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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 28 giugno 2010, n. 4135
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Installazione di una stazione radio base -
Strutture edilizie - Assoggettamento ai principi urbanistici di carattere
generale - Limiti di altezza e cubatura - Assoggettabilità - Esclusione -
Normativa antisismica - Procedimento unitario - d.lgs. n. 259/2003. L’
installazione di una stazione radio base non può che restare soggetta, sotto il
profilo urbanistico, ai principi di carattere generale, che vedono tralicci ed
antenne di rilevanti dimensioni, da una parte, valutabili come strutture
edilizie soggette a permesso di costruire (ora, ai sensi del d.lgs. n. 259/2003,
ad assenso autorizzativo, assorbente rispetto a tale permesso), pur dovendosi
d’altra parte considerare tali manufatti - in quanto parte di una rete di
infrastrutture, qualificate come opere di urbanizzazione primaria, nonchè in
quanto impianti tecnologici e volumi tecnici - compatibili con qualsiasi
destinazione di P.R.G. delle aree interessate e non soggetti in linea di massima
ai limiti di altezza e cubatura delle costruzioni circostanti (cfr. Cons. St.,
sez. VI, 29.5.2006, n. 3243 e 7.6.2006, n. 3425). Non preclude, dunque, l’assentibilità
dell’intervento l’assenza di una disciplina specifica, volta ad individuare il
corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di cui trattasi
ed a minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (nei
limiti di ragionevolezza e rispetto delle norme statali, in cui tale
localizzazione è ritenuta possibile dalla giurisprudenza, ormai consolidata sul
punto: cfr., fra le tante, Cons. St., sez. VI, 13.6. 2007, n. 3162, 3.3.2007, n.
1017, 28.3.2007, n. 1431 e 25.9.2006, n. 5593), così come può trovare
considerazione - all’interno del procedimento unitario previsto - ogni altra
esigenza di tutela di interessi pubblici rilevanti, come quelli connessi al
rispetto della normativa antisismica. Pres. Barbagallo, Est. De Michele - Comune
di Casalnuovo di Napoli (avv. Bergamo) c. H. s.p.a. (avv. Clarich) - (Conferma
T.A.R. CAMPANIA, Napoli n. 16285/2004) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 28 giugno 2010, n.4135
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04135/2010 REG.DEC.
N. 02099/2005 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2099 del 2005, proposto da:
Comune di Casalnuovo di Napoli, rappresentato e difeso dall'avv. Federico
Bergamo, con domicilio eletto presso Daniela De Berardinis in Roma, via S.
Tommaso D'Aquino, 104;
contro
H3g S.p.A., rappresentato e difeso dall'avv. Marcello Clarich, con domicilio
eletto presso Marcello Clarich in Roma, piazza di Montecitorio, 115;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE I n. 16285/2004, resa tra
le parti, concernente IMMEDIATA SOSPENSIONE DELL'INSTALLAZIONE E DELLA MESSA IN
FUNZIONE IMPIANTO H3G.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2010 il consigiere Gabriella
De Michele e uditi per le parti gli avvocati Starace per delega dell'Avv.
Messina e Clarich;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto di appello notificato il 2.3.2005, il Comune di Casalnuovo di Napoli
impugnava la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania,
Napoli, sez. I, n. 16285 del 3.11.2004 – che non risulta notificata – nella
quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società H3G s.p.a. avverso
l’ordinanza sindacale n. 50 in data 11.8.2004, con cui era stata disposta
l’immediata sospensione dell’installazione e della messa in funzione di una
stazione radio base per il termine di 60 giorni, ovvero fino all’esperimento di
verifiche da parte del D.A.P.S., volte ad accertare la stabilità sismica della
struttura in questione, a fini di pubblica e privata incolumità.
Nella citata sentenza si rilevava come il provvedimento comunale – emesso dopo
la maturazione del silenzio assenso su un’istanza di autorizzazione, presentata
in base alla vigente normativa per l’installazione di cui trattasi – fosse
illegittimo, per violazione dell’art. 87 del D.Lgs. n. 259/2003 ed eccesso di
potere sotto vari profili, in quanto verosimilmente ispirato all’intento di
impedire la realizzazione dell’impianto, in assenza di adeguate ragioni per la
contestazione del titolo abilitativo ormai maturato e del parere favorevole
dell’ARPAC.
In sede di appello, il citato Comune sottolineava la già avvenuta realizzazione
dell’impianto e ribadiva la legittimità del provvedimento adottato, in
considerazione dei rischi dell’installazione di cui trattasi in zona sismica,
nonché in un’area densamente abitata, nel parcheggio di un centro commerciale,
tenuto conto della avvenuta presentazione di relazione di verifica statica, da
parte della società appellata, solo il 10.8.2004, ovvero il giorno prima
dell’emanazione del provvedimento impugnato.
L’appellante prospettava, in particolare, i seguenti motivi di gravame:
1) violazione o falsa applicazione dell’art. 26, comma 4, L. n. 1034/1971, come
modificato dall’art. 9 L. n. 205/2000, non sussistendo i presupposti per una
pronuncia emessa in forma semplificata;
2) violazione dell’art. 54 D.Lgs. n. 267/2000 e difetto di motivazione, non
essendo stato rilevato il difetto di legittimazione passiva del Comune per un
atto, emesso dal Sindaco quale ufficiale di governo, con necessaria
notificazione delle eventuali impugnative all’Avvocatura dello Stato;
3) violazione dell’art. 100 c.p.c. e difetto di motivazione, non essendo stato
rilevata la sopravvenuta carenza di interesse della società H3G s.p.a., dopo il
completamento dell’installazione di cui trattasi;
4) violazione di legge, omessa pronuncia, motivazione insufficiente, apparente,
perplessa e contraddittoria, tenuto conto della rilevata sussistenza dei
presupposti di imminente pericolo, atti a giustificare l’esercizio dei poteri,
di cui all’art. 54 del D.Lgs. n. 267/2000, sulla base di considerazioni non
coincidenti con quelle di un precedente provvedimento, annullato dal TAR.; la
natura del potere esercitato, inoltre, avrebbe escluso l’obbligo di
comunicazione di avvio del procedimento.
La società H3G s.p.a., costituitasi in giudizio, riepilogava la vicenda
intercorsa, dalla presentazione di D.I.A. ex D.Lgs. n. 259/2003, in data
4.8.2003, ai primi provvedimenti negativi del Comune (22.9.2003 e 19.12.2003),
annullati dal TAR con sentenza n. 4041/03 del 5.4.2004, confermata dal Consiglio
di Stato con sentenza n. 8214 del 17.12.2009.
In tale situazione il Comune emetteva ordinanza contingibile ed urgente, sulla
base di un presunto rischio sismico già escluso dalla documentazione presentata
dalla predetta società, sia pure in via successiva, ma comunque prima
dell’emissione dell’ordinanza stessa.
L’appello in esame sarebbe dunque, in primo luogo, inammissibile, avendo
l’appellante reiterato le censure assorbite dal TAR, senza tuttavia contestare i
motivi principali, posti a base dell’accoglimento del ricorso (con particolare
riguardo al secondo motivo).
Giustamente, in ogni caso, sarebbe stato attribuito al Comune l’intento sviato
di impedire o ritardare, con qualunque mezzo, l’attivazione dell’impianto di
telecomunicazioni di cui trattasi, usando come mero pretesto esigenze di tutela
della pubblica incolumità. Venivano puntualmente contestati, quindi, i singoli
motivi di gravame e ribadita la sussistenza di interesse della società
attualmente appellata, essendo stato completato l’impianto solo sotto il profilo
edilizio, senza installazione delle apparecchiature tecniche, necessarie per la
relativa attivazione.
Del tutto assenti, infine, sarebbero stati i presupposti per l’adozione
dell’ordinanza impugnata, finalizzata a fronteggiare un pericolo di danno
imminente in settori di pubblico interesse, danno non risolvibile con i mezzi
ordinari apprestati dall’ordinamento giuridico.
DIRITTO
La questione sottoposta all’esame del Collegio è quella della legittimità di una
ordinanza contingibile ed urgente, emessa dal sindaco del comune di Casalnuovo
di Napoli per impedire la collocazione di una stazione radio-base, in attesa
degli accertamenti di stabilità ritenuti necessari, a causa del rischio sismico
gravante sul territorio interessato.
La situazione sopra indicata deve essere esaminata con riferimento alle nuove
procedure autorizzatorie, previste per le infrastrutture di cui trattasi dagli
articoli 86, 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con
D.Lgs. 1.8.2003, n. 259: una disciplina, quest’ultima, che affronta i molteplici
profili di interesse pubblico coinvolti e prevede al riguardo lo svolgimento di
apposite conferenze di servizi, circoscrivendo una peculiare fattispecie,
soggetta a denuncia di inizio attività (“installazione di impianti, con
tecnologia UMTS o altre, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20
watt”), mentre per le altre installazioni è previsto il rilascio - in forma
espressa o tacita - di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione.
Secondo l’indirizzo, ormai più volte espresso dalla Corte costituzionale, la
predetta nuova disciplina può ritenersi conforme a criteri – rilevanti anche sul
piano comunitario – di semplificazione amministrativa, con prevista confluenza
in un solo procedimento di tutte le tematiche, rilevanti per le installazioni in
questione: quanto sopra, tuttavia, senza che sia cancellata l’incidenza delle
installazioni stesse sotto il profilo urbanistico-edilizio, tenuto conto della
concreta consistenza dell’intervento e senza esclusione delle conseguenze
penali, connesse ad ipotesi di abusivismo, ex art. 44 D.P.R. n. 380/01 (cfr. in
tal senso Corte cost. 28.3.2006, n. 259; Corte cost. 18.5.2006, ord. n. 203).
‘E pertanto ammesso che i Comuni adottino misure programmatorie integrative per
la localizzazione degli impianti di cui si discute, in modo tale da minimizzare
l’esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici, ma anche in
un’ottica di ottimale disciplina d’uso del territorio (cfr. Cons. St., sez. VI,
3.6.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.2.2003, n. 673; 26.8.2003, n. 4841).
L’intervento di cui trattasi non può infatti che restare soggetto, sotto il
profilo urbanistico, ai principi di carattere generale, che vedono tralicci ed
antenne di rilevanti dimensioni, da una parte, valutabili come strutture
edilizie soggette a permesso di costruire (ora ad assenso autorizzativo,
assorbente rispetto a tale permesso), pur dovendosi d’altra parte considerare
tali manufatti – in quanto parte di una rete di infrastrutture, qualificate come
opere di urbanizzazione primaria, nonchè in quanto impianti tecnologici e volumi
tecnici – compatibili con qualsiasi destinazione di P.R.G. delle aree
interessate e non soggetti in linea di massima (salvo disposizioni peculiari) ai
limiti di altezza e cubatura delle costruzioni circostanti (cfr. in tal senso,
per il principio, Cons. St., sez. VI, 29.5.2006, n. 3243 e 7.6.2006, n. 3425).
Non preclude, dunque, l’assentibilità dell’intervento l’assenza di una
disciplina specifica, volta ad individuare il corretto insediamento urbanistico
e territoriale degli impianti di cui trattasi ed a minimizzare l’esposizione
della popolazione ai campi elettromagnetici (nei limiti di ragionevolezza e
rispetto delle norme statali, in cui tale localizzazione è ritenuta possibile
dalla giurisprudenza, ormai consolidata sul punto: cfr., fra le tante, Cons.
St., sez. VI, 13.6. 2007, n. 3162, 3.3.2007, n. 1017, 28.3.2007, n. 1431 e
25.9.2006, n. 5593), così come può trovare considerazione – all’interno del
procedimento unitario previsto – ogni altra esigenza di tutela di interessi
pubblici rilevanti, come quelli connessi al rispetto della normativa
antisismica.
Tenuto conto dei principi generali sopra ricordati, nessuna delle censure
prospettate nel presente grado di giudizio appare meritevole di accoglimento;
quanto sopra, indipendentemente dalla non condivisibile eccezione di
inammissibilità dell’appello, sollevata dalla società H3G s.p.a. con riferimento
al giudicato parziale che si sarebbe formato sulla censura di sviamento di
potere (censura accolta dal TAR e non puntualmente contestata dal Comune
appellante). A quest’ultimo riguardo non può non essere rilevato, infatti, come
il medesimo Comune abbia sollevato questioni di “error in procedendo” della
pronuncia appellata, nonché di inammissibilità o improcedibilità dell’intero
ricorso originario e di sussistenza dei presupposti del provvedimento impugnato:
tali censure appaiono suscettibili in astratto di travolgere la pronuncia stessa
e non possono, quindi, non trovare puntuale disamina.
Per quanto riguarda dunque, in primo luogo, l’eccepita insussistenza dei
presupposti, per l’emanazione in primo grado di giudizio di una sentenza in
forma semplificata, ai sensi dell’art. 26 della legge 6.12.1971, n. 1034, nel
testo introdotto dall’art. 9 della legge 21.7.2000, n. 205, deve ritenersi che
la censura sia inammissibile, ove le parti risultassero preavvertite al riguardo
e non avessero mosso tempestive obiezioni, con ciò rinunciando all’eventuale
deduzione di errores in procedendo, ex art. 157, comma 3 c.p.c.; anche in
assenza di informazioni in ordine a quanto sopra, comunque, la censura in
questione resta inammissibile nella presente fase di giudizio, attenendo
sostanzialmente – nei termini in cui è stata formulata – ad un difetto di
motivazione della sentenza appellata, in ordine alle ragioni della ravvisata
manifesta infondatezza del gravame: una censura, quella appena indicata, che non
rileva in sede di appello, in quanto l’effetto devolutivo, tipico di tale grado
di giudizio, consente al giudice di valutare nuovamente ogni domanda riproposta,
modificando o integrando la motivazione ove necessario (cfr. in tal senso Cons.
St., sez. IV, 20.12.2005, n. 7201; Cons. St., sez. V, 13.2.2009, n. 824 e
19.11.2009, n. 7259; Cons. St., sez. VI, 25.9.2009, n. 5797).
Quanto poi all’eccepito difetto di legittimazione passiva del Comune, per un
atto emesso dal Sindaco quale ufficiale di Governo (con notifica da effettuare –
secondo l’appellante – all’Avvocatura dello Stato e non presso l’Ente locale) il
Collegio ritiene al riguardo condivisibile, la prevalente giurisprudenza, che
individua nelle funzioni anzidette una fattispecie di imputazione giuridica allo
Stato degli effetti di provvedimenti adottati da un organo del Comune, pur
restando detto organo incardinato nel complesso organizzativo dell’ente locale;
in caso di impugnativa dei provvedimenti in questione, pertanto, la notifica del
ricorso è correttamente effettuata presso la casa comunale, e non presso
l’Avvocatura dello Stato, le cui funzioni di rappresentanza, ex art. 1 T.U.
30.10.1933, n. 1661, si riferiscono alle Amministrazioni dello Stato in senso
proprio e non all’esercizio di funzioni statali da parte di organi di altri
enti. (cfr. in tal senso Cons. St., sez. V, 13.8.2007, n. 4448; Cons. St., sez.
IV, 28.3.1994, n. 291; TAR Piemonte, sez. I, 25.10.2007, n. 3263; TAR Abruzzo,
Pescara, 30.5.2007, n. 570; TAR Puglia, Bari, sez. II, 26.4.2002, n. 2184; TAR
Liguria, sez. II, 5.11.2002, n. 1077; TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste,
13.1.2006, n. 35).
Ugualmente infondato appare il terzo motivo di gravame, riferito ad omessa
rilevazione della sopravvenuta carenza di interesse della società appellata,
dopo l’avvenuta collocazione dell’impianto contestato. E’ di intuitiva evidenza,
infatti, che il provvedimento comunale rendeva illegittima (peraltro, con
denuncia all’Autorità giudiziaria per violazione dell’art. 650 c.p.) sia la
collocazione della struttura ricetrasmittente, sia l’entrata in funzione della
medesima, con effetti anche di potenziale danno risarcibile, fonte in ogni caso
di interesse residuale alla coltivazione dell’impugnativa. Più ardua potrebbe
apparire, viceversa, la configurazione di un interesse sia originario che
attuale dell’appellante, una volta preso atto dell’avvenuta emanazione
dell’ordinanza (forse per disguidi intervenuti a livello comunicativo fra gli
uffici) il giorno successivo al deposito – da parte della società H3G – della
relazione di verifica statica della struttura, in termini di cui non è segnalata
la difformità rispetto a quanto richiesto dal settore provinciale del Genio
civile di Napoli; il Collegio ritiene tuttavia possibile non disconoscere tale
interesse, in contrapposizione a quello residuale di controparte.
Resta da esaminare, quindi, solo la quarta censura, in cui si ribadisce la
sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri sindacali, di cui
all’art. 54 del D.L.gs. n. 267/2000. A tale riguardo l’appellante sottolinea
l’ampia motivazione dell’ordinanza impugnata, in cui si individuava una
“situazione di grave ed imminente pericolo” a cui sarebbe stata sottoposta la
cittadinanza, data l’ubicazione della struttura di cui trattasi in area
densamente edificata, con ravvisata possibilità che l’impianto incidesse anche
“sulla stabilità sismica della struttura preesistente”, sulla quale era stata
collocata. Anche tali argomentazioni non sono condivise dal Collegio.
Risulta in giurisprudenza, infatti, che la potestà del Sindaco di adottare
provvedimenti cosiddetti “contingibili ed urgenti” – a norma del citato art. 54
D.Lgs n. 267/2000 – può essere esercitata solo al fine di affrontare situazioni
a carattere straordinario ed imprevedibile, in rapporto alle quali non sia
possibile utilizzare gli ordinari strumenti, approntati dall’ordinamento
giuridico (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. V, 11.12.2007, n.
6366, 8.5.2007, n. 2109; Cons. St., sez. VI, 5.4.2007, n. 1551). Tali situazioni
– spesso individuate in corrispondenza di calamità naturali, catastrofi ed altri
grandi eventi in grado di compromettere, in assenza di misure eccezionali, la
vita e i beni dei cittadini, ovvero gli insediamenti e l’ambiente – non
risultano in alcun modo ravvisabili nella mera sussistenza di rischio sismico, a
cui il legislatore abbia già collegato ordinarie misure di prevenzione e
tecniche costruttive ben precise; anche eventuali carenze documentali al
riguardo – ove non collegate a specifiche e puntualmente documentate carenze
strutturali, cui fossero collegabili situazioni di pericolo imminente (meramente
enunciate, senza alcun principio di prova, nel caso di specie) – non potevano
che essere ricomposte all’interno del procedimento unitario, previsto per le
installazioni in questione dal codice delle comunicazioni elettroniche: una
composizione che sembra, peraltro, verificatasi nella situazione in esame con il
deposito della documentazione richiesta, in ritardo sui tempi procedurali
prescritti, ma prima dell’emanazione dell’ordinanza impugnata.
L’appello in esame appare dunque, conclusivamente, non meritevole di
accoglimento; le spese giudiziali del grado – da porre a carico della parte
soccombente – vengono liquidate nella misura di €. 3.000,00 (Euro tremila/00).
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in appello indicato in epigrafe lo respinge; condanna
il Comune di Casalnuovo di Napoli al pagamento delle spese giudiziali, nella
misura di €. 3.000,00 (Euro tremila/00) in favore della società appellata.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 aprile 2010 con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/06/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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