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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 17 giugno 2010, n. 3851
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico sopravvenuto - Opponibilità
- Esclusione- Ipotesi - Artt. 139 e 146 d.lgs. n. 42/2004 - Inizio dei lavori -
Factum principis. Nell’esegesi degli artt. 139 e 146, d.lgs. n. 42/2004, si
deve ritenere che il sopravvenuto vincolo paesaggistico non è opponibile, e
dunque non impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica: a) per
interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo
edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e
di cui sia già iniziata l’esecuzione; b) per interventi edilizi che siano già
stati autorizzati sotto il solo profilo edilizio o anche sotto quello
paesaggistico in virtù di un precedente regime, e per i quali l’esecuzione non
sia iniziata nei termini assegnati per fatto non imputabile al soggetto
autorizzato. Invece, il sopravvenuto vincolo paesaggistico è opponibile, e
dunque impone la richiesta di autorizzazione paesaggistica: a) per interventi
edilizi che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto il profilo
edilizio; b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il
solo profilo edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un
precedente regime, e per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini
assegnati per fatto imputabile al soggetto autorizzato. All’ipotesi di inizio
dei lavori deve assimilarsi quella in cui l’inizio non vi sia stato per factum
principis non imputabile all’interessato, ove risulti che i lavori sarebbero
potuti legittimamente e tempestivamente iniziare. Pres. Barbagallo, Est. De
Nictolis - E. s.r.l. (avv.ti Abbamonte, Clarizia, Conte) c. Ministero per i Beni
e le Attività Culturali (Avv. Stato) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 17 giugno 2010, n. 3851
DIRITTO URBANISTICO - DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Esecuzione del
giudicato - Sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla
notificazione della sentenza - Sopravvenienze in materia edilizia e urbanistica.
Costituisce principio consolidato quello secondo cui l’esecuzione del giudicato
trova ostacolo e limite nelle sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi
anteriormente alla notificazione della sentenza, restando irrilevanti solo le
sopravvenienze successive alla notificazione medesima; siffatto orientamento è
stato affermato soprattutto con riferimento alle sopravvenienze in materia di
edilizia e urbanistica, rispetto a provvedimenti di diniego di concessione
edilizia, annullati in sede giurisdizionale, e ha la sua giustificazione nella
circostanza che l’interesse all’esecuzione del giudicato in materia
edilizia-urbanistica deve essere mediato con l’interesse generale al rispetto
dei nuovi assetti in materia nel frattempo intervenuti; più in generale, può
affermarsi che le sopravvenienze di fatto e di diritto anteriori alla notifica
della sentenza costituiscono un ostacolo e un limite all’esecuzione del
giudicato laddove le stesse comportino un diverso assetto dei pubblici interessi
che sia inconciliabile con l’interesse privato salvaguardato dal giudicato; ove
siffatta inconciliabilità non vi sia, deve invece darsi piena espansione alla
regola secondo cui la durata del processo non deve andare in danno della parte
vittoriosa, e la parte vittoriosa ha diritto all’esecuzione del giudicato in
base allo stato di fatto e di diritto vigente al momento dell’adozione degli
atti lesivi caducati in sede giurisdizionale (Cons. St., sez. VI, 22 ottobre
2002 n. 5816). Pres. Barbagallo, Est. De Nictolis - E. s.r.l. (avv.ti Abbamonte,
Clarizia, Conte) c. Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 17 giugno 2010, n. 3851
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 03851/2010 REG.DEC.
N. 02169/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 2169 del 2010, proposto da Essebiesse
Power s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Abbamonte, Angelo
Clarizia, Giovanni Battista Conte, con domicilio eletto presso Angelo Clarizia,
in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliato per legge in
Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Regione Molise, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Colalillo, con
domicilio eletto presso Clementino Palmiero, in Roma, via Albalonga, n. 7;
Associazione Italia Nostra, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Medugno, con
domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Panama, n. 58;
per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1020/2010, resa tra le parti,
concernente AUTORIZZAZIONE ALLA REALIZZAZIONE DI IMPIANTO DI ENERGIA ELETTRICA
DI FONTE EOLICA.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le
attività culturali, della Regione Molise e dell’Associazione Italia Nostra;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 il consigliere
Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati D'Angiolella (per delega
dell'avv. Abbamonte), Clarizia, Conte, Colalillo, Medugno, nonché l’avvocato
dello Stato Sabelli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierna ricorrente Essebiesse Power s.r.l. (d’ora innanzi SBS) opera nel
settore della produzione di energia da fonti rinnovabili, e segnatamente si
occupa di realizzazione e gestione di impianti eolici.
1.1. In data 12 novembre 2004 SBS ha inoltrato alla Regione Molise istanza di
rilascio dell’autorizzazione unica (ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 387/2003),
per la realizzazione di un impianto di energia elettrica di fonte eolica da 32
MW da ubicarsi nei Comuni di Cercepiccola, San Giuliano del Sannio e Vinchiaturo.
1.2. Dopo svariate vicende amministrative, rimanendo inerte la Regione Molise
nel rilascio dell’autorizzazione unica, SBS ha proposto innanzi al Tar Molise
azione volta ad acclarare l’illegittimità del silenzio – inadempimento.
Il Tar Molise, con sentenza n. 749/2006 ha ordinato all’Amministrazione di
provvedere.
1.3. Rimanendo ulteriormente inerte la Regione, a seguito di ulteriore ricorso
al Tar Molise, quest’ultimo con sentenza n. 749/2006 ha nominato un commissario
ad acta con il compito di provvedere sulla domanda di autorizzazione unica entro
novanta giorni.
1.4. Il commissario ad acta, con provvedimento n. 1000/CAA del 2 luglio 2007 ha
autorizzato SBS a realizzare e gestire l’impianto.
1.5. Contro l’autorizzazione unica rilasciata dal commissario ad acta e contro
la valutazione di compatibilità ambientale ha proposto ricorso al Tar per il
Molise l’Associazione Italia Nostra.
Con la sentenza n. 115/2009 il Tar Molise ha accolto il ricorso proposto
dall’Associazione Italia Nostra, annullando l’autorizzazione unica rilasciata
dal commissario ad acta e il provvedimento di valutazione di impatto ambientale.
1.6. Su appello di SBS, la sentenza è stata riformata con la decisione di questo
Consiglio di Stato 22 febbraio 2010 n. 1020, che ha fatto rivivere i
provvedimenti amministrativi annullati dal Tar.
1.7. Il Ministero per i beni e le attività culturali – Direttore regionale di
Campobasso, con decreto 8 marzo 2010 ha inibito la ripresa e la prosecuzione dei
lavori di realizzazione dell’impianto eolico in questione, sul presupposto che
con d.m. 23 luglio 2009 (pubblicato in G.U. 20 agosto 2009) è stato sottoposto a
vincolo paesaggistico l’intero territorio dei Comuni di Cercepiccola, S.
Giuliano del Sannio e Cercemaggiore.
2. Ha proposto ricorso per ottemperanza la SBS, lamentando che tale
provvedimento è elusivo e violativo del giudicato, in quanto il giudicato
avrebbe fatto rivivere i provvedimenti impugnati senza spazio per un riesercizio
dell’azione amministrativa.
3. Si sono costituiti in resistenza il Ministero autore del provvedimento
contestato e l’Associazione Italia Nostra. Si è costituita per aderire al
ricorso la Regione Molise.
4. Giova anzitutto delimitare l’ambito del giudicato.
Oggetto del contendere nel giudizio di cognizione era la legittimità o meno
dell’autorizzazione unica per l’impianto eolico, che valutava anche i profili
paesaggistici in base allo stato di fatto e di diritto all’epoca di adozione,
nel 2007, quando sull’area non vi era alcun vincolo paesaggistico.
Non si contendeva, invece, della eseguibilità attuale di tale autorizzazione, e
della sua idoneità o meno attuale a far eseguire l’intervento, alla luce del
sopravvenuto d.m. 23 luglio 2009 che non formava oggetto del contendere.
Nel giudizio di cognizione si poneva solo una questione di legittimità
dell’autorizzazione unica, non di sua eseguibilità.
Né il d.m. del 2009 rilevava ai fini della valutazione dell’interesse
all’appello, atteso che comunque l’autorizzazione unica autorizzava l’intervento
sotto molteplici profili ulteriori rispetto a quello paesaggistico, e che il
d.m. del 2009 non impone un vincolo di inedificabilità assoluta.
Su tale d.m., pertanto, il giudicato non si è pronunciato non essendo esso
oggetto del giudizio, e facendosi solo questione di legittimità o illegittimità
dell’autorizzazione unica rilasciata in epoca ben anteriore a detto d.m.
5. Pertanto, l’affermazione del giudicato invocata da parte ricorrente, e in
particolare la frase “rivivere i provvedimenti impugnati, non essendoci spazio
per un riesercizio dell’azione amministrativa” è formulata a tutt’altri fini, e
in particolare con riferimento al capo di sentenza di primo grado secondo cui in
sede di rinnovazione del procedimento amministrativo occorreva tener conto di
una sopravvenuta legge regionale. Il giudicato statuisce che essendo riformata
la sentenza del Tar e rivivendo gli atti annullati, non vi è spazio per il
riesercizio dell’azione amministrativa, ovviamente avuto riguardo
all’autorizzazione unica.
6. Tanto considerato, il presente giudizio di ottemperanza è chiamato a coprire
uno spazio lasciato bianco dal giudicato, e afferente a questione successiva,
quella delle eseguibilità o meno, in concreto, dell’autorizzazione unica
rilasciata nel 2007, a seguito della sopravvenienza del d.m. di vincolo nel
2009.
7. Per la soluzione della questione non giova la tesi di parte appellante
secondo cui tale d.m. non è retroattivo perché nessuna sua disposizione ne
afferma la retroattività.
Infatti il d.m. si inserisce in una cornice normativa primaria che ne chiarisce
gli effetti, in quanto l’art. 139, d.lgs. n. 42/2004, dispone che sin dalla data
di pubblicazione della proposta che dà avvio al procedimento di imposizione del
vincolo paesaggistico, si producono gli effetti che derivano dal vincolo
medesimo una volta imposto, ai sensi del successivo art. 146, vale a dire la
necessità di chiedere l’autorizzazione paesaggistica.
7.1. Il quadro di fatto è dunque il seguente:
a) è stata rilasciata un’autorizzazione unica nel 2007, con valutazione anche
dei profili paesaggistici, ma in un quadro normativo e fattuale in cui l’area
non era sottoposta a vincolo paesaggistico, sicché l’autorizzazione unica non
poteva assorbire e valere anche come autorizzazione paesaggistica, all’epoca non
necessaria;
b) in virtù del sopravvenuto d.m. del 2009 occorre ora autorizzazione
paesaggistica.
7.2. Sul piano giuridico, occorre stabilire se il d.m. del 2009 costituisca una
sopravvenienza normativa opponibile a chi ha ottenuto una autorizzazione unica
sin dal 2007 e non ha potuto realizzare l’intervento non per fatto proprio, ma
perché destinatario di un ricorso giurisdizionale, conclusosi in senso
favorevole al titolare dell’autorizzazione unica.
Nell’esegesi degli artt. 139 e 146, d.lgs. n. 42/2004, si deve ritenere che il
sopravvenuto vincolo paesaggistico non è opponibile, e dunque non impone la
richiesta di autorizzazione paesaggistica:
a) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo
edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e
di cui sia già iniziata l’esecuzione;
b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo
edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e
per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto non
imputabile al soggetto autorizzato.
Invece, il sopravvenuto vincolo paesaggistico è opponibile, e dunque impone la
richiesta di autorizzazione paesaggistica:
a) per interventi edilizi che non siano stati ancora autorizzati nemmeno sotto
il profilo edilizio;
b) per interventi edilizi che siano già stati autorizzati sotto il solo profilo
edilizio o anche sotto quello paesaggistico in virtù di un precedente regime, e
per i quali l’esecuzione non sia iniziata nei termini assegnati per fatto
imputabile al soggetto autorizzato.
A tale soluzione interpretativa si perviene sulla base di un dato letterale e di
un dato sistematico.
Il dato letterale si trae dall’art. 146, d.lgs. n. 42/2004, a tenore del quale
l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e “presupposto” del
permesso di costruire o altro titolo abilitativo edilizio. Anche nel regime
precedente, si riteneva che il titolo abilitativo edilizio fosse condizionato al
rilascio del titolo paesaggistico.
Data la portata condizionante del titolo paesaggistico rispetto a quello
edilizio, l’avvenuto rilascio del titolo edilizio (ovviamente se legittimo)
implica o che è stato già rilasciato il titolo paesaggistico, o che questo non è
necessario.
Sul piano sistematico, l’art. 146 in commento deve coordinarsi con il principio
della tutela dell’affidamento; chi ha ottenuto un titolo edilizio (del quale è
condizione o presupposto il titolo paesaggistico o la non necessità di esso),
non può vedere rimessa in discussione la validità ed eseguibilità del titolo
edilizio per effetto del sopravvenuto vincolo paesaggistico.
Di tale principio dell’affidamento in siffatta materia si trae conferma
dall’art. 15, comma 4, t.u. edilizia n. 380/2001, a tenore del quale il permesso
di costruire decade ex lege in caso di contrastanti sopravvenienze urbanistiche
(cui estensivamente devono assimilarsi quelle paesaggistiche), salvo che i
lavori siano già iniziati e vengano completati entro tre anni dalla data di
inizio.
All’ipotesi di inizio dei lavori deve assimilarsi quella in cui l’inizio non vi
sia stato per factum principis non imputabile all’interessato, ove risulti che i
lavori sarebbero potuti legittimamente e tempestivamente iniziare.
7.3. Alla luce di tale esegesi, si deve osservare che l’intervento per cui è
processo è stato autorizzato sin dal 2007.
Parte ricorrente ha prodotto documentazione fotografica atta a dimostrare che i
lavori sono già iniziati e ampiamente in corso (risulta realizzata la base della
piattaforma con scavo e fondazioni oltre alla messa in sicurezza della strada
“Il Tratturo” e all’allestimento del cantiere).
All’udienza odierna, su specifica domanda del Collegio, parte ricorrente, con
risposta raccolta a verbale, ha dichiarato che i lavori sono iniziati dopo il
rilascio dell’autorizzazione unica e sospesi a seguito dell’ordinanza cautelare
emessa dal Tar Molise, che ha sospeso tale autorizzazione.
Tale circostanza di fatto non è stata contestata dalle altre parti.
La circostanza di fatto è comunque non rilevante, dovendosi equiparare al caso
di lavori già iniziati prima dell’imposizione del vincolo il caso di lavori che
non sono potuti iniziare per factum principis.
Nel caso di specie, dopo il rilascio dell’autorizzazione unica i lavori avrebbe
potuto essere conclusi prima dell’imposizione del vincolo paesaggistico. Il
ritardo nella conclusione dei lavori è ascrivibile alla instaurazione di un
giudizio da parte di controinteressati alla realizzazione dell’intervento. Il
giudizio si è concluso nel senso della legittimità dell’autorizzazione unica.
Pertanto, il soggetto autorizzato va rimesso nella situazione di fatto e di
diritto esistente nel 2007 e il vincolo del 2009 non è ad esso opponibile.
7.4. Giova anche considerare l’elaborazione giurisprudenziale in tema di
giudicato e sopravvenienze in materia edilizia-urbanistica (cui devono
assimilarsi quelle in materia paesaggistica).
Costituisce principio consolidato quello secondo cui l’esecuzione del giudicato
trova ostacolo e limite nelle sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi
anteriormente alla notificazione della sentenza, restando irrilevanti solo le
sopravvenienze successive alla notificazione medesima; siffatto orientamento è
stato affermato soprattutto con riferimento alle sopravvenienze in materia di
edilizia e urbanistica, rispetto a provvedimenti di diniego di concessione
edilizia, annullati in sede giurisdizionale, e ha la sua giustificazione nella
circostanza che l’interesse all’esecuzione del giudicato in materia
edilizia-urbanistica deve essere mediato con l’interesse generale al rispetto
dei nuovi assetti in materia nel frattempo intervenuti; più in generale, può
affermarsi che le sopravvenienze di fatto e di diritto anteriori alla notifica
della sentenza costituiscono un ostacolo e un limite all’esecuzione del
giudicato laddove le stesse comportino un diverso assetto dei pubblici interessi
che sia inconciliabile con l’interesse privato salvaguardato dal giudicato; ove
siffatta inconciliabilità non vi sia, deve invece darsi piena espansione alla
regola secondo cui la durata del processo non deve andare in danno della parte
vittoriosa, e la parte vittoriosa ha diritto all’esecuzione del giudicato in
base allo stato di fatto e di diritto vigente al momento dell’adozione degli
atti lesivi caducati in sede giurisdizionale (Cons. St., sez. VI, 22 ottobre
2002 n. 5816).
Il d.m. del 2009 costituisce una sopravvenienza anteriore al giudicato.
L’applicazione dei suindicati principi giurisprudenziali al caso di specie
comporta due corollari.
Il primo corollario è che il d.m. del 2009 potrebbe rilevare come sopravvenienza
normativa se comportasse un diverso assetto dei pubblici interessi radicalmente
inconciliabile con l’assetto di interessi come cristallizzato nel provvedimento
di autorizzazione unica del 2007 e come valutato dal giudicato; tale radicale
inconciliabilità non si ravvisa per due ordini di ragioni: perché il vincolo
imposto nel 2009 è relativo e non assoluto, e perché la compatibilità
paesaggistica dell’intervento è stata comunque già valutata favorevolmente nel
2007; come statuito dal citato precedente, in difetto di radicale
inconciliabilità della sopravvenienza con l’assetto precedente, deve darsi piena
espansione al principio secondo cui la durata del processo non deve andare in
danno di chi ha ragione, sicché il giudicato si esegue in base allo stato di
fatto e di diritto vigente all’epoca del provvedimento amministrativo sottoposto
a processo;
Il secondo corollario è che il d.m. del 2009 potrebbe rilevare come
sopravvenienza normativa ove venissero in questione interessi pretensivi e
dunque la necessità di un riesercizio dell’azione amministrativa in virtù del
giudicato, riesercizio nell’ambito del quale andrebbero considerate le
sopravvenienze normative. Infatti la giurisprudenza sulla rilevanza delle
sopravvenienze in materia edilizia-urbanistica si è formata in relazione ai casi
di interessi pretensivi (illegittimi dinieghi di titoli edilizi).
Nel caso di specie viene invece in considerazione un interesse oppositivo,
perché il titolo abilitativo era stato rilasciato ed è stato attaccato da terzi
in giudizio; a fronte di un giudicato che respinge l’attacco al provvedimento
amministrativo e ne statuisce la legittimità, non c’è spazio per un riesercizio
né per un ulteriore esercizio dell’azione amministrativa. L’interessato va
rimesso nello stato di fatto e di diritto vigente alla data di adozione del
provvedimento originario.
8. Alla luce di quanto esposto, il giudicato di cui si chiede l’esecuzione,
riconoscendo la legittimità del provvedimento di autorizzazione unica, e
rimettendo l’interessato nello stato di fatto e di diritto vigente nel 2007,
comporta l’inopponibilità, ai fini della realizzazione dell’intervento, del
sopravvenuto d.m. del 2009.
Per l’effetto, il provvedimento inibitorio adottato nel 2010 deve essere
considerato violativo del giudicato e pertanto nullo.
9. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste a carico del Ministero
e della società Italia Nostra e in favore della società ricorrente nella misura
di euro tremila (3.000) a carico del Ministero e di euro duemila (2.000) a
carico di Italia Nostra. Le spese di lite vanno invece compensate in relazione
alla Regione Molise.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione VI), definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto dichiara nullo
per violazione del giudicato il decreto 8 marzo 2010 del Ministero per i beni e
le attività culturali.
Compensa le spese tra la ricorrente e la Regione Molise; condanna il Ministero
per i beni e le attività culturali e l’associazione Italia Nostra al rimborso
delle spese e onorari di lite nei confronti della ricorrente, nella misura,
rispettivamente, di euro tremila e di euro duemila.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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