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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Realizzazione di impianti radioelettrici -
Titoli abilitativi - Ente competente al rilascio - Art. 87 d.lgs. n. 259/2003 -
Ente Locale - Interpretazione ex art. 118 Cost. - Comune. L'individuazione
del Comune quale ente abilitato al rilascio dei titoli autorizzatori necessari
per la realizzazione degli impianti radioelettrici discende, dal d.lgs. n.
259/2003, letto alla luce dell'art. 118 Cost.. L'art. 87, commi 2 e 9, del
d.lgs. n. 259/2003, pur indicando in modo generico l'ente locale competente al
ricevimento delle istanze ed al rilascio dei titoli abilitativi (utilizzando la
testuale espressione "l'ente locale"), deve infatti essere interpretato nel
senso che attribuisca al Comune tale competenza.(Consiglio Stato , sez. VI, 28
giugno 2007, n. 3792). Pres. Varrone, Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di
Napoli (avv. Messina) c. H. s.p.a. (n.c.) - (Conferma TAR Campania, Napoli, n.
19379/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Stazione radio base - Autorizzazione -
Formazione del silenzio assenso - Decorrenza - Individuazione - Parere
favorevole dell’ARPA - Necessità ai soli fini dell’attivazione. In tema di
autorizzazione per la costruzione di una stazione radio-base, il termine per la
formazione del silenzio-assenso di cui all'art. 87, IX comma del DLgs n. 259/03
decorre dalla presentazione della domanda corredata dal progetto, e non dalla
ricezione, da parte del Comune, del parere dell'Arpa, in quanto ai sensi
dell'art. 87, IV comma del citato DLgs n. 259 il deposito del parere preventivo
favorevole dell'Arpa non è prescritto per la formazione del titolo edilizio
ovvero per l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione dell'impianto (Tar
Veneto n. 1283/2007 TAR Lecce, II, 24.8.2006 n. 4279; TAR Catania, II, 23.9.2005
n. 1478). Pres. Varrone, Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di Napoli (avv.
Messina) c. H. s.p.a. (n.c.) - (Conferma TAR Campania, Napoli, n. 19379/2004).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti radioelettrici - Insediamento -
Competenza regolamentare comunale - Art. 8 L. n. 36/2001 - Differenza tra
“criteri localizzativi” e “limiti alla localizzazione”. In tema di
competenza regolamentare per il corretto insediamento degli impianti
radioelettrici, attribuita ai Comuni con l’art. 8, comma 6, della legge n. 36
del 2001, la giurisprudenza ha precisato la differenza fra ‘criteri
localizzativi” e “limiti alla localizzazione” ritenendosi consentiti i primi, in
quanto recanti criteri specifici rispetto a localizzazioni puntuali, e non i
secondi, in quanto recanti divieti generalizzati per intere aree (ex multis:
Cons. Stato, Sez. VI: 5 giugno 2006, n. 3452; 19 maggio 2008, n.2287; 17 luglio
2008, n. 3596). Pres. Varrone, Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di Napoli
(avv. Messina) c. H. s.p.a. (n.c.) - (Conferma TAR Campania, Napoli, n.
19379/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Impianti radioelettrici - Realizzazione -
Autorizzazione ex art. 87 Cod. telecomunicazioni - Permesso di costruire ex
d.p.r. n. 380/2001 - Necessità - Esclusione. La realizzazione degli impianti
radioelettrici è subordinata soltanto all’autorizzazione prevista dall’art. 87
del Codice delle telecomunicazioni, che pone una normativa speciale esaustiva
dell’esame di diversi profili implicati, incluso quello della compatibilità
edilizio-urbanistica dell’intervento, non occorrendo perciò il permesso di
costruire di cui agli articoli 3 e 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 (ex multis:
Cons. Stato, Sez. VI:17 ottobre 2008, 5044; 5 agosto 2005, n. 4159)”. Pres.
Varrone, Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di Napoli (avv. Messina) c. H.
s.p.a. (n.c.) - (Conferma TAR Campania, Napoli, n. 19379/2004). CONSIGLIO DI
STATO, Sez. VI - 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Installazione di impianti di
telecomunicazione - Regolamento comunale - Suddivisione del territorio comunale
in tre tipologie, di cui solo una idonea ad ospitare impianti - Illegittimità -
Fondamento. Il regolamento comunale che delinei la suddivisione del
territorio comunale in tre tipologie di aree (maggiormente idonee, di attenzione
e sensibili) si pone in contrasto con il d.lg. n. 259 del 2003, non consentendo
tale decreto alle amministrazioni comunali di estendere la propria competenza
sino a selezionare le aree del territorio, individuandone solo alcune come
idonee ad ospitare gli impianti. L'installazione di impianti di
telecomunicazione, infatti, deve ritenersi in generale consentita sull'intero
territorio comunale in modo da poter realizzare, con riferimento a quelli di
interesse generale, un'uniforme copertura di tutta l'area comunale
interessata.(Consiglio Stato , sez. VI, 28 marzo 2007, n. 1431). Pres. Varrone,
Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di Napoli (avv. Messina) c. H. s.p.a. (n.c.)
- (Conferma TAR Campania, Napoli, n. 19379/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI
- 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Localizzazione degli impianti di
telecomunicazione - Regolamento comunale - Obbligo di rispettare determinate
distanze dai confini - Illegittimità. Come non può essere imposto, mediante
regolamento comunale edilizio l'osservanza di determinate distanze dagli edifici
esistenti, ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non si può pretendere di
localizzare gli impianti ad una determinata distanza dal confine di proprietà,
trattandosi di previsione che appare priva di giustificazione alcuna e
rappresenta solo un indebito impedimento nella realizzazione di una rete
completa di telecomunicazioni.(Consiglio Stato , sez. VI, 25 giugno 2007, n.
3536). Pres. Varrone, Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di Napoli (avv.
Messina) c. H. s.p.a. (n.c.) - (Conferma TAR Campania, Napoli, n. 19379/2004).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 27 aprile 2010, n. 2371
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Insediamento urbanistico e territoriale degli
impianti - Potere regolamentare comunale - Art. 8, c. 6 L. n. 36/2001 -
Fissazione di limiti di esposizione diversi da quelli stabiliti dallo Stato -
Illegittimità - Introduzione di misure funzionali alla tutela della salute -
Competenze comunali - Estraneità. Ai sensi dell'art. 8 comma 6, della legge
22 febbraio 2001 n. 36, i comuni possono adottare un regolamento atto ad
assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e
minimizzare l'esposizione della popolazione comunale ai campi elettromagnetici.
Tuttavia, il potere regolamentare comunale non può implicare la fissazione di
limiti di esposizione ai campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti
dallo Stato, non rientrando tale potere nell'ambito delle competenze comunali.
Non può, pertanto, il comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di
natura edilizia-urbanistica, adottare misure derogatorie ai predetti limiti di
esposizione fissati dallo Stato, quali, ad esempio, il generalizzato divieto di
installazione delle stazioni radiobase per telefonia cellulare in tutte le zone
territoriali omogenee a destinazione residenziale; ovvero, introdurre misure che
pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc.) non siano
funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela della salute
dai rischi dell'elettromagnetismo.(Consiglio Stato , sez. VI, 03 ottobre 2007,
n. 5098; Consiglio Stato , sez. VI, 05 giugno 2006, n. 3332). Pres. Varrone,
Est. Taormina - Comune di Casalnuovo di Napoli (avv. Messina) c. H. s.p.a. (n.c.)
- (Conferma TAR Campania, Napoli, n. 19379/2004). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI
- 27 aprile 2010, n. 2371
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02371/2010 REG.DEC.
N. 03427/2005 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 3427 del 2005, proposto da:
Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del legale rappresentante in carica
rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Messina, con domicilio eletto presso
Carlo Sarro in Roma, largo Arenula, 34;
contro
H3g S.p.A.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - Sede di NAPOLI - SEZIONE I n. 19379/2004,
resa tra le parti, concernente INSTALLAZIONE IMPIANTO DI TELEFONIA.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2010 il Consigliere Fabio
Taormina e udito per parte appellante l’ avvocato Russo per delega di Messina.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso di primo grado parte appellata aveva proposto domanda di
annullamento del provvedimento con cui il Comune di Casalnuovo di Napoli -
relativamente alla d.i.a. protocollata dalla società originaria ricorrente per
la installazione di un impianto di telefonia - aveva ordinato di “. . .non
eseguire i lavori di cui alla precitata denuncia di inizio attività”; nonché
della relazione con la quale il tecnico istruttore, nella veste di responsabile
del procedimento, aveva affermato che “. . .l’impianto a realizzarsi risulta
avere una potenza efficace totale di antenna superiore a 100 watt” e, “. . .per
tali impianti la legge Regione Campania n. 14 del 24.11.2001 prevede il rilascio
delle relative autorizzazioni da parte del Presidente della provincia
competente.”
Essa era insorta prospettando numerosi motivi di censura ed il Tar, con sentenza
resa in forma semplificata ha accolto l’impugnazione ritenendo fondato il
secondo motivo di doglianza prospettato ed assorbendo in tale statuizione le
altre doglianze.
Il ricorso di primo grado meritava accoglimento, secondo il Tar, perché dopo
l’entrata in vigore del Codice delle Comunicazioni la competenza ad esaminare
tali DIA spettava senz’altro al Comune, dovendosi ritenere superata la
previsione di cui all’art. 3 della l. Regionale della Campania n. 14/2001.
La stessa Regione Campania aveva chiarito tale punto con la delibera n. 3864 del
30/12/2003, la cui legittimità era stata confermata in passato dal TAR Campania,
sez. I, con ordinanza n. 3053 del 26/05/2004.
Pertanto, non aveva rilievo la questione sulla potenza in singola antenna, in
quanto il Comune aveva sostenuto che “l’impianto a realizzarsi risulta avere una
potenza efficace totale di antenna superiore a 100 watt” all’evidente scopo di
applicare l’art. 3 della l. Reg. Campania n. 14/2001.
Sotto altro profilo, i primi Giudici hanno posto in risalto la circostanza che
il parere ARPAC era stato rilasciato in data 07/10/04 e che tale parere era
richiesto solo ed esclusivamente per la concreta attivazione dell’impianto (e
che il termine per la formazione del silenzio-assenso di cui all’art. 87 del
d.lgs. n. 259/2003 decorre dalla presentazione della domanda di autorizzazione,
corredata dal progetto di stazione radio-base, e non dalla ricezione, da parte
del Comune, del parere dell’ARPA -arg. ex art. 87 cit. comma 4 e comma 9-).
L’amministrazione comunale di Casalnuovo di Napoli ha proposto un articolato
appello evidenziando che la statuizione dell’amministrazione doveva reputarsi
legittima.
Ha criticato la decisione in epigrafe sotto il profilo procedurale perché resa
in carenza delle condizioni legittimanti la pronuncia succintamente motivata
criticando altresì la circostanza che la motivazione della sentenza appariva
ampia e diffusa.
Nel merito, ha fatto presente la erroneità della decisione, in quanto la legge
Regionale della Campania n. 14/2001, all’art. 3, stabiliva che la competenza a
provvedere spettasse al Presidente della Provincia di Napoli; il D.lvo n.
259/2003, poi, faceva riferimento generico all’Ente locale competente a ricevere
la richiesta, (appunto il Presidente della Provincia di Napoli, secondo la
previsione di cui alla citata legge regionale), né la delibera giuntale n. 3864
del 30/12/2003 poteva invertire tale ordine di competenze fissate dalla fonte
legislativa superior, od altrimenti modificarla.
Ha poi richiamato il disposto di cui all’art. 87 del d.lvo n. 259/2003
sostenendo che la sopravvenienza del parere dell’Arpa rispetto alla richiesta
fosse irrilevante.
La programmazione urbanistica comunale, in tema di allocazione dei predetti
impianti, rilevava ai sensi dell’art. 8 comma VI della legge n. 36/2001.
Non appariva corretto non rilevare che il diniego comunale non si poneva in
contrasto con l'art. 87 del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. n.
259/2003 le cui norme non prevalevano, per il principio di specialità, su quelle
del Testo Unico dell'Urbanistica D.P.R. n. 380/2001); esso non aveva eliminato
per gli impianti di cui trattasi il permesso di costruire ( sostituendolo da
un'autorizzazione soggetta a silenzio assenso). Il regolamento comunale sulla
localizzazione degli impianti stessi - possibile a norma dell'art. 8, comma 6
della legge n. 36/2001 - era perfettamente legittimo.
L’amministrazione comunale ha infine depositato una articolata memoria con la
quale ha puntualizzato e ribadito i cinque distinti versanti di critica
all’appellata decisione chiedendone l’annullamento
DIRITTO
L’appello è infondato e deve essere respinto, nei termini di cui alla
motivazione che segue con conseguente conferma della appellata sentenza.
Deve premettersi che la censura “processuale” relativa alla sussistenza delle
condizioni per pronuncia una decisione in forma semplificata è certamente
infondata.
Invero, come è noto, l'art. 26 comma ult., l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (come
sostituito dall'art. 9, l. 21 luglio 2000 n. 205) consente all'adito giudice
amministrativo, laddove venga ravvisata la manifesta fondatezza, ovvero la
manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del
ricorso, di definire il merito della causa con sentenza succintamente motivata,
nei casi in cui sussista la completezza del contraddittorio processuale e del
materiale istruttorio rilevante ai fini di un'esaustiva delibazione del proposto
thema decidendum.
Orbene: incontestata la circostanza relativa al positivo verificarsi delle
condizioni in ultimo citate (completezza del contraddittorio processuale e del
materiale istruttorio) il vaglio in ordine al primo “requisito” (un giudizio in
ordine alla manifesta fondatezza, ovvero la manifesta irricevibilità,
inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del petitum), pertiene
esclusivamente alla valutazione giudiziale, sindacabile, eventualmente, in
ipotesi di manifesta abnormità, non ricorrente certamente nel caso di specie,
laddove il Tar ha evidenziato un profilo di criticità assoluta nella statuizione
amministrativa che da solo connotava quest’ultima di illegittimità.
Ciò premesso, è bene avvertire che talune delle questioni (segnatamente quelle
proposte nell’ultima parte del ricorso in appello, e relative, come dianzi
chiarito, alla asserita inconciliabilità delle richieste di parte appellata con
le “opzioni regolatrici” comunali di natura urbanistica) prospettate nel ricorso
in appello hanno di recente trovato soluzione in due recenti decisioni gemelle
di questa Sezione (la n. 8214 e la n. 8215 del 2009) che hanno dichiarato la
infondatezza dei gravami proposti dall’amministrazione comunale odierna
appellante con riguardo a problematiche in larga parte identiche a quelle
prospettate da quest’ultima nell’odierno giudizio.
I condivisibili principi espressi nelle citate decisioni - in ordine ai quali il
Collegio non rinviene ragione alcuna per mutare divisamento - devono intendersi
essere integralmente richiamati nella presente decisione, e, pertanto quanto
alle problematiche “urbanistiche” sollevate dall’appellante amministrazione ci
si limiterà, nell’ultima parte della motivazione, a chiarire sinteticamente le
ragioni della condivisibilità da parte del Collegio dell’opzione ermeneutica
reiettiva contenuta nelle citate sentenza della Sezione n. 8214 e n. 8215 del
2009.
Ciò illustrato in punto di perimetrazione del devolutum sul quale il
Collegio si soffermerà analiticamente, e passando ad esaminare il merito delle
censure proposte, deve in primo luogo evidenziarsi che la doglianza relativa
alla individuazione del soggetto pubblico competente a pronunciarsi sull’istanza
(motivo del ricorso di primo grado accolto in via principale dal Tar) è
certamente infondata.
Il Collegio, infatti, non rinviene ragione per discostarsi dal principio,
recentemente affermato, secondo il quale “ a fronte della formulazione dell'art.
87 d.lg. n. 259 del 2003, che attribuisce genericamente all'ente locale la
competenza al rilascio dei titoli autorizzatori necessari per la realizzazione
di impianti radioelettrici, è legittima la deliberazione di giunta regionale che
individua nel Comune il suddetto ente locale; l'art. 87 cit., infatti, deve
essere interpretato alla luce del principio di sussidiarietà di cui all'art. 118
Cost., ai sensi del quale l'attribuzione delle funzioni amministrative al Comune
rappresenta la regola, potendosi disciplinare diversamente solo laddove risulti
che il Comune non sia in grado di esercitare adeguatamente tali
funzioni.”(Consiglio Stato , sez. VI, 28 giugno 2007, n. 3792).
Nel corpo motivazionale della richiamata decisione (che ha strettissima
attinenza con la fattispecie per cui è causa in quanto la Sezione si è
pronunciata su un appello proposto dalla Regione Campania avverso la sentenza
del T.a.r. Campania - Napoli che, accogliendo il ricorso del Comune di Nola,
aveva annullato la delibera della Giunta Regionale della Campania n. 3864 del
30.12.2003, pubblicata sul B.U.R.C. n. 7 del 16.2.2004, che individuava il
Comune quale ente abilitato al rilascio dell'autorizzazione relativa
"all'istallazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica
delle caratteristiche di emissione di questi ultimi", nel rispetto delle
procedure e della modulistica indicate dall'art. 87 d.lgs. n. 259/2003, nonché
quale ente abilitato al rilascio dell'autorizzazione relativamente alle opere
civili di cui agli artt. 88 e 89 del d.lgs. n. 259/2003) è dato rinvenire
l’affermazione secondo cui “l'individuazione del Comune quale ente abilitato al
rilascio dei titoli autorizzatori necessari per la realizzazione degli impianti
radioelettrici discende, dal d.lgs. n. 259/2003, letto alla luce dell'art. 118
Cost..
L'art. 87, commi 2 e 9, del d.lgs. n. 259/2003, pur indicando in modo generico
l'ente locale competente al ricevimento delle istanze ed al rilascio dei titoli
abilitativi (utilizzando la testuale espressione "l'ente locale"), deve essere
interpretato nel senso che attribuisca al Comune tale competenza.”.
Il Consiglio di Stato ha quindi da ciò fatto discendere che “la legittimità
della delibera della Giunta che ha fornito l'unica interpretazione legittima,
siccome conforme alle norme costituzionali, degli artt. 87 e 88 d.lgs. n.
259/2003. Ulteriore conferma a tale interpretazione si ricava dall'art. 86
d.lgs. n. 259/2003 che equipara a tutti gli effetti gli impianti di
telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria. Ed allora, considerando
che le opere di urbanizzazione debbono essere assentite dal Comune, si può
ritenere, in virtù della ricordata equiparazione, che sempre al Comune spetta la
competenza ad assentire la realizzazione degli impianti di telecomunicazioni”.
La prima doglianza proposta è quindi senz’altro infondata alla stregua dei
condivisibili principi affermati nella suindicata pronuncia.
Anche la doglianza afferente la mancata produzione del parere Arpac coevamente
alla istanza (il parere positivo pervenne comunque in seguito, come lealmente
rappresentato dall’appellante amministrazione comunale) è manifestamente
inaccoglibile.
L’art. 87 comma IV del d.lvo n. 259/2003, infatti, dispone che “copia
dell'istanza ovvero della denuncia viene inoltrata contestualmente all'Organismo
di cui al comma 1, che si pronuncia entro trenta giorni dalla comunicazione. Lo
sportello locale competente provvede a pubblicizzare l'istanza, pur senza
diffondere i dati caratteristici dell'impianto.”
E’ palese, pertanto, che (si veda il comma I della citata disposizione)
“l’accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli,
di cui all'articolo 14 della legge 22 febbraio 2001, n. 36 della compatibilità
del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi
di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto
della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di
attuazione” deve seguire, e non già precedere, la produzione dell’istanza; che
al privato richiedente non possa essere ascritto alcun altro onere diverso dalla
presentazione dell’istanza e che, non operando in materia alcuna ipotesi di
silenzio-rifiuto (si veda, in contrario, il comma IX del predetto articolo),
dalla mancata ricezione del parere non possano discendere conseguenze reiettive
(per l’affermazione del principio secondo cui “in tema di autorizzazione per la
costruzione di una stazione radio-base il termine per la formazione del
silenzio-assenso di cui all'art. 87, IX comma del DLgs n. 259/03 decorre dalla
presentazione della domanda corredata dal progetto, e non dalla ricezione, da
parte del Comune, del parere dell'Arpa, in quanto ai sensi dell'art. 87, IV
comma del citato DLgs n. 259 il deposito del parere preventivo favorevole
dell'Arpa non è prescritto per la formazione del titolo edilizio ovvero per
l'inizio dei lavori, ma solo per l'attivazione dell'impianto si vedano, da
ultimo, Tar Veneto n. 1283/2007 TAR Lecce, II, 24.8.2006 n. 4279; TAR Catania,
II, 23.9.2005 n. 1478).
La circostanza infine che il parere positivo comunque pervenne, appare
dimostrativa in termini troncanti della illegittimità dell’azione seguita
dall’amministrazione e della conseguente inaccoglibilità della relativa censura.
Quanto sinora rilevato in via teorica esaurirebbe il compito della Sezione.
L’appellante amministrazione, ha tuttavia proposto ulteriori motivi di gravame
avverso la impugnata sentenza fondati su profili riconducibili alle statuizioni
contenute nel proprio Regolamento Edilizio su cui è doveroso soffermarsi.
Essi sono infondati alla stregua della condivisibile affermazione (perfettamente
aderente al caso di specie, in quanto relativa a controversia promossa
dall’amministrazione comunale odierna appellante) contenuta nella decisione n.
8214/2009 secondo cui “-riguardo alla competenza regolamentare in materia, in
particolare attribuita ai Comuni con l’art. 8, comma 6, della legge n. 36 del
2001, la giurisprudenza ha precisato la differenza fra ‘criteri localizzativi” e
“limiti alla localizzazione” ritenendosi consentiti i primi, in quanto recanti
criteri specifici rispetto a localizzazioni puntuali, e non i secondi, in quanto
recanti divieti generalizzati per intere aree (ex multis: Cons. Stato, Sez. VI:
5 giugno 2006, n. 3452; 19 maggio 2008, n.2287; 17 luglio 2008, n. 3596),
dovendosi concludere, su questa base, che la citata norma del regolamento
edilizio comunale, riguardando l’intero centro abitato, viene a rientrare nella
normativa del secondo tipo;
-la realizzazione degli impianti in questione è subordinata soltanto
all’autorizzazione prevista dall’art. 87 del Codice, che pone una normativa
speciale esaustiva dell’esame di diversi profili implicati, incluso quello della
compatibilità edilizio-urbanistica dell’intervento, non occorrendo perciò il
permesso di costruire di cui agli articoli 3 e 10 del d.P.R. n. 380 del 2001 (ex
multis: Cons. Stato, Sez. VI:17 ottobre 2008, 5044; 5 agosto 2005, n. 4159)”.
Già in passato, peraltro, la Sezione, coerentemente con l’impostazione sopra
riportata la cui piena condivisibilità deve ribadirsi in questa sede, aveva
evidenziato che “il regolamento comunale che delinei la suddivisione del
territorio comunale in tre tipologie di aree (maggiormente idonee, di attenzione
e sensibili) si pone in contrasto con il d.lg. n. 259 del 2003, non consentendo
tale decreto alle amministrazioni comunali di estendere la propria competenza
sino a selezionare le aree del territorio, individuandone solo alcune come
idonee ad ospitare gli impianti. L'installazione di impianti di
telecomunicazione, infatti, deve ritenersi in generale consentita sull'intero
territorio comunale in modo da poter realizzare, con riferimento a quelli di
interesse generale, un'uniforme copertura di tutta l'area comunale
interessata.”.(Consiglio Stato , sez. VI, 28 marzo 2007, n. 1431)
Tale orientamento è stato ancora di recente ribadito dalla Sezione (Consiglio
Stato , sez. VI, 23 giugno 2008, n. 3133), e da esso non si ravvisano motivi per
discostarsi.
Esso trova la propria scaturigine logica, peraltro, in un armonioso procedere
della interpretazione giurisprudenziale verso la ricerca di un punto di ordinata
mediazione che, pur tenendo conto della compresenza di distinte competenze in
materia, evitasse che quella comunale si esplicasse in ambiti (diversi da quelli
strettamente urbanistici) riservati ad altri Enti.
Si è detto in passato, pertanto, che “va dichiarata l'illegittimità di un
regolamento comunale adottato ai sensi dell'art. 8 comma 6 l. 22 febbraio 2001
n. 36, laddove l'ente territoriale si sia posto quale obiettivo, sebbene non
dichiarato, ma evincibile dal contenuto dell'atto regolamentare, quello di
preservare la salute umana dalle emissioni elettromagnetiche promananti da
impianti di radiocomunicazione (ad esempio attraverso la fissazione di distanze
minime delle stazioni radio base da particolari tipologie d'insediamenti
abitativi), essendo tale materia attribuita alla legislazione concorrente
Stato-regioni dell'art. 117 cost., come riformato dalla l. cost. 18 ottobre 2001
n. 3. “(Consiglio Stato , sez. VI, 20 dicembre 2002, n. 7274).
Del pari, è stato rilevato che “come non può essere imposto, mediante
regolamento comunale edilizio l'osservanza di determinate distanze dagli edifici
esistenti, ugualmente, ed anzi a maggior ragione, non si può pretendere di
localizzare gli impianti ad una determinata distanza dal confine di proprietà,
trattandosi di previsione che appare priva di giustificazione alcuna e
rappresenta solo un indebito impedimento nella realizzazione di una rete
completa di telecomunicazioni.”(Consiglio Stato , sez. VI, 25 giugno 2007, n.
3536).
Come è agevole riscontrare, la progressione evolutiva giurisprudenziale si pone
in senso sfavorevole alle prospettazioni di parte appellante.
Di più.
Si è addirittura escluso che la stessa “causale” dell’esercizio della potestà
regolamentare possa essere determinata da esigenze protettive di interessi
diversi da quelli relativi a “valutazioni strettamente riguardanti interessi
riferibili ad aspetti urbanistici, edilizi, architettonici, di decoro o di
protezione del territorio.”(Consiglio Stato , sez. VI, 06 agosto 2002, n. 4096)
Sul punto può aggiungersi che, ancora di recente, si è affermato che “ai sensi
dell'art. 8 comma 6, della legge quadro sulla protezione dalle esposizioni ai
campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici 22 febbraio 2001 n. 36, i comuni
possono adottare un regolamento atto ad assicurare il corretto insediamento
urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della
popolazione comunale ai campi elettromagnetici. Tuttavia, il potere
regolamentare comunale non può implicare la fissazione di limiti di esposizione
ai campi elettromagnetici diversi da quelli stabiliti dallo Stato, non
rientrando tale potere nell'ambito delle competenze comunali. Non può, pertanto,
il comune, attraverso il formale utilizzo degli strumenti di natura
edilizia-urbanistica, adottare misure derogatorie ai predetti limiti di
esposizione fissati dallo Stato, quali, ad esempio, il generalizzato divieto di
installazione delle stazioni radiobase per telefonia cellulare in tutte le zone
territoriali omogenee a destinazione residenziale; ovvero, introdurre misure che
pur essendo tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc.) non siano
funzionali al governo del territorio, quanto piuttosto alla tutela della salute
dai rischi dell'elettromagnetismo.(Consiglio Stato , sez. VI, 03 ottobre 2007,
n. 5098 , ma si veda ancheConsiglio Stato , sez. VI, 05 giugno 2006, n. 3332,
secondo cui “è illegittimo il regolamento comunale che, in materia di
installazione di impianti di telefonia mobile, contiene prescrizioni che non
costituiscono espressione di pianificazione urbanistica, ma di tutela della
salute e ciò in quanto la l. quadro 22 febbraio 2001 n. 36 ha attribuito
esclusivamente allo Stato la funzione di fissazione dei criteri e dei limiti
rilevanti ai fini della protezione della popolazione dalle potenzialità nocive
insite nell'esposizione ai campi magnetici.”)”
L’appello non contiene deduzioni atte a scalfire l’esatta statuizione resa dal
Tar dal che consegue la reiezione del gravame e la integrale conferma
dell’appellata decisione.
Le spese di giudizio, però, in considerazione soprattutto della natura della
controversia azionata, possono essere integralmente compensate fra le parti in
lite ricorrendone le condizioni di legge.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe lo respinge e per
l’effetto conferma nei termini di cui alla motivazione la sentenza appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 aprile 2010 con
l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone, Presidente
Luciano Barra Caracciolo, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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ISSN 1974-9562