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TRIBUNALE DI SALERNO - 6
ottobre 2009, sentenza n. 556
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Enti
locali - Consiglio comunale - Gettone di presenza - Trasformazione in indennità
di funzione - Art. 82 d.lgs. n. 267/2000 - Cautele necessarie ad evitare un
aggravio di spesa per l’ente - Rimedi - Conguaglio - Circolare del Ministero
degli interni n. 8/2001 - Parere Corte dei Conti n. 17/2007 - Fattispecie.
L’art. 82 del d.l.vo n. 267/2000 stabilisce al comma 4 che gli statuti e i
regolamenti degli enti possano prevedere, a richiesta di ciascun consigliere, la
trasformazione del gettone di presenza in un’indennità di funzione, sempre che
tale regime comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Con la circolare
n. 8 del 5.11.01, il Ministero degli Interni ha chiarito le cautele da adottare
al fine di evitare che detta trasformazione possa tradursi per l’ente in una
spesa superiore (“….. si ritiene che in sede di bilancio di previsione ciascun
ente possa tener conto, con eventuale conguaglio a fine anno, del numero delle
sedute del consiglio delle commissioni che si ritiene necessario tenere
nell’esercizio successivo per la realizzazione dei programmi e dei piani da
attuare, anche tenendo presente, come base di riferimento, il numero di sedute
svoltesi nell’anno in corso”). L’argomento presenta tuttavia profili controversi
in relazione alla possibilità di effettuare, ex ante, una corretta previsione
del numero di sedute consiliari e agli eventuali rimedi in caso di
determinazione di un aggravio di spese per l’ente. In proposito, la Corte dei
Conti si è espressa nei seguenti termini (cfr. parere n. 17 del 13 dicembre
2007): “La determinazione dell’indennità potrà avvenire con riferimento al dato
della spesa sostenuta nell’anno precedente - eventualmente e prudentemente
depurata di situazioni eccezionali - e sarà corrisposta per dodici mensilità.
Per il rispetto dei limiti di cui si è detto potrebbe rendersi necessario un
conguaglio che sarà sempre negativo. Si vuol dire che a fine esercizio si dovrà
effettuare il calcolo della spesa che si sarebbe sostenuta per retribuire a
gettone il consigliere che ha optato per l’indennità; se l’importo corrisposto
risulterà inferiore, la questione è chiusa; se invece quanto corrisposto a
titolo di indennità fosse superiore a quanto si sarebbe corrisposto per gettoni,
l’indennità dovrà essere conguagliata con recupero degli importi eccedenti
quello dei gettoni virtuali. Su tale base dovrà poi essere effettuato il
recupero delle assenze ingiustificate dalle riunione”.(fattispecie relativa
all’iter “contorto” con cui il Comune di Battipaglia ha dapprima deliberato la
possibilità per i consiglieri comunali di optare per l’indennità in luogo del
gettone di presenza, quindi ne ha determinato l’ammontare in misura incongrua,
senza prevedere le cautele necessarie ad evitare aggravi di spesa, infine, preso
atto della misura superiore dell’esborso, ha, con una terza delibera, previsto
il criterio del conguaglio: il GIP ha ritenuto che, pur essendo la seconda
delibera adottata in violazione di legge, il carattere controverso
dell’argomento e la successiva adozione della terza delibera escludessero
l’elemento psicologico del reato di cui all’art. 323 cp). GIP Di Matteo - Imp.
Adesso e altri - TRIBUNALE PENALE DI SALERNO, GIP - 6 ottobre 2009, sentenza
n. 556
N. 666/09 Rg. G.I.P.
N. 256/08 Rg N.R.
SENTENZA n. 556/09
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI SALERNO
Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari
*****
SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE
(art. 425 c.p.p.)
*****
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE dott. Antonio DI MATTEO
all’udienza del 17 settembre 2009 nel procedimento penale n. 666/09 GIP
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei confronti di
1- ADESSO RAFFAELE,
2- ANZALONE SALVATORE,
3 - BALESTRIERI DOMENICO,
4 - CAPODANNO GIOVANNI,
5 - CARBONE ANTONIO,
6- CITRO FABIO,
7 - CORRADO IVAN,
8 - DELL’AGLIO ANTONIO,
9 - FALCONE FRANCESCO,
10 - FREZZATO FRANCESCO,
11 - GAROFANO ENRICO,
12 -INVERSO VINCENZO,
13 -LA TERZA ALFONSO,
14 - LEO ROMEO,
15 - LONGOBARDI GAETANO,
16 - MANCINO COSIMO,
17 - MANZI FRANCESCO,
18 - MARSICO ANGELO,
19 - MILANO MICHELE,
20 - MONDILLO ANTONIO,
21 - OSTUNI ERMANNO,
22 - PACIELLO ANTONIO,
23 - PETRONE ORNELLA,
24 - PUMPO LIBERATO,
25 - ROCCO PIETRO,
26 - SICA GIUSEPPE,
27 - SOMMA SERGIO,
28 - TOZZI UGO,
29 - ZARA FERNANDO,
30 - ZOTTOLI DOMENICO,
31 - LIGUORI ALFREDO
IMPUTATI
In concorso con D’ALESSANDRO Gianfranco (per il quale si è proceduto con rito
abbreviato):
del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 323 co. 1 e 2 c.p., 640 co 1 e 2 n. 2
perché, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto:
- abusando del loro ufficio e violando l’art. 82 comma 4 D.L.vo n. 267/2000 e
con artifizi e raggiri, in qualità della carica ricoperta di consiglieri
comunali nelle amministrazioni degli anni 2004, 2005 e 2006 riconducibili al
periodo di amministrazione del sindaco Alfredo Liguori di concerto e in concorso
con il quale ciascuno di essi agiva, riscuotevano e comunque percepivano i
pagamenti relativi alle indennità di funzione realizzando in danno del Comune di
Battipaglia un conguaglio delle somme erogate a titolo di indennità superiore di
gran lungo al costo che lo stesso Comune di Battipaglia avrebbe sostenuto in
base ai gettoni di presenza (ragione per cui fra l’altro veniva attivata la
procedura per il rimborso delle somme erogate in eccedenza), tenuto conto che
ogni singolo consigliere veniva retribuito attraverso una modalità divenuta non
consentita alla luce del amncato rispetto del requisito essenziale previsto
dall’art. 82, comma 4, del D.Lvo 267/2000 e, precisamente optavano per la
fruizione dell’indennità di funzione in luogo del gettone di presenza omettendo
volutamente di tener conto che tale alternativa è resa possibile solo qualora il
regime di indennità di funzione comporti per l’ente pubblico pari o minori oneri
finanziari, ben sapendo che il comune sopportava a loro vantaggio i seguenti
maggiori oneri quantificati per anno:
TABELLA Omissis
Con l’aggravante di avere commesso il abuso in atti d’ufficio al fine di
eseguire quello di truffa aggravata.
Con l’aggravante di avere commesso con il delitto di abuso d’ufficio un danno di
rilevante gravità.
Con l’aggravante di avere commesso il delitto di truffa in danno di ente
pubblico e di aver procurato grave danno patrimoniale all’erario e all’ente
pubblico territoriale Comune di Battipaglia.
Commesso in Battipaglia in epoca anteriore e successiva al 31.12.2003
FATTO E DIRITTO
A seguito di segnalazione della Guardia di Finanza – Tenenza di Battipaglia – in
data 27.11.07, ADESSO RAFFAELE, ANZALONE SALVATORE, BALESTRIERI DOMENICO,
CAPODANNO GIOVANNI, CARBONE ANTONIO, CITRO FABIO, CORRADO IVAN, DELL’AGLIO
ANTONIO, FALCONE FRANCESCO, FREZZATO FRANCESCO, GAROFANO ENRICO, INVERSO
VINCENZO, LA TERZA ALFONSO, LEO ROMEO, LONGOBARDI GAETANO, MANCINO COSIMO, MANZI
FRANCESCO, MARSICO ANGELO, MILANO MICHELE, MONDILLO ANTONIO, OSTUNI ERMANNO,
PACIELLO ANTONIO, PETRONE ORNELLA, PUMPO LIBERATO, ROCCO PIETRO, SICA’
GIUSEPPE,SOMMA SERGIO, TOZZI UGO, ZARA FERNANDO, ZOTTOLI DOMENICO, LIGUORI
ALFREDO venivano sottoposti ad indagini da parte del Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Salerno. Convocati all’udienza preliminare del
16.6.09 gli imputati ADESSO, ANZALONE, BALESTRIERI, CAPODANNO, CARBONE, CITRO,
CORRADO, DELL’AGLIO, FALCONE, FREZZATO, GAROFANO, INVERSO, LA TERZA, LEO,
LONGOBARDI, MANCINO, MANZI, MILANO, MONDILLO, OSTUNI, PACIELLO, PETRONE, PUMPO,
SICA,SOMMA, TOZZI, ZARA, ZOTTOLI, LIGUORI , benché ritualmente citati non
comparivano e venivano dichiarati contumaci con separata ordinanza.
Si procedeva alla separazione della posizione di CAPODANNO GIOVANNI, in
relazione alla quale veniva accolta la richiesta di differimento dell’udienza
per legittimo impedimento del difensore, e di quella di D’ALESSANDRO GIANFRANCO
che richiedeva di essere giudicato con il rito abbreviato.
Si dava quindi inizio alla discussione con prosecuzione all’udienza del 17.9.09,
nell’ambito della quale, previa riunione della posizione del CAPODANNO, ed il
P.M. e la difesa concludevano come da verbale.
Ritiene il Giudice che gli elementi raccolti, non suscettibili di sviluppi
ulteriori,non possano considerarsi idonei a valutare come possibile, nella
eventuale sede dibattimentale, la affermazione della penale responsabilità degli
imputati con riferimento al reato loro ascritto.
E’, infatti, con riferimento a tale obiettivo che debbono essere operate le
valutazioni di competenza del GUP in sede di udienza preliminare.
Va ricordato a tal proposito l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi già
dopo la soppressione dell’art. 425 cpp. dell’aggettivo “evidente” con la
intervenuta riforma del testo a seguito dell’entrata in vigore della legge 8
aprile 1993. Secondo detto orientamento è consentito ed anzi necessario operare
in sede di udienza preliminare una valutazione delle indagini
“al fine di determinare, con un giudizio attinente al merito, l’effettiva
fondatezza dell’ipotesi accusatoria e la riconducibilità dei fatti alle
fattispecie legali tipiche prospettate dal P.M.. Ne consegue che l’udienza
preliminare viene ad assumere una funzione nuova: diviene momento di
accertamento della verità e di valutazione prognostica sulla idoneità delle
prove raccolte dal P.M. a sostenere con esito positivo l’accusa in dibattimento
(cfr. GIP Pavia 8 giugno 1993 ed in tema Cass 27 novembre 1995, n. 3467, Cass.
10 aprile 1995, Cass. 19 luglio 1993)”.
I successivi interventi giurisprudenziali e soprattutto legislativi che si sono
registrati sul delicato tema del significato e dei limiti dell’intervento del
GUP nel processo penale hanno, in misura ancora maggiore, ampliato i poteri del
Giudice con riferimento alle valutazioni da svolgere in merito alla idoneità
degli elementi di prova raccolti a fondare, nella competente sede
dibattimentale, un giudizio di affermazione della responsabilità penale. In
particolare, la l. 479/99 non solo ha attribuito al GUP un potere di controllo
sulla completezza delle indagini molto più pregnante, consentendo di disporre
l’integrazione probatoria (cfr. art. 421 bis introdotto dall’art. 21 della legge
citata), ma ha stabilito all’art. 23 (modificando l’art. 425 cpp) che debba
essere emessa sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti
risultino insufficienti o contraddittori o comunque non idonei a sostenere
l’accusa in giudizio, con ciò formalizzando, sostanzialmente, il contenuto della
massima in precedenza citata. Il contenuto dell’art. 425 cpp riformato induce a
ritenere che il GUP possa disporre il rinvio a giudizio quando, avendo operato
non solo un giudizio prognostico ma una vera e propria valutazione allo stato
degli atti, l’affermazione di responsabilità dell’imputato appaia
ragionevolmente certa. Sembra essersi cioè verificata una inversione del
tradizionale rapporto regola-eccezione tra decreto di rinvio a giudizio e
sentenza di proscioglimento , nel senso che, quanto meno tendenzialmente il
primo appare destinato a costituire sempre più l’eccezione e la seconda la
regola. Il convincimento che, anche in funzione deflattiva, l’udienza
preliminare si vada affermando come una fase deputata a valutare il merito delle
imputazioni, nel senso cioè di ridurre le ipotesi di dibattimenti destinati a
risolversi con probabili assoluzioni, è fondato anche sulla constatazione del
potenziamento delle garanzie volte a tutelare l’effettività della partecipazione
dell’imputato e soprattutto del difensore, come si evince dall’introduzione
attraverso l’art. 19 co II° l. 479/99 degli artt. 420 bis e ss. cpp.
La presente vicenda processuale si sostanzia nel conseguimento, da parte dei
componenti il Consiglio Comunale della città di Battipaglia, di emolumenti
riscossi a titolo di indennità di funzione, in misura superiore a quanto
consentito dalla legge, previa modifica, con deliberazione consiliare, della
disposizione del regolamento disciplinante il funzionamento del Consiglio
Comunale, che disponeva la corresponsione di un gettone di presenza.
Secondo la prospettazione accusatoria, gli imputati avrebbero operato un abuso
in atti d’ufficio violando l’art. 82 comma 4 del d.l.vo n. 267/00 (TUEL) che
sottopone la possibilità di trasformare la modalità di corresponsione dei
compensi, da gettone di presenza ad indennità di funzione, alla condizione che
la scelta determini per l’ente una spesa pari o inferiore.
Anche se la circostanza non è esplicitata nell’imputazione, si comprende che la
condotta assunta in violazione di legge si sarebbe estrinsecata attraverso tra
deliberazioni comunali: la n. 135 del 13.12.02; la n. 19 del 10.3.03; la n. 27
del 15.4.05.
L’abuso sarebbe stato finalizzato al conseguimento di somme percepite a titolo
di indennità di funzione in misura di gran lunga superiore a quella che sarebbe
stata corrisposta in base ai gettoni di presenza, tenuto conto delle sedute del
Consiglio Comunale effettivamente svolte, secondo il prospetto che costituisce
parte integrante dell’imputazione.
La somme indebitamente percepite costituirebbero il danno riportato dall’ente
comunale e nel contempo il profitto ingiusto del reato di truffa aggravata
contestato in continuazione ex art. 81 cpv. cp..
Il capo d’imputazione è incentrato, sempre per quanto attiene all’individuazione
della condotta, non solo sulla partecipazione alle decisioni adottate attraverso
le delibere consiliari, ma anche sul momento della riscossione delle somme,
operata a seguito dell’opzione in favore della indennità di funzione, esercitata
dai singoli consiglieri comunali dopo l’approvazione delle delibere che ne hanno
previsto la possibilità.
E’ per tale motivo che la contestazione risulta estesa a tutti i consiglieri
comunali che hanno percepito l’indennità, indipendentemente dal voto espresso in
sede di approvazione delle delibere e persino dalla effettiva presenza dei
singoli consiglieri al consiglio comunale nel quale le delibere stesse sono
state adottate.
Ritiene il Giudice che l’assunto accusatorio posto a base della richiesta di
rinvio a giudizio non possa essere condiviso.
Nonostante l’iter procedimentale seguito dal Consiglio Comunale non sia immune
da censure sul piano della stretta osservanza delle norme che regolano la
materia, come di seguito si specificherà, o possa suscitare dubbi sotto il
profilo della aderenza ad un criterio di moralità pubblica che deve comunque
ispirare l’attività amministrativa, non sembra possano essere ritenuti
sussistenti, nemmeno all’esito di un eventuale giudizio, gli elementi
costitutivi delle due fattispecie di reato contestate.
Non a caso nella segnalazione della Guardia di Finanza, datata 27.11.07 che ha
dato corso al presente procedimento la condotta dei consiglieri comunali è stata
definita “sicuramente criticabile sotto il profilo morale che rischia di
varcare i confini della legittimità e della legalità”.
Il processo penale non è, tuttavia, la sede per operare valutazioni di carattere
etico, ma il luogo nel quale si opera la verifica della fondatezza della pretesa
punitiva sulla base di una rigorosa verifica della sussistenza degli elementi
oggettivi e soggettivi che costituiscono le singole ipotesi delittuose in
contestazione.
Per quanto attiene al profilo della violazione di legge, connesso al reato di
abuso in atti di ufficio, ritiene il Giudice che unicamente la delibera
consiliare n. 19 del 10.3.03 sia censurabile.
L’art. 82 del d.l.vo n. 267/2000 (TUEL) che regola la materia stabilisce al
comma 4 che gli statuti e i regolamenti degli enti possano prevedere, a
richiesta di ciascun consigliere, la trasformazione del gettone di presenza in
una indennità di funzione, sempre che tale regime comporti per l’ente pari o
minori oneri finanziari.
Nel caso di specie la prima delibera adottata sul punto dal Consiglio Comunale
di Battipaglia (n. 135 del 13.12.02) è immune da censure e risulta adottata in
modo conforme alla disposizione legislativa illustrata. L’atto, infatti, di
limita a consentire la trasformazione, su richiesta, del gettone di presenza in
indennità di funzione, senza determinare la misura dell’indennità stessa.
Il problema sorge con la delibera successiva (n. 19 del 10.3.03), che ha
determinato la misura della predetta indennità in oltre 600,00 euro mensili per
ciascun consigliere che avesse esercitato la relativa opzione.
Secondo le difese degli imputati è stato solo in un momento successivo, cioè con
una valutazione possibile ex post, che si è potuta accertare l’eccessiva entità
della spesa in rapporto all’esborso che sarebbe stato sostenuto con i gettoni di
presenza, facendo riferimento alle sedute consiliari effettivamente tenute.
L’importo finale della spesa non poteva essere conosciuto nel momento in cui è
stata adottata la delibera perché, secondo i difensori, non era possibile
preventivare quante sarebbero state l convocazioni del consiglio comunale nel
corso dell’anno.
L’argomento non può essere condiviso dal momento che già nel 2001, con la
circolare n. 8 del 5.11.01 avente ad oggetto “Trasformazione del gettone di
presenza in indennità di funzione”, il Ministero degli Interni aveva chiarito le
cautele da adottare al fine di evitare che la trasformazione della retribuzione
con gettone di presenza in indennità di funzione si potesse tradurre per l’ente
in una spesa superiore. La circolare aveva infatti affermato: “….. si ritiene
che in sede di bilancio di previsione ciascun ente possa tener conto, con
eventuale conguaglio a fine anno, del numero delle sedute del consiglio delle
commissioni che si ritiene necessario tenere nell’esercizio successivo per la
realizzazione dei programmi e dei piani da attuare, anche tenendo presente, come
base di riferimento, il numero di sedute svoltesi nell’anno in corso”.
Sulla base di tali indicazioni si sarebbe dovuta effettuare una oculata e
realistica previsione, individuando un concreto riferimento nel numero di sedute
svoltesi nel corso dell’anno precedente, prevedendo un conguaglio da operarsi
alla fine di ciascun anno in caso di spesa superiore.
Nella delibera in esame manca, viceversa, ogni tipo di riferimento e valutazione
in ordine a tali criteri e la misura dell’indennità di funzione è stata
determinata in modo casuale.
Per la verità, come sottolineato dal difensore degli imputati CORRADO, OSTUNI,
PACIELLO, TOZZI, ZOTTOLI e LIGUORI, nella premessa della delibera è stata
operata la considerazione secondo la quale “nell’esercizio 2002, stante
l’avvicendarsi dell’Amministrazione politica in seguito ad elezioni
amministrativi, il parametro di riferimento per la spesa da prevedere per il
2003 non è attendibilmente omogeneo, in quanto si sono tenute sessioni di
consiglio e di commissioni in misura minore rispetto agli esercizi precedenti ed
in misura minore rispetto alle sessioni potenzialmente fattibili sulla base di
una ordinaria attività istituzionale (…) pertanto non dovrebbe darsi luogo
all’incremento di spesa vietato dalla suddetta norma, salvo il rideterminarsi in
merito al quantum dell’indennità di funzione in termini consuntivi;” (cfr.
delibera n. 19/03 folio 17)
Tale valutazione non appare, tuttavia, sufficiente a giustificare una
quantificazione dell’indennità di funzione come quella stabilita in oltre 600,00
euro, da considerarsi del tutto incongrua sulla base del semplice calcolo
operato dalla Guardia di Finanza che, nella segnalazione dell’8.1.08, ha
evidenziato come, per raggiungere detta somma con i gettoni di presenza si
sarebbero dovute tenere almeno 200 sedute consiliari all’anno, dato che il
gettone di presenza ammonta a circa 30,00 euro.
Per i motivi esposti la delibera n. 19/03 deve ritenersi adottata in violazione
di legge rispetto alla disposizione dell’art. 82 co.4 TUEL o, più
specificamente, dei criteri indicati nella circolare esplicativa del Ministero
degli Interni innanzi menzionata.
Va considerato, tuttavia, oltre alla motivazione addotta dal consiglio nei
termini sopra riportati, il fatto che l’argomento presenta profili controversi
proprio in relazione alla possibilità evidenziata dai difensori di effettuare,
ex ante, una corretta previsione del numero di sedute consiliari e agli
eventuali rimedi in caso di determinazione di un aggravio di spese per l’ente.
Tanto che, ancora oggi, sono numerosi sul punto i pareri e le determinazioni
richieste da vari enti locali ad organi quali il Consiglio di Stato o la Corte
dei Conti.
Con parere n. 17 adottato il 13 dicembre 2007, quindi in tempi molto recenti
rispetto alla data della delibera n. 19/03, la Corte dei Conti, interessata alla
vicenda da una richiesta proveniente dal Consiglio Provinciale di Cagliari, si è
espressa nei seguenti termini: “La determinazione dell’indennità potrà avvenire
con riferimento al dato della spesa sostenuta nell’anno precedente -
eventualmente e prudentemente depurata di situazioni eccezionali – e sarà
corrisposta per dodici mensilità. Per il rispetto dei limiti di cui si è detto
potrebbe rendersi necessario un conguaglio che sarà sempre negativo. Si vuol
dire che a fine esercizio si dovrà effettuare il calcolo della spesa che si
sarebbe sostenuta per retribuire a gettone il consigliere che ha optato per
l’indennità; se l’importo corrisposto risulterà inferiore, la questione è
chiusa; se invece quanto corrisposto a titolo di indennità fosse superiore a
quanto si sarebbe corrisposto per gettoni, l’indennità dovrà essere conguagliata
con recupero degli importi eccedenti quello dei gettoni virtuali. Su tale base
dovrà poi essere effettuato il recupero delle assenze ingiustificate dalle
riunione”.
Il carattere controverso della vicenda, pur in presenza della violazione di
legge rilevata nella delibera consiliare n. 19/03, induce, pertanto, a valutare
come difficilmente configurabile l’elemento psicologico del reato di cui
all’art. 323 cp., anche perché, sia pure con un certo ritardo (ma si è visto che
il parere appena riportato è del 2007), il consiglio Comunale di Battipaglia,
nel confermare la misura dell’indennità, ha espressamente previsto il criterio
del conguaglio in caso di aggravio di spesa derivante dalla corresponsione
dell’indennità di funzione.
Ciò è avvenuto precisamente con la deliberazione consiliare n. 27 del 15.4.2005
ed occorre aggiungere che, come risulta dalla documentazione acquisita agli atti
ed in parte prodotta dai difensori degli imputati, il competente Servizio
Finanziario presso il Comune di Battipaglia, preso atto dell’esborso superiore a
quanto consentito, ha dato corso al conguaglio per tutto il periodo preso in
considerazione nell’imputazione, quindi anche con riferimento agli anni 2003 e
2004, provvedendo alla richiesta delle relative somme che in parte sono state
restituite, in parte rateizzate.
Ciò non significa che l’Ente non abbia riportato un danno, ma la circostanza
rileva, ad avviso di questa A.G. prima di tutto sul piano impossibilità di
ravvisare la violazione di legge nella delibera n. 27/05 che, proprio per aver
previsto il conguaglio, risulta conforme alle disposizioni di cui all’art. 82
TUEL e questa volta anche ai criteri esplicativi illustrati nella circolare n.
8/2001 del Ministero degli Interni. In secondo luogo la previsione e la
esecuzione di un conguaglio anche per il periodo pregresso deve ritenersi
rilevante sul piano della configurabilità dell’elemento psicologico del reato di
cui all’art. 32 cp., anche in relazione al segmento di condotta, sostanziandosi
nella delibera precedente n. 19/03, in relazione alla quale, viceversa, il
profilo della violazione di legge può essere ravvisato.
In altri termini ci si trova senza dubbio dinanzi ad un iter contorto, in base
al quale dapprima si è stabilita l possibilità per i consiglieri comunali di
optare per l’indennità di funzione; poi si è determinata la misura
dell’indennità, senza prevedere le cautele necessarie ad evitare aggravi di
spesa; infine , preso atto della misura superiore dell’esborso, è stato previsto
il conguaglio.
Non siamo certamente di fronte ad un esempio di amministrazione efficiente ed
adeguata ma nemmeno possono ravvisarsi gli estremi di un programma delittuoso
come quello ipotizzato dall’accusa.
L’impossibilità di ravvisare, quanto meno sul piano dell’elemento soggettivo il
reato di abuso in atti d’ufficio, determina l’insussistenza del reato di truffa
aggravata rispetto al quale, secondo la ricordata impostazione accusatoria,
l’abuso sarebbe stato strumentale.
Ed occorre aggiungere, sotto questo profilo, che non è possibile individuare,
pur nell’iter alquanto controverso seguito dal Consiglio Comunale di
Battipaglia, elementi quali gli artifizi e i raggiri indispensabili per la
configurazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 640 cp.
Le decisioni risultano, infatti, tutte adottate nell’ambito i deliberazioni
consiliari nel corso delle quali si sono registrate anche divergenze tra i
partecipanti in merito alla proposta messa ai voti.
Va ricordato, a tal riguardo, come, nel corso della discussione relativa alla
delibera n. 27 del 15.4.05 il consigliere comunale ZARA FERNANDO ha ravvisato la
illegittimità della proposta relativa alla determinazione dell’indennità di
funzione in misura superiore alla spesa sostenuta dall’ente nell’anno
precedente, ma il segretario comunale ha escluso il rilievo affermando che
poteva essere operata una correzione in sede di rendiconto dal momento che
l’art. 82 TUEL non lo impediva.
Le decisioni sono dunque scaturite da una attività amministrativa non
correttamente esercitata, per le ragioni ricordate in precedenza, ma certamente
trasparente o orientata anche da un dibattito nel corso del quale non sono
mancate opinioni contrarie, anche se poi, una volta adottata la delibera, tutti
i consiglieri comunali hanno esercitato l’opzione in favore della indennità di
funzione.
Per tali ragioni non si ravvisano gli elementi costitutivi, in particolare gli
artifizi e i raggiri, necessari a configurare il reato di truffa aggravata.
Per le considerazioni esposte si ritiene, in conclusione, che l’ipotesi
d’accusa, insuscettibile di sviluppi particolari in sede dibattimentale, non
possa trovare in giudizio possibilità di accoglimento e conseguentemente che la
richiesta di rinvio a giudizio debba essere disattesa con il proscioglimento di
tutti gli imputati perché il fatto non costituisce reato in relazione al delitto
di cui all’art. 232 co.1 e 2 cp e perché il fatto non sussiste in relazione al
delitto di cui all’art. 640 co. 1 e 2 n. 2 cp.
PQM
Visto l’art. 425 cpp dichiara non luogo a procedere nei confronti di ADESSO
RAFFAELE, ANZALONE SALVATORE, BALESTRIERI DOMENICO, CAPODANNO GIOVANNI, CARBONE
ANTONIO, CITRO FABIO, CORRADO IVAN, DELL’AGLIO ANTONIO, FALCONE FRANCESCO,
FREZZATO FRANCESCO, GAROFANO ENRICO, INVERSO VINCENZO, LA TERZA ALFONSO, LEO
ROMEO, LONGOBARDI GAETANO, MANCINO COSIMO, MANZI FRANCESCO, MARSICO ANGELO,
MILANO MICHELE, MONDILLO ANTONIO, OSTUNI ERMANNO, PACIELLO ANTONIO, PETRONE
ORNELLA, PUMPO LIBERATO, ROCCO PIETRO, SICA’ GIUSEPPE,SOMMA SERGIO, TOZZI UGO,
ZARA FERNANDO, ZOTTOLI DOMENICO, LIGUORI ALFREDO, in ordine al reato di cui
all’art. 323 co. 1 e 2 cp perché il fatto non costituisce reato ed in ordine al
reato di cui all’art. 640 co. 1 e 2 n. 2 cp perché il fatto non sussiste.
Salerno 17.9.09
IL GIUDICE
dr. Antonio Di Matteo
Depositata in cancelleria
il 6 ottobre 2009
Il Cancelliere (C1)
Anna Calapano
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