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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 15 luglio 2010, n. 4561
INQUINAMENTO - Obblighi di bonifica - Art. 17 d.lgs. n. 22/97 - Responsabilità
dell’autore dell’inquinamento - Natura - Responsabilità oggettiva - Rapporto di
causalità tra l’azione o l’omissione e l’inquinamento - Responsabilità del
proprietario - Natura - Responsabilità da posizione - Onere reale. La
responsabilità dell'autore dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2,
del D.Lgs. 22/1997, costituisce una forma di responsabilità oggettiva per gli
obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale conseguenti
alla contaminazione delle aree. La natura oggettiva della responsabilità in
questione è desumibile dalla circostanza che l'obbligo di effettuare gli
interventi di legge sorge, in base all'art. 17 citato, in connessione con una
condotta "anche accidentale", ossia a prescindere dall'esistenza di qualsiasi
elemento soggettivo doloso o colposo in capo all'autore dell'inquinamento. Ai
fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario il
rapporto di causalità tra l'azione (o l'omissione) dell'autore dell'inquinamento
ed il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti
di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga”.
Sensibilmente diversa si presenta invece la posizione del proprietario del sito,
per la responsabilità del quale occorre fare riferimento ai cc. 10 e 11
dell’art. 17: chi subentra nella proprietà o possesso del bene subentra anche
negli obblighi connessi all'onere reale ivi previsto, indipendentemente dal
fatto che ne abbia avuto preventiva conoscenza. Quella posta in capo al
proprietario è pertanto una responsabilità "da posizione", non solo svincolata
dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non richiede neppure
l'apporto causale del proprietario responsabile al superamento o pericolo di
superamento dei valori limite di contaminazione. È quindi evidente che il
proprietario del suolo - che non abbia apportato alcun contributo causale,
neppure incolpevole, all'inquinamento - non si trova in alcun modo in una
posizione analoga od assimilabile a quella dell'inquinatore, essendo tenuto a
sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica esclusivamente in ragione
dell'esistenza dell'onere reale sul sito. Pres. Barbagallo, Est. Giovagnoli -
Comune di Vomodrone (avv.ti Abbamonte e Chiarolanza) c. Regione Lombardia e
altri (n.c.) - (Riforma TAR Lombardia, Milano, n. 5681/2004) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 15 luglio 2010, n. 4561
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04561/2010 REG.DEC.
N. 03489/2005 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 3489 del 2005, proposto da:
Comune di Vimodrone, rappresentato e difeso dagli avv. Andrea Abbamonte, Antonio
Chiarolanza, con domicilio eletto presso Andrea Abbamonte in Roma, via degli
Avignonesi, 5;
contro
Regione Lombardia, Provincia di Milano, Amm.Delle Ii.Pp.A.B.Ex Eca di Milano Ora
Ist.Golgi-Redaelli, Soc. Elfe S.a.s. di Colapinto Giovanni Matteo e C.;
per la riforma
della sentenza del TAR LOMBARDIA - MILANO :Sezione I n. 05681/2004, resa tra le
parti, concernente PRESENTAZIONE PROGETTO DI BONIFICA E RIPRISTINO AMBIENTALE DI
AREA INQUINATA.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 marzo 2010 il consigliere Roberto
Giovagnoli e uditol’avvocato Chiarolanza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Viene in decisione l’appello proposto dal Comune di Vimodrone per ottenere la
riforma della sentenza del T.a.r Lombardia, Milano n. 5681/2004.
Il giudice di primo grado ha annullato le ordinanze via via emesse dal Comune di
Vimodrone, a partire dal 1995, nel corso di un procedimento, articolato in varie
fasi, volto alla bonifica di un’area inquinata, già adibita a discarica di
rifiuti.
2. Alla base delle conclusioni cui è giunto il T.a.r. vi è la considerazione
secondo cui la bonifica non può essere ordinata al proprietario dell’area, senza
che sia dimostrata la sua responsabilità nell’inquinamento.
Nel caso di specie, secondo la sentenza impugnata, non risulta espletata alcuna
indagine finalizzata ad indagare il responsabile nell’inquinamento. Da qui la
conclusione secondo cui l’inquinamento derivante dalla discarica non può essere
addebitata alla società ricorrente, senza che alla sua qualità di proprietaria
si associ un qualche elemento di responsabilità nella causazione
dell’inquinamento.
3. L’appello merita accoglimento.
4. Il d.lgs. n. 22/1997, applicabile ratione temporis, alle ordinanze impugnate
(tranne quella del 1995, il cui contenuto, tuttavia, come si dirà in seguito,
può ritenersi assorbito dai successivi provvedimenti) prevede che accanto alle
responsabilità dell'inquinatore si collocano, ad ulteriore garanzia
dell'esecuzione degli interventi previsti, quelle del proprietario del sito
inquinato.
La responsabilità dell'inquinatore e quella del proprietario si fondano su
presupposti giuridici diversi ed hanno differente natura.
La responsabilità dell'autore dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 17, comma 2,
del D.Lgs. 22/1997, costituisce una vera e propria forma di responsabilità
oggettiva per gli obblighi di bonifica, messa in sicurezza e ripristino
ambientale conseguenti alla contaminazione delle aree inquinate. La natura
oggettiva della responsabilità in questione è desumibile che l'obbligo di
effettuare gli interventi di legge sorge, in base all'art. 17, comma 2, del
D.Lgs. 22/1997, in connessione con una condotta "anche accidentale", ossia a
prescindere dall'esistenza di qualsiasi elemento soggettivo doloso o colposo in
capo all'autore dell'inquinamento.
Ai fini della responsabilità in questione è comunque pur sempre necessario il
rapporto di causalità tra l'azione (o l'omissione) dell'autore dell'inquinamento
ed il superamento - o pericolo concreto ed attuale di superamento - dei limiti
di contaminazione, in coerenza col principio comunitario "chi inquina paga",
principio che risulta espressamente richiamato dall'art. 15 della direttiva n.
91/156, di cui il D.Lgs. del 1997 costituisce recepimento.
Sensibilmente diversa si presenta invece la posizione del proprietario del sito,
per la responsabilità del quale occorre fare riferimento al comma 10 dell'art.
17, che dispone che gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino
ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate; il comma 11 del
medesimo articolo dispone poi altresì che le spese sostenute per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale sono assistite da privilegio
speciale immobiliare sulle aree medesime, esercitabile anche in pregiudizio dei
diritti acquistati dai terzi sull'immobile.
Ne consegue che chi subentra nella proprietà o possesso del bene subentra anche
negli obblighi connessi all'onere reale, indipendentemente dal fatto che ne
abbia avuto preventiva conoscenza. Quella posta in capo al proprietario
dall'art. 17, commi 10 e 11, è pertanto una responsabilità "da posizione", non
solo svincolata dai profili soggettivi del dolo o della colpa, ma che non
richiede neppure l'apporto causale del proprietario responsabile al superamento
o pericolo di superamento dei valori limite di contaminazione.
È quindi evidente che il proprietario del suolo - che non abbia apportato alcun
contributo causale, neppure incolpevole, all'inquinamento - non si trova in
alcun modo in una posizione analoga od assimilabile a quella dell'inquinatore,
essendo tenuto a sostenere i costi connessi agli interventi di bonifica
esclusivamente in ragione dell'esistenza dell'onere reale sul sito.
Il responsabile diretto e principale della bonifica, messa in sicurezza e
ripristino ambientale è invece individuato, sia dall'art. 17, commi 2 e 3, del
D.Lgs. 22/1997, che dagli artt. 7 e 8 del D.M. 471/1999, esclusivamente in colui
che abbia cagionato l'inquinamento.
Ciò è stato reso ancora più evidente dall'art. 8 dal citato D.M., il quale
individua, in conformità all'art. 17, comma 3, nel responsabile
dell'inquinamento il destinatario dell'ordinanza comunale di diffida ad adottare
gli interventi necessari in relazione allo stato di contaminazione dei suoli,
prevedendo invece che la stessa ordinanza debba essere "comunque notificata
anche al proprietario del sito" ma solo "ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 17, commi 10 e 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22", e cioè in relazione all'esistenza dell'onere reale sulle aree inquinate,
che deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica, ed al
privilegio speciale immobiliare sulle aree medesime.
Il proprietario del sito a cui non sia imputabile, neppure in parte, la
contaminazione dello stesso, non è pertanto tenuto né ad attivare di propria
iniziativa il procedimento previsto dall'art. 17 comma 2, né ad ottemperare
all'ordinanza comunale che imponga la bonifica del sito notificatagli, come si è
detto, solo in ragione dell'esistenza dell'onere reale (C.d.S. n.4525/2005)
5. Per valutare la legittimità dei provvedimenti impugnati occorre, quindi,
accertare se al proprietario del suolo sia almeno oggettivamente imputabile
(sulla base del semplice rapporto di causalità) il superamento dei limiti di
contaminazione.
Il Collegio ritiene di dover dare risposta positiva, in quanto, come risulta
dagli atti di causa, da quando, nel 1994, la società Elfe scoprì, eseguendo
lavori di scavo sui terreni per cui è causa, flussi di vernici e coloranti e
rifiuti di varia natura, il livello di inquinamento è costantemente aumentato.
Tale circostanza è di per sé sufficiente a ritenere dimostrato un rapporto di
causalità tra il comportamento omissivo della Elfe (che, pur non potendo
rispondere dell’inquinamento pregresso aveva però l’obbligo di attivarsi per
impedire che lo stesso aumentasse) e l’aumento della contaminazione.
Appurata l’esistenza di un rapporto di causalità tra l’omissione dell’attuale
proprietario e l’aumento della contaminazione, devono quindi ritenersi
legittime, ai sensi dell’art. 17 d.lgs. n. 22/1997, sia l’ordinanza n. 173/2002
(che ha imposto alla Elfe di predisporre un progetto di messa in sicurezza
dell’area secondo il progetto approvato dalla delibera di Giunta n. 75 del
3.4..2001), sia la successiva nota 19 novembre 203 aventi ad oggetto
l’esecuzione d’ufficio dell’ordinanza n. 173/2002 e l’autorizzazione di accesso
alle aree rilasciata all’impresa incaricata.
Le predette ordinanze, peraltro, superano ed assorbono, il contenuto precettivo
delle precedenti ordinanze n. 21/1995, n. 62/1995 e n. 55/1999: il ricorso di
primo grado avverso le stesse deve, quindi, dichiararsi improcedibile.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere accolto
e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, vanno dichiarati
improcedibili i ricorsi di primo grado n. 2474/1995, n. 3055/95 e n. 379/00 e
vanno respinti il ricorso n. 266/2003 e il ricorso per motivi aggiunti.
7. La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle
spese del doppio grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sull’appello in epigrafe lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2010 con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Giancarlo Montedoro, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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