/1985.


Il Comune di Lurago Marinone (con nota pervenuta il 27.10.2008) ha comunicato che un'istanza di condono edilizio è stata effettivamente presentata da Giuseppe Pagani, in data 10.12.2004, ai sensi della legge n. 326/2003, ma non è stato ancora rilasciato alcun provvedimento sanante.


MOTIVI DELLA DECISIONE


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché articolato esclusivamente in fatto e manifestamente infondato.


1. La motivazione della sentenza impugnata, infatti, appare esauriente e corrispondente alle premesse fattuali acquisite in atti, in quanto essa esamina tutti gli elementi decisivi a disposizione e fornisce risposte coerenti a tutte le obiezioni della difesa.


La vicenda in esame è caratterizzata dall'avvenuta demolizione di un vecchio fabbricato e dalla costruzione di un "edificio integralmente nuovo", che non risulta corrispondente a quello preesistente quanto a tipologia edilizia, sagoma e volumi.


Le pretestuose prospettazioni difensive (di mera accidentalità degli accadimenti), già puntualmente confutate dai giudici del merito, trovano definitiva smentita nella descrizione delle opere per le quali è stata presentata dal committente domanda di condono edilizio; mentre censure concernenti asserite carenze argomentative sui singoli passaggi della ricostruzione dei fatti e dell'attribuzione degli stessi alla persona dell'imputato non sono proponibili nel giudizio di legittimità, quando la struttura razionale della decisione sia sorretta, come nella specie, da logico e coerente apparato argomentativo, esteso a tutti gli elementi offerti dal processo, e il ricorrente si limiti sostanzialmente a sollecitare la rilettura del quadro probatorio e, con essa, il riesame nel merito della sentenza impugnata.

2. Nessuna efficacia può riconoscersi, nei confronti dello Accursio, alla procedura di condono edilizio instaurata da Giuseppe Pagani quale committente dei lavori abusivi, in quanto l'imputato è stato condannato nella qualità di esecutore dei lavori, mentre il condono è stato richiesto dal committente delle opere e, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema, in tema di c.d. "condono edilizio", qualora la domanda di oblazione ed il versamento della somma dovuta siano effettuate da persona diversa dall'imputato, quest'ultimo non può trarre vantaggio dall'iniziativa di altro soggetto (salvo che si tratti di comproprietario e tale qualità venga dimostrata in maniera incontrovertibile), sia per il carattere personale della causa estintiva (art. 182 cod. pen.) sia per l'espresso disposto dell'art. 38, 5° comma, della legge n. 47/1985 (la cui perdurante applicabilità discende dalla previsione dell'art. 32, comma 28 della legge n. 326/2003), che ha ribadito il principio codicistico, quanto ai limiti personali del beneficio della oblazione, prevedendo un'unica eccezione per il solo comproprietario, con una disposizione che è di stretta interpretazione proprio perchè derogatoria della regola generale.


Tale interpretazione è avvalorata dalle caratteristiche "fiscali" della sanatoria edilizia e dalla possibilità di fruire di sconti e dilazioni collegati a qualità o condizioni personali dell' istante.


3. La inammissibilità del ricorso non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione del reato, scaduta in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell'atto di gravame (vedi Cass., Sez. Unite, 21.12.2000, n. 32, ric. De Luca).


4. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte "abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria della stessa segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.


P.Q.M.


la Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di mille/00 euro in favore della Cassa delle ammende.


ROMA, 25.11.2008
Deposito in Cancelleria il 27/01/2009


 


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