AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Tutela preventiva dell’ambiente - Discrezionalità amministrativa - Natura
sostanzialmente insindacabile delle scelte effettuate. L’istituto della VIA,
in quanto finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente, è caratterizzato da
un’ampia discrezionalità amministrativa: le scelte effettuate hanno natura
sostanzialmente insindacabile, alla luce del valore primario ed assoluto
riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio e all’ambiente (cfr. da ultimo
Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3770; Corte cost., 7 novembre 2007, n.
367). Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani)
c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia, Brescia n.
1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Tutela del paesaggio - Preminenza costituzionale - Ponderazione
dell’interesse privato - Limiti. La ponderazione degli interessi privati,
unitamente ed in coerenza con gli interessi pubblici connessi con la tutela
paesaggistica ed ambientale, non deve essere giustificata neppure allo scopo di
dimostrare che il sacrificio imposto al privato (per altro di natura
essenzialmente procedimentale nel caso di ammissione a v.i.a. all’esito della
verifica di assoggettabilità perché il bene della vita finale non è
pregiudicato), sia stato contenuto nel minimo possibile, perché tale giudizio si
colloca all’interno della disciplina costituzionale del paesaggio (art. 9 Cost.)
che erige il valore estetico-culturale a valore primario dell’ordinamento. Pres.
Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l.
(avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Paesaggio - Tutela - Prescrizioni urbanistiche -
Natura e finalità differenti. La tutela del paesaggio non è riducibile a
quella dell’urbanistica, né può essere considerato vizio della funzione preposta
alla tutela del paesaggio il mancato accertamento dell’esistenza, nel territorio
oggetto dell’intervento paesaggistico, di eventuali prescrizioni urbanistiche
che, rispondendo ad esigenze diverse, in ogni caso non si inquadrano in una
considerazione globale del territorio sotto il profilo dell’attuazione del
primario valore paesaggistico. Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia
(avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma
TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007)
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
BENI CUTLURALI E AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico- Condizioni di degrado
dell’area interessata - Ostacolo all’imposizione del vincolo - Esclusione.
L’avvenuta edificazione di un’area immobiliare o le sue condizioni di degrado
non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall’intento di proteggere i
valori estetici o culturali ad essa legati, poiché l’imposizione del vincolo
costituisce il presupposto per l’imposizione al proprietario delle cautele e
delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi
incompatibili con la conservazione dell’integrità dello stesso. Pres. Trotta,
Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti
Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
DIRITTO AMBIENTALE - Rilevanza della nozione di ambiente - Paesaggio - Assetto
del territorio - Aspetti scientifico-naturalistici. L’ambiente rileva non
solo come paesaggio ma anche come assetto del territorio, comprensivo financo
degli aspetti scientifico - naturalistici (come quelli relativi alla protezione
di una particolare flora e fauna), pur non afferenti specificamente ai profili
estetici della zona. Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti
Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma TAR
Lombardia, Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Disciplina - Finalità - Diritto fondamentali di derivazione comunitaria -
Direttiva 85/337/CEE - Rifiuto di sottoporre un progetto a via all’esito di
verifica preliminare - Giustificazione delle ragioni. La disciplina sulla
v.i.a. è preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l’uomo vive che
assurge a valore primario ed assoluto in quanto espressivo della personalità
umana (cfr. Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109), attribuendo ad ogni
singolo un autentico diritto fondamentale, di derivazione comunitaria (direttiva
85/337), che obbliga l’amministrazione a giustificare, quantomeno ex post ed a
richiesta dell’interessato, le ragioni del rifiuto di sottoporre un progetto a
v.i.a. all’esito di verifica preliminare (cfr. Corte giust. 30 aprile 2009,
c-75/08, Mellor). Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini
e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia,
Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Discrezionalità tecnica - Direttiva 85/337/CEE - Progetto - Profili di
ubicazione e dimensione - Natura sostanziale. Nel rendere il giudizio di
valutazione di impatto ambientale (ed a maggior ragione nell’effettuare la
verifica preliminare), l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità
tecnica sebbene censurabile sia per macroscopici vizi logici, sia per errore di
fatto, sia per travisamento dei presupposti (cfr. Trib. Sup. acque pubbliche, 11
marzo 2009, n. 35; Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2008, n. 561; sez. VI, 30
gennaio 2004, n. 316); essa non deve limitarsi, a mente della direttiva
85/337/CEE, ad apprezzare solo i profili di ubicazione e dimensione del
progetto, ma ha l’obbligo di accertarne la natura sostanziale (cfr. da ultimo
Corte giust., 25 luglio 2008, c-142/07). Pres. Trotta, Est. Poli - Regione
Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) -
(Riforma TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Analisi comparata tra il sacrificio ambientale e l’utilità economica -
Opzione zero - Sviluppo sostenibile - Art. 3 quater d.lgs. n. 152/2006 -
Proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e benefici per la
collettività. Alla stregua della disciplina comunitaria e nazionale (ed
eventualmente regionale), la v.i.a. non può essere intesa come limitata alla
verifica della astratta compatibilità ambientale dell’opera ma si sostanzia in
una analisi comparata tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto
all’utilità socio economica, tenuto conto delle alternative praticabili e dei
riflessi della stessa “opzione zero”; la natura schiettamente discrezionale
della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul
versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico che si
pervenga ad una soluzione negativa ove l’intervento proposto cagioni un
sacrificio ambientale superiore a quello necessario per il soddisfacimento
dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa; da qui la possibilità di bocciare
progetti che arrechino vulnus non giustificato da esigenze produttive, ma
suscettibile di venir meno, per il tramite di soluzioni meno impattanti in
conformità al criterio dello sviluppo sostenibile (ora codificato dall’art. 3
quater, d.leg. 152/06) e alla logica della proporzionalità tra consumazione
delle risorse naturali e benefici per la collettività che deve governare il
bilanciamento di istanze antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007,
n. 933). Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani)
c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia, Brescia n.
1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Direttiva 85/337/CEE - Politica comunitaria dell’ambiente - Tutela
preventiva da inquinamenti e altre perturbazioni. La giurisprudenza
comunitaria conferisce un ruolo strategico alla procedura di v.i.a., nel quadro
dei mezzi e modelli positivi preordinati alla tutela dell’ambiente, valorizzando
le disposizioni della direttiva 85/337/CEE. che evidenziano come la politica
comunitaria dell’ambiente consista, ante omnia, nell’evitare fin dall’inizio
inquinamenti ed altre perturbazioni, anziché combatterne successivamente gli
effetti: conformemente ai principi “costituzionali” dei trattati, scopo
dell’U.E. è la tutela preventiva dell’ambiente (cfr. Corte giust., sez. V, 21
settembre 1999, c-392/96; sez. VI, 16 settembre 1999, c-435/97). Pres. Trotta,
Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti
Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Nozione di centro abitato - Riferimento alla disciplina di cui al codice
della strada - Eccentricità - Diversa connotazione giuridica dell’analogo
concetto urbanistico. E’ eccentrico, rispetto al quadro delle norme e dei
principi in materia di VIA, valorizzare la nozione di “centro abitato”
contemplata dal codice della strada (artt. 3 e 4). La giurisprudenza è univoca
nel segnalarne la diversa connotazione giuridica rispetto all’analogo concetto
previsto dalla disciplina urbanistica (art. 41-quinquies, l. n. 1150 del 1942);
a fortiori queste conclusioni valgono per la procedura di v.i.a. atteso che
scopo essenziale della normativa stradale è quello di assicurare la sicurezza
della circolazione mediante prescrizioni tecniche e norme di comportamento (cfr.
da ultimo Cons. St., sez. II, 11 marzo 2009; sez. IV, 5 aprile 2005, n. 1560).
Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia (avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L.
s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007)
-
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
VIA - Art. 10, c. 2, d.P.R. 12 aprile 1996 - Meccanismo del silenzio assenso -
Disapplicazione - Contrasto con la direttiva 85/337/CEE. La disposizione
sancita dall’art. 10, co. 2, d.P.R. del 12 aprile 1996 nella parte in cui fa
discendere l’esenzione dalla v.i.a. dal silenzio dell’amministrazione protratto
per oltre sessanta giorni dall’inoltro della richiesta di verifica, va
disapplicata (cfr. Cons. St., 28 settembre 2001, n. 5169), per contrasto con lo
spirito della direttiva 85/337/CEE. Pres. Trotta, Est. Poli - Regione Lombardia
(avv.ti Tedeschini e Fidani) c. L. s.r.l. (avv.ti Sica e Pugliese) - (Riforma
TAR Lombardia, Brescia n. 1161/2007) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 5 luglio 2010, n. 4246
www.AmbienteDiritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04246/2010 REG.DEC.
N. 02622/2008 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 2622/2008, proposto dalla REGIONE LOMBARDIA, in
persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Federico
Tedeschini e Viviana Fidani, elettivamente domiciliato presso lo studio del
primo in Roma, largo Messico n. 7;
contro
LAGOCASTELLO IMMOBILIARE s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Salvatore Sica e Guido Anastasio
Pugliese, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Roma, piazza
della Libertà n. 20;
nei confronti di
COMUNE di MANTOVA, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso
dagli avvocati Maria Stefania Masini e Stefano Nespor ed elettivamente
domiciliato presso lo studio del primo in Roma, via della Vite n. 7;
PARCO NATURALE DEL MINCIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, non
costituito;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della LOMBARDIA - BRESCIA
- Sezione I, n. 1161 del 7 dicembre 2007.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mantova e della
Lagocastello Immobiliare s.r.l. ed il contestuale appello incidentale da
quest’ultima proposto;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2010 il consigliere Vito Poli
e uditi per le parti gli avvocati Tedeschini, Masini e Cinti su delega
dell’avvocato Sica;
FATTO e DIRITTO
1. L’impugnata sentenza - Tribunale amministrativo regionale della Lombardia -
Brescia - Sezione I, n. 1161 del 7 dicembre 2007 - per quanto di interesse ai
fini del presente giudizio:
a) ha respinto, con dovizia di argomenti, tutte le censure proposte dalla
Lagocastello Immobiliare s.r.l. (in prosieguo la società), nei confronti
dell’ordinanza comunale n. 187 del 2005 recante l’ordine di sospensione dei
lavori per la realizzazione delle opere necessarie ad attuare un vasto piano di
lottizzazione, fondato anche sulla mancanza della positiva verifica di
fattibilità ai fini della valutazione di impatto ambientale ex art. 1, co. 6,
d.P.R. 12 aprile 1996;
b) per la medesima ragione ha respinto le censure proposte nei confronti del
successivo diniego di permesso di costruire alcuni edifici previsti dal piano
attuativo (n. 21483 in data 31 luglio 2006);
c) ha accolto unicamente le doglianze mosse nei confronti del decreto regionale
n. 2749 del 13 marzo 2006 che, a conclusione della procedura di verifica
preliminare prevista dall’art. 1, co. 6, d.P.R. 12 aprile 1996 cit., cui si era
assoggettata la società nelle more del giudizio, ha ritenuto che il programma
costruttivo proposto da quest’ultima dovesse essere sottoposto alla procedura di
valutazione di impatto ambientale (v.i.a.); è stato censurato l’operato
dell’Amministrazione regionale laddove, a fronte di asserite carenze nella
documentazione presentata, ha ritenuto non già di domandare chiarimenti al
privato istante, ma puramente e semplicemente di assoggettare il progetto a
v.i.a., con ciò violando i principi di partecipazione al procedimento e di leale
cooperazione fra P.A. e amministrati nonché quello di economicità.
2. La regione Lombardia ha impugnato la su menzionata sentenza del T.a.r.
deducendone l’erroneità per i seguenti motivi:
a) insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza, laddove non ha
considerato la congruità e correttezza della determinazione siccome
espressamente riferita alla necessarietà della sottoposizione a v.i.a. in
ragione delle dimensioni dell’intervento (oltre 10 ettari, situati in area
urbana);
b) insufficiente motivazione della sentenza sotto altro profilo, essendo
indicati nel provvedimento regionale i profili di criticità rilevati che
avrebbero orientato per un approfondimento mediante v.i.a.;
c) omessa motivazione su questione di diritto rilevante: non è stato considerato
il termine perentorio di sessanta giorni imposto per la pronuncia sulla
richiesta avanzata dalla società, ex art. 10 d.P.R. 12 aprile 1996 cit., e la
finalità della determinazione, avuto riguardo alla insufficienza degli elementi
per escludere la v.i.a.;
d) erronea interpretazione dell’art. 10 cit., tenuto conto della natura
altamente discrezionale del giudizio di assoggettamento o meno di un progetto a
v.i.a.
3. Si è costituita in giudizio la società che ha dedotto l’inammissibilità, per
assoluta genericità, e l’infondatezza dell’appello principale; con riferimento
esclusivo al capo 14 della sentenza, ha proposto appello incidentale; sostiene
che il T.a.r. muovendo dal concetto di “area urbana” e richiamando le
conclusioni dell’esperto di parte architetto Pigozzi (enunciate al punto 13
dell’impugnata sentenza) - secondo cui l’insediamento n. 1 (centro storico di
Mantova) e quello contrassegnato dal numero 3 (comprendente il sito della
Lagocastello e gli abitati di Frassino, Lunetta, Virgiliana e il complesso
industriale del petrolchimico), costituirebbero aree urbane distinte in ragione
della interruzione rappresentata dal corso del Mincio, sì da configurare
l’intervento di cui trattasi quale progetto di sviluppo in espansione di area
esistente - perviene all’opposta conclusione per la quale il centro storico di
Mantova e i quartieri circostanti costituirebbero ormai un tutto unitario avuto
riguardo al fatto che gli insediamenti 1 e 3, sono uniti fra loro da due ponti
sul Mincio, che fungono da collegamento agevolmente praticabile, con esclusione
della pretesa “interruzione” prospettata dal detto esperto di parte; da qui la
necessità di considerare l’intervento della società Lagocastello come progetto
di sviluppo all’interno di area urbana, soggetto quindi a verifica di v.i.a. ai
sensi dell’allegato B richiamato dall’art. 1, co. 6, del citato d.P.R. del 1996.
L’impugnativa incidentale è sorretta dal seguente complesso motivo: eccesso di
potere per motivazione insufficiente e contraddittorietà; erroneità dei
presupposti; si afferma l’erroneità della sentenza laddove classifica l’area in
questione come urbana consolidata sulla base del rilievo che essa sarebbe
completa giacché edificata in modo compatto e continuativo; sull’area
considerata, di 350.000 mq., non vi sarebbe invero traccia di alcun manufatto
(nonché di infrastrutture, opere di urbanizzazione, reti di comunicazione) e di
alcuna presenza umana; inoltre, si assume che l’area ricade in zona C ovvero
zona di completamento espansivo (nella definizione normativa ex d.P.R. n. 1444
del 1968, area urbana nuova ovvero area priva di edificazione).
4. Il comune di Mantova - costituitosi in giudizio a sostegno della posizione
regionale - assume che l’intervento edilizio proposto dalla società concerne
l’estensione di una urbanizzazione preesistente, prevedendo in particolare lo
sfruttamento di un’area inserita e circondata da un ambito già urbanizzato; sì
che correttamente la sentenza del primo giudice avrebbe rilevato la continuità
tra gli insediamenti edilizi preesistenti e quello che Lagocastello vorrebbe
realizzare; ne consegue, l’assoggettabilità a v.i.a. del progetto di cui
trattasi, oltre che in applicazione del d.P.R. 12 aprile 1996, anche della
normativa comunitaria (allegato H, n. 10, lett. B) della direttiva n. 85/337),
che richiede obbligatoriamente la verifica di v.i.a. per tutti i progetti di
riassetto urbano che abbiano caratteristiche dimensionali superiori a 10 ettari,
principio, questo, ulteriormente ribadito dal combinato disposto dell’art. 6, co.
6, e Allegato IV (punto 7b) d.lgs. n. 4 del 2008 (che ciò prevede anche per
quelle opere che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul
patrimonio culturale).
5. Con decisione istruttoria n. 1015 del 17 febbraio 2009 la sezione ha disposto
una verificazione affidata al preside della facoltà di Architettura del
Politecnico di Milano.
6. Con decisione di questa sezione n. 4710 del 2009 è stato nominato un nuovo
verificatore in persona del provveditore interregionale per la Toscana e
l’Umbria.
7. La relazione di verificazione è stata depositata in segreteria in data 1
febbraio 2010.
8. Il comune di Mantova, con memoria depositata in data 21 maggio 2010, ha
chiesto, per una pluralità di ragioni, la rinnovazione della verificazione.
Si è opposta la difesa della società Lagocastello.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’8 giugno 2010.
9. Può prescindersi dall’esame delle doglianze mosse dal comune di Mantova nei
confonti dell’attività svolta dal verificatore, e della conseguente richiesta di
sostituzione dello stesso, in considerazione della completa infondatezza dei
residui motivi di primo grado sottoposti all’attenzione di questa sezione a
seguito della proposizione dell’appello principale ed incidentale.
10. La questione centrale oggetto del presente giudizio si riduce nello
stabilire se, alla stregua della disciplina rilevante nella specie - che
distingue tra progetto di sviluppo situato “all’interno di aree urbane
esistenti”, soggetto a verifica di v.i.a. sol che superi i 10 ettari di
estensione, e progetto di sviluppo relativo ad “aree urbane nuove o in
estensione”, soggetto a verifica di v.i.a. nel solo caso in cui superi i 40
ettari - il progetto di lottizzazione in esame sia stato correttamente portato
al vaglio della regione Lombardia per essere sottoposto alla verifica
preliminare ex art. 1, co. 6, d.P.R. 12 aprile 1996 cit.
E’ incontroverso tra le parti (risultando anche dalla documentazione tecnica
versata in atti), che il progetto in questione supera i 10 ettari ma è inferiore
ai 40, ne consegue che l’assoggettamento alla procedura in parola dipende dalla
appartenenza alla prima o alla seconda categoria.
Conviene, a questo punto, illustrare brevemente le norme ed i principi che
governano l’istituto della v.i.a., onde rilevarne ratio applicativa e contenuto;
tanto allo scopo di stabilire se i paramentri di giudizio invocati dalla
società, e fatti propri sostanzialmente dalla verificazione, siano conformi al
micro ordinamento di settore.
10.1. Circa l’esatta individuazione della natura del potere e l’ampia latitudine
della discrezionalità esercitata dall’amministrazione in sede di v.i.a. , in
quanto istituto finalizzato alla tutela preventiva dell’ambiente inteso in senso
ampio, la sezione non intende deflettere dagli approdi cui è pervenuta la
giurisprudenza costituzionale ed amministrativa che fa emergere la natura
sostanzialmente insindacabile delle scelte effettuate, giustificandola alla luce
del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione al paesaggio ed
all’ambiente (cfr. da ultimo Cons. St., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3770; Corte
cost., 7 novembre 2007, n. 367).
La ponderazione degli interessi privati, unitamente ed in coerenza con gli
interessi pubblici connessi con la tutela paesaggistica ed ambientale, non deve
essere giustificata neppure allo scopo di dimostrare che il sacrificio imposto
al privato (per altro di natura essenzialmente procedimentale nel caso di
ammissione a v.i.a. all’esito della verifica di assoggettabilità perché il bene
della vita finale non è pregiudicato), sia stato contenuto nel minimo possibile,
perché tale giudizio si colloca all’interno della disciplina costituzionale del
paesaggio (art. 9 Cost.) che erige il valore estetico-culturale a valore
primario dell’ordinamento.
Da queste premesse si sono tratti i seguenti corollari:
a) la tutela del paesaggio non è riducibile a quella dell’urbanistica, né può
essere considerato vizio della funzione preposta alla tutela del paesaggio il
mancato accertamento dell’esistenza, nel territorio oggetto dell’intervento
paesaggistico, di eventuali prescrizioni urbanistiche che, rispondendo ad
esigenze diverse, in ogni caso non si inquadrano in una considerazione globale
del territorio sotto il profilo dell’attuazione del primario valore
paesaggistico;
b) l’avvenuta edificazione di un’area immobiliare o le sue condizioni di degrado
non costituiscono ragione sufficiente per recedere dall’intento di proteggere i
valori estetici o culturali ad essa legati, poiché l’imposizione del vincolo
costituisce il presupposto per l’imposizione al proprietario delle cautele e
delle opere necessarie alla conservazione del bene e per la cessazione degli usi
incompatibili con la conservazione dell’integrità dello stesso;
c) l’ambiente rileva non solo come paesaggio ma anche come assetto del
territorio, comprensivo financo degli aspetti scientifico - naturalistici (come
quelli relativi alla protezione di una particolare flora e fauna), pur non
afferenti specificamente ai profili estetici della zona.
Viene in luce il confluire ineluttabile, nella materia del governo del
territorio, delle esigenze di salvaguardia di valori costituzionali assoluti e
non comprimibili quali il paesaggio, l’ambiente ed i beni culturali; di questa
caratteristica vi è traccia nel più recente dibattito sulla evoluzione della
stessa scienza urbanistica, di cui si coglie l’eco nella giurisprudenza che
riconosce, nel presupposto della necessità di non consentire la totale
consumazione del suolo nazionale, la possibilità che gli strumenti urbanistici
non siano sostenuti dalle tradizionali linee guida di espansione demografica o
edilizia ma, al contrario, da linee guida esclusivamente rivolte al recupero ed
alla razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente (cfr. Cons. St., sez.
IV, 12 marzo 2010, n. 1461).
Questo spiega, ed al contempo giustifica, sul piano costituzionale, la valenza
di principio fondamentale insita nella disciplina sulla v.i.a.: essa è
preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l’uomo vive che assurge a
valore primario ed assoluto in quanto espressivo della personalità umana (cfr.
Cons. St., sez. VI, 18 marzo 2008, n. 1109), attribuendo ad ogni singolo un
autentico diritto fondamentale, di derivazione comunitaria (direttiva 85/337
cit.), che obbliga l’amministrazione a giustificare, quantomeno ex post ed a
richiesta dell’interessato, le ragioni del rifiuto di sottoporre un progetto a
v.i.a. all’esito di verifica preliminare (cfr. Corte giust. 30 aprile 2009,
c-75/08, Mellor).
E’ stato chiarito che nel rendere il giudizio di valutazione di impatto
ambientale (ed a maggior ragione nell’effettuare la verifica preliminare),
l’amministrazione esercita una amplissima discrezionalità tecnica sebbene
censurabile sia per macroscopici vizi logici, sia per errore di fatto, sia per
travisamento dei presupposti (cfr. Trib. Sup. acque pubbliche, 11 marzo 2009, n.
35; Cons. St., sez. VI, 19 febbraio 2008, n. 561; sez. VI, 30 gennaio 2004, n.
316); essa non deve limitarsi, a mente della direttiva 85/337 cit., ad
apprezzare solo i profili di ubicazione e dimensione del progetto, ma ha
l’obbligo di accertarne la natura sostanziale (cfr. da ultimo Corte giust., 25
luglio 2008, c-142/07).
Il problema del punto di equilibrio tra realizzazione di infrastrutture e tutela
dell’ambiente e del paesaggio e, dunque, del concreto atteggiarsi del principio
dello sviluppo sostenibile (ora codificato dall’art. 3 quater, d.leg. 152/06),
meglio si chiarisce anche in relazione alla valutazione dell’utilizzazione
economica delle aree protette; per cui non dovrebbe parlarsi di sviluppo
sostenibile ossia di sfruttamento economico dell’ecosistema compatibile con
esigenza di protezione, ma, con prospettiva rovesciata, di protezione
sostenibile, intendendosi con tale terminologia evocare i vantaggi economici che
la protezione in sé assicura senza compromissione di equilibri economici
essenziali per la collettività, ed ammettere il coordinamento fra interesse alla
protezione integrale ed altri interessi solo negli stretti limiti in cui
l’utilizzazione del territorio non alteri in modo significativo il complesso dei
beni compresi nell’area protetta; si deve ammettere l’alterazione dei valori
ambientali solo in quanto non vi siano alternative possibili da individuarsi
proprio grazie alla procedura di v.i.a. (Cons. Stato, sez. VI, 16 novembre 2004,
n. 7472).
Detto altrimenti, alla stregua della disciplina comunitaria e nazionale (ed
eventualmente regionale), la v.i.a. non può essere intesa come limitata alla
verifica della astratta compatibilità ambientale dell’opera ma si sostanzia in
una analisi comparata tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto
all’utilità socio economica, tenuto conto delle alternative praticabili e dei
riflessi della stessa “opzione zero”; la natura schiettamente discrezionale
della decisione finale (e della preliminare verifica di assoggettabilità), sul
versante tecnico ed anche amministrativo, rende allora fisiologico ed obbediente
alla ratio su evidenziata che si pervenga ad una soluzione negativa ove
l’intervento proposto cagioni un sacrificio ambientale superiore a quello
necessario per il soddisfacimento dell’interesse diverso sotteso all’iniziativa;
da qui la possibilità di bocciare progetti che arrechino vulnus non giustificato
da esigenze produttive, ma suscettibile di venir meno, per il tramite di
soluzioni meno impattanti in conformità al criterio dello sviluppo sostenibile e
alla logica della proporzionalità tra consumazione delle risorse naturali e
benefici per la collettività che deve governare il bilanciamento di istanze
antagoniste (cfr. Cons. St., sez. VI, 22 febbraio 2007, n. 933).
In questa direzione la giurisprudenza comunitaria conferisce alla procedura di
v.i.a., nel quadro dei mezzi e modelli positivi preordinati alla tutela
dell’ambiente un ruolo strategico valorizzando le disposizioni della direttiva
85/337 cit. che evidenziano come la politica comunitaria dell’ambiente consista,
ante omnia, nell’evitare fin dall’inizio inquinamenti ed altre perturbazioni,
anziché combatterne successivamente gli effetti: conformemente ai principi
“costituzionali” dei trattati, scopo dell’U.E. è la tutela preventiva
dell’ambiente (cfr. Corte giust., sez. V, 21 settembre 1999, c-392/96; sez. VI,
16 settembre 1999, c-435/97).
10.2. Tanto premesso, la sezione osserva che gli elementi documentali versati in
atti (incluso per certi aspetti l’accertamento operato in sede di
verificazione), consentono di definire con precisione le caratteristiche
dell’area considerata ai fini della v.i.a., e cioè se essa possa connotarsi come
area urbana edificata in modo compatto e continuo (id est, area urbana
consolidata), ovvero come area di sviluppo in espansione, avuto altresì riguardo
alla incidenza della “interruzione” rappresentata dal corso del Mincio; purché
sia chiaro che il giudizio in questione non deve essere sviluppato secondo i
parametri propri della scienza urbanistica ovvero della disciplina della
circolazione dei veicoli.
Erroneamente la verificazione ha utilizzato proprio questi elementi di giudizio
per considerare l’area in questione avulsa da un contesto urbano più ampio.
In particolare è eccentrico, rispetto al quadro delle norme e dei principi che
si è dianzi sintetizzato, valorizzare la nozione di “centro abitato” contemplata
dal codice della strada (artt. 3 e 4). La giurisprudenza è univoca nel
segnalarne la diversa connotazione giuridica rispetto all’analogo concetto
previsto dalla disciplina urbanistica (art. 41-quinquies, l. n. 1150 del 1942);
a fortiori queste conclusioni valgono per la procedura di v.i.a. atteso che
scopo essenziale della normativa stradale è quello di assicurare la sicurezza
della circolazione mediante prescrizioni tecniche e norme di comportamento (cfr.
da ultimo Cons. St., sez. II, 11 marzo 2009; sez. IV, 5 aprile 2005, n. 1560).
Al contrario l’area in questione, pur non essendo gravata da vincoli ambientali
o paesaggistici e non ricadendo in area naturale protetta (tanto è vero che il
Parco del Mincio nella sostanza non si opposto all’intervento per quanto di sua
competenza):
a) è prospiciente al centro storico (e segnatamente al palazzo ducale), da cui
dista poche centinaia di metri;
b) si affaccia sul fiume Mincio;
c) si pone come intercapedine fra il centro storico ed altri agglomerati urbani
ed industriali (meglio descritti in precedenza).
Non appare pertanto abnorme o manifestamente illogica o sviata la decisione del
comune di negare i permessi edilizi, mancando la verifica di compatibilità,
sulla scorta di quanto previsto dal più volte menzionato art. 1, co. 6, se
rettamente interpretato l’Allegato tecnico B; il carattere consolidato dell’area
è tale se riguardato sotto il profilo che conserva ancora tratti di autonoma
valenza ambientale, storica, paesaggistica; pur trattandosi di area racchiusa in
zone di territorio che la rendono, ai fini della disciplina dettata in materia
di v.i.a., una sorta di “ponte” fra il centro storico - ubicato oltre il fiume,
e gli altri agglomerati ubicati alle sue spalle.
E’ dunque irrilevante che la destinazione urbanistica dell’area - zona C -
preveda l’espansione residenziale, ovvero che non siano presenti sul suolo opere
di urbanizzazione primaria o secondaria.
11. Può scendersi ora all’esame dell’appello principale articolato dalla regione
Lombardia.
11.1. Preliminarmente deve essere esaminata e disattesa l’eccezione, sollevata
dalla difesa della società, di inammissibilità del gravame per genericità;
l’eccezione, come emerge dalla precedente ricostruzione dello svolgimento del
processo, è palesemente infondata risultando per tabulas l’analiticità dei
motivi di gravame.
11.2. La tesi posta a base della statuizione di annullamento non è accoglibile
sia in fatto che in diritto.
Richiamati la ratio ed il contenuto della disciplina in materia di v.i.a. ed il
carattere latamente discrezionale del potere esercitabile dall’amministrazione
(specie nella fase preliminare della verifica di compatibilità), non appare
utilmente invocabile il principio generale di leale collaborazione sotteso alla
l. n. 241 del 1990, nonché al precetto specifico sancito dall’art. 6, lett. b) -
che obbliga l’amministrazione, nell’ipotesi di documentazione incompleta od
erronea presentata in relazione ad una domanda di atto amministrativo, ad
invitare l’interessato a provvedere alla sua regolarizzazione -; il dovere di
leale collaborazione incontra alcuni limiti, fra cui quello (rinvenibile nel
caso di specie), che impone all’amministrazione di osservare i tempi
procedimentali previsti dalla legge (cfr. Cons. St., sez. IV, 9 dicembre 2002,
n. 6684; sez. IV, 28 agosto 2001, n. 4534); in tal senso è eloquente la
disposizione sancita dall’art. 10, co. 2, d.P.R. del 1996 nella parte in cui fa
discendere l’esenzione dalla v.i.a. dal silenzio dell’amministrazione protratto
per oltre sessanta giorni dall’inoltro della richiesta di verifica. In proposito
non appare utilmente invocabile l’indirizzo di questo Consiglio (cfr. Cons. St.,
28 settembre 2001, n. 5169) che ritiene disapplicabile, per contrasto con lo
spirito della direttiva 85/3337/Cee, l’art. 10, co. 2, d.P.R. 12 aprile 1996
nella parte in cui prevede il meccanismo del silenzio assenso; infatti, a fronte
della formale vigenza della disposizione, in caso di mancato rispetto del
termine di sessanta giorni, l’amministrazione si esporrebbe al rischio del
contenzioso e ad una situazione di incertezza incompatibile con il quadro dei
principi e dei valori comunitari e costituzionali dianzi illustrati.
Già sul piano astratto, pertanto, deve escludersi che la regione avesse
l’obbligo di richiedere l’integrazione della documentazione al privato.
Le censure sono altresì infondate in fatto, sulla scorta di quanto emerge dalla
documentazione versata in atti, perché non risulta la lamentata carenza di
istruttoria e di motivazione: nonostante l’incompletezza dei chiarimenti forniti
dalla società ed in presenza di una puntuale disamina, da parte degli organi
tecnici regionali, degli elementi divisati dall’Allegato D, punti 1 e 2, la
decisione di ammettere il contestato progetto a v.i.a. appare immune dai dedotti
vizi di legittimità.
12. Sulla scorta delle rassegnate conclusioni l’appello principale della regione
deve essere accolto, mentre quello incidentale della società deve essere
respinto.
Nella complessità delle questioni trattate e nel peculiare andamento del
giudizio la sezione ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra tutte
le parti le spese di ambedue i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe:
- accoglie l’appello principale della regione Lombardia, respinge l’appello
incidentale della società Lagocastello Immobiliare e per l’effetto, in parziale
riforma della sentenza impugnata, respinge in toto il ricorso di primo grado ed
i connessi motivi aggiunti;
- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di entrambi i gradi di
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2010 con
l'intervento dei Signori:
Gaetano Trotta, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Salvatore Cacace, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci con altre
massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE -
Ricerca in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright ©
- AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 -
ISSN 1974-9562