AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
IV - 9 luglio 2010, n. 4457
BOSCHI E FORESTE - Misure normative a tutela dei boschi - Estensione -
Limitazione alle sole ipotesi riconducibili ad alberi di alto fusto - Esclusione
- Lettura sistematica della normativa - Artt. 2 e 3 L. n. 353/2000 - Art. 2, c.
1 d.lgs. n. 227/2001 - Alberi di olivo - D.lt. 475/1945 - Divieto di
abbattimento. Da una lettura sistematica della normativa in materia di
boschi e dalle specifiche finalità di salvaguardia del territorio perseguite
dalla legge, emerge con chiarezza che nell'ambito delle misure protettive dei
boschi sono indubbiamente ricomprese numerose ipotesi di vegetazione non
soltanto riconducibile a quella degli alberi di alto fusto, includendosi anche
la vegetazione qualificabile come macchia, oltreché coltivazioni da frutto di
vario genere (cfr. artt. 2 e 10 L. n. 353/2000, art. 2, c. 1 d.lgs. n.
227/2001): con specifico riferimento agli alberi di olivo, che come è noto
possono raggiungere volumi ed altezze considerevoli e che, sotto tale profilo,
possono già di per sé accomunarsi agli alberi di alto fusto, è tuttora vigente
la disciplina dettata dal decreto luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475,
recante il divieto di abbattimento di tali alberi se non in numero limitato e
con specifica autorizzazione delle autorità competenti. Pres. f.f. Maruotti,
Est. Lodi - Comune di Ariccia (avv.ti Bellini, Brugnoletti e Michetti) c. A.
s.r.l. (avv.ti Ragazzo, Sanino e Funari) - (Annulla T.a.r. Lazio,Roma, n.
11242/2009)
- CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 9 luglio 2010, n. 4457
BOSCHI E FORESTE - INCENDI - Aree percorse dal fuoco - Divieto di modificazione
della destinazione urbanistica -Uliveto - Zona arborata - Inapplicabilità del
divieto di cui all’art. 10, c. 1 L. n. 353/2000 - Inconfigurabilità - Ragioni.
Le finalità di salvaguardia del territorio e delle sue entità naturalistiche
indispensabili alla vita (fattispecie relativa al divieto di modificazione della
destinazione urbanistica, ai sensi dell’art. 10, c. 1 della L. n. 353/2000, di
area coltivata ad uliveto percorsa dal fuoco) non possono essere ristrette a
limitate ipotesi di particolari tipi di bosco e di pascoli, ponendosi una simile
conclusione non solo in stridente contrasto, nella specie, con la normativa
riguardante la speciale salvaguardia degli uliveti, ma pure in evidente
contraddizione con la vigente disciplina generale in materia forestale, che
ammette l'estensione della tutela addirittura alla sola sterpaglia, come ben
messo in evidenza anche dalla giurisprudenza del giudice penale (cfr. Cass. Sez.
I. penale, 4 marzo 2008, n. 14209). Pres. f.f. Maruotti, Est. Lodi - Comune di
Ariccia (avv.ti Bellini, Brugnoletti e Michetti) c. A. s.r.l. (avv.ti Ragazzo,
Sanino e Funari) - (Annulla T.a.r. Lazio,Roma, n. 11242/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV - 9 luglio 2010, n. 4457
www.AmbienteDiritto.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04457/2010 REG.DEC.
N. 02852/2008 REG.RIC.
N. 00368/2009 REG.RIC.
N. 04578/2009 REG.RIC.
N. 00830/2010 REG.RIC.
N. 00831/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
I - Sul ricorso numero di registro generale 2852 del 2008, proposto da:
Comune di Ariccia, rappresentato e difeso dagli avv. Vito Bellini, Massimiliano
Brugnoletti, Enrico Michetti, con domicilio eletto presso Enrico Michetti in
Roma, via Giovanni Nicotera, 29;
contro
Ace S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Ragazzo, Mario Sanino,
Florestano Funari, con domicilio eletto presso lo Studio Sciume' Funari
Florestano in Roma, via Aniene, 14;
nei confronti di
Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Fiore, con domicilio
eletto presso Mauro Fiore in Roma, via G. Chiovenda, 106;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
Agenzia Sviluppo Provincia Scarl, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco
Saverio Mussari, con domicilio eletto presso Francesco Saverio Mussari in Roma,
Lungotevere Mellini, 24;
II - Sul ricorso numero di registro generale 368 del 2009, proposto da:
Comune di Ariccia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vito Bellini,
Massimiliano Brugnoletti, Enrico Michetti, con domicilio eletto presso Enrico
Michetti in Roma, via Giovanni Nicotera, 29;
contro
Ace Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Ragazzo, Mario Sanino,
Florestano Funari, con domicilio eletto presso Florestano Funari in Roma, via
Aniene, 14;
Agenzia Sviluppo Provincia Scarl;
Regione Lazio, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Conte, con domicilio
eletto presso Antonio Conte in Roma, via Carlo Poma, 4;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei
Portoghesi, 12;
III - Sul ricorso numero di registro generale 4578 del 2009, proposto da:
Comune di Ariccia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vito Bellini, Maurizio
Dell'Unto, Enrico Michetti, con domicilio eletto presso Enrico Michetti in Roma,
via Nicotera,. 29;
contro
Ace S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Ragazzo, Mario Sanino,
Florestano Funari, con domicilio eletto presso lo Studio Sciume' Funari
Florestano in Roma, via Aniene, 14;
nei confronti di
Agenzia Sviluppo Provincia Scarl; Ministero Beni e Attivita' Culturali-Sopr. B.
Arch. Lazio; Regione Lazio;
IV - Sul ricorso numero di registro generale 830 del 2010, proposto da:
Comune di Ariccia, rappresentato e difeso dagli avv.ti Vito Bellini, Maurizio
Dell'Unto, Enrico Michetti, con domicilio eletto presso Enrico Michetti in Roma,
via Nicotera, 29;
contro
Ace Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Ragazzo, Mario Sanino,
Florestano Funari, con domicilio eletto presso Florestano Funari in Roma, via
Aniene, 14;
nei confronti di
Aspcr - Agenzia Sviluppo Provincia Per Le Colline Romane - Scarl, rappresentato
e difesa dagli avv.ti Paolo Pittori, Elisa Scotti, con domicilio eletto presso
Francesco Saverio Mussari in Roma, Lungotevere Mellini, 24;
V - Sul ricorso numero di registro generale 831 del 2010, proposto da:
Comune di Ariccia, rappresentato e difeso dagli avv. Vito Bellini, Maurizio
Dell'Unto, Enrico Michetti, con domicilio eletto presso Enrico Michetti in Roma,
via Nicotera, 29;
contro
Ace Srl, rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Ragazzo, Mario Sanino,
Florestano Funari, con domicilio eletto presso Florestano Funari in Roma, via
Aniene, 14;
nei confronti di
Aspcr - Agenzia Sviluppo Provincia Per le Colline Romane - Scarl;
per la riforma
quanto al ricorso n. 2852 del 2008:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Quater n. 00001/2008, resa tra
le parti, concernente SOSPENSIONE LAVORI DI INTERVENTI RESIDENZIALI E RIPRISTINO
STATO DEI LUOGHI.
quanto al ricorso n. 368 del 2009:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Quater n. 04256/2008, resa tra
le parti, concernente SOSPENSIONE LAVORI E RIPRISTINO STATO DEI LUOGHI.
quanto al ricorso n. 4578 del 2009:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I Quatere n. 00576/2009, resa
tra le parti, concernente SOSPENSIONE LAVORI INTERVENTI RESIDENZIALI E
RIPRISTINO STATO DEI LUOGHI - ESECUZIONE GIUDICATO TAR.
quanto al ricorso n. 830 del 2010:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II Bis n. 11246/2009, resa tra
le parti, concernente SOSPENSIONE LAVORI DI INTERVENTI RESIDENZIALI E RIPRISTINO
STATO DEI LUOGHI.
quanto al ricorso n. 831 del 2010:
della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione II n. 11242/2009, resa tra le
parti, concernente SOSPENSIONE LAVORI DI INTERVENTI RESIDENZIALI E RIPRISTINO
STATO DEI LUOGHI.
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio; Ministero per i
Beni e le Attivita' Culturali; Ace Srl; Aspcr - Agenzia Sviluppo Provincia per
le Colline Romane - Scarl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2010 il cons. Pier Luigi Lodi
e uditi per le parti gli avvocati Bellini, Dell'Unto, su delega di Brugnoletti,
Ragazzo, Sanino, Fiore, Pittori, su delega di Mussari e l'avvocato dello Stato
Marchini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I - Con il ricorso n. 2852/2008 il Comune di Ariccia ha proposto appello avverso
la sentenza del T.A.R. Lazio n. 1/2008, relativa alle impugnative proposte dalla
ACE s.r.l. per l'annullamento di una serie di provvedimenti del detto Comune
riguardanti l'esecuzione dei lavori necessari alla realizzazione del complesso
commerciale, direzionale e residenziale previsto dal programma integrato di
intervento predisposto dall’anzidetta società, approvato con l'accordo di
programma in data 15 marzo 2005, ratificato con delibera del Consiglio comunale
n. 34 del 13 aprile 2005 ed approvato infine dalla Regione Lazio con decreto del
Presidente della Giunta regionale n. 292 del 22 luglio 2005.
La citata sentenza reca le seguenti statuizioni:
a) per quanto riguarda il ricorso principale, l’accoglimento dell’impugnativa
avverso l'ordinanza del dirigente responsabile n. 128 del 21 luglio 2006 che
aveva ingiunto alla Società ricorrente di sospendere i lavori e rimettere in
pristino lo stato dei luoghi per i permessi di costruire rilasciati il 17
ottobre 2005 per i lotti edificabili del comprensorio; la dichiarazione di
inammissibilità dell’impugnativa avverso la nota n. 19388/06 del 24 luglio 2006
mediante la quale lo stesso dirigente aveva dato notizia dell'avvio del
procedimento per l'adozione dei provvedimenti conseguenti all'accertamento di
vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia in questione;
b) la dichiarazione di inammissibilità dei primi motivi aggiunti, proposti
contro la nota di carattere interno del menzionato dirigente n. 251/07 del 5
gennaio 2007, indirizzata al comandante della Polizia municipale, riguardante le
opere accertate e già oggetto di sequestro in data 3 gennaio 2007;
c) la dichiarazione di improcedibilità (pur se riconosciuti fondati) dei secondi
motivi aggiunti - rivolti nei confronti anche del Ministero per i beni e le
attività culturali, Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio, nonché
dell'Agenzia Sviluppo Provincia per le Colline Romane s.c.a.r.l. - volti
all'annullamento della nota n. 6665/07 del 12 marzo 2007, che disponeva la
sospensione dell'efficacia dei permessi di costruire sopra ricordati;
d) l'accoglimento dei terzi motivi aggiunti - rivolti oltre che alle autorità
suindicate anche nei confronti della Regione Lazio - intesi all'annullamento
della determinazione dirigenziale n. 204 del 27 marzo 2007, avente ad oggetto
l'annullamento in autotutela del già ricordati permessi di costruire concernenti
la realizzazione di un centro polifunzionale;
e) il rinvio ad altra udienza, per la insussistenza dei termini a difesa,
dell'esame dei quarti motivi aggiunti rivolti avverso la nota n. 12374 del 17
maggio 2007, mediante la quale il ripetuto dirigente comunale ha invitato e
diffidato la società ricorrente al rispetto delle prescrizioni dell'ordinanza
del T.A.R. del Lazio n. 5209/2006, disponendo che, in mancanza, i lavori di cui
ai permessi di costruire già rilasciati non potevano essere riavviati, restando
consentiti unicamente le indagini e i sondaggi archeologici e gli interventi di
consolidamento;
f) l'accoglimento, infine, dell'azione risarcitoria nei termini indicati in
parte motiva, con assegnazione al Comune di Ariccia del termine di sessanta
giorni per proporre alla società ricorrente, ai sensi del vigente art. 35 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, il pagamento di una somma di danaro
secondo i criteri stabiliti.
Il primo giudice è pervenuto alle suesposte conclusioni disattendendo,
anzitutto, le eccezioni pregiudiziali sollevate dal Comune e rilevando, in
particolare, che l'impugnativa proposta con il ricorso principale avverso la
nota n. 19388/06 era inammissibile trattandosi di atto endoprocedimentale,
mentre poteva essere esaminata nel merito l'impugnativa avverso l'ordinanza n.
128/06, che veniva quindi ritenuta fondata, per la riscontrata violazione
dell'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento. Con riferimento, poi, ai
terzi motivi aggiunti, li ha accolti, disattendendo le numerose eccezioni di
inammissibilità sollevate da controparte, sul rilievo che il provvedimento di
annullamento dei titoli edilizi sarebbe stato adottato sulla scorta di
presupposti di fatto e di diritto insussistenti. Per completezza il primo
giudice ha infine osservato che non poteva essere esaminata la nuova questione,
prospettata con memoria dalla difesa comunale (relativa ad un incendio boschivo
verificatosi in precedenza, preclusivo del rilascio dei titoli edilizi),
trattandosi di giudizio di annullamento che investe la legittimità del
provvedimento impugnato esclusivamente in relazione ai contenuti che connotano
il provvedimento stesso.
L'appellante Comune replica nel merito alle argomentazioni della sentenza e,
riguardo al risarcimento del danno, eccepisce preliminarmente il difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo in quanto la richiesta di danno sarebbe
ricollegabile ad una presunta violazione della convenzione tra le parti;
contesta, comunque, la sussistenza dei presupposti per l'azione risarcitoria.
Si è costituita la ACE s.r.l. deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e
diritto.
Si è costituita anche la surricordata ASP Colline Romane, chiedendo anch'essa la
reiezione dell'appello.
La Regione Lazio si è costituita per segnalare principalmente la propria
estraneità al giudizio e, per conseguenza, la propria carenza di legittimazione
passiva.
Le parti, con memorie, hanno ulteriormente ribadito le rispettive tesi.
L'istanza cautelare presentata dal Comune appellante è stata accolta - con
ordinanza di questa Sezione n. 2997/2009 emessa nella camera di consiglio del 12
giugno 2009 - sulla base della seguente motivazione: “Considerato che, in attesa
della definizione del secondo grado di giudizio, emergono elementi tali da
indurre a sospendere l'esecutività della gravata sentenza, in accoglimento della
domanda incidentale”.
II - Con il ricorso n. 368/2009 il Comune di Ariccia ha proposto appello avverso
la sentenza del T.A.R. Lazio n. 4256/2008 che aveva esaminato ed accolto i
quarti motivi aggiunti presentati dalla ACE s.r.l. contro la nota del dirigente
responsabile di area del detto Comune n. 12374 in data 17 maggio 2007, relativa
al rispetto delle prescrizioni dell'ordinanza del T.A.R. Lazio n. 5209/2006 ed
al divieto di riavviare i lavori edilizi, di cui si è detto sopra con
riferimento al precedente appello n. 2582/2008.
La statuizione di accoglimento, adottata previa estromissione dal giudizio della
Regione Lazio, risulta motivata in riferimento al fatto che il Comune non poteva
vietare la prosecuzione di tutti i lavori fino alla ultimazione delle indagini
archeologiche, avendo la competente Sovrintendenza espressamente autorizzato la
prosecuzione dei lavori per alcune aree, mentre la mancata verifica dei
reciproci doveri, prospettata dal Comune, riguarderebbe l'applicazione delle
prescrizioni della convenzione, ossia una questione che sfuggirebbe alle
competenze proprie dell'Ente locale.
Il Comune appellante, nel fornire ulteriori precisazioni in ordine alla vicenda
di cui si tratta, ripropone l'eccezione di improcedibilità o inammissibilità dei
motivi aggiunti in esame, in quanto al momento della loro proposizione era in
corso la procedura conciliativa, nell'ambito della quale la parte privata aveva
assunto l'impegno di non riavviare i lavori; nel merito contesta le statuizioni
del primo giudice rilevando che, in effetti, mancavano le condizioni
precedentemente poste dal T.A.R. in sede cautelare ai fini della realizzazione
delle opere previste; in ordine alla richiesta risarcitoria, infine, eccepisce
nuovamente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la
sussistenza dei presupposti per il risarcimento.
Resiste in giudizio la società ACE che eccepisce preliminarmente la tardività
del gravame e ne prospetta, con ampie argomentazioni, l'infondatezza nel merito.
Le parti anzidette, con memorie, hanno ulteriormente illustrato le rispettive
tesi.
La Regione Lazio si è costituita per chiedere la conferma della statuizione del
T.A.R. sulla sua estromissione dal giudizio.
Si è formalmente costituito il Ministero per i beni e le attività culturali.
III - Con il ricorso n. 4578/2009 il Comune di Ariccia ha proposto appello
avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 576/2009, emessa nella camera di
consiglio del 28 aprile 2009, relativa all’accoglimento del ricorso della ACE
s.r.l. per l'esecuzione della sentenza dello stesso tribunale n. 1/2008 (oggetto
del primo appello di cui sopra) in quanto all'epoca quest'ultima pronuncia non
risultava ancora sospesa dal Consiglio di Stato.
Nella sentenza ora in esame si è ritenuto che la mancata notifica del ricorso
alle parti interessate non assumeva rilevanza, attesa la particolare disciplina
delle procedure di ottemperanza, mentre si ravvisavano i presupposti per la
nomina di un consulente tecnico ai fini di valutare la somma da corrispondere
alla società ricorrente a titolo di risarcimento del danno, tenuto conto che,
anche dopo la previa notifica della diffida ad adempiere, il Comune non aveva
formulato alcuna proposta al riguardo.
Il Comune appellante sostiene che, trattandosi di sentenza non passata in
giudicato, la mancata notifica del ricorso introduttivo costituirebbe un difetto
insanabile del contraddittorio; lamenta il vizio di procedura che conseguirebbe
dalla tardiva notifica dell'avviso di fissazione della camera di consiglio;
eccepisce la non debenza del risarcimento del danno, stante la asserita nullità
dell'atto di acquisto dei terreni da parte della società ricorrente e stante,
altresì, il sopravvenire di un successivo atto di annullamento dei permessi di
costruire.
Con memoria la difesa comunale ha ulteriormente insistito nei propri assunti.
Si è costituita per resistere in giudizio la società ACE che contesta, anche con
memoria illustrativa, le argomentazioni addotte dal Comune appellante.
L'istanza cautelare presentata dal Comune è stata accolta con ordinanza di
questa Sezione n. 3007/2009 emessa nella camera di consiglio del 12 giugno 2009,
recante la stessa motivazione della contemporanea ordinanza di sospensiva n.
2997/2009, di cui si è già detto in riferimento al primo appello di cui sopra.
IV - Con il ricorso n. 830/2010 il Comune di Ariccia ha proposto appello avverso
la sentenza del T.A.R. Lazio n.11246/2009, che aveva accolto il ricorso e i
motivi aggiunti proposti da ACE s.r.l. intesi rispettivamente: a)
all’annullamento della deliberazione della Giunta municipale n. 113 del 9 maggio
2008, relativa alla integrazione del “Catasto degli incendi boschivi e delle
aree boscate e dei pascoli percorsi dal fuoco”, istituito con la precedente
delibera della stessa Giunta n. 72 del 31 marzo 2008, anch'essa impugnata,
recependo la nota del dirigente dell'area n. 11706 del 9 maggio 2008 e prendendo
atto che il terreno sito nell'ambito comunale, di proprietà della società ACE,
risulterebbe essere stato percorso dal fuoco in data 9 agosto 2003; b)
all'annullamento della deliberazione del Consiglio comunale n. 66 del 29 luglio
2008, mediante la quale è stato approvato, ai sensi dell'art. 10 della legge 21
novembre 2000, n. 353, l'elenco dei soprassuoli già percorsi dal fuoco
nell'ultimo quinquennio, per la parte relativa al terreno di proprietà della
società ricorrente.
Il primo giudice ha esaminato le norme della legge citata relative alla
fattispecie di “incendio boschivo” ed alla disciplina dei conseguenti divieti
edificatori, osservando che l'area di cui è questione risulta coltivata ad
ulivi, come tale non rientrante nel concetto di bosco; sarebbe mancata,
d'altronde, prova certa sulla estensione dell'incendio su un'area definita
circoscritta nell'ambito della proprietà della società ricorrente.
Nell'atto di appello il Comune di Ariccia prospetta, anzitutto, una serie di
eccezioni pregiudiziali attinenti: a) alla omessa pronuncia del T.A.R.
sull'eccezione di tardività del ricorso principale di primo grado; b) alla
omessa pronuncia del T.A.R. sull'eccezione di inammissibilità del primo motivo
del ricorso principale per carenza di interesse; c) sul difetto di
giurisdizione, avendo il T.A.R. formulato un giudizio tecnico discrezionale
sulla estensione dell'incendio, con un sindacato di merito sulle valutazioni
spettanti alla pubblica amministrazione. L'appellante contesta, poi, la
fondatezza delle conclusioni del primo giudice sia in ordine al fatto storico
dell'incendio, sia in ordine all'applicazione al caso concreto della legge n.
353 del 2000.
Resiste in giudizio la società ACE, chiedendo, anche con memoria, la reiezione
del gravame e la conferma della sentenza appellata.
V - Con il ricorso n. 831/2009 il Comune di Ariccia ha proposto appello avverso
la sentenza del T.A.R. Lazio n. 11242/2009, che aveva accolto il ricorso ed i
motivi aggiunti presentati dalla ACE s.r.l. ai fini dell'annullamento: a) della
nota del dirigente dell'area n. 19628 del 25 luglio 2008 relativa all'avvio del
procedimento di verifica di legittimità e/o annullamento in autotutela dei
permessi di costruire rilasciati nel 2005 alla predetta società per la
realizzazione di un centro polifunzionale, in attuazione di un programma
integrato di intervento, nonché di tutti gli atti pregressi; b) della nota dello
stesso dirigente n. 20174 del 31 luglio 2008, relativa alla immediata
cessazione, in via cautelare, dei lavori autorizzati con i predetti titoli
abilitativi; c) di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi
compresi quelli oggetto della pronuncia del T.A.R. impugnata con l'appello di
cui si è detto sopra; d) (motivi aggiunti) della determinazione del dirigente in
parola n. 797 dell’8 ottobre 2008 mediante la quale è stato disposto
l'annullamento in autotutela dei permessi di costruire in questione.
Il Tar ha motivato l’accoglimento delle doglianze della società con
argomentazioni corrispondenti a quelle sopra ricordate in riferimento all'altra
impugnativa (n. 830/210) ora in esame.
Anche il Comune appellante ripropone sostanzialmente i motivi di censura e
l'eccezione di difetto di giurisdizione già dedotti con l'altro gravame.
Resiste la società ACE chiedendo, con memoria, la reiezione dell'appello.
VI - La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 4 giugno 2010.
DIRITTO
1. - Deve preliminarmente disporsi la riunione dei cinque ricorsi in epigrafe,
in quanto oggettivamente e soggettivamente connessi, riguardando tutti un'unica,
articolata vicenda relativa alla attuazione di un programma integrato di
intervento nel Comune di Ariccia.
2. - Deve, inoltre, accogliersi la richiesta di estromissione dal presente
giudizio della Regione Lazio, non venendo in discussione questioni
specificamente attinenti a provvedimenti di detta Amministrazione.
3. - Prima dei passare all’esame dei singoli appelli, è opportuno premettere che
la società originaria ricorrente, in qualità di proprietaria di un appezzamento
di terreno in zona agricola di circa otto ettari, sito nel territorio del Comune
anzidetto, aveva presentato nell'anno 2003 un progetto denominato “Programma
integrato di intervento” ai sensi della legge della Regione Lazio 26 giugno
1997, n. 22, che si proponeva di variare la destinazione di zona (a zona
agricola) per realizzare interventi residenziali; centro commerciale; uffici
privati e pubblici, nonché un centro sportivo per circa 11.000 mq.
A quest'ultimo proposito, con delibera della Giunta n. 203 del 17 ottobre 2003,
il Comune aveva espressamente riconosciuto la natura infrastrutturale del
progetto “a condizione che sia previsto nella sua attuazione a carico della
società proponente e cessione alla pubblica amministrazione, la realizzazione
del centro sportivo e del parco attrezzato, oltre che di tutte le aree previste
nel progetto”, ed aveva inserito il progetto stesso nel Patto Territoriale delle
Colline Romane.
A seguito di ciò, l’Agenzia Sviluppo Provincia per le Colline Romane, costituita
su iniziativa della Provincia di Roma, aveva attestato la conformità
dell'intervento agli indirizzi di Patto.
Poi, il Consiglio comunale di Ariccia, con delibera n. 65 del 16 dicembre 2003,
aveva adottato la necessaria variante di PRG riconoscendo la natura
infrastrutturale del progetto “secondo quanto già definito dalla delibera di
G.C. n. 203 del 17 ottobre 2003 e secondo le condizioni dettate nella stessa”.
Conseguentemente, con successiva delibera dello stesso Consiglio n. 25 del 3
giugno 2004 veniva approvato lo schema di convenzione che prevedeva all'art. 7
“la realizzazione del centro sportivo a cura e spese della società
richiedente…senza che ciò comporti scomputo agli oneri dovuti”.
Si giungeva, quindi, alla sottoscrizione, in data 15 marzo 2005, dell’Accordo di
Programma tra la Regione Lazio ed il Comune di Ariccia, mediante il quale si
procedeva all'approvazione dell'intervento e della relativa variante
urbanistica.
Il Consiglio comunale di Ariccia, tuttavia, con delibera n. 24 del 13 aprile
2005, in luogo di ratificare nella sua interezza il predetto Accordo di
Programma, provvedeva a stralciare dallo schema di convenzione l'art. 7,
inerente all'obbligo di realizzazione del summenzionato centro sportivo. Il
successivo 17 ottobre 2005 veniva sottoscritta la convenzione urbanistica tra il
Comune di Ariccia e la società proponente, nella quale non veniva trasfusa la
disposizione del citato art. 7 dello schema già approvato in sede consiliare e
recepito nell'Accordo di Programma; nella stessa data venivano rilasciati i
permessi costruire nn. 70-77 riguardanti le previste opere di urbanizzazione e
di costruzione del complesso commerciale e dei numerosi edifici residenziali.
4. - Tanto premesso, può ora passarsi all'esame del primo dei ricorsi in
epigrafe (n. 2852/2008) proposto dal Comune di Ariccia avverso la sentenza del
T.A.R. Lazio n. 1/2008 che ha accolto in parte il ricorso principale e i terzi
motivi aggiunti presentati dalla società interessata, disponendo l'annullamento
delle ordinanze dei dirigenti comunali di area n. 128 del 21 luglio 2006
(sospensione lavori e di rimessa in pristino dello stato dei luoghi), e n. 204
del 27 marzo 2007 (annullamento dei permessi di costruire nn. 70-77), con
condanna del medesimo Comune al risarcimento dei danni.
4.1. - Il tribunale aveva ritenuto fondata l'impugnativa proposta dalla predetta
società con il ricorso principale, rivolta avverso la citata ordinanza n.
128/2006, rilevando che si trattava di provvedimento con un duplice contenuto e
sottolineando l'irragionevolezza della contemporanea sospensione dei lavori e
della rimessa in pristino, atteso che la rimozione delle opere già realizzate
implica comunque l'impossibilità di prosecuzione dei lavori; rilevando, altresì,
che sarebbe stato violato l'obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, ai
sensi dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, non potendo trovare
applicazione nel caso di specie la disposizione del successivo art. 21-octies
che esclude l'annullamento dell'atto il cui contenuto si dimostri che non
avrebbe potuto essere diverso.
Così sintetizzate le vicende che hanno condotto alla proposizione dell’appello
n. 2852 del 2008, ritiene la Sezione che le argomentazioni poste a base della
sentenza di primo grado n. 1/2009 non siano condivisibili, apparendo fondate le
censure prospettate al riguardo dal Comune appellante.
Come emerge chiaramente dalla sua lettura, il provvedimento è stato adottato
sulla base di due diverse ragioni: 1) in quanto i lavori erano stati avviati
senza la preventiva esecuzione dei sondaggi archeologici imposti dall'art.3
dell'Accordo di Programma; 2) perché la società aveva nominato un proprio
direttore dei lavori ed un proprio collaudatore, mentre tali nomine erano
riservate all'Amministrazione comunale come previsto dagli artt. 6 e 8 della
convenzione.
In punto di fatto, la effettiva esistenza di tali ragioni ostative all'inizio
dei lavori è stata confermata dalla stessa ordinanza del Tar Lazio in data 14
settembre 2006 che aveva accolto “nei limiti di cui in motivazione” l'istanza di
sospensiva proposta dalla società interessata, esclusivamente “al fine di
consentire le necessarie ispezioni per indagini archeologiche nonché di
permettere alle parti di verificare i termini dei reciproci doveri (tra i quali
quelli inerenti la funzione di direzione dei lavori) nel quadro del patto
territoriale di zona, cui pure le stesse hanno aderito”.
In tale prospettiva, specie in considerazione della necessità di prevenire
possibili danni a beni archeologici per l'omessa preventiva esecuzione dei
sondaggi previsti, il Comune non poteva omettere di attivarsi immediatamente con
un provvedimento cautelare di sospensione dei lavori, nell'esercizio dei poteri
di vigilanza attribuiti all'Ente locale dall'art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380, non essendo sufficiente per far fronte all’urgenza di intervenire il
solo provvedimento ripristinatorio, di esecuzione non immediata, previsto dal
successivo art.31 dello stesso decreto.
Né valgono le obiezioni formulate sul piano meramente formale dalla società
resistente, atteso che non è questione, in questo caso, di una assenza di
permesso ma, semmai, di una rilevante difformità rispetto alle modalità di
esecuzione dello stesso; a ciò va aggiunto l'inadempimento rispetto all'obbligo
di dare applicazione alla norma che riserva al Comune la nomina del direttore
dei lavori, anch'essa evidentemente preordinata a salvaguardare l’interesse
pubblico connesso alla corretta esecuzione dei lavori. La nomina precedentemente
effettuata dalla società, d’altronde, non poteva essere considerata come
tacitamente accettata dal Comune - come obiettato dalla medesima società - una
volta stabilita pattiziamente una precisa regolamentazione della fattispecie.
Contrariamente a quanto statuito dal primo giudice, dunque, la lamentata
violazione di norme sul procedimento non poteva, nella specie, comportare
l'annullamento dell'ordinanza in esame, ai sensi del citato art. 21-octies,
dovendosi ritenere dimostrato che, considerando le preminenti esigenze di
immediato intervento da parte dell'Amministrazione preposta alla tutela del
territorio, il contenuto del provvedimento non sarebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato.
Tale statuizione deve essere, pertanto, annullata in accoglimento del motivo
d'appello dedotto al riguardo.
4.2. - Il tribunale aveva poi ritenuto fondata l'impugnativa proposta dalla
società interessata con i terzi motivi aggiunti, rivolta avverso la surricordata
ordinanza n. 204/2007, ritenendo che l'annullamento in autotutela non risultasse
sufficientemente giustificato dai motivi indicati nel provvedimento in
questione.
Osserva anzitutto il Collegio che è da disattendere l'eccezione pregiudiziale di
inammissibilità dei motivi aggiunti in esame, sollevata dal Comune appellante
sul presupposto della intervenuta decadenza dei permessi di costruire di cui è
stato disposto l'annullamento ora in contestazione: anche se la decadenza
avviene “di diritto” al verificarsi dei presupposti di legge (art. 15, comma 2,
d.P.R. n. 380/2001) e la pronuncia di decadenza ha natura ricognitiva con
effetto retroattivo, resta comunque fermo che nel caso di specie non è stato
adottato, sia pure per le ulteriori ragioni che saranno di seguito trattate, il
necessario atto formale dell'Amministrazione in proposito (cfr. Cons. Stato,
Sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5228).
Nel merito sono, invece, da condividere i motivi di appello che mettono in
evidenza le ragioni che hanno effettivamente giustificato l'esercizio del potere
di autoannullamento da parte del Comune riguardanti, da un lato, la non
conformità del progetto della società interessata alle disposizioni della citata
legge della Regione Lazio n. 22/1997 e, comunque alle procedure del Patto
Territoriale delle Colline Romane; dall'altro la illegittimità dei permessi di
costruire per l'avvenuto stralcio dell'art. 7 della convenzione originaria,
inerente alla realizzazione del centro sportivo, con sostanziale violazione
dell'Accordo di Programma.
Si rende preliminarmente necessario sgombrare il campo dalle obiezioni di
carattere formale delle controparti, accolte dal primo giudice, sollevate con
riferimento al principio del “contrarius actus”, sul presupposto che anche dopo
il predetto stralcio l'intervento avrebbe mantenuto il necessario carattere
infrastrutturale e l'accordo di programma già sottoscritto il 15 marzo 2005 non
avrebbe subito alcuna modifica, non venendo meno gli obiettivi previsti.
In primo luogo va puntualizzato che il provvedimento in esame riguarda
propriamente l'annullamento di permessi di costruire, ossia gli atti di
competenza esclusiva dell’Organo dell'Ente locale al quale viene in particolare
attribuita la responsabilità della corretta gestione dell'attività edilizia sul
suo territorio.
In secondo luogo, non può non rimarcarsi che nell'ambito della complessa e
articolata motivazione del provvedimento in discorso, si è pure evidenziato
(pagg. 9 e 10) che il Comune di Ariccia ha avviato un procedimento di
“rivisitazione” della programmazione urbanistica del territorio, ottenendo anche
un contributo al detto fine dalla Regione ed in questo quadro ha revocato le
varianti generali adottate nel 2003, nonché l'adesione prestata al ricordato
Patto Territoriale delle Colline Romane.
In terzo luogo, le ragioni di annullamento addotte, oltre a riportarsi al
complesso delle valutazioni necessarie per tale “rivisitazione”, ed alla stessa
legittimità dell’Accordo di Programma - che si assume posto in essere senza che
ne sussistessero i presupposti stabiliti dall’art. 2, comma 3, lettera a) della
ripetuta legge regionale n. 22/1997 - si ricollegano a motivi di illegittimità e
di pubblico interesse che appaiono in concreto esattamente evidenziati.
A tal proposito, come sottolineato nell’appello, deve convenirsi che il
programma integrato di intervento era caratterizzato proprio dalla clausola
della realizzazione da parte della società proponente, a proprie cure e spese,
del centro sportivo da cedere al Comune, oltreché dalla realizzazione di
fabbricati abitativi. La connotazione di un intervento “integrato” - a suo tempo
ritenuta decisiva per disporre la stessa variante urbanistica - si rapportava,
dunque, alla presenza non solo di strutture di natura residenziale, ma anche e,
soprattutto e inscindibilmente, alla realizzazione di un complesso di interesse
pubblico, a servizio della collettività: in relazione a ciò, come ricordato
sopra, la Giunta comunale aveva espressamente condizionato il riconoscimento
della natura infrastrutturale del progetto alla attuazione della parte dello
stesso relativa al centro sportivo, mediante la delibera n.203/2003, fatta
propria dal Consiglio Comunale con la delibera di variante urbanistica n.
65/2003, successivamente approvata in sede di Accordo di programma dalla
Regione.
In tale situazione non appare, invero, in alcun modo coerente lo stralcio
dell’art. 7 della convenzione, conseguente alla delibera del Consiglio comunale
n. 24 del 13 aprile 2005, che denota una evidente contraddizione interna
nell’attività dell’Ente locale ma non può, comunque, comportare un mutamento
sostanziale della natura del programma integrato di intervento (di cui ha reso
inattuabili le previsioni nel loro complesso) facendo intravedere, piuttosto,
profili di responsabilità di diversa natura, non sindacabili in questa sede.
Né appare sostenibile la tesi, esposta nella sentenza appellata, secondo cui lo
stralcio in parola avrebbe “semplicemente regolato in maniera differente i
rapporti convenzionali” senza incidere sul progetto approvato che sarebbe
rimasto immutato. E’ evidente, infatti, che la condizione essenziale per
l’approvazione del programma era appunto quella della realizzazione del previsto
centro sportivo da parte della società proponente “a proprie cure e spese”, e
che la eliminazione di tale parte del progetto è suscettiva di stravolgere sotto
diversi profili le valutazioni inerenti al soddisfacimento degli interessi
pubblici e le specifiche caratteristiche dell’iniziativa progettata ed
approvata.
Nel provvedimento impugnato sono, inoltre, richiamati gli interessi pubblici e
privati a confronto e - con espressioni che appaiono pienamente condivisibili -
si mette in evidenza, da un lato, che il lasso temporale intercorso dal rilascio
dei permessi di costruire risulta essere di poco più di un anno; che i lavori
sono allo stato iniziale; che la proposta della società di stralciare la
realizzazione del centro sportivo costituiva una pretesa di esclusivo ed
ingiustificato vantaggio per la parte privata; tutti elementi, questi, di cui la
detta parte privata doveva essere necessariamente consapevole e, quindi, non può
ora invocare un reale affidamento sul buon fine dell’iniziativa.
Si sottolinea, dall’altro lato, che “l’aspettativa a realizzare l’intervento -
tutt’altro che legittima alla luce di quanto rappresentato - deve
necessariamente recedere dinanzi all’interesse pubblico alla conservazione e
valorizzazione dei ritrovamenti archeologici ed alla nuova sistemazione
urbanistica del territorio comunale già in atto con i provvedimenti sopra
richiamati o, comunque, alla salvaguardia della vocazione agricola del terreno”.
In conclusione, il venir meno dei presupposti per il previsto intervento
integrato si ripercuote necessariamente sugli atti posti in essere per la
pretesa attuazione dello stesso, che invece, allo stato, risulta ormai di
impossibile realizzazione, e le determinazioni comunali in tal senso appaiono
esenti dai vizi riscontrati dal primo giudice e sono da ritenere valide ed
efficaci e pienamente esecutive.
Le contrarie statuizioni della sentenza appellata si palesano, pertanto, erronee
e vanno annullate, in accoglimento delle censure dedotte al riguardo in sede di
appello, con assorbimento di ogni altra questione prospettata al riguardo.
5. - Sulla scorta di quanto sopra esposto, il Collegio deve osservare che la
esecutività delle determinazioni relative all’annullamento dei permessi di
costruire comporta dirette conseguenze sul contenzioso instaurato con i ricorsi
in trattazione.
5.1. - In particolare, con riferimento al primo ricorso (n. 2852/2008) ora in
esame, resta naturalmente caducata la condanna del Comune di Ariccia al
risarcimento del danno in favore della società, mancando il presupposto del
“danno ingiusto” richiesto al detto fine dalla legge (art. 35, comma 1, del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, come novellato dalla legge 21 luglio
2000, n. 205).
5.2. - Con riferimento al secondo ricorso (n. 368/2009) deve considerarsi che
esso risulta rivolto contro la sentenza del T.A.R. che, in accoglimento
dell’impugnativa (quarti motivi aggiunti) della società interessata, aveva
disposto l’annullamento della nota del dirigente comunale n. 12374 del 17 maggio
2007, mediante la quale si limitava la possibilità di riavviare i lavori alle
sole attività inerenti al completamento dei sondaggi archeologici; è evidente,
tuttavia, che l’annullamento dei titoli edilizi preclude in radice la
possibilità di conseguimento di un risultato utile dalla predetta impugnativa,
da ritenersi allo stato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse
diretto, immediato ed attuale ad una pronuncia al riguardo.
Resta priva di concreto rilievo, in simile situazione, l’eccezione pregiudiziale
di tardività dell’appello, sollevata dalla società odierna resistente.
5.3. - Analoghe conseguenze si verificano con riferimento al terzo gravame (n.
4578/2009) proposto avverso la sentenza del T.A.R. relativa alla esecuzione
della precedente sentenza dello stesso tribunale n. 1/2008, ormai divenuta
ineseguibile essendo stata annullata con l’accoglimento del primo appello.
5.4. - Anche per il quinto appello (n. 831/2010) si debbono trarre le stesse
conclusioni, essendo rivolto avverso la sentenza del T.A.R. di accoglimento del
ricorso della società in parola contro il nuovo atto di annullamento, per altre
ragioni, degli stessi permessi di costruire in questione, adottato dal
funzionario comunale competente con determinazione n. 797 dell’8 ottobre 2008:
la esecutività delle precedenti determinazioni relative all’annullamento dei
menzionati titoli edilizi, infatti, rende priva di qualsiasi effettivo interesse
una decisione su tale ultima impugnativa.
6. - Resta da esaminare il quarto ricorso in appello (n. 830/2010) che riguarda
vicende non strettamente correlate alla caducazione dei titoli edilizi già
conseguiti, ricollegandosi al ricorso ed ai motivi aggiunti proposti in primo
grado dalla menzionata società al fine di tutelare, principalmente, le
potenzialità edificatorie delle aree di proprietà mediante impugnazione delle
determinazioni del Comune di Ariccia
6.1. - Il Collegio ritiene che possa prescindersi dall’esame delle eccezioni
pregiudiziali sollevate dal Comune appellante, con riguardo alla proponibilità
ed alla procedibilità del ricorso di primo grado della società interessata,
risultando infondate nel merito le censure con esso proposte, alla luce dei
motivi prospettati dell’appello.
6.2. - La società odierna resistente aveva impugnato dinanzi al T.A.R. la
deliberazione della Giunta municipale di Ariccia n. 113 del 9 maggio 2008, di
integrazione del “Catasto degli incendi boschivi e delle aree buscate e dei
pascoli percorsi dal fuoco”, nonché la presupposta deliberazione della stessa
Giunta municipale n. 72 del 31 marzo 2008; con motivi aggiunti aveva quindi
impugnato la deliberazione del Consiglio comunale n. 66 del 29 luglio 2008
mediante la quale, disattendendosi le osservazioni della predetta società, è
stato approvato l'elenco dei soprassuoli già percorsi dal fuoco nell'ultimo
quinquennio, relativamente al terreno di proprietà della stessa società sito nel
territorio comunale, ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge 21 novembre
2000, n. 353.
Con la sentenza appellata il tribunale ha rilevato che il dato storico dello
svilupparsi di un incendio in data 9 agosto 2003 è obiettivamente desumibile
dagli accertamenti svolti dagli organi comunali, dai Vigili del Fuoco e dagli
altri enti competenti, mentre sussistevano elementi di incertezza in ordine al
fatto che la perimetrazione dell'incendio comprendesse anche l'area di proprietà
della società ricorrente. Peraltro, in punto di diritto, il primo giudice aveva
ritenuto che, nella specie, stante la presenza di un uliveto nell'area in
questione, non sussisterebbero i presupposti per l'applicazione della normativa
dettata in materia di “incendi boschivi” dalla citata legge n. 353/2000.
6.3. - Il Collegio è dell’avviso che l'appello del Comune di Ariccia sia
fondato.
6.3.1. - Anzitutto, contrariamente a quanto affermato dal primo giudice, non
sono in realtà ravvisabili ragionevoli indizi per dubitare del fatto che l'area
di proprietà della società interessata fosse stata effettivamente percorsa
dall'incendio, in considerazione dell'accurata istruttoria compiuta dai
competenti uffici comunali - non smentita in concreto neppure da precisi
elementi ed argomentazioni in senso contrario contenuti nella perizia di parte
ricorrente - risultando documentato che gli interventi della Protezione Civile e
dei Vigili del Fuoco hanno sicuramente riguardato i terreni confinanti; che le
conseguenze dell'incendio sulla proprietà in questione si sono manifestate anche
con la riduzione della vegetazione, che nell'anno 2000 comprendeva trecento
piante ultracentenarie, mentre, da una perizia relativa all'anno 2006, risulta
la presenza di soli centocinquanta alberi in uno “stato vegetativo con chioma di
area inferiore a quanto riscontrato nell'anno 2000”; che gli esposti presentati
da cittadini riguardavano proprio la ricorrenza di incendi sulla proprietà in
questione.
6.3.2. - Chiarito quanto sopra, in punto di fatto, può ora passarsi all'esame
delle disposizioni di legge da applicare nelle aree percorse dal fuoco,
fortemente limitative delle possibilità edificatorie delle aree stesse.
Ai sensi dell'art. 2 della ripetuta legge n. 353/2000 “Per incendio boschivo si
intende un fuoco con suscettibilità a espandersi su aree boscate, cespugliate o
arborate, comprese eventuali strutture e infrastrutture antropizzate poste
all'interno delle predette aree, oppure su terreni coltivati o incolti e pascoli
limitrofi a dette aree”.
Nel successivo art. 10, comma 1, primo periodo, è poi espressamente stabilito
che “Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal
fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente
all'incendio per almeno quindici anni”.
Nella sentenza appellata si afferma, in sostanza, che seppure il surriportato
art. 2 fornisca una definizione più ampia dell'incendio boschivo, le successive
prescrizioni limitative poste dall’art. 10 riguarderebbero soltanto le ipotesi
espressamente indicate relative agli incendi sulle zone boscate ed i pascoli,
con esclusione, in particolare, delle zone arborate, come quella in questione
già coltivata ad uliveto.
Come puntualmente osservato dal Comune appellante, tuttavia, tale
interpretazione restrittiva non può essere condivisa alla luce di una
valutazione sistematica della normativa in materia e delle specifiche finalità
di salvaguardia del territorio perseguite dalla legge.
In base alla definizione fornita dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227,
riguardante il settore forestale, viene precisato all'art. 2, comma 1, che “i
termini bosco, foresta e selva sono equiparati”; all'art. 6, comma 1, che “Nelle
more della emanazione delle norme regionali…si considerano bosco i terreni
coperti da vegetazione forestale arborea associata o meno a quella arbustiva di
origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo…”.
Nella Regione Lazio le norme in materia di gestione delle risorse forestali sono
state dettate dalla legge regionale 28 ottobre 2002, n. 39, che all'art. 4, dopo
aver fornito al primo comma una definizione di bosco sostanzialmente equivalente
a quella del menzionato decreto legislativo, precisa al comma 2 quanto segue:
“Sono assimilate ai boschi e soggiacciono alle relative disposizioni” non solo
gli appezzamenti coperti da vegetazione arborea comprendente i castagneti da
frutto e le sughere, ma pure “le aree ricoperte da vegetazione arbustiva,
denominate arbusteti…” aventi determinate caratteristiche.
Dal quadro normativo sopra delineato emerge con chiarezza che nell'ambito delle
misure protettive dei boschi sono indubbiamente ricomprese numerose ipotesi di
vegetazione non certo riconducibile a quella degli alberi di alto fusto,
includendosi anche la vegetazione qualificabile come macchia, oltreché
coltivazioni da frutto di vario genere.
Per quanto concerne specificamente gli alberi di olivo, che come è noto possono
raggiungere volumi ed altezze considerevoli e che, sotto tale profilo, possono
già di per sé accomunarsi agli alberi di alto fusto, non sembra superfluo
ricordare che è comunque ancora vigente la disciplina dettata dal decreto
luogotenenziale 27 luglio 1945, n. 475, recante il divieto di abbattimento di
tali alberi se non in numero limitato e con specifica autorizzazione delle
autorità competenti.
Tutto ciò considerato, appare evidente che le finalità di salvaguardia del
territorio e delle sue entità naturalistiche indispensabili alla vita non
possono essere ristrette a limitate ipotesi di particolari tipi di bosco e di
pascoli, come ritenuto in prime cure, ponendosi una simile conclusione non solo
in stridente contrasto - per quanto ora particolarmente interessa - con la
normativa riguardante la speciale salvaguardia degli uliveti, ma pure in
evidente contraddizione con la vigente disciplina generale in materia forestale,
che ammette l'estensione della tutela addirittura alla sola sterpaglia, come ben
messo in evidenza anche dalla giurisprudenza del giudice penale (cfr. Cass. Sez.
I. penale, 4 marzo 2008, n. 14209).
6.4. - Per le ragioni sopra esposte le determinazioni comunali impugnate in
primo grado risultano esenti dai vizi dedotti dalla società ricorrente e,
pertanto, in accoglimento dell'appello proposto dal Comune di Ariccia e in
riforma dell’appellata sentenza del T.A.R. Lazio n. 11246/2009, il ricorso in
primo grado deve essere respinto.
7. - Per quanto riguarda le spese del giudizio relativo ai ricorsi riuniti in
esame, il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporne la parziale
compensazione - con i criteri indicati in dispositivo - tenuto conto del
comportamento delle parti in causa, e che per la restante parte debbano seguire
la soccombenza da liquidarsi come indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunciando sui ricorsi suindicati:
- accoglie l’appello n. 2852/2008 e, per l’effetto, in riforma della sentenza
impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado;
- pronunciando sull’appello n. 368/2009 dichiara improcedibile il ricorso per
motivi aggiunti proposto in primo grado e, per l’effetto, annulla, senza rinvio,
la sentenza appellata;
- pronunciando sull’appello n. 4578/2009 dichiara improcedibile il ricorso
proposto in primo grado e, per l’effetto, annulla, senza rinvio, la sentenza
appellata;
- accoglie l’appello n. 830/2008 e, per l’effetto, in riforma della sentenza
impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado;
- pronunciando sull’appello n. 831/2009 dichiara improcedibile il ricorso
proposto in primo grado e, per l’effetto, annulla, senza rinvio, la sentenza
appellata;
- condanna la soccombente società ACE s.r.l. e l’interveniente Agenzia Sviluppo
Provincia s.c.a.r.l. (nella proporzione rispettivamente di 2/3 e di 1/3 per
ciascuna) a rifondere in favore dell’appellante Comune di Ariccia le spese di
ambedue i gradi di giudizio, che liquida nella misura dimezzata di complessivi
euro 15.000,00 (quindicimila/00) oltre accessori di legge; dichiara interamente
compensate le spese di entrambi i gradi di giudizio per il Ministero per i beni
e le attività culturali e per la Regione Lazio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2010 con
l'intervento dei Signori:
Luigi Maruotti, Presidente FF
Pier Luigi Lodi, Consigliere, Estensore
Anna Leoni, Consigliere
Bruno Mollica, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci con altre
massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE -
Ricerca in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista
giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright ©
- AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 -
ISSN 1974-9562