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CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 29/10/2008), Sentenza n. 6900



FAUNA E FLORA - Protezione e tutela delle specie animali e vegetali protette - Documentazione mancante o irregolare - Art. 2 L. n. 150/1992 - Configurabilità - Presupposti - Fondamento - Reg. CE 338/97 e s.m..
Per la configurazione del reato di cui all'art. 2 legge 150/1992 non è sufficiente la mancanza o l'irregolarità di ogni e qualsiasi tipo di documentazione relativa al prodotto ma occorre che si tratti della documentazione specificamente prevista dal Regolamento CE 338/97 e successive attuazioni e modificazioni, allo stesso modo occorre che l'eventuale mancanza, incompletezza o irregolarità dell’etichettatura riguardi anch'essa elementi ed indicazioni rilevanti ai fini della tutela delle specie protette ed espressamente e specificamente indicati dal Regolamento CE o da norme nazionali aventi forza di legge o richiamate da atti aventi forza di legge. Pres. De Maio, Est. Franco, Ric. Castroni. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 29/10/2008), Sentenza n. 6900

 


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UDIENZA  29.10.2008

SENTENZA N. 1117

REG. GENERALE n.21904/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori


1. Dott. Guido De Maio Presidente
2. Dott. Agostino Cordova Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
4. Dott.ssa Maria Silvia Sensini Consigliere
5. Avv. Santi Gazzara Consigliere


ha pronunciato la seguente
 

SENTENZA

 

- sul ricorso proposto da Castroni Roberto;
- avverso l'ordinanza emessa il 25 gennaio 2008 dal tribunale del riesame di Roma;
- udita nella udienza in camera di consiglio del 29 ottobre 2008 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Guglielmo Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Italo Castaldi;
 

Svolgimento del processo
 

Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Roma confermò decreto 21 dicembre 2007 del pubblico ministero di Roma di convalida del sequestro probatorio effettuato dal corpo forestale di 184 confezioni di caviale di differenti specie presso l'esercizio commerciale Castroni, di Roma, in relazione al reato di cui all'art. 2 della legge 150/1992, in quanto detenuto per la vendita senza la prescritta documentazione, e ciò perchè l'etichetta era rimovibile e non era conforme alla sequenza dei codici ISO prevista dalla normativa.
 

L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo:
 

1) nullità del decreto di convalida per assoluta genericità della imputazione. E' stata infatti contestata la «assenza o difformità della prescritta documentazione», il che evidentemente si riferisce alla documentazione attestante la legittimità del possesso o della detenzione del prodotto, e quindi il suo acquisto nel rispetto della normativa sulle specie animali tutelate. Da nessun elemento poteva dedursi che la violazione potesse riguardare non la documentazione relativa all'acquisto o al possesso del prodotto, ma le modalità con cui lo stesso era stato etichettato. Ciò integra palesemente la violazione del diritto di difesa.
 

2) violazione e falsa applicazione dell'art. 2, lett. f), legge 150/1992. La disposizione parla di documentazione, e ciò altro non può significare che qualcosa di estraneo o staccato dal prodotto e dalla confezione, che serve alla identificazione del prodotto stesso. L'etichettatura non può rientrare nella documentazione, né la disposizione in esame può qualificarsi come norma in bianco. Inoltre, le pretese irregolarità della etichettatura sono inesistenti ed il provvedimento impugnato e sul punto immotivato. Infatti, la rimovibilità della etichetta non può essere qualificata una irregolarità perché l'etichetta, per sua definizione, si applica all'esterno della confezione e necessariamente può essere rimossa con un qualche accorgimento. Nella specie le etichette erano di tipo autoadesivo e potevano essere rimosse solo con il loro danneggiamento. Inoltre, la citata circolate CITES n. 16/2002 non fa riferimento alla non rimovibilità delle etichette ma solo alla loro non riutilizzabilità, che nella specie è esclusa. In secondo luogo, genericamente enunciata la non conformità alla sequenza dei codici Iso, senza alcuna specificazione e alcuna motivazione, sicché non si comprende in che consiste la presunta irregolarità. In ogni caso le etichette erano regolari perché indicavano tutti i dati richiesti dalla detta circolare.
 

3) se la contestazione riguardava la irregolarità della documentazione, non era ammissibile che il concetto di documentazione venisse esteso anche alla etichettatura. In ogni caso, trattandosi comunque di interpretazione estensiva, era necessario che venissero precisati i fatti nella loro materialità, e venissero quindi specificate le irregolarità. Tale specificazione invece manca anche nel provvedimento impugnato, il quale parla non di mancanza dei codici Iso ma di non conformità alla sequenza dei codici Iso, sicché deve implicitamente ritenersi che questi sussistano tutti e siano tutti indicati. La mancata specificazione della irregolarità comporta mancanza di motivazione e violazione del diritto di difesa. Inoltre, la stessa contestazione contiene in sé la prova della inesistenza del reato contestato, perché la sequenza dei codici Iso è irrilevante, una volta pacifico che tutti i codici erano indicati.
 

4) è incomprensibile la motivazione sulla documentazione prodotta dalla difesa sulla regolarità dell'acquisto del prodotto. E' invero pacifico che il prodotto e stato regolarmente acquistato; che l'etichettatura e stata apposta direttamente dall'importatore, che se ne è assunta la responsabilità, che il controllo è stato effettuato lo stesso giorno presso l'importatore. Non è quindi spiegato perché lo stesso prodotto, accertato come detenuto regolarmente presso un soggetto, diventi irregolare nel momento in cui passa di mano a seguito di regolare vendita, pur non avendo subito alcuna modifica, né nel prodotto né nella confezione.
 

Motivi della decisione
 

I motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati.
 

Il primo motivo, con il quale si deduce genericità della imputazione, è infondato. All'indagato infatti è stato contestato di avere detenuto per la vendita in mancanza o in difformità della prescritta documentazione le confezioni di caviale in questione, ossia di un alimento derivane da parte di animali tutelati dalla convenzione di Washington ed inclusi negli allegati del regolamento CE 338/1997. La contestazione quindi non era generica, ma specifica, e riguardava appunto la detenzione per la vendita di alimenti derivanti da specie protette in mancanza della prescritta documentazione. Le doglianze del ricorrente, quindi, a ben vedere, non riguardano la genericità della contestazione, bensì la sussistenza del "fumus" del reato contestato, ossia la possibilità di far rientrare le modalità di etichettatura del prodotto nella nozione di documentazione relativa all'acquisto ed alla detenzione dello stesso. Si tratta perciò di questione di merito relativa al "fumus" del reato ipotizzato.
 

Venendo al merito, il reato previsto dall'art. 2, lett. f), della legge 7 febbraio 1992, n. 150, come modificato dall'art. 2 del d. lgs. 18 maggio 2001, n. 275, punisce il fatto di chi, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate negli allegati B e C del Regolamento medesimo e successive modificazioni, «detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione, limitatamente alle specie di cui all'allegato B del Regolamento».
 

Orbene è di tutta evidenza, come facilmente si ricava dalla lettera e dalla ratio delle disposizioni in esame, che la documentazione in questione a quella diretta a dimostrare la conformità del prodotto alle prescrizioni della normativa a tutela delle specie animali e vegetali protette (di cui alla convenzione di Washington del 3 marzo 1973 ed al Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni), ossia in particolare i certificati o licenze di importazione o esportazione ed i relativi provvedimenti autorizzativi o certificativi previsti dal Regolamento, e più in generale tutta la documentazione diretta alla identificazione del prodotto stesso, sotto il profilo della sua provenienza, della sua commerciabilità, della sua legittima detenzione. Esulano invece dall'ambito della disposizione penale in esame le altre indicazioni che pure devono accompagnare il prodotto (o essere apposte sulla confezione) ma che sono prescritte da altre disposizioni e sono dirette a finalità diverse da quelle appena indicate, come ad esempio alla indicazione della scadenza o delle caratteristiche alimentari, che potrebbero pure aver rilievo ai fini penali, ma semmai con riferimento a norme e discipline diverse da quella in esame.
 

Il tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il "fumus" del reato contestato esclusivamente con riferimento alla ritenuta irregolarità della etichettatura. Il ricorrente contesta che il concetto di documentazione cui fa riferimento la disposizione in esame, possa essere esteso anche alla etichettatura, la quale è diretta ad altre finalità, come permettere l'immediata identificazione del prodotto da parte del consumatore e l'indicazione dei suoi ingredienti, della sua qualità, delle modalità di conservazione e della scadenza. Ritiene il Collegio che effettivamente in via generale la mancanza, incompletezza o irregolarità della etichettatura non integra il reato in esame qualora riguardi elementi diversi da quelli finalizzati alla protezione e tutela delle specie animali e vegetali protette e specificati dalla relativa normativa. Cosi, ad esempio, non potrà configurare il reato in esame (salvo eventualmente configurare altro tipo di illecito, penale o amministrativo) la mancata o irregolare indicazione sulla etichetta della data di scadenza, o delle modalità di conservazione, o della proprietà alimentari, e cosi via. E' tuttavia ben possibile che l'etichettatura debba contenere anche indicazioni rilevanti sotto il profilo della tutela delle specie protette e che tali indicazioni siano richieste dalla relativa normativa nazionale o dai regolamenti CE, come le indicazioni relative alla identificazione degli animali da cui deriva l'alimento, alla sua provenienza, alla sua commerciabilità, alla legittimità della detenzione. In questo caso non vi sono ragioni per escludere che anche l'etichettatura, limitatamente a tali profili, rientri nell'ambito della documentazione cui si riferisce l'art. 2. lett. f), legge 150/1992 cit., e che quindi anche la mancanza o l'irregolarità della etichettatura in ordine a tali elementi ed indicazioni possa integrare il reato ivi previsto.
 

In altre parole, cosi come per integrare il reato in questione non è sufficiente la mancanza o l'irregolarità di ogni e qualsiasi tipo di documentazione relativa al prodotto ma occorre che si tratti della documentazione specificamente prevista dal Regolamento CE 338/97 e successive attuazioni e modificazioni, allo stesso modo occorre che l'eventuale mancanza o incompletezza della etichettatura riguardi anch'essa elementi ed indicazioni rilevanti ai fini della tutela delle specie protette ed espressamente e specificamente indicati dal Regolamento CE o da norme nazionali aventi forza di legge o richiamate da atti aventi forza di legge.
 

Nella specie l'ordinanza impugnata manca totalmente di motivazione sul punto, in quanto si è limitata ad affermare che l'etichettatura era irregolare perché rimovibile e perché non conforme alla sequenza dei codici ISO, facendo poi, sempre immotivatamente, discendere da tale irregolarità la mancanza della documentazione prescritta.
 

Il giudice del riesame avrebbe invece dovuto quanto meno specificare quali elementi ed indicazioni prescritti dal Regolamento CE e finalizzati alla tutela delle specie protette non erano invece contenuti nelle etichette e quindi specificare i motivi per i quali tale difetto comportava la mancanza della documentazione prescritta.
 

Sembrerebbe peraltro che il tribunale del riesame, nel fare espresso riferimento alla notizia di reato del corpo forestale, abbia implicitamente ritenuto che la etichettatura era irregolare perché non conforme alla circolare CITES n. 16/2002. Il tribunale però non si è posto il problema se la disposizione penale di cui all'art. 2 legge 150/92 (come modificato dall'art. 2 d.lgs. 275/2001) - la quale fa esplicito richiamo solo alle prescrizioni del Regolamento CE n. 338/97 del 9 dicembre 1996 e successive attuazioni e modificazioni, possa interpretarsi estensivamente nel senso di comprendere anche tutte le indicazioni e prescrizioni contenute in atti normativi diversi, come le circolari CITES. Tuttavia nel caso di specie la questione è irrilevante perchè sul punto che qui interessa la circolare CITES n. 16/2002 e meramente riproduttiva del contenuto dell'art. 34, comma 2, del Regolamento CE n. 1808/01, il quale dispone che le licenze d’importazione sono rilasciate solo quando sia stata fornita la prova che siano stati regolarmente marcati gli esemplari ivi indicati, ed in particolare «tutti i contenitori primari (barattoli, vasi o scatole in cui il caviale sia direttamente imballato) il cui contenuto superi i 249 grammi di caviale, come indicato da etichette non riutilizzabili applicate su ciascun contenitore primario importato nella Comunità dal paese di origine» (lett. g), e «i contenitori primari di contenuto inferiore a 250 grammi di caviale, come indicato da etichette non riutilizzabili applicate sui contenitori secondari, comprendenti una descrizione del contenuto importato nella Comunità dal paese di origine» (lett. h). In altre parole, se i contenitori primari (barattoli, vasi o scatole in cui il caviale sia direttamente imballato) hanno un contenuto superiore a 249 grammi di caviale, le etichette non riutilizzabili vanno applicate su ciascuno dei medesimi contenitori primari, mentre se i contenitori primari hanno un contenuto di caviale inferiore a 250 grammi, le etichette vanno applicate sui contenitori secondari che li contengono, riportando anche una descrizione del contenuto. Per contenitori secondari si intendono i contenitori o gli imballaggi in cui sono impacchettati uno o più contenitori primari.
Ora, nel caso di specie, risulta dalla ordinanza impugnata che furono sequestrate 184 confezioni di caviale, ossia sembrerebbe contenitori primari, cioè barattoli o scatole in cui il caviale era direttamente imballato. Era quindi indispensabile stabilire se tali confezioni avevano un contenuto di caviale superiore a 249 grammi o inferiore a 250 grammi, perchè, in questo secondo caso, ai sensi del richiamato art. 34, comma 2, del Regolamento CE n. 1808/01 (e della richiamata circolare CITES n. 16/2002), le etichette con l'indicazione del contenuto dovevano essere apposte solo sui contenitori secondari ed imballaggi in cui erano impacchettate le confezioni di caviale e non anche sulle singole confezioni. Sul punto nella ordinanza impugnata manca qualsiasi motivazione.
 

Inoltre, l’art. 34 del Regolamento CE n. 1808/01, cit., stabilisce che le marcature ivi previste devono sussistere ai fini del rilascio della licenza di importazione, sicché era necessario anche accertare se la licenza di importazione era stata o meno rilasciata e se per ipotesi le etichettature esistenti all'atto della richiesta della licenza fossero state sostituite da altre, ed in caso contrario indicare le ragioni per le quali erano state ritenute mancanti o incomplete o irregolari etichettature che erano state ritenute invece conformi dall'organo competente al momento del rilascio della licenza di importazione. Anche su questo punto manca qualsiasi motivazione.
 

Infine, l’art. 34, comma 2, cit. (e la circolare CITES 16/2002) stabiliscono che le etichette devono indicare il contenuto del contenitore e non devono essere riutilizzabili. Nella ordinanza impugnata non è in alcun modo specificato che le etichette apposte sulle confezioni (sempre che dovessero essere apposte anche sui contenitori primari) non indicassero il contenuto della confezione stessa. In secondo luogo, il tribunale del riesame ha ritenuto le etichette irregolari perchè erano rimovibili mentre le norme citate prescrivono solo che le stesse non devono essere riutilizzabili. La motivazione della ordinanza impugnata, quindi, è in realtà meramente apparente perchè il solo fatto che le etichette fossero rimovibili non comporta necessariamente che le stesse fossero anche riutilizzabili, dal momento che tutte le etichette sono per loro natura rimovibili con un qualche accorgimento o sistema, mentre è ben possibile che le etichette adottino sistemi tali per cui la loro rimozione comporta anche il loro danneggiamento e quindi la loro non riutilizzabilità. Manca quindi la motivazione sulla non riutilizzabilità delle etichette.
 

La motivazione è infine meramente apparente anche nella parte in cui ritiene le etichette irregolari perchè non conformi alla sequenza dei codici ISO, senza spiegare le ragioni per le quali la ritenuta non conformità alla sequenza dei codici ISO (anche sulla quale peraltro manca qualsiasi motivazione) comporterebbe addirittura la mancanza della documentazione prescritta, quando i citati regolamenti CE richiedono solo che le etichette indichino il contenuto delle confezioni.
 

In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata per mancanza di motivazione con rinvio al tribunale di Roma.
 

Per questi motivi
 

La Corte Suprema di Cassazione
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Roma.
 

Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 ottobre 2008.
Deposito in Cancelleria il 18/02/2009