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TRIBUNALE DI SALERNO -  6 ottobre 2009, sentenza n. 556
 

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Enti locali - Consiglio comunale - Gettone di presenza - Trasformazione in indennità di funzione - Art. 82 d.lgs. n. 267/2000 - Cautele necessarie ad evitare un aggravio di spesa per l’ente - Rimedi - Conguaglio - Circolare del Ministero degli interni n. 8/2001 - Parere Corte dei Conti n. 17/2007 - Fattispecie. L’art. 82 del d.l.vo n. 267/2000 stabilisce al comma 4 che gli statuti e i regolamenti degli enti possano prevedere, a richiesta di ciascun consigliere, la trasformazione del gettone di presenza in un’indennità di funzione, sempre che tale regime comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Con la circolare n. 8 del 5.11.01, il Ministero degli Interni ha chiarito le cautele da adottare al fine di evitare che detta trasformazione possa tradursi per l’ente in una spesa superiore (“….. si ritiene che in sede di bilancio di previsione ciascun ente possa tener conto, con eventuale conguaglio a fine anno, del numero delle sedute del consiglio delle commissioni che si ritiene necessario tenere nell’esercizio successivo per la realizzazione dei programmi e dei piani da attuare, anche tenendo presente, come base di riferimento, il numero di sedute svoltesi nell’anno in corso”). L’argomento presenta tuttavia profili controversi in relazione alla possibilità di effettuare, ex ante, una corretta previsione del numero di sedute consiliari e agli eventuali rimedi in caso di determinazione di un aggravio di spese per l’ente. In proposito, la Corte dei Conti si è espressa nei seguenti termini (cfr. parere n. 17 del 13 dicembre 2007): “La determinazione dell’indennità potrà avvenire con riferimento al dato della spesa sostenuta nell’anno precedente - eventualmente e prudentemente depurata di situazioni eccezionali - e sarà corrisposta per dodici mensilità. Per il rispetto dei limiti di cui si è detto potrebbe rendersi necessario un conguaglio che sarà sempre negativo. Si vuol dire che a fine esercizio si dovrà effettuare il calcolo della spesa che si sarebbe sostenuta per retribuire a gettone il consigliere che ha optato per l’indennità; se l’importo corrisposto risulterà inferiore, la questione è chiusa; se invece quanto corrisposto a titolo di indennità fosse superiore a quanto si sarebbe corrisposto per gettoni, l’indennità dovrà essere conguagliata con recupero degli importi eccedenti quello dei gettoni virtuali. Su tale base dovrà poi essere effettuato il recupero delle assenze ingiustificate dalle riunione”.(fattispecie relativa all’iter “contorto” con cui il Comune di Battipaglia ha dapprima deliberato la possibilità per i consiglieri comunali di optare per l’indennità in luogo del gettone di presenza, quindi ne ha determinato l’ammontare in misura incongrua, senza prevedere le cautele necessarie ad evitare aggravi di spesa, infine, preso atto della misura superiore dell’esborso, ha, con una terza delibera, previsto il criterio del conguaglio: il GIP ha ritenuto che, pur essendo la seconda delibera adottata in violazione di legge, il carattere controverso dell’argomento e la successiva adozione della terza delibera escludessero l’elemento psicologico del reato di cui all’art. 323 cp). GIP Di Matteo - Imp. Adesso e altri - TRIBUNALE PENALE DI SALERNO, GIP - 6 ottobre 2009, sentenza n. 556
 




 

N. 666/09 Rg. G.I.P.
N. 256/08 Rg N.R.
SENTENZA n. 556/09
 


TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI SALERNO
Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari
*****
SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE
(art. 425 c.p.p.)
*****
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 


IL GIUDICE dott. Antonio DI MATTEO


all’udienza del 17 settembre 2009 nel procedimento penale n. 666/09 GIP
ha pronunciato la seguente


SENTENZA


nei confronti di
1- ADESSO RAFFAELE,
2- ANZALONE SALVATORE,
3 - BALESTRIERI DOMENICO,
4 - CAPODANNO GIOVANNI,
5 - CARBONE ANTONIO,
6- CITRO FABIO,
7 - CORRADO IVAN,
8 - DELL’AGLIO ANTONIO,
9 - FALCONE FRANCESCO,
10 - FREZZATO FRANCESCO,
11 - GAROFANO ENRICO,
12 -INVERSO VINCENZO,
13 -LA TERZA ALFONSO,
14 - LEO ROMEO,
15 - LONGOBARDI GAETANO,
16 - MANCINO COSIMO,
17 - MANZI FRANCESCO,
18 - MARSICO ANGELO,
19 - MILANO MICHELE,
20 - MONDILLO ANTONIO,
21 - OSTUNI ERMANNO,
22 - PACIELLO ANTONIO,
23 - PETRONE ORNELLA,
24 - PUMPO LIBERATO,
25 - ROCCO PIETRO,
26 - SICA GIUSEPPE,
27 - SOMMA SERGIO,
28 - TOZZI UGO,
29 - ZARA FERNANDO,
30 - ZOTTOLI DOMENICO,
31 - LIGUORI ALFREDO


IMPUTATI


In concorso con D’ALESSANDRO Gianfranco (per il quale si è proceduto con rito abbreviato):
del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv., 323 co. 1 e 2 c.p., 640 co 1 e 2 n. 2 perché, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto:
- abusando del loro ufficio e violando l’art. 82 comma 4 D.L.vo n. 267/2000 e con artifizi e raggiri, in qualità della carica ricoperta di consiglieri comunali nelle amministrazioni degli anni 2004, 2005 e 2006 riconducibili al periodo di amministrazione del sindaco Alfredo Liguori di concerto e in concorso con il quale ciascuno di essi agiva, riscuotevano e comunque percepivano i pagamenti relativi alle indennità di funzione realizzando in danno del Comune di Battipaglia un conguaglio delle somme erogate a titolo di indennità superiore di gran lungo al costo che lo stesso Comune di Battipaglia avrebbe sostenuto in base ai gettoni di presenza (ragione per cui fra l’altro veniva attivata la procedura per il rimborso delle somme erogate in eccedenza), tenuto conto che ogni singolo consigliere veniva retribuito attraverso una modalità divenuta non consentita alla luce del amncato rispetto del requisito essenziale previsto dall’art. 82, comma 4, del D.Lvo 267/2000 e, precisamente optavano per la fruizione dell’indennità di funzione in luogo del gettone di presenza omettendo volutamente di tener conto che tale alternativa è resa possibile solo qualora il regime di indennità di funzione comporti per l’ente pubblico pari o minori oneri finanziari, ben sapendo che il comune sopportava a loro vantaggio i seguenti maggiori oneri quantificati per anno:
TABELLA Omissis
Con l’aggravante di avere commesso il abuso in atti d’ufficio al fine di eseguire quello di truffa aggravata.
Con l’aggravante di avere commesso con il delitto di abuso d’ufficio un danno di rilevante gravità.
Con l’aggravante di avere commesso il delitto di truffa in danno di ente pubblico e di aver procurato grave danno patrimoniale all’erario e all’ente pubblico territoriale Comune di Battipaglia.
Commesso in Battipaglia in epoca anteriore e successiva al 31.12.2003


FATTO E DIRITTO


A seguito di segnalazione della Guardia di Finanza – Tenenza di Battipaglia – in data 27.11.07, ADESSO RAFFAELE, ANZALONE SALVATORE, BALESTRIERI DOMENICO, CAPODANNO GIOVANNI, CARBONE ANTONIO, CITRO FABIO, CORRADO IVAN, DELL’AGLIO ANTONIO, FALCONE FRANCESCO, FREZZATO FRANCESCO, GAROFANO ENRICO, INVERSO VINCENZO, LA TERZA ALFONSO, LEO ROMEO, LONGOBARDI GAETANO, MANCINO COSIMO, MANZI FRANCESCO, MARSICO ANGELO, MILANO MICHELE, MONDILLO ANTONIO, OSTUNI ERMANNO, PACIELLO ANTONIO, PETRONE ORNELLA, PUMPO LIBERATO, ROCCO PIETRO, SICA’ GIUSEPPE,SOMMA SERGIO, TOZZI UGO, ZARA FERNANDO, ZOTTOLI DOMENICO, LIGUORI ALFREDO venivano sottoposti ad indagini da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno. Convocati all’udienza preliminare del 16.6.09 gli imputati ADESSO, ANZALONE, BALESTRIERI, CAPODANNO, CARBONE, CITRO, CORRADO, DELL’AGLIO, FALCONE, FREZZATO, GAROFANO, INVERSO, LA TERZA, LEO, LONGOBARDI, MANCINO, MANZI, MILANO, MONDILLO, OSTUNI, PACIELLO, PETRONE, PUMPO, SICA,SOMMA, TOZZI, ZARA, ZOTTOLI, LIGUORI , benché ritualmente citati non comparivano e venivano dichiarati contumaci con separata ordinanza.
Si procedeva alla separazione della posizione di CAPODANNO GIOVANNI, in relazione alla quale veniva accolta la richiesta di differimento dell’udienza per legittimo impedimento del difensore, e di quella di D’ALESSANDRO GIANFRANCO che richiedeva di essere giudicato con il rito abbreviato.
Si dava quindi inizio alla discussione con prosecuzione all’udienza del 17.9.09, nell’ambito della quale, previa riunione della posizione del CAPODANNO, ed il P.M. e la difesa concludevano come da verbale.
Ritiene il Giudice che gli elementi raccolti, non suscettibili di sviluppi ulteriori,non possano considerarsi idonei a valutare come possibile, nella eventuale sede dibattimentale, la affermazione della penale responsabilità degli imputati con riferimento al reato loro ascritto.
E’, infatti, con riferimento a tale obiettivo che debbono essere operate le valutazioni di competenza del GUP in sede di udienza preliminare.
Va ricordato a tal proposito l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi già dopo la soppressione dell’art. 425 cpp. dell’aggettivo “evidente” con la intervenuta riforma del testo a seguito dell’entrata in vigore della legge 8 aprile 1993. Secondo detto orientamento è consentito ed anzi necessario operare in sede di udienza preliminare una valutazione delle indagini
“al fine di determinare, con un giudizio attinente al merito, l’effettiva fondatezza dell’ipotesi accusatoria e la riconducibilità dei fatti alle fattispecie legali tipiche prospettate dal P.M.. Ne consegue che l’udienza preliminare viene ad assumere una funzione nuova: diviene momento di accertamento della verità e di valutazione prognostica sulla idoneità delle prove raccolte dal P.M. a sostenere con esito positivo l’accusa in dibattimento (cfr. GIP Pavia 8 giugno 1993 ed in tema Cass 27 novembre 1995, n. 3467, Cass. 10 aprile 1995, Cass. 19 luglio 1993)”.
I successivi interventi giurisprudenziali e soprattutto legislativi che si sono registrati sul delicato tema del significato e dei limiti dell’intervento del GUP nel processo penale hanno, in misura ancora maggiore, ampliato i poteri del Giudice con riferimento alle valutazioni da svolgere in merito alla idoneità degli elementi di prova raccolti a fondare, nella competente sede dibattimentale, un giudizio di affermazione della responsabilità penale. In particolare, la l. 479/99 non solo ha attribuito al GUP un potere di controllo sulla completezza delle indagini molto più pregnante, consentendo di disporre l’integrazione probatoria (cfr. art. 421 bis introdotto dall’art. 21 della legge citata), ma ha stabilito all’art. 23 (modificando l’art. 425 cpp) che debba essere emessa sentenza di non luogo a procedere quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti o contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio, con ciò formalizzando, sostanzialmente, il contenuto della massima in precedenza citata. Il contenuto dell’art. 425 cpp riformato induce a ritenere che il GUP possa disporre il rinvio a giudizio quando, avendo operato non solo un giudizio prognostico ma una vera e propria valutazione allo stato degli atti, l’affermazione di responsabilità dell’imputato appaia ragionevolmente certa. Sembra essersi cioè verificata una inversione del tradizionale rapporto regola-eccezione tra decreto di rinvio a giudizio e sentenza di proscioglimento , nel senso che, quanto meno tendenzialmente il primo appare destinato a costituire sempre più l’eccezione e la seconda la regola. Il convincimento che, anche in funzione deflattiva, l’udienza preliminare si vada affermando come una fase deputata a valutare il merito delle imputazioni, nel senso cioè di ridurre le ipotesi di dibattimenti destinati a risolversi con probabili assoluzioni, è fondato anche sulla constatazione del potenziamento delle garanzie volte a tutelare l’effettività della partecipazione dell’imputato e soprattutto del difensore, come si evince dall’introduzione attraverso l’art. 19 co II° l. 479/99 degli artt. 420 bis e ss. cpp.
La presente vicenda processuale si sostanzia nel conseguimento, da parte dei componenti il Consiglio Comunale della città di Battipaglia, di emolumenti riscossi a titolo di indennità di funzione, in misura superiore a quanto consentito dalla legge, previa modifica, con deliberazione consiliare, della disposizione del regolamento disciplinante il funzionamento del Consiglio Comunale, che disponeva la corresponsione di un gettone di presenza.
Secondo la prospettazione accusatoria, gli imputati avrebbero operato un abuso in atti d’ufficio violando l’art. 82 comma 4 del d.l.vo n. 267/00 (TUEL) che sottopone la possibilità di trasformare la modalità di corresponsione dei compensi, da gettone di presenza ad indennità di funzione, alla condizione che la scelta determini per l’ente una spesa pari o inferiore.
Anche se la circostanza non è esplicitata nell’imputazione, si comprende che la condotta assunta in violazione di legge si sarebbe estrinsecata attraverso tra deliberazioni comunali: la n. 135 del 13.12.02; la n. 19 del 10.3.03; la n. 27 del 15.4.05.
L’abuso sarebbe stato finalizzato al conseguimento di somme percepite a titolo di indennità di funzione in misura di gran lunga superiore a quella che sarebbe stata corrisposta in base ai gettoni di presenza, tenuto conto delle sedute del Consiglio Comunale effettivamente svolte, secondo il prospetto che costituisce parte integrante dell’imputazione.
La somme indebitamente percepite costituirebbero il danno riportato dall’ente comunale e nel contempo il profitto ingiusto del reato di truffa aggravata contestato in continuazione ex art. 81 cpv. cp..
Il capo d’imputazione è incentrato, sempre per quanto attiene all’individuazione della condotta, non solo sulla partecipazione alle decisioni adottate attraverso le delibere consiliari, ma anche sul momento della riscossione delle somme, operata a seguito dell’opzione in favore della indennità di funzione, esercitata dai singoli consiglieri comunali dopo l’approvazione delle delibere che ne hanno previsto la possibilità.
E’ per tale motivo che la contestazione risulta estesa a tutti i consiglieri comunali che hanno percepito l’indennità, indipendentemente dal voto espresso in sede di approvazione delle delibere e persino dalla effettiva presenza dei singoli consiglieri al consiglio comunale nel quale le delibere stesse sono state adottate.
Ritiene il Giudice che l’assunto accusatorio posto a base della richiesta di rinvio a giudizio non possa essere condiviso.
Nonostante l’iter procedimentale seguito dal Consiglio Comunale non sia immune da censure sul piano della stretta osservanza delle norme che regolano la materia, come di seguito si specificherà, o possa suscitare dubbi sotto il profilo della aderenza ad un criterio di moralità pubblica che deve comunque ispirare l’attività amministrativa, non sembra possano essere ritenuti sussistenti, nemmeno all’esito di un eventuale giudizio, gli elementi costitutivi delle due fattispecie di reato contestate.
Non a caso nella segnalazione della Guardia di Finanza, datata 27.11.07 che ha dato corso al presente procedimento la condotta dei consiglieri comunali è stata definita “sicuramente criticabile sotto il profilo morale che rischia di varcare i confini della legittimità e della legalità”.
Il processo penale non è, tuttavia, la sede per operare valutazioni di carattere etico, ma il luogo nel quale si opera la verifica della fondatezza della pretesa punitiva sulla base di una rigorosa verifica della sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi che costituiscono le singole ipotesi delittuose in contestazione.
Per quanto attiene al profilo della violazione di legge, connesso al reato di abuso in atti di ufficio, ritiene il Giudice che unicamente la delibera consiliare n. 19 del 10.3.03 sia censurabile.
L’art. 82 del d.l.vo n. 267/2000 (TUEL) che regola la materia stabilisce al comma 4 che gli statuti e i regolamenti degli enti possano prevedere, a richiesta di ciascun consigliere, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari.
Nel caso di specie la prima delibera adottata sul punto dal Consiglio Comunale di Battipaglia (n. 135 del 13.12.02) è immune da censure e risulta adottata in modo conforme alla disposizione legislativa illustrata. L’atto, infatti, di limita a consentire la trasformazione, su richiesta, del gettone di presenza in indennità di funzione, senza determinare la misura dell’indennità stessa.
Il problema sorge con la delibera successiva (n. 19 del 10.3.03), che ha determinato la misura della predetta indennità in oltre 600,00 euro mensili per ciascun consigliere che avesse esercitato la relativa opzione.
Secondo le difese degli imputati è stato solo in un momento successivo, cioè con una valutazione possibile ex post, che si è potuta accertare l’eccessiva entità della spesa in rapporto all’esborso che sarebbe stato sostenuto con i gettoni di presenza, facendo riferimento alle sedute consiliari effettivamente tenute. L’importo finale della spesa non poteva essere conosciuto nel momento in cui è stata adottata la delibera perché, secondo i difensori, non era possibile preventivare quante sarebbero state l convocazioni del consiglio comunale nel corso dell’anno.
L’argomento non può essere condiviso dal momento che già nel 2001, con la circolare n. 8 del 5.11.01 avente ad oggetto “Trasformazione del gettone di presenza in indennità di funzione”, il Ministero degli Interni aveva chiarito le cautele da adottare al fine di evitare che la trasformazione della retribuzione con gettone di presenza in indennità di funzione si potesse tradurre per l’ente in una spesa superiore. La circolare aveva infatti affermato: “….. si ritiene che in sede di bilancio di previsione ciascun ente possa tener conto, con eventuale conguaglio a fine anno, del numero delle sedute del consiglio delle commissioni che si ritiene necessario tenere nell’esercizio successivo per la realizzazione dei programmi e dei piani da attuare, anche tenendo presente, come base di riferimento, il numero di sedute svoltesi nell’anno in corso”.
Sulla base di tali indicazioni si sarebbe dovuta effettuare una oculata e realistica previsione, individuando un concreto riferimento nel numero di sedute svoltesi nel corso dell’anno precedente, prevedendo un conguaglio da operarsi alla fine di ciascun anno in caso di spesa superiore.
Nella delibera in esame manca, viceversa, ogni tipo di riferimento e valutazione in ordine a tali criteri e la misura dell’indennità di funzione è stata determinata in modo casuale.
Per la verità, come sottolineato dal difensore degli imputati CORRADO, OSTUNI, PACIELLO, TOZZI, ZOTTOLI e LIGUORI, nella premessa della delibera è stata operata la considerazione secondo la quale “nell’esercizio 2002, stante l’avvicendarsi dell’Amministrazione politica in seguito ad elezioni amministrativi, il parametro di riferimento per la spesa da prevedere per il 2003 non è attendibilmente omogeneo, in quanto si sono tenute sessioni di consiglio e di commissioni in misura minore rispetto agli esercizi precedenti ed in misura minore rispetto alle sessioni potenzialmente fattibili sulla base di una ordinaria attività istituzionale (…) pertanto non dovrebbe darsi luogo all’incremento di spesa vietato dalla suddetta norma, salvo il rideterminarsi in merito al quantum dell’indennità di funzione in termini consuntivi;” (cfr. delibera n. 19/03 folio 17)
Tale valutazione non appare, tuttavia, sufficiente a giustificare una quantificazione dell’indennità di funzione come quella stabilita in oltre 600,00 euro, da considerarsi del tutto incongrua sulla base del semplice calcolo operato dalla Guardia di Finanza che, nella segnalazione dell’8.1.08, ha evidenziato come, per raggiungere detta somma con i gettoni di presenza si sarebbero dovute tenere almeno 200 sedute consiliari all’anno, dato che il gettone di presenza ammonta a circa 30,00 euro.
Per i motivi esposti la delibera n. 19/03 deve ritenersi adottata in violazione di legge rispetto alla disposizione dell’art. 82 co.4 TUEL o, più specificamente, dei criteri indicati nella circolare esplicativa del Ministero degli Interni innanzi menzionata.
Va considerato, tuttavia, oltre alla motivazione addotta dal consiglio nei termini sopra riportati, il fatto che l’argomento presenta profili controversi proprio in relazione alla possibilità evidenziata dai difensori di effettuare, ex ante, una corretta previsione del numero di sedute consiliari e agli eventuali rimedi in caso di determinazione di un aggravio di spese per l’ente. Tanto che, ancora oggi, sono numerosi sul punto i pareri e le determinazioni richieste da vari enti locali ad organi quali il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti.
Con parere n. 17 adottato il 13 dicembre 2007, quindi in tempi molto recenti rispetto alla data della delibera n. 19/03, la Corte dei Conti, interessata alla vicenda da una richiesta proveniente dal Consiglio Provinciale di Cagliari, si è espressa nei seguenti termini: “La determinazione dell’indennità potrà avvenire con riferimento al dato della spesa sostenuta nell’anno precedente - eventualmente e prudentemente depurata di situazioni eccezionali – e sarà corrisposta per dodici mensilità. Per il rispetto dei limiti di cui si è detto potrebbe rendersi necessario un conguaglio che sarà sempre negativo. Si vuol dire che a fine esercizio si dovrà effettuare il calcolo della spesa che si sarebbe sostenuta per retribuire a gettone il consigliere che ha optato per l’indennità; se l’importo corrisposto risulterà inferiore, la questione è chiusa; se invece quanto corrisposto a titolo di indennità fosse superiore a quanto si sarebbe corrisposto per gettoni, l’indennità dovrà essere conguagliata con recupero degli importi eccedenti quello dei gettoni virtuali. Su tale base dovrà poi essere effettuato il recupero delle assenze ingiustificate dalle riunione”.
Il carattere controverso della vicenda, pur in presenza della violazione di legge rilevata nella delibera consiliare n. 19/03, induce, pertanto, a valutare come difficilmente configurabile l’elemento psicologico del reato di cui all’art. 323 cp., anche perché, sia pure con un certo ritardo (ma si è visto che il parere appena riportato è del 2007), il consiglio Comunale di Battipaglia, nel confermare la misura dell’indennità, ha espressamente previsto il criterio del conguaglio in caso di aggravio di spesa derivante dalla corresponsione dell’indennità di funzione.
Ciò è avvenuto precisamente con la deliberazione consiliare n. 27 del 15.4.2005 ed occorre aggiungere che, come risulta dalla documentazione acquisita agli atti ed in parte prodotta dai difensori degli imputati, il competente Servizio Finanziario presso il Comune di Battipaglia, preso atto dell’esborso superiore a quanto consentito, ha dato corso al conguaglio per tutto il periodo preso in considerazione nell’imputazione, quindi anche con riferimento agli anni 2003 e 2004, provvedendo alla richiesta delle relative somme che in parte sono state restituite, in parte rateizzate.
Ciò non significa che l’Ente non abbia riportato un danno, ma la circostanza rileva, ad avviso di questa A.G. prima di tutto sul piano impossibilità di ravvisare la violazione di legge nella delibera n. 27/05 che, proprio per aver previsto il conguaglio, risulta conforme alle disposizioni di cui all’art. 82 TUEL e questa volta anche ai criteri esplicativi illustrati nella circolare n. 8/2001 del Ministero degli Interni. In secondo luogo la previsione e la esecuzione di un conguaglio anche per il periodo pregresso deve ritenersi rilevante sul piano della configurabilità dell’elemento psicologico del reato di cui all’art. 32 cp., anche in relazione al segmento di condotta, sostanziandosi nella delibera precedente n. 19/03, in relazione alla quale, viceversa, il profilo della violazione di legge può essere ravvisato.
In altri termini ci si trova senza dubbio dinanzi ad un iter contorto, in base al quale dapprima si è stabilita l possibilità per i consiglieri comunali di optare per l’indennità di funzione; poi si è determinata la misura dell’indennità, senza prevedere le cautele necessarie ad evitare aggravi di spesa; infine , preso atto della misura superiore dell’esborso, è stato previsto il conguaglio.
Non siamo certamente di fronte ad un esempio di amministrazione efficiente ed adeguata ma nemmeno possono ravvisarsi gli estremi di un programma delittuoso come quello ipotizzato dall’accusa.
L’impossibilità di ravvisare, quanto meno sul piano dell’elemento soggettivo il reato di abuso in atti d’ufficio, determina l’insussistenza del reato di truffa aggravata rispetto al quale, secondo la ricordata impostazione accusatoria, l’abuso sarebbe stato strumentale.
Ed occorre aggiungere, sotto questo profilo, che non è possibile individuare, pur nell’iter alquanto controverso seguito dal Consiglio Comunale di Battipaglia, elementi quali gli artifizi e i raggiri indispensabili per la configurazione della fattispecie delittuosa di cui all’art. 640 cp.
Le decisioni risultano, infatti, tutte adottate nell’ambito i deliberazioni consiliari nel corso delle quali si sono registrate anche divergenze tra i partecipanti in merito alla proposta messa ai voti.
Va ricordato, a tal riguardo, come, nel corso della discussione relativa alla delibera n. 27 del 15.4.05 il consigliere comunale ZARA FERNANDO ha ravvisato la illegittimità della proposta relativa alla determinazione dell’indennità di funzione in misura superiore alla spesa sostenuta dall’ente nell’anno precedente, ma il segretario comunale ha escluso il rilievo affermando che poteva essere operata una correzione in sede di rendiconto dal momento che l’art. 82 TUEL non lo impediva.
Le decisioni sono dunque scaturite da una attività amministrativa non correttamente esercitata, per le ragioni ricordate in precedenza, ma certamente trasparente o orientata anche da un dibattito nel corso del quale non sono mancate opinioni contrarie, anche se poi, una volta adottata la delibera, tutti i consiglieri comunali hanno esercitato l’opzione in favore della indennità di funzione.
Per tali ragioni non si ravvisano gli elementi costitutivi, in particolare gli artifizi e i raggiri, necessari a configurare il reato di truffa aggravata.
Per le considerazioni esposte si ritiene, in conclusione, che l’ipotesi d’accusa, insuscettibile di sviluppi particolari in sede dibattimentale, non possa trovare in giudizio possibilità di accoglimento e conseguentemente che la richiesta di rinvio a giudizio debba essere disattesa con il proscioglimento di tutti gli imputati perché il fatto non costituisce reato in relazione al delitto di cui all’art. 232 co.1 e 2 cp e perché il fatto non sussiste in relazione al delitto di cui all’art. 640 co. 1 e 2 n. 2 cp.


PQM


Visto l’art. 425 cpp dichiara non luogo a procedere nei confronti di ADESSO RAFFAELE, ANZALONE SALVATORE, BALESTRIERI DOMENICO, CAPODANNO GIOVANNI, CARBONE ANTONIO, CITRO FABIO, CORRADO IVAN, DELL’AGLIO ANTONIO, FALCONE FRANCESCO, FREZZATO FRANCESCO, GAROFANO ENRICO, INVERSO VINCENZO, LA TERZA ALFONSO, LEO ROMEO, LONGOBARDI GAETANO, MANCINO COSIMO, MANZI FRANCESCO, MARSICO ANGELO, MILANO MICHELE, MONDILLO ANTONIO, OSTUNI ERMANNO, PACIELLO ANTONIO, PETRONE ORNELLA, PUMPO LIBERATO, ROCCO PIETRO, SICA’ GIUSEPPE,SOMMA SERGIO, TOZZI UGO, ZARA FERNANDO, ZOTTOLI DOMENICO, LIGUORI ALFREDO, in ordine al reato di cui all’art. 323 co. 1 e 2 cp perché il fatto non costituisce reato ed in ordine al reato di cui all’art. 640 co. 1 e 2 n. 2 cp perché il fatto non sussiste.


Salerno 17.9.09
IL GIUDICE
dr. Antonio Di Matteo

Depositata in cancelleria
il 6 ottobre 2009
Il Cancelliere (C1)
Anna Calapano

 


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