AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 15 aprile 2009, n. 859
URBANISTICA ED EDILIZIA - Riconoscimento di facoltà edificatorie in cambio di
cessione gratuita di aree destinate alla fruizione collettiva - Edificazioni
singole al di fuori di un piano attuativo - Art. 9, c. 3 LR Lombardia n.
12/2005. La perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di
facoltà edificatorie in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla
fruizione collettiva può essere esercitata anche in collegamento con
edificazioni singole al di fuori di un piano attuativo. Questo perché anche le
edificazioni singole devono concorrere, al pari di quelle di maggiore
complessità, al raggiungimento del livello minimo di dotazioni infrastrutturali
previsto dal piano dei servizi. In proposito dispone l’art. 9 comma 3 della LR
Lombardia 12/2005, il quale estende ai piani attuativi la stessa dotazione
minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse generale prevista dal
piano dei servizi per le altre parti del territorio, con questo implicando che
tutti i proprietari, all’interno e all’esterno dei piani attuativi, sono
assoggettati all’obbligo di contribuire al reperimento delle aree destinate a
standard pubblico (v. TAR Brescia 13 luglio 2005 n. 749; TAR Brescia 16 maggio
2006 n. 567). Pres. Petruzzelli, Est. Pedron - F. s.r.l. (avv. Breoni) c. Comune
di Desenzano del Garda (avv. Bezzi). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez.
I - 15 aprile 2009, n. 859
URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione Lombardia - Attività accessorie - Attività
alberghiera e attività di ristorazione - Vincolo di accessorietà -
Individuazione. Nel modulo procedimentale della
conferenza di servizi i pareri o le intese di cui agli artt. 252 comma 4 del
D.Lgs. 152/06 e 15 comma 4 del D.M. 471/1999 ben possono essere acquisiti
all’interno della conferenza stessa, senza che in sede di adozione del
provvedimento finale si debba procedere ad una nuova acquisizione. Del resto lo
scopo del modulo procedimentale in esame è proprio quello di concentrare in un
unico momento l’acquisizione di tutti gli atti di assenso, comunque denominati,
delle amministrazioni coinvolte. Di ciò dovrebbe tuttavia essere adeguatamente
dato atto nello stesso provvedimento, adempiendo così all’obbligo motivazionale
di cui all’art. 14-ter, c. 6bis della L. n. 241/1990, in combinato disposto con
l’art. 252, c. 6 d.lgs. n. 152/2006. Pres. Mosconi, Est. Morri - P. s.p.a.
(avv.ti Grassi e Onofri) c. Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare e altri (Avv. Stato). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I
- 15/04/2009, n. 859
URBANISTICA ED EDILIZIA - Regione
Lombardia - Art. 48, cc. 1 e 2 L.R. n. 12/2005 - Costo di costruzione - Natura -
Costo standard ed omogeneo - Rapporto con i costi effettivamente sostenuti -
Esclusione. In base all’art. 48 commi 1 e 2 della LR Lombardia n. 12/2005 il
costo di costruzione per i nuovi edifici non corrisponde alla spesa effettiva ma
è definito dalla Regione con riferimento ai costi massimi ammissibili per
l'edilizia agevolata ed è adeguato autonomamente dai comuni sulla base della
variazione accertata dall'ISTAT. In tale contesto il concetto di “costo
documentato di costruzione” previsto dal successivo comma 4 per gli interventi
con destinazione commerciale e turistico-alberghiero-ricettiva non è
rappresentato dal costo che i privati ritengono di dover sostenere per effetto
dei propri rapporti con gli appaltatori o con i fornitori ma costituisce un
costo standard, omogeneo sul territorio comunale, e definito secondo criteri
certi. L’esigenza di uniformare il costo di costruzione deriva dalla natura di
questa prestazione patrimoniale, che deve essere ascritta alla categoria dei
tributi locali (v. CS Sez. V 15 dicembre 2005 n. 7140; Tar Brescia 3 dicembre
2007 n. 1268). Il prelievo non si basa infatti, come nel caso degli oneri di
urbanizzazione, sui costi collettivi derivanti dall’insediamento di un nuovo
edificio ma sull’aumento di ricchezza determinato dall’intervento edilizio. Tale
aumento si misura in modo oggettivo in relazione al risultato e non a partire
dall’incidenza sul patrimonio dei privati: il costo di costruzione è quindi la
misura della ricchezza prodotta, non della spesa di chi ha effettuato
l’intervento. Diversamente si creerebbero disparità tra i cittadini in
conseguenza delle condizioni soggettive di ciascuno (a vantaggio dei soggetti
che disponendo di un’organizzazione aziendale o di rapporti particolari con
altri soggetti sono in grado di eliminare o ridurre alcune spese). Pres.
Petruzzelli, Est. Pedron - F. s.r.l. (avv. Breoni) c. Comune di Desenzano del
Garda (avv. Bezzi). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 15 aprile 2009, n.
859
ENERGIA - Tecnologia fotovoltaica - "Favor legis" - Art. 4, c. 1-bis DPR n. 380/2001 - Amministrazione - Diniego - Precisa individuazione di interessi pubblici prevalenti - Necessità - Valutazione di assoluta incongruenza delle opere rispetto alla peculiarità del paesaggio. La tecnologia fotovoltaica è oggetto di un particolare favore legislativo (v. art. 4 comma 1-bis del DPR 6 giugno 2001 n. 380) e dunque il diniego dell’amministrazione deve essere basato sulla precisa individuazione di interessi pubblici prevalenti. La presenza di pannelli sulla copertura degli edifici, pur innovando la tipologia e la morfologia della copertura, non deve essere percepita esclusivamente come un fattore di disturbo visivo. Prima di negare l’installazione di un impianto fotovoltaico, in mancanza di alternative tecnologiche disponibili sul mercato, deve quindi essere data prova dell’assoluta incongruenza delle opere rispetto alle peculiarità del paesaggio. Pres. Petruzzelli, Est. Pedron - F. s.r.l. (avv. Breoni) c. Comune di Desenzano del Garda (avv. Bezzi). T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I - 15/04/2009, n. 859
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
N. 00859/2009 REG.SEN.
N. 01307/2007 REG.RIC.
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1307 del 2007, proposto da:
FRANCESCA SRL, rappresentata e difesa dall'avv. Raffaele Breoni, con domicilio
eletto presso la segreteria del TAR in Brescia, via Malta 12;
contro
COMUNE DI DESENZANO DEL GARDA, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Bezzi,
con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Cadorna 7;
per l'annullamento
- del permesso di costruire n. 12893 del 30 luglio 2007, nella parte in cui pone
alcune prescrizioni alla società ricorrente (obbligo di cessione di un’area per
parcheggio pubblico, computo nella volumetria tanto del ristorante accessorio
quanto del locale per il custode, divieto di installazione di pannelli
fotovoltaici);
- della determinazione del contributo di costruzione, sia con riguardo agli
oneri di urbanizzazione sia relativamente al contributo sul costo di
costruzione, con la condanna alla restituzione di quanto versato in più dalla
ricorrente;
e per la condanna al risarcimento del danno;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Desenzano del Garda;
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2008 il dott. Mauro Pedron;
Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Considerato quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La società ricorrente Francesca
srl è proprietaria di un complesso alberghiero di nuova costruzione nel Comune
di Desenzano del Garda in via Agello 80. Sull’area grava un vincolo paesistico.
L’immobile e il terreno pertinenziale sono stati acquistati il 20 novembre 1997
a un’asta pubblica nell’ambito di una procedura di liquidazione coatta
amministrativa. L’atto notarile di acquisto è stato poi integrato il 26 maggio
1998 con la precisazione dei mappali interessati. Nell’atto del 20 novembre 1997
è richiamato l’obbligo di “cedere gratuitamente al Comune di Desenzano del Garda
le parti dei terreni acquistati come risulta dalla planimetria allegata al
citato atto di provenienza sotto la lettera B”.
2. Poiché l’iniziale concessione edilizia n. 6090 del 18 dicembre 1990 era
scaduta prima dell’ultimazione dei lavori la ricorrente ne ha chiesto il rinnovo
in data 4 novembre 2002. Questa istanza è andata a buon fine e il Comune ha
rilasciato il permesso di costruire n. 10841 dell’11 febbraio 2004.
3. In seguito, con istanza presentata il 23 dicembre 2005, la ricorrente ha
chiesto l’approvazione di una variante in corso d’opera. In data 19 gennaio 2006
è stata aggiunta la tavola con lo schema di installazione dei pannelli
fotovoltaici sul piano di copertura. La commissione edilizia integrata ha
espresso nella riunione del 6 febbraio 2006 “parere sospensivo” sia per gli
aspetti paesistico-ambientali sia per quelli urbanistico-edilizi. Sotto il primo
profilo la commissione ha rilevato che il progetto era privo di alcuni elaborati
grafici, sotto il secondo sono state poste diverse prescrizioni, tra cui le
seguenti: a) il ristorante deve essere computato nella volumetria complessiva ai
sensi dell’art. 4 delle NTA vigenti e dell’art. 7 delle NTA adottate con
deliberazione consiliare n. 14 del 7 febbraio 2005; b) l’alloggio del custode è
riconducibile alla destinazione alberghiera; c) essendo ancora efficace
l’obbligo di cessione gratuita previsto nell’atto notarile del 20 novembre 1997
la realizzazione dell’autorimessa interrata al di sotto dell’area destinata a
parcheggio pubblico doveva essere “concordata” con il Comune. Il suddetto parere
è stato trasmesso alla ricorrente quale preavviso di diniego ex art. 10-bis
della legge 7 agosto 1990 n. 241 con nota del responsabile dell’Area Servizi al
Territorio del 21 febbraio 2006. Quest’ultimo peraltro si dissociava dalle
conclusioni della commissione relativamente alla necessità di computare il
locale bar (ossia il ristorante-bar) nella volumetria complessiva.
4. La ricorrente ha risposto presentando alcune modifiche progettuali. Nella
nota del 1 aprile 2006, a firma congiunta del progettista e del legale
rappresentante della ricorrente, sono evidenziate tra l’altro le seguenti
innovazioni: a) la zona ristorante è ricompresa nella volumetria complessiva
come richiesto dal Comune (v. la nuova tavola 3A) ma, si precisa, “al solo fine
di concludere l’iter di approvazione della variante”; b) è prevista una diversa
collocazione dei pannelli fotovoltaici (distanziati e inclinati) sul piano di
copertura; c) è cancellata la parte dell’autorimessa interrata prevista al di
sotto dell’area di proprietà comunale.
5. Esaminando le modifiche la commissione edilizia integrata nella riunione
dell’8 maggio 2006 ha espresso parere “sospensivo” per gli aspetti
paesistico-ambientali e parere favorevole con prescrizioni per quelli
urbanistico-edilizi. Sotto il primo profilo sono stati rilevati diversi elementi
in contrasto con il vincolo: i balconi (da semplificare e ridurre), i materiali
(da razionalizzare), i pannelli fotovoltaici (di cui si ammette la posa sul
piano di copertura ma senza alcuna struttura di supporto in legno, per evitare
di innalzare ulteriormente un edificio di dimensioni già considerevoli). Sotto
il profilo urbanistico-edilizio la commissione ha prescritto il computo
dell’alloggio del custode nella volumetria complessiva e si è inoltre espressa
negativamente sulla posa dei pannelli fotovoltaici qualificando questo
intervento come realizzazione di un nuovo piano.
6. Il 19 maggio 2006 la ricorrente ha presentato nuovi elaborati grafici per
superare le obiezioni del Comune. In particolare il progettista ha precisato che
un impianto fotovoltaico efficiente richiede per 1 Kw almeno 8 mq di pannelli, i
quali devono essere distanziati e sopraelevati per evitare il fenomeno
dell’ombreggiamento anche parziale. Poiché collocare i pannelli direttamente sul
piano di copertura senza l’uso di un pergolato non consente di mantenere le
condizioni necessarie per il corretto funzionamento, la ricorrente, pur non
condividendo le considerazioni della commissione edilizia, ha deciso di
rinunciare all'impianto fotovoltaico inserendo al suo posto negli elaborati
grafici alcune decine di mq di pannelli solari termici e riducendo l’estensione
dei pergolati. Altre modifiche riguardano la forma dei balconi e dei parapetti.
7. La commissione edilizia integrata ha formulato nella riunione del 22 maggio
2006 un parere “favorevole condizionato” sia sotto il profilo
paesistico-ambientale (prescrivendo una diversa linea per i balconi, il
ridimensionamento del pergolato sul piano di copertura, la modifica dei
materiali per i serramenti) sia sotto il profilo urbanistico-edilizio
(prescrivendo il calcolo dell’alloggio del custode nella volumetria
complessiva). Il responsabile dell’Area Servizi al Territorio con nota del 16
giugno 2006 ha trasmesso il suddetto parere sollecitando inoltre la ricorrente a
produrre la documentazione mancante già richiesta in precedenza (elaborato
relativo agli scarichi fognari, schemi dell’impianto elettrico e dell’impianto
termico, elaborati riguardanti la prevenzione dell’inquinamento acustico,
relazione sull’eliminazione delle barriere architettoniche, nulla-osta
preventivo dei vigili del fuoco, computo metrico estimativo aggiornato, atto di
asservimento registrato e trascritto per i locali interrati accessori, impegno a
costituire un parcheggio pubblico sull’area individuata dal PRG, deposito di 2
copie complete del progetto per il parere igienico-sanitario, aggiornamento di
tutti gli elaborati grafici alle prescrizioni della commissione edilizia
integrata).
8. Dopo aver prodotto ulteriori modifiche al progetto in data 5 giugno 2006, la
ricorrente ha comunicato al Comune in data 13 settembre 2006 di non ritenere
giustificata una formale costituzione (registrata e trascritta) del vincolo sui
locali seminterrati accessori prima dell’esecuzione dei lavori, dichiarandosi
peraltro disponibile a ottemperare alla richiesta del Comune prima del rilascio
del certificato di agibilità. Questo atteggiamento confermava la posizione già
assunta in precedenza. In effetti la ricorrente aveva depositato ancora il 20
maggio 2005 una dichiarazione di impegno (datata 26 gennaio 2005) avente ad
oggetto la registrazione e la trascrizione di un atto di asservimento per i
locali seminterrati dedicati alla ristorazione e alle altre attività
complementari. La dichiarazione precisava che il vero e proprio atto di impegno
sarebbe stato presentato prima del certificato di agibilità.
9. Il 28 dicembre 2006 la ricorrente ha depositato gran parte della
documentazione chiesta dal Comune con la nota del 16 giugno 2006. In seguito, il
20 aprile 2007, la ricorrente ha prodotto anche l’elaborato relativo agli
scarichi fognari e il computo metrico estimativo. Contestualmente ha fatto
pervenire agli uffici tecnici le proprie valutazioni sul calcolo della
superficie lorda di pavimento (SLP). Nelle suddette valutazioni si rinnova la
contestazione circa la pretesa del Comune di computare l’alloggio del custode,
si sostiene la necessità di sottrarre l’area occupata dai cavedi, ed è
rideterminata l’area del locale posto al piano copertura. In totale secondo la
ricorrente la SLP sarebbe pari a 1.509,10 mq (ossia il valore indicato nella
tavola 3A più la contestata inclusione dell’alloggio del custode). Il 2 maggio
2007 la ricorrente ha depositato altra documentazione integrativa, e il 1 giugno
2007 ha prodotto una nuova dichiarazione di disponibilità a cedere una porzione
di area per la realizzazione del parcheggio pubblico, a condizione che la
richiesta di variante del 23 dicembre 2005 fosse approvata e che il parcheggio
pubblico fosse ricondotto alle dimensioni originarie (2.002 mq di cui 560 mq
reperiti a carico della ricorrente). Questa seconda condizione si collegava
all’analoga osservazione presentata dalla ricorrente il 4 maggio 2005 nei
confronti del PRG adottato con deliberazione consiliare n. 14 del 7 febbraio
2005, il quale aveva previsto un parcheggio più ampio implicante il sacrificio
di circa 1.400 mq di superficie di proprietà della ricorrente. L’osservazione
(protocollata al n. 385) è stata per questa parte sostanzialmente accolta dal
Comune con deliberazione n. 50 del 3-7 luglio 2006, che ha ridimensionato il
parcheggio. L’iter di approvazione del nuovo PRG si è poi definitivamente
concluso con la deliberazione consiliare n. 33 del 29 marzo 2007 (efficace dalla
pubblicazione sul BUR in data 16 maggio 2007).
10. Il responsabile dell’Area Servizi al Territorio ha comunicato alla
ricorrente in data 16 luglio 2007 il contenuto del permesso di costruire n.
12893 chiedendo il versamento del contributo di costruzione per complessivi €
45.294,81 (precisamente € 18.562,42 per urbanizzazione primaria, € 15.491,79 per
urbanizzazione secondaria, € 11.240,60 quale contributo sul costo di
costruzione). Dopo il deposito da parte della ricorrente delle fatture e delle
fideiussioni il Comune ha rilasciato in data 30 luglio 2007 il permesso di
costruire.
11. Il 31 luglio 2007 la ricorrente ha chiesto al Comune di rivedere la
decisione di includere il ristorante nella volumetria complessiva, in quanto i
servizi di bar e ristorante sono qualificati come accessori dell’attività
alberghiera direttamente dall’art. 2 comma 1 della LR 28 aprile 1997 n. 12. A
fronte della risposta negativa degli uffici comunali (basata sul fatto che
l’art. 7 delle nuove NTA, a differenza dell’art. 4 delle vecchie NTA, distingue
tra piano interrato e piano seminterrato) la ricorrente ha replicato il 20
settembre 2007 sostenendo che la presentazione della dichiarazione di impegno
all’asservimento del seminterrato datata 26 gennaio 2005 (v. sopra al punto 8)
avrebbe cristallizzato la deroga al computo della SLP, e quindi della
volumetria, secondo la disciplina dell’art. 4 delle NTA dell’epoca, rendendo
irrilevante la nuova disciplina (efficace in salvaguardia dal 7 febbraio 2005 e
definitivamente dal 16 maggio 2007).
12. Contro le limitazioni introdotte dal Comune nel permesso di costruire n.
12893 del 30 luglio 2007 rispetto al progetto presentato, e contro la
determinazione del contributo di costruzione, la ricorrente ha presentato
impugnazione con atto notificato il 13 novembre 2007 e depositato il 29 novembre
2007. Le censure possono essere sintetizzate nei punti seguenti: a) mancanza di
un titolo vincolante che imponga la cessione al Comune dell’area destinata a
parcheggio pubblico dal PRG; b) violazione dell’art. 2 comma 1 della LR 12/1997
e dell’art. 4 delle NTA vigenti all’epoca dei fatti per quanto riguarda il
computo nella SLP e nella volumetria del seminterrato adibito a ristorante; c)
violazione dell’art. 22 ultimo comma delle NTA per quanto riguarda il computo
dell’alloggio del custode nella volumetria alberghiera complessiva; d)
illogicità del divieto di collocare pannelli fotovoltaici su un apposito
pergolato; e) violazione dell’art. 48 comma 4 della LR 11 marzo 2005 n. 12, in
quanto il contributo sul costo di costruzione è stato calcolato con riferimento
non al costo effettivo ma al costo teorico determinato in base al prezziario
della Camera di Commercio; f) irragionevolezza, in quanto ai fini del calcolo
del contributo sul costo di costruzione non è stato scorporato il costo della
piscina non realizzata; g) irragionevolezza, in quanto ai fini del calcolo degli
oneri di urbanizzazione non è stata scorporata la SLP relativa alle attività
accessorie; h) irragionevolezza per mancato scomputo dagli oneri di
urbanizzazione del costo dello spostamento della fognatura comunale. In aggiunta
la ricorrente ha chiesto la condanna del Comune al risarcimento del danno. Le
voci di danno rilevanti consisterebbero nelle conseguenze negative derivanti
dall’eccessiva durata del procedimento e dalla mancata installazione dei
pannelli fotovoltaici. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la
reiezione delle domande della ricorrente.
13. Con il primo motivo si sostiene che il Comune avrebbe illegittimamente
imposto la cessione di un’area destinata a parcheggio pubblico dal PRG
nonostante la mancanza di un titolo vincolante per la ricorrente.
14. La tesi non appare condivisibile. In via generale si osserva che la
perequazione urbanistica nella forma del riconoscimento di facoltà edificatorie
in cambio della cessione gratuita di aree da destinare alla fruizione collettiva
può essere esercitata anche in collegamento con edificazioni singole al di fuori
di un piano attuativo. Questo perché anche le edificazioni singole devono
concorrere, al pari di quelle di maggiore complessità, al raggiungimento del
livello minimo di dotazioni infrastrutturali previsto dal piano dei servizi. In
proposito dispone l’art. 9 comma 3 della LR 12/2005, il quale estende ai piani
attuativi la stessa dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di
interesse generale prevista dal piano dei servizi per le altre parti del
territorio, con questo implicando che tutti i proprietari, all’interno e
all’esterno dei piani attuativi, sono assoggettati all’obbligo di contribuire al
reperimento delle aree destinate a standard pubblico (v. TAR Brescia 13 luglio
2005 n. 749; TAR Brescia 16 maggio 2006 n. 567). L’assoggettamento si deve
intendere proporzionato all’ampiezza delle aree di proprietà e all’impatto
dell’intervento edilizio. Nel caso in esame, dove si discute di un albergo, la
cessione dell’area a parcheggio appare proporzionata, in quanto da un lato non
ostacola il raggiungimento dell’obiettivo edificatorio della ricorrente e
dall’altro è giustificata dal fatto che l’aumento dell’esigenza di parcheggi è
strettamente correlato all’avvio dell’attività alberghiera.
15. In aggiunta, con riferimento al caso specifico, si deve sottolineare che la
ricorrente aveva contrattato l’acquisto dell’immobile essendo informata
dell’esistenza dell’obbligo di cedere l’area a parcheggio (v. sopra al punto 1).
Tale obbligo non può quindi essere messo in discussione. Non è necessario che vi
fosse una specifica pattuizione sulla cessione tra il Comune e la società dante
causa della ricorrente. Normalmente gli obblighi di questa natura sono assunti
mediante atti unilaterali di impegno e confluiscono, con gli altri elementi
della fattispecie, nel permesso di costruire: quest’ultimo svolge una funzione
di sintesi rappresentando il titolo sia delle facoltà edificatorie sia degli
obblighi dei privati. Nel corso della procedura chi subentra nella posizione del
soggetto che ha chiesto il permesso di costruire acquista le aspettative
edificatorie maturate fino a quel momento (comprese quelle definite da atti
unilaterali) e non può pretendere di modificare la posizione espressa
dall’amministrazione nei confronti del dante causa. La decisione del Comune di
subordinare il rilascio del permesso di costruire alla cessione dell’area non
costituisce quindi una forzatura. La ricorrente ha poi dimostrato, con la
dichiarazione di impegno del 1 giugno 2007, di volersi adattare a questa
situazione dopo aver cercato (e ottenuto) di limitare quanto più possibile il
proprio onere (v. sopra al punto 9).
16. Con il secondo motivo si sostiene che la pretesa del Comune di computare il
seminterrato adibito a ristorante nella SLP, e quindi nella volumetria,
violerebbe l’art. 2 comma 1 della LR 12/1997 e l’art. 4 delle NTA vigenti
all’epoca dei fatti. La ricorrente si basa sulla definizione delle attività
accessorie a quelle alberghiere effettuata ai fini della classificazione delle
aziende alberghiere dall’art. 2 comma 1 della LR 12/1997 (v. ora l’art. 22 comma
1 della LR 16 luglio 2007 n. 15). Tra queste attività rientrano gli “eventuali
servizi di bar e ristorante”. Una volta attribuita al ristorante la qualifica di
servizio accessorio si chiede l’applicazione dell’art. 4 delle NTA vigenti al
momento del rinnovo della concessione edilizia (v. sopra al punto 2), il quale
esclude dal computo della SLP le parti interrate o seminterrate che siano state
vincolate ad attività accessorie a quella alberghiera mediante un atto di
asservimento registrato e trascritto.
17. La tesi non può essere condivisa. In primo luogo si osserva che la
definizione delle attività accessorie data dalla legislazione regionale con
finalità classificatorie non implica che sul piano urbanistico l’abbinamento di
attività alberghiere e attività di ristorazione veda sempre le prime come
principali e le seconde come accessorie. Il vincolo di accessorietà deve
comunque essere valutato in concreto sulla base della prevalenza economica.
Diversamente vi sarebbe sovrapposizione di un criterio legale alla situazione
effettiva con il rischio di risultati urbanistici irragionevoli. Più in
dettaglio occorre riconoscere che sul problema del computo della SLP e della
volumetria la stessa amministrazione ha manifestato inizialmente opinioni
opposte (v. sopra al punto 3). In effetti se si ritiene, come ha evidentemente
fatto il responsabile dell’Area Servizi al Territorio nella nota del 21 febbraio
2006, che l’attività di ristorazione sia meramente ausiliaria di quella
alberghiera, è possibile applicare la deroga dell’art. 4 delle NTA previa
sottoscrizione dell’atto di asservimento. Tuttavia quando il permesso di
costruire è stato rilasciato (30 luglio 2007) questa norma era ormai stata
sostituita dal nuovo art. 7 delle NTA, il quale introduce un limite ulteriore
consentendo la deroga soltanto per i locali interrati e non più anche per i
seminterrati come il ristorante in questione (v. sopra al punto 11). In
salvaguardia l’art. 7 delle NTA era in vigore dal 7 febbraio 2005. Poiché la
valutazione circa il computo della SLP e della volumetria si è svolta
all’interno dell’esame della variante presentata il 23 dicembre 2005 non vi sono
elementi che colleghino l’aspettativa della ricorrente alla più favorevole
disciplina anteriore. Il fatto che la prima concessione edilizia fosse del 1990
e il rinnovo del 2004 non cambia questa conclusione, in quanto nelle costruzioni
complesse che si sviluppano e trasformano attraverso più titoli edilizi, o
varianti degli stessi, l’aggancio alla disciplina urbanistica iniziale è
cedevole rispetto all’esigenza di valutare nel suo complesso la sistemazione
finale dell’immobile. A maggior ragione il riferimento alla normativa
sopravvenuta è necessario quando il titolo edilizio originario sia decaduto per
decorso del tempo e siano insorte nel periodo intermedio nuove esigenze
architettoniche e funzionali.
18. La previsione dell’art. 7 delle NTA non può essere estesa ai seminterrati in
via interpretativa. L’esclusione dei locali interrati dal computo della SLP e
della volumetria costituisce una deroga al principio che impone di misurare
l’impatto di un’edificazione tenendo conto di tutte le superfici utili, in modo
che gli indici edilizi previsti per ciascuna zona riflettano con trasparenza
l’effettiva utilizzazione del territorio. La scelta di includere i seminterrati
nel computo complessivo appare quindi ragionevole, in quanto dà rilievo a volumi
che oltre a produrre utilità economica incidono sul contesto elevando l’altezza
complessiva fuori terra dell’edificio. Si tratta di volumi che se fossero
traslati all’esterno sotto forma di facoltà edificatorie residue garantirebbero
un doppio vantaggio al proprietario senza il bilanciamento di un qualche
interesse pubblico.
19. Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’art. 22 ultimo comma delle
NTA, che consentirebbe di escludere l’alloggio del custode dalla volumetria
alberghiera complessiva. La ricorrente afferma che questa sarebbe l’unica
lettura possibile della norma.
20. La tesi non appare condivisibile. L’art. 22 delle NTA si limita a consentire
nelle zone destinate agli alberghi (edificate e inedificate) la realizzazione di
un alloggio di servizio di non più di 95 mq netti, senza specificare che si
tratta di una facoltà edificatoria aggiuntiva rispetto agli indici edilizi
complessivi. Come si è visto sopra al punto 18 l’esclusione di una particolare
tipologia di locali dal computo della SLP e della volumetria, avendo natura
eccezionale, deve essere espressamente prevista, in particolare quando si tratti
di locali che non sono affatto neutri sotto il profilo del peso insediativo. In
mancanza di una deroga espressa si deve ritenere che la finalità della norma in
questione sia unicamente quella di garantire la possibilità, entro certi limiti,
di realizzare volumetria residenziale in immobili che in aderenza alla
destinazione di zona dovrebbero ospitare soltanto locali funzionali all’attività
alberghiera.
21. Con il quarto motivo si censura per illogicità il divieto di collocare
pannelli fotovoltaici sul piano di copertura mediante un apposito pergolato. Il
Comune replica al riguardo che in realtà la scelta di non installare un impianto
fotovoltaico sarebbe riconducibile unicamente alla ricorrente, la quale negli
elaborati grafici depositati il 19 maggio 2006 ha sostituito la previsione
iniziale con un impianto solare termico (v. sopra al punto 6).
22. Questo motivo di ricorso appare condivisibile. Occorre premettere che il
comportamento della ricorrente non può essere qualificato come acquiescenza.
L’utilizzazione da parte della commissione edilizia integrata di pareri
sospensivi (ossia negativi ma non definitivi, in quanto assimilabili a preavvisi
di diniego ex art. 10-bis della legge 241/1990) e di pareri favorevoli
condizionati (v. sopra ai punti 3-5-7) si può considerare ammissibile come
strumento di formazione progressiva della decisione finale sul progetto
esaminato. Si tratta di un modulo collaborativo che si adatta bene alle
progettazioni complesse ma non implica una serie di accordi successivi tra
l’amministrazione e il privato. Il passaggio a un livello successivo di
valutazione non significa che sulle questioni già esaminate sia intervenuto un
incontro di volontà ma esprime semplicemente un maggiore grado di precisazione
della volontà dell’amministrazione. Il privato ha interesse a modificare il
progetto secondo le indicazioni ricevute per determinare il pronunciamento
definitivo dell’amministrazione ma conserva la facoltà di contestare il
provvedimento finale nelle parti non condivise. Pertanto il fatto che la
ricorrente abbia cancellato dal progetto l’impianto fotovoltaico non impedisce
la proposizione del ricorso su questo aspetto. Non era neppure necessario che
l’impugnazione avvenisse al momento della formulazione del parere negativo, in
quanto solo con l’emissione del permesso di costruire la situazione si è
cristallizzata ed è risultato chiaro alla ricorrente il quadro delle proprie
facoltà edificatorie, con riferimento alle quali ha così potuto essere valutato
anche il rilievo della perdita di questa specifica aspettativa.
23. Quanto alla fondatezza della richiesta di installare l’impianto fotovoltaico
si osserva che questo tipo di tecnologia è oggetto di un particolare favore
legislativo (v. art. 4 comma 1-bis del DPR 6 giugno 2001 n. 380) e dunque il
diniego dell’amministrazione deve essere basato sulla precisa individuazione di
interessi pubblici prevalenti. Nel caso in esame questa dimostrazione non è vi è
stata (v. sopra al punto 5). Sotto il profilo urbanistico-edilizio
l’equiparazione dell’impianto fotovoltaico a un nuovo piano è impropria e
staccata dalla realtà, perché mette in relazione elementi non comparabili né per
la consistenza, né per le dimensioni né per la funzione. La necessità di
inclinare i pannelli, allo stato attuale della tecnologia, richiede la
collocazione di una struttura di sostegno, che risulta sopraelevata rispetto al
piano di copertura ma non è equiparabile a un nuovo piano edificato. Sotto il
profilo paesistico-ambientale l’osservazione della commissione ha un maggiore
grado di pertinenza, in quanto la posa dei pannelli su un reticolo di travi in
legno sulla copertura di un edificio crea un impatto visivo che può interferire
con il vincolo. Tuttavia occorre sottolineare che i valori estetici d’insieme
tutelati dal vincolo devono essere valutati tenendo presente la natura e la
finalità degli impianti tecnologici. L’uso di pannelli fotovoltaici è
attualmente considerato desiderabile per il contributo alla produzione di
energia elettrica senza inconvenienti ambientali. Questo modifica anche (almeno
in parte) il giudizio estetico. Pertanto la presenza di pannelli sulla copertura
degli edifici, pur innovando la tipologia e la morfologia della copertura, non
deve essere percepita esclusivamente come un fattore di disturbo visivo. Prima
di negare l’installazione di un impianto fotovoltaico, in mancanza di
alternative tecnologiche disponibili sul mercato, deve quindi essere data prova
dell’assoluta incongruenza delle opere rispetto alle peculiarità del paesaggio,
cosa che in concreto non è avvenuta.
24. Con il quinto motivo si lamenta il fatto che in violazione dell’art. 48
comma 4 della LR 12/2005 il contributo sul costo di costruzione sia stato
calcolato con riferimento non al costo effettivo ma al costo teorico determinato
in base al prezziario della Camera di Commercio. Nel computo metrico estimativo
inviato il 20 aprile 2007 la ricorrente ha calcolato da un lato il costo totale
secondo il prezziario della Camera di Commercio (€ 112.406) e dall’altro il
costo effettivo che tiene conto dell’organizzazione aziendale e della
possibilità di realizzare economie (€ 78.684). Il primo costo è stato
effettivamente utilizzato dal Comune per stabilire il contributo in € 11.240,60
applicando l’aliquota del 10% stabilita ancora con deliberazione consiliare n.
76 del 29 ottobre 1991. Per ottenere il costo effettivo la ricorrente ha invece
stimato una riduzione del 30% del prezziario estrapolando tale percentuale dal
confronto tra alcune voci di costo ed estendendola poi a tutte le altre voci.
25. Questi argomenti non possono essere condivisi. Innanzitutto non è corretta
la premessa, perché in base all’art. 48 commi 1 e 2 della LR 12/2005 il costo di
costruzione per i nuovi edifici non corrisponde alla spesa effettiva ma è
definito dalla Regione con riferimento ai costi massimi ammissibili per
l'edilizia agevolata ed è adeguato autonomamente dai comuni sulla base della
variazione accertata dall'ISTAT. In tale contesto il concetto di “costo
documentato di costruzione” previsto dal successivo comma 4 per gli interventi
con destinazione commerciale e turistico-alberghiero-ricettiva non è
rappresentato dal costo che i privati ritengono di dover sostenere per effetto
dei propri rapporti con gli appaltatori o con i fornitori ma costituisce un
costo standard, omogeneo sul territorio comunale, e definito secondo criteri
certi. Il prezziario della Camera di Commercio è utile a questo scopo, come le
altre banche dati provenienti da organismi affidabili. Di “costo reale degli
interventi” si parla solo nel comma 6 a proposito degli interventi di
ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione, ma anche
in questo caso non può essere esclusa la possibilità di una direttiva regionale
o comunale di omogeneizzazione delle voci di costo.
26. L’esigenza di uniformare il costo di costruzione deriva dalla natura di
questa prestazione patrimoniale, che deve essere ascritta alla categoria dei
tributi locali (v. CS Sez. V 15 dicembre 2005 n. 7140; Tar Brescia 3 dicembre
2007 n. 1268). Il prelievo non si basa infatti, come nel caso degli oneri di
urbanizzazione, sui costi collettivi derivanti dall’insediamento di un nuovo
edificio ma sull’aumento di ricchezza determinato dall’intervento edilizio. Tale
aumento si misura in modo oggettivo in relazione al risultato e non a partire
dall’incidenza sul patrimonio dei privati: il costo di costruzione è quindi la
misura della ricchezza prodotta, non della spesa di chi ha effettuato
l’intervento. Diversamente si creerebbero disparità tra i cittadini in
conseguenza delle condizioni soggettive di ciascuno (a vantaggio dei soggetti
che disponendo di un’organizzazione aziendale o di rapporti particolari con
altri soggetti sono in grado di eliminare o ridurre alcune spese).
27. Fermo quanto esposto sopra ai punti 25-26, si osserva che l’operazione di
calcolo del costo di costruzione effettuata dalla ricorrente non può essere
condivisa neppure nel metodo, in quanto se lo scopo perseguito era di ottenere
la spesa effettiva la verifica doveva essere effettuata su ogni singola voce di
costo. La ricorrente ha invece effettuato una generalizzazione della media del
risparmio calcolato su 13 voci senza dare alcuna dimostrazione della congruenza
di questa percentuale rispetto alla parte residua dei costi.
28. Con il sesto motivo la ricorrente afferma che sarebbe irragionevole
calcolare il contributo sul costo di costruzione senza scorporare la piscina sul
piano di copertura, opera presente nel progetto originario ma non realizzata
perché sostituita da una piscina al piano terra. In questo modo il Comune
avrebbe conseguito un indebito vantaggio, in quanto ha già ottenuto il pagamento
dalla dante causa della ricorrente del contributo sul costo di costruzione
comprensivo della piscina inizialmente prevista sul piano di copertura.
29. La tesi appare parzialmente condivisibile. Essendo subentrata nella
posizione della dante causa, la ricorrente può avvalersi dell’attività posta in
essere dalla stessa (oltre che subirne le limitazioni, come si è visto sopra al
punto 15). Nello specifico può esigere che il costo della piscina al piano terra
sia compensato, in tutto o in parte, con il costo della piscina sul piano di
copertura già utilizzato in precedenza come base di calcolo per definire il
contributo sul costo di costruzione. Questo riguarda tuttavia solo il costo di
costruzione della piscina vera e propria sul piano di copertura e non quello dei
pilastri rinforzati e delle altre opere accessorie, che essendo al servizio
dell’intero edificio devono rimanere al loro posto e non possono essere oggetto
di rivisitazione nei calcoli. Il costo di costruzione della piscina del piano di
copertura deve poi essere ridotto dell’importo corrispondente alla struttura che
sulla copertura ha sostituito la suddetta piscina.
30. Con il settimo motivo si lamenta il fatto che dalla base di calcolo degli
oneri di urbanizzazione non sia stata scorporata la SLP relativa alle attività
accessorie. Questa argomentazione è sostanzialmente corrispondente a quella del
secondo e terzo motivo, dove il problema era osservato dalla prospettiva della
consumazione della SLP e della volumetria ammissibile, e dunque deve essere
respinta per le medesime ragioni già viste sopra ai punti 16-20. In sintesi,
dovendo i locali accessori essere computati nella SLP e nella volumetria
complessiva, è corretto anche il loro inserimento nella base di calcolo degli
oneri di urbanizzazione, in quanto si tratta di edificazioni che accrescono le
esigenze di infrastrutturazione del territorio.
31. Con l’ottavo motivo si sostiene che dagli oneri di urbanizzazione dovrebbe
essere scomputato il costo dello spostamento della fognatura comunale. La
realizzazione della fognatura era un obbligo previsto dalla concessione edilizia
del 1990, e il relativo costo è stato detratto dagli oneri di urbanizzazione.
Ora è necessario spostare le tubazioni perché interferiscono con il parcheggio
interrato del nuovo progetto. Gli oneri dello spostamento sono consistenti, in
quanto è necessario demolire e ricostruire un marciapiede e una pista ciclabile
realizzati dal Comune su una striscia di terreno che la ricorrente afferma
essere di sua proprietà.
32. La tesi non può essere condivisa. Dal ricorso non risulta che la ricorrente
abbia proposto azioni a tutela della proprietà asseritamente usurpata dal Comune
per la realizzazione del marciapiede e della pista ciclabile. Sotto questo
profilo la situazione si deve quindi considerare consolidata a favore del
Comune. Di conseguenza la richiesta comunale di far demolire e ricostruire a
cura e spese della ricorrente le opere pubbliche esistenti appare giustificata.
L’intervento è principalmente nell’interesse della ricorrente, perché consente
la realizzazione del parcheggio interrato. In effetti l’occasione che ha
determinato la necessità dello spostamento della fognatura è stata determinata
dal progetto in variante presentato dalla ricorrente, e rispetto a questa
circostanza non è possibile imputare al Comune alcuna negligenza, neppure
dimostrando che gli uffici comunali conoscevano le intenzioni della ricorrente
quando sono stati approvati i lavori del marciapiede e della pista ciclabile,
perché le richieste di autorizzazione delle edificazioni private non
garantiscono automaticamente un diritto di prevenzione rispetto all’esecuzione
di opere pubbliche.
33. Per quanto riguarda la parte impugnatoria del ricorso sono quindi accolti i
motivi riguardanti l’impianto fotovoltaico (v. sopra ai punti 21-23) e il
mancato scorporo dal costo di costruzione della piscina originariamente
progettata sul piano di copertura (v. sopra ai punti 28-29). Di conseguenza il
permesso di costruire è annullato sotto questi profili. Dal primo annullamento
discende la possibilità per la ricorrente di realizzare il suddetto impianto,
fermo restando il potere del Comune di imporre prescrizioni puntuali
strettamente collegate alla tutela del vincolo paesistico. Dal secondo
annullamento deriva l’obbligo per il Comune di ridefinire il costo di
costruzione secondo i criteri indicati al punto 29 e di calcolare su questa base
il contributo effettivamente dovuto. La differenza dovrà essere restituita alla
ricorrente con gli interessi legali dalla comunicazione della presente sentenza,
previa acquisizione della prova documentale dell’effettivo pagamento, da parte
della dante causa, del contributo in relazione anche al costo della piscina
progettata sul piano di copertura.
34. La domanda di risarcimento danni può essere accolta solo parzialmente. Non
appare condivisibile la tesi della ricorrente secondo cui il procedimento di
rilascio del permesso di costruire avrebbe avuto una durata abnorme. In realtà
si è trattato di valutare un progetto complesso, ed è stato necessario l’esame
di molti dettagli. La stessa ricorrente ha poi contribuito alla dilatazione dei
tempi presentando solo su sollecitazione del Comune e comunque in ritardo parte
della documentazione richiesta (v. sopra ai punti 7 e 9). Può invece essere
accolta la domanda di risarcimento relativa al danno causato dalla mancata
installazione dell’impianto fotovoltaico. Per quanto riguarda l’elemento
soggettivo si osserva che le considerazioni svolte dal Comune per bloccare il
progetto, in particolare sotto l’aspetto urbanistico-edilizio, sono del tutto
inappropriate (v. sopra al punto 23), e anche la valutazione
paesistico-ambientale si è limitata a rilevare il potenziale contrasto con il
vincolo senza operare un esame di compatibilità in concreto, come sarebbe stato
invece necessario secondo i principi della materia. Quanto all’elemento
oggettivo, è quantificabile il danno direttamente collegato alla mancata
produzione di energia elettrica, mentre è descritto solo in termini generici e
pertanto non è precisamente individuabile né risarcibile il danno collegato alla
perdita di immagine (impossibilità di sfruttare nel marketing la qualità di
edificio ecocompatibile). Considerata la complessità del calcolo, per la
liquidazione della somma dovuta è necessario seguire la procedura di cui
all’art. 35 comma 2 del Dlgs. 31 marzo 1998 n. 80. Le parti dovranno quindi
raggiungere un accordo entro 90 giorni dalla comunicazione della presente
sentenza seguendo i criteri esposti di seguito:
a) i mancati introiti sono definiti tenendo conto dell’energia media annua
prodotta da impianti fotovoltaici aventi caratteristiche analoghe a quelle
dell’impianto progettato;
b) le tariffe incentivanti a cui occorre fare riferimento sono quelle previste
dal DM 28 luglio 2005, come modificato dal DM 6 febbraio 2006, essendo questa la
disciplina applicabile all’epoca dei fatti;
c) in via equitativa la durata della perdita risarcibile decorre dal 1 ottobre
2007 (ossia circa due mesi dopo il rilascio del permesso di costruire, per
tenere conto dei tempi di installazione e attivazione dell’impianto) e terminerà
alla data in cui inizieranno a essere erogati dall’autorità competente gli
incentivi per l’impianto realizzato. È onere della ricorrente (e condizione per
conservare il diritto al risarcimento per la durata sopra indicata) chiedere
tempestivamente l’applicazione dei suddetti incentivi;
d) per il periodo pregresso le somme calcolate secondo quanto stabilito alle
lettere precedenti devono essere rivalutate annualmente. Sulle somme così
rivalutate sono calcolati per ciascun anno gli interessi legali fino al momento
del saldo.
35. Per il carattere parziale dell’accoglimento del ricorso e per la complessità
di alcune questioni è possibile disporre l’integrale compensazione delle spese
del presente giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo
Regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia, definitivamente
pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso come precisato in motivazione.
Le spese sono integralmente compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2008 con
l'intervento dei Magistrati:
Giuseppe Petruzzelli, Presidente
Mario Mosconi, Consigliere
Mauro Pedron, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/04/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL SEGRETARIO
AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review -
Tutti i
diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it