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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 29/10/2008), Sentenza n. 6900
FAUNA E FLORA - Protezione e tutela delle specie animali e vegetali protette -
Documentazione mancante o irregolare - Art. 2 L. n. 150/1992 - Configurabilità -
Presupposti - Fondamento - Reg. CE 338/97 e s.m.. Per la configurazione del
reato di cui all'art. 2 legge 150/1992 non è sufficiente la mancanza o
l'irregolarità di ogni e qualsiasi tipo di documentazione relativa al prodotto
ma occorre che si tratti della documentazione specificamente prevista dal
Regolamento CE 338/97 e successive attuazioni e modificazioni, allo stesso modo
occorre che l'eventuale mancanza, incompletezza o irregolarità
dell’etichettatura riguardi anch'essa elementi ed indicazioni rilevanti ai fini
della tutela delle specie protette ed espressamente e specificamente indicati
dal Regolamento CE o da norme nazionali aventi forza di legge o richiamate da
atti aventi forza di legge. Pres. De Maio, Est. Franco, Ric. Castroni.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 18/02/2009 (Ud. 29/10/2008), Sentenza n.
6900
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UDIENZA 29.10.2008
SENTENZA N. 1117
REG. GENERALE n.21904/08
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
1. Dott. Guido De Maio Presidente
2. Dott. Agostino Cordova Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco (est.) Consigliere
4. Dott.ssa Maria Silvia Sensini Consigliere
5. Avv. Santi Gazzara Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Castroni Roberto;
- avverso l'ordinanza emessa il 25 gennaio 2008 dal tribunale del riesame di Roma;
- udita nella udienza in camera di consiglio del 29 ottobre 2008 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Guglielmo Passacantando, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Italo Castaldi;
Svolgimento del processo
Con l'ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Roma confermò decreto 21
dicembre 2007 del pubblico ministero di Roma di convalida del sequestro
probatorio effettuato dal corpo forestale di 184 confezioni di caviale di
differenti specie presso l'esercizio commerciale Castroni, di Roma, in relazione
al reato di cui all'art. 2 della legge 150/1992, in quanto detenuto per la
vendita senza la prescritta documentazione, e ciò perchè l'etichetta era
rimovibile e non era conforme alla sequenza dei codici ISO prevista dalla
normativa.
L'indagato propone ricorso per cassazione deducendo:
1) nullità del decreto di convalida per assoluta genericità della imputazione.
E' stata infatti contestata la «assenza o difformità della prescritta
documentazione», il che evidentemente si riferisce alla documentazione
attestante la legittimità del possesso o della detenzione del prodotto, e quindi
il suo acquisto nel rispetto della normativa sulle specie animali tutelate. Da
nessun elemento poteva dedursi che la violazione potesse riguardare non la
documentazione relativa all'acquisto o al possesso del prodotto, ma le modalità
con cui lo stesso era stato etichettato. Ciò integra palesemente la violazione
del diritto di difesa.
2) violazione e falsa applicazione dell'art. 2, lett. f), legge 150/1992. La
disposizione parla di documentazione, e ciò altro non può significare che
qualcosa di estraneo o staccato dal prodotto e dalla confezione, che serve alla
identificazione del prodotto stesso. L'etichettatura non può rientrare nella
documentazione, né la disposizione in esame può qualificarsi come norma in
bianco. Inoltre, le pretese irregolarità della etichettatura sono inesistenti ed
il provvedimento impugnato e sul punto immotivato. Infatti, la rimovibilità
della etichetta non può essere qualificata una irregolarità perché l'etichetta,
per sua definizione, si applica all'esterno della confezione e necessariamente
può essere rimossa con un qualche accorgimento. Nella specie le etichette erano
di tipo autoadesivo e potevano essere rimosse solo con il loro danneggiamento.
Inoltre, la citata circolate CITES n. 16/2002 non fa riferimento alla non
rimovibilità delle etichette ma solo alla loro non riutilizzabilità, che nella
specie è esclusa. In secondo luogo, genericamente enunciata la non conformità
alla sequenza dei codici Iso, senza alcuna specificazione e alcuna motivazione,
sicché non si comprende in che consiste la presunta irregolarità. In ogni caso
le etichette erano regolari perché indicavano tutti i dati richiesti dalla detta
circolare.
3) se la contestazione riguardava la irregolarità della documentazione, non era
ammissibile che il concetto di documentazione venisse esteso anche alla
etichettatura. In ogni caso, trattandosi comunque di interpretazione estensiva,
era necessario che venissero precisati i fatti nella loro materialità, e
venissero quindi specificate le irregolarità. Tale specificazione invece manca
anche nel provvedimento impugnato, il quale parla non di mancanza dei codici Iso
ma di non conformità alla sequenza dei codici Iso, sicché deve implicitamente
ritenersi che questi sussistano tutti e siano tutti indicati. La mancata
specificazione della irregolarità comporta mancanza di motivazione e violazione
del diritto di difesa. Inoltre, la stessa contestazione contiene in sé la prova
della inesistenza del reato contestato, perché la sequenza dei codici Iso è
irrilevante, una volta pacifico che tutti i codici erano indicati.
4) è incomprensibile la motivazione sulla documentazione prodotta dalla difesa
sulla regolarità dell'acquisto del prodotto. E' invero pacifico che il prodotto
e stato regolarmente acquistato; che l'etichettatura e stata apposta
direttamente dall'importatore, che se ne è assunta la responsabilità, che il
controllo è stato effettuato lo stesso giorno presso l'importatore. Non è quindi
spiegato perché lo stesso prodotto, accertato come detenuto regolarmente presso
un soggetto, diventi irregolare nel momento in cui passa di mano a seguito di
regolare vendita, pur non avendo subito alcuna modifica, né nel prodotto né
nella confezione.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso possono essere congiuntamente esaminati.
Il primo motivo, con il quale si deduce genericità della imputazione, è
infondato. All'indagato infatti è stato contestato di avere detenuto per la
vendita in mancanza o in difformità della prescritta documentazione le
confezioni di caviale in questione, ossia di un alimento derivane da parte di
animali tutelati dalla convenzione di Washington ed inclusi negli allegati del
regolamento CE 338/1997. La contestazione quindi non era generica, ma specifica,
e riguardava appunto la detenzione per la vendita di alimenti derivanti da specie protette in
mancanza della prescritta documentazione. Le doglianze del ricorrente, quindi, a
ben vedere, non riguardano la genericità della contestazione, bensì la
sussistenza del "fumus" del reato contestato, ossia la possibilità di far
rientrare le modalità di etichettatura del prodotto nella nozione di
documentazione relativa all'acquisto ed alla detenzione dello stesso. Si tratta
perciò di questione di merito relativa al "fumus" del reato ipotizzato.
Venendo al merito, il reato previsto dall'art. 2, lett. f), della legge 7
febbraio 1992, n. 150, come modificato dall'art. 2 del d. lgs. 18 maggio 2001,
n. 275, punisce il fatto di chi, in violazione di quanto previsto dal
Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, e successive
attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate
negli allegati B e C del Regolamento medesimo e successive modificazioni,
«detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la
vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza
la prescritta documentazione, limitatamente alle specie di cui all'allegato B
del Regolamento».
Orbene è di tutta evidenza, come facilmente si ricava dalla lettera e dalla
ratio delle disposizioni in esame, che la documentazione in questione a quella
diretta a dimostrare la conformità del prodotto alle prescrizioni della
normativa a tutela delle specie animali e vegetali protette (di cui alla
convenzione di Washington del 3 marzo 1973 ed al Regolamento (CE) n. 338/97 del
Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni), ossia
in particolare i certificati o licenze di importazione o esportazione ed i
relativi provvedimenti autorizzativi o certificativi previsti dal Regolamento, e
più in generale tutta la documentazione diretta alla identificazione del
prodotto stesso, sotto il profilo della sua provenienza, della sua
commerciabilità, della sua legittima detenzione. Esulano invece dall'ambito
della disposizione penale in esame le altre indicazioni che pure devono
accompagnare il prodotto (o essere apposte sulla confezione) ma che sono
prescritte da altre disposizioni e sono dirette a finalità diverse da quelle
appena indicate, come ad esempio alla indicazione della scadenza o delle
caratteristiche alimentari, che potrebbero pure aver rilievo ai fini penali, ma
semmai con riferimento a norme e discipline diverse da quella in esame.
Il tribunale del riesame ha ritenuto sussistente il
"fumus" del reato contestato esclusivamente con riferimento alla ritenuta
irregolarità della etichettatura. Il ricorrente contesta che il concetto di documentazione cui fa riferimento la
disposizione in esame, possa essere esteso anche alla etichettatura, la quale è
diretta ad altre finalità, come permettere l'immediata identificazione del
prodotto da parte del consumatore e l'indicazione dei suoi ingredienti, della
sua qualità, delle modalità di conservazione e della scadenza. Ritiene il
Collegio che
effettivamente in via generale la mancanza, incompletezza o irregolarità della
etichettatura non integra il reato in esame qualora riguardi elementi diversi
da quelli finalizzati alla protezione e tutela delle specie animali e vegetali
protette e specificati dalla relativa normativa. Cosi, ad esempio, non potrà
configurare il reato in esame (salvo eventualmente configurare altro tipo di
illecito, penale o amministrativo) la mancata o irregolare indicazione sulla
etichetta della data di scadenza, o delle modalità di conservazione, o della
proprietà alimentari, e cosi via. E' tuttavia ben possibile che l'etichettatura
debba contenere anche indicazioni rilevanti sotto il profilo della tutela delle
specie protette e che tali indicazioni siano richieste dalla relativa normativa
nazionale o dai regolamenti CE, come le indicazioni relative alla
identificazione degli animali da cui deriva l'alimento, alla sua provenienza,
alla sua commerciabilità, alla legittimità della detenzione. In questo caso non
vi sono ragioni per escludere che anche l'etichettatura, limitatamente a tali
profili, rientri nell'ambito della documentazione cui si riferisce l'art. 2.
lett. f), legge 150/1992 cit., e che quindi anche la mancanza o l'irregolarità
della etichettatura in ordine a tali elementi ed indicazioni possa integrare il
reato ivi previsto.
In altre parole, cosi come per integrare il reato in questione non è
sufficiente la mancanza o l'irregolarità di ogni e qualsiasi tipo di
documentazione relativa al prodotto ma occorre che si tratti della
documentazione specificamente prevista dal Regolamento CE 338/97 e successive
attuazioni e modificazioni, allo stesso modo occorre che l'eventuale mancanza o
incompletezza della etichettatura riguardi anch'essa elementi ed indicazioni
rilevanti ai fini della tutela delle specie protette ed espressamente e
specificamente indicati dal Regolamento CE o da norme nazionali aventi forza di
legge o richiamate da atti aventi forza di legge.
Nella specie l'ordinanza impugnata manca totalmente di motivazione sul punto, in
quanto si è limitata ad affermare che l'etichettatura era irregolare perché
rimovibile e perché non conforme alla sequenza dei codici ISO, facendo poi,
sempre immotivatamente, discendere da tale irregolarità la mancanza della
documentazione prescritta.
Il giudice del riesame avrebbe invece dovuto quanto meno specificare quali
elementi ed indicazioni prescritti dal Regolamento CE e finalizzati alla tutela
delle specie protette non erano invece contenuti nelle etichette e quindi
specificare i motivi per i quali tale difetto comportava la mancanza della
documentazione prescritta.
Sembrerebbe peraltro che il tribunale del riesame, nel fare espresso
riferimento alla notizia di reato del corpo forestale, abbia implicitamente
ritenuto che la etichettatura era irregolare perché non conforme alla circolare
CITES n. 16/2002. Il tribunale però non si è posto il problema se la
disposizione penale di
cui all'art. 2 legge 150/92 (come modificato dall'art. 2 d.lgs. 275/2001) - la
quale fa esplicito richiamo solo alle prescrizioni del Regolamento CE n. 338/97
del 9 dicembre 1996 e successive attuazioni e modificazioni, possa interpretarsi
estensivamente nel senso di comprendere anche tutte le indicazioni e prescrizioni contenute in atti normativi diversi, come le circolari CITES.
Tuttavia nel caso di specie la questione è irrilevante perchè sul punto che qui
interessa la circolare CITES n. 16/2002 e meramente riproduttiva del contenuto
dell'art. 34, comma 2, del Regolamento CE n. 1808/01, il quale dispone che le
licenze d’importazione sono rilasciate solo quando sia stata fornita la prova
che siano stati regolarmente marcati gli esemplari ivi indicati, ed in
particolare «tutti i contenitori primari (barattoli, vasi o scatole in cui il
caviale sia direttamente imballato) il cui contenuto superi i 249 grammi di
caviale, come indicato da etichette non riutilizzabili applicate su ciascun
contenitore primario importato nella Comunità dal paese di origine» (lett. g),
e «i contenitori primari di contenuto inferiore a 250 grammi di caviale, come
indicato da etichette non riutilizzabili applicate sui contenitori secondari,
comprendenti una descrizione del contenuto importato nella Comunità dal paese di
origine» (lett. h). In altre parole, se i contenitori primari (barattoli, vasi o
scatole in cui il caviale sia direttamente imballato) hanno un contenuto
superiore a 249 grammi di caviale, le etichette non riutilizzabili vanno
applicate su ciascuno dei medesimi contenitori primari, mentre se i contenitori
primari hanno un contenuto di caviale inferiore a 250 grammi, le etichette
vanno applicate sui contenitori secondari che li contengono, riportando anche
una descrizione del contenuto. Per contenitori secondari si intendono i
contenitori o gli imballaggi in cui sono impacchettati uno o più contenitori
primari.
Ora, nel caso di specie, risulta dalla ordinanza impugnata che furono
sequestrate 184 confezioni di caviale, ossia sembrerebbe contenitori primari,
cioè barattoli o scatole in cui il caviale era direttamente imballato. Era
quindi indispensabile stabilire se tali confezioni avevano un contenuto di
caviale superiore a 249 grammi o inferiore a 250 grammi, perchè, in questo
secondo caso, ai sensi del richiamato art. 34, comma 2, del Regolamento CE n.
1808/01 (e della richiamata circolare CITES n. 16/2002), le etichette con
l'indicazione del contenuto dovevano essere apposte solo sui contenitori
secondari ed imballaggi in cui erano impacchettate le confezioni di caviale e
non anche sulle singole confezioni. Sul punto nella ordinanza impugnata manca
qualsiasi motivazione.
Inoltre, l’art. 34 del Regolamento CE n. 1808/01, cit., stabilisce che le
marcature ivi previste devono sussistere ai fini del rilascio della licenza di
importazione, sicché era necessario anche accertare se la licenza di
importazione era stata o meno rilasciata e se per ipotesi le etichettature
esistenti all'atto della richiesta della licenza fossero state sostituite da
altre, ed in caso contrario indicare le ragioni per le quali erano state
ritenute mancanti o incomplete o irregolari etichettature che erano state
ritenute invece conformi dall'organo competente al momento del rilascio della
licenza di importazione. Anche su
questo punto manca qualsiasi motivazione.
Infine, l’art. 34, comma 2, cit. (e la circolare CITES 16/2002) stabiliscono
che le etichette devono indicare il contenuto del contenitore e non devono
essere riutilizzabili. Nella ordinanza impugnata non è in alcun modo
specificato che
le etichette apposte sulle confezioni (sempre che dovessero essere apposte
anche sui contenitori primari) non indicassero il contenuto della confezione
stessa. In secondo luogo, il tribunale del riesame ha ritenuto le etichette
irregolari perchè erano rimovibili mentre le norme citate prescrivono solo che
le stesse non devono essere riutilizzabili. La motivazione della ordinanza
impugnata,
quindi, è in realtà meramente apparente perchè il solo fatto che le etichette
fossero rimovibili non comporta necessariamente che le stesse fossero anche
riutilizzabili, dal momento che tutte le etichette sono per loro natura
rimovibili con
un qualche accorgimento o sistema, mentre è ben possibile che le etichette
adottino sistemi tali per cui la loro rimozione comporta anche il loro
danneggiamento e quindi la loro non riutilizzabilità. Manca quindi la
motivazione sulla non riutilizzabilità delle etichette.
La motivazione è infine meramente apparente anche nella parte in cui ritiene le
etichette irregolari perchè non conformi alla sequenza dei codici ISO, senza
spiegare le ragioni per le quali la ritenuta non conformità alla sequenza
dei codici ISO (anche sulla quale peraltro manca qualsiasi motivazione)
comporterebbe addirittura la mancanza della documentazione prescritta, quando
i
citati regolamenti CE richiedono solo che le etichette indichino il contenuto
delle confezioni.
In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata per mancanza di
motivazione con rinvio al tribunale di Roma.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Roma.
Cosi deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 29 ottobre
2008.
Deposito in Cancelleria il 18/02/2009