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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 7 aprile 2010, Sentenza n. 1944


DIRITTO URBANISTICO - Vincoli soggetti a decadenza - Vincoli espropriativi - Destinazioni di zona contenute negli strumenti urbanistici - Novero di vincoli soggetti a decadenza - Inconfigurabilità.
Costituiscono vincoli soggetti a decadenza quelli espropriativi o che incidano sul bene in modo tale da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero ne diminuiscano significativamente il suo valore di scambio; non sono tali, invece, le destinazioni di zona contenute negli strumenti urbanistici che interessino categorie indeterminate di beni e ne prescrivano modalità conformative di utilizzo nel quadro dell’ordinato assetto del territorio e della salvaguardia dei valori urbanistici ed ambientali esistenti (cfr., tra le più recenti, Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2008 n. 2159). Pres. f.f. Cirillo, Est. Dell’Utri - S. s.a.s. (avv. Bruni) c. Comune di Gambassi Terme (avv.Falorni) - (Conferma Tar Toscana n. 257/1998) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 7 aprile 2010, n.1944
 


 

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N. 01944/2010 REG.DEC.
N. 09642/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sul ricorso numero di registro generale 9642 del 1998, proposto da:
Salceta s.a.s., rappresentata e difesa dall'avv. Alberto Bruni, con domicilio eletto presso l’avv. Alberto M. Bruni in Roma, via G. Carducci n. 4;


contro


Comune di Gambassi Terme, rappresentato e difeso dall'avv. Fausto Falorni, con domicilio eletto presso il dott. Gian Marco Grez in Roma, corso V. Emanuele II n. 18;

per la riforma

della sentenza del TAR TOSCANA - FIRENZE :Sezione III n. 00257/1998, resa tra le parti, concernente DINIEGO SANATORIA EDILIZIA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Gambassi Terme;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2010 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per le parti gli avvocati Bruni e Falorni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO


Con quattro distinti ricorsi la Salceta s.a.s. impugnava l’ordinanza 24 dicembre 1994 n. 617 del Sindaco di Gambassi Terme, di sospensione dei lavori relativi ad uno chalet in legno ed all’area circostante; l’ordinanza sindacale 22 febbraio 1995 n. 627, di demolizione di detto chalet, della sottostante piattaforma in cemento armato e del latistante muretto in pietra; il provvedimento sindacale 29 febbraio 1996 n. 2297, di diniego di rilascio di concessione edilizia in sanatoria per la realizzazione dello stesso chalet, nonché il parere negativo dell’ufficio tecnico comunale e gli atti connessi; l’ordinanza sindacale 2 luglio 1996 n. 723 di demolizione di opere edilizie, nella parte relativa al ripetuto chalet.

Con sentenza 3 settembre 1998 n. 257 il TAR per la Toscana, riuniti i quattro ricorsi, ha dichiarato improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse i primi due ed ha respinto i restanti.

Con l’appello in epigrafe la Società ha gravato tale sentenza, nella parte relativa alla reiezione dei detti due ultimi ricorsi (nn. 1561/96 e 2949/96), all’uopo deducendo:

A.- Quanto al ricorso R.G. n. 1561/96

1.- omessa, insufficiente e comunque contraddittoria pronuncia circa un punto decisivo della controversia; violazione art. 39 L. 23.12.1994 n. 724 e falsa applicazione dell’art. 33 L. 28.2.1985 n. 47; violazione art. 1 L. 8.8.1985 n. 431; violazione art. 94 b) NTA del regolamento edilizio di Gambassi Terme; eccesso di potere per sviamento; eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, illogicità e difetto di motivazione.

Il diniego di condono risulta basato sul parere contrario espresso dalla commissione edilizia integrata nella seduta del 16 gennaio 1996 (oggetto di ricorso straordinario al Capo dello Stato) e sul parere negativo del tecnico comunale in data 26 febbraio 1996, secondo i quali il fabbricato ricadrebbe in area boscata sottoposta a vincolo paesistico di cui alla legge n. 431 del 1985, nonché in zona “E2” prevalentemente boschiva del P.d.F., in cui sussisterebbe un vincolo assoluto di inedificabilità. Il TAR ha dato prevalente rilievo a quest’ultima circostanza, affermando che per questo l’Amministrazione era tenuta a negare il condono, indipendentemente dall’illegittimità delle ulteriori motivazioni.

In effetti, quanto al preteso contrasto col vincolo paesaggistico, il parere negativo della c.e.i. è privo di qualsiasi motivazione in ordine alle eventuali incompatibilità con l’ambiente circostante derivanti dalle caratteristiche costruttive o estetiche del manufatto, trattandosi di mera ed asettica descrizione delle caratteristiche dei luoghi.

Quanto all’altro preteso vincolo, come esposto nell’atto introduttivo non si tratta di inedificabilità assoluta, essendo consentiti i tipi di interventi indicati nelle tavole di P.d.F. con numeri romani su edifici esistenti o sulle aree, compresi quelli di ristrutturazione urbanistica, dunque eccedenti il mero restauro; d’altra parte il Comune non ha motivato in ordine a quali effettive limitazioni graverebbero sull’area. Peraltro, il divieto di nuove costruzioni è finalizzato alla tutela di interessi non storici, artistici, architettonici, ecc., ma ambientali mediante la sola prescrizione di piani di sviluppo che tendano a mantenere o incrementare la presenza boschiva in maniera scorrelata dalla disciplina degli interventi ammessi, tanto che nell’ambito di tali piani sono consentite anche nuove costruzioni (sicché a solo 50 mt. dallo chalet è stato autorizzato un intervento di ristrutturazione urbanistica per il recupero a destinazione residenziale di un dismesso insediamento produttivo di notevoli dimensioni).

Al riguardo, la sentenza è illogica e contraddittoria laddove da un lato ritiene che il vincolo non sia di inedificabilità totale e, dall’altro lato, che sia assoluto perché vieta qualsiasi tipo di nuovo intervento. Né può essere condiviso che si tratti di vincolo assimilabile a quello ambientale, non soggetto a decadenza quinquennale.

Il TAR non ha considerato che, se si trattasse effettivamente di vincolo di inedificabilità assoluta, nel combinato disposto con le norme di cui all’art. 1 della legge n. 431 del 1985 comporterebbe l’inalterabilità dei luoghi, con inibizione persino dell’attività agricola, e svuoterebbe perciò il contenuto del diritto di proprietà, con conseguente decadenza quinquennale.

B.- Quanto al ricorso R.G. n. 2949/96

2.- Illegittimità derivata.

3.- Omessa, insufficiente e comunque contraddittoria pronuncia circa un punto decisivo della controversia. Violazione art. 39 L. 23.12.1994 n. 724 e falsa applicazione dell’art. 33 L. 28.2.1995 n. 47. Violazione art. 1 L. 8.8.1985 n. 431. Violazione art. 94/b NTA del regolamento edilizio di Gambassi Terme. Eccesso di potere per sviamento. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, illogicità e difetto di motivazione.

Erroneamente la censura è stata disattesa dal TAR in quanto analoga al motivo unico dell’altro ricorso, stante la fondatezza di quello.

4.- Omessa, insufficiente e comunque contraddittoria pronuncia circa un punto decisivo della controversia. Ulteriore violazione art. 39 L. 23.12.1994 n. 724. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria, illogicità e contraddittorietà manifeste, difetto di motivazione. Violazione artt. 1, 7, 8 e 9 R.D. 30.12.1923 n. 3267.

Circa la censura con cui si evidenziava l’illogicità di sanzionare con la demolizione l’intervento ricadente in zona boschiva vincolata quando l’Autorità preposta alla tutela di tale vincolo l’aveva valutato compatibile, il TAR ne ha ritenuto l’inammissibilità perché riferibile al diniego di condono e non all’ingiunzione di demolizione. Non ha così considerato come ciascun atto amministrativo sia sorretto dalla correlativa motivazione, che deve risultare esente da vizi logici, sicché la censura doveva essere esaminata ed accolta.

Con memoria del 29 dicembre 2009 l’appellante ha insistito nelle proprie tesi e pretese.

Il Comune di Gambassi Terme si è costituito in giudizio e con memoria del 31 dicembre 2009 ha svolto ampie controdeduzioni.

L’appello è stato introitato in decisione all’odierna udienza pubblica, previa trattazione orale.

Ciò posto la Sezione, ricordato che il diniego di condono di cui al provvedimento del 29 febbraio 1996 espone due cause giustificatrici, concernenti l’una il vincolo paesaggistico, l’altra il vincolo urbanistico definito di inedificabilità assoluta, osserva che giustamente il primo giudice ha dato rilevanza a quest’ultimo, assorbente profilo. Ed altrettanto giustamente ha disatteso le doglianze formulate al riguardo.

L’area interessata dall’intervento di cui era chiesta la sanatoria ricade infatti in una “sottozona E2 – prevalentemente boschiva” del vigente programma di fabbricazione comunale, in cui, ai sensi dell’art. 94b del regolamento edilizio comunale, “è vietato qualsiasi tipo di nuovo intervento edilizio”, essendo consentiti unicamente “piani di sviluppo di iniziativa pubblica o privata”, i quali però “dovranno tendere prevalentemente al mantenimento e all’incremento” del patrimonio boschivo, nonché interventi su edifici esistenti, singoli o in gruppi.

Nella particolare sottozona “ex fungaia che si trova a sud dell’abitato di Camporbiano” sono anche consentiti “interventi di ristrutturazione urbanistica nei limiti della volumetria e della superficie coperta esistenti”. Ora, se è vero che siffatta ristrutturazione urbanistica comporta la possibilità di nuove edificazioni, è pur vero che ciò è condizionato strettamente alla preesistenza di quantitativamente identiche volumetrie e superfici.

Dunque, per quanto riguarda l’area interessata, priva di preesistenti costruzioni, sussiste indubbiamente un vincolo di inedificabilità assoluta; il che conduce ad includere lo chalet tra le “opere non suscettibili di sanatoria” ai sensi dell’art. 33, lett. d), della legge 28 febbraio 1985 n. 47 e, pertanto, giustifica autonomamente il diniego di condono, il quale perciò stesso risulta puntualmente e specificamente motivato.

Né può ragionevolmente ritenersi che il detto vincolo rientri nel novero di quelli soggetti al regime stabilito dall’art. 2, co. 1, della legge 19 novembre 1968 n. 1187, ossia perda ogni efficacia al decorso di cinque anni dall’approvazione. Com’è noto, costituiscono vincoli soggetti a decadenza quelli espropriativi o che incidano sul bene in modo tale da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero ne diminuiscano significativamente il suo valore di scambio; non sono tali, invece, le destinazioni di zona contenute negli strumenti urbanistici che interessino categorie indeterminate di beni e ne prescrivano modalità conformative di utilizzo nel quadro dell’ordinato assetto del territorio e della salvaguardia dei valori urbanistici ed ambientali esistenti (cfr., tra le più recenti, Cons. St., sez. IV, 12 maggio 2008 n. 2159). E nella specie si verte in quest’ultima ipotesi, giacché il predetto vincolo non solo non prelude all’espropriazione, ma anche non osta alla utilizzazione del suolo in tutti i modi ritenuti dallo strumento compatibili con le perseguite finalità di tutela, compresi lo sfruttamento agricolo-forestale ed anche una serie di interventi edilizi che non si consistano, però, in “nuova” edificazione, ossia nell’ulteriore edificabilità rispetto all’esistente.

Va dunque confermata la reiezione del ricorso diretto all’annullamento del menzionato diniego di condono.

Analogamente deve concludersi in ordine al ricorso diretto all’annullamento dell’ordinanza di demolizione 2 luglio 1996 n. 723: è evidente che, stante quanto ritenuto innanzi, non sussistono i vizi di cui ai primi due motivi.

Quanto al terzo, va evidenziato che si tratta di provvedimento consequenziale e vincolato rispetto al diniego di sanatoria, ai sensi dell’ultimo comma del cit. art. 33 della legge n. 47 del 1985 (il quale prevede l’applicazione delle sanzioni previste nel capo I alle opere non suscettibili di sanatoria) in correlazione con l’art. 7, co. 2, della stessa legge (il quale prevede appunto la demolizione di opere realizzate in assenza di concessione); pertanto, non è autonomamente configurabile nei suoi confronti il vizio di irrazionalità ed incoerenza col nulla osta idrogeologico ottenuto dall’autorità preposta alla tutela di quel vincolo. Ne deriva che, come bene ha rilevato il TAR, siffatto vizio atterrebbe al ripetuto diniego di condono e non all’ingiunzione oggetto del ricorso ora in parola, non richiedente altra motivazione se non la constatazione della prevista tipologia di abuso; di qui l’inammissibilità della relativa censura.

In conclusione, l’appello non può che essere respinto. Tuttavia, nella peculiarità della regolamentazione urbanistica comunale di cui si è discusso si ravvisano ragioni affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese del grado.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2010 con l'intervento dei Signori:

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente FF
Marco Lipari, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
 



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