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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
IV, 16/07/2010, Sentenza n. 4591
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DIRITTO URBANISTICO - BOSCO - Costruzione
abusiva in area boscata - Richiesta di rilascio di concessione sanatoria -
Nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo - Necessità -
Demolizione del manufatto e ripristino dello stato dei luoghi. In materia
edilizia, una costruzione che insiste in area inclusa in zona di PRG
classificata a bosco è sottoposta a vincolo di tutela ambientale e per ciò
stesso, ogni richiesta di rilascio di concessione sanatoria deve necessariamente
conseguire il nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo, (che
nella specie, per quanto attiene alla Provincia di Trento, è da identificare
nella Commissione provinciale per la tutela paesaggistico-ambientale (CTP)
rivelandosi, l’acquisizione del relativo parere, una fase procedimentale del
tutto insostituibile) (Cons. Stato Sez. VI 3/5/2007 n.1944). Pertanto, il
carattere abusivo delle opere, la non compatibilità ambientale delle stesse
costituisce legittima giustificazione delle determinazioni di rigetto della
chiesta sanatoria e di irrogazione della sanzione della completa demolizione del
manufatto e ripristino dello stato dei luoghi. (conferma sentenza del T.R.G.A. -
DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00170/2002) - Pres. Trotta - Rel. Migliozzi -
Nardelli (avv.ti Devigili e Romanelli) c. Provincia Autonoma di Trento (avv.ti
Iemma, Pedrazzoli, Stella Richter). CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 16/07/2010,
Sentenza n. 4591
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DIRITTO URBANISTICO - Domande di sanatoria -
Autorità preposta alla tutela del vincolo - Obbligatorietà del parere -
Fattispecie. Sussiste, l'obbligatorietà del parere dell’Autorità preposta
alla tutela del vincolo gravante sul bene anche in relazione a domande di
sanatoria (Cons. Stato, Sez. VI, 14/02/2007, n.607), costituisce jus receptum
il principio per cui i pareri e nulla osta resi in materia ambientale espressi
dagli organi deputati alla tutela in questione costituiscono una valutazione di
natura tecnico-discrezionale, resa cioè in virtù di nozioni ed esperienze di
natura tecnico-scientifica applicate alla fattispecie e volta appunto a
verificare la compatibilità o meno dell’opera alle esigenze di rispetto delle
caratteristiche paesaggistico-ambientali che connotano lo stato dei luoghi
oggetto del vincolo (Cons. Stato, Sez IV, 9/4/1999, n.601; idem Sez. VI,
11/4/2006, n.2001). Fattispecie: richiesta di rilascio di concessione sanatoria
ed investitura e ruolo della Commissione provinciale per la tutela
paesaggistico-ambientale (CTP) - Provincia di Trento). (conferma sentenza del
T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00170/2002) - Pres. Trotta - Rel.
Migliozzi - Nardelli (avv.ti Devigili e Romanelli) c. Provincia Autonoma di
Trento (avv.ti Iemma, Pedrazzoli, Stella Richter). CONSIGLIO DI STATO, Sez.
IV, 16/07/2010, Sentenza n. 4591
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 04591/2010 REG.DEC.
N. 07175/2002 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 7175 del 2002, proposto da:
Nardelli Diego, rappresentato e difeso dagli avv. Paolo Devigili, Enrico
Romanelli, con domicilio eletto presso Enrico Romanelli in Roma, viale Giulio
Cesare, 14;
contro
Provincia Autonoma di Trento, rappresentato e difeso dagli avv. Raffaele Iemma,
Nicolo' Pedrazzoli, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso Paolo
Stella Richter in Roma, viale G. Mazzini, N. 11;
nei confronti di
Comune di Trento, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. 00170/2002, resa tra
le parti, concernente INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE OPERE EDILI ABUSIVE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Andrea
Migliozzi e uditi per la parte appellante l’avv. Gabriele Pafundi su delega di
Paolo Devigili e per la parte resistente l’avv. Paolo Stella Richter;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
IL Dirigente del Servizio Urbanistica e Tutela del Paesaggio della Provincia di
Trento con riferimento ad opere abusivamente realizzate in relazione al recupero
di un fabbricato in legno sito in località Cadine del Comune di Trento, di
proprietà del sig. Diego Nardelli, con determinazione n.156 del 5/6/2000,
assunta sulla scorta del parere reso dalla Commissione provinciale per la tutela
paesaggistico-ambientale nella seduta del 4 aprile 2000, ordinava la completa
demolizione del manufatto in questione nonché la restituzione in pristino.
L’interessato impugnava innanzi al TRGA di Trento detto provvedimento nonché il
citato parere della Commissione provinciale e il parere della Commissione
edilizia comunale espresso il 19/6/2000 relativamente alla presentata istanza di
sanatoria, deducendone la illegittimità sotto vari profili.
L’adito Tribunale Amministrativo con sentenza n.170/2002 rigettava il proposto
ricorso, ritenendolo infondato e tanto, in particolare, sul rilievo
dell’abusività dell’opera in area in cui è preclusa l’edificazione e della “non
idoneità della tipologia costruttiva all’inserimento nel contesto ambientale”.
Il sig. Nardelli col ricorso all’esame ha interposto appello avverso la
summenzionata sentenza, sviluppando due articolati mezzi con i quali in
relazione ai motivi d’impugnazione di primo grado denuncia la erroneità delle
statuizioni assunte dal TAR nonché l’insufficiente e comunque difettosa
motivazione della sentenza.
Si è costituita in giudizio la Provincia Autonoma di Trento che ha contestato la
fondatezza del proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.
La causa è passata in decisione all’odierna udienza
DIRITTO
L’appello è infondato.
Ai fini della esatta comprensione della vicenda per cui è causa appare utile
focalizzare alcuni elementi di fatto ed altrettanti aspetti del regime
urbanistico relativi alla fattispecie all’esame.
Oggetto della controversia è un manufatto, sito in località Stapiana di Cadine
del Comune di Trento, con struttura portante in ferro e tamponamenti in assi di
legno, delle dimensioni di pianta di ml4,50 x 3,50, di altezza 2,50 ml,
posizionato su un basamento in sassi e cls, definito, quanto all’epoca della sua
costruzione, sulla scorta degli elementi forniti in sede di sopralluogo della
Polizia Municipale del 14 dicembre 1999, “apparentemente di contestuale
realizzo”.
Dal punto di vista urbanistico, “la casetta” viene a posizionarsi in zona
classificata dal PRG E4, “ a bosco”, soggetta a vincolo paesaggistico
–ambientale per la quale vige il divieto assoluto di edificazione, fatta
eccezione la possibilità di ristrutturare gli edifici già esistenti in zona.
Va pure precisato che il sig. Nardella ha presentato, in data 21/2/2000, ai
sensi dell’art.129 della legge provinciale n.22/91 istanza di concessione in
sanatoria, inerente il recupero di detto manufatto e che tale domanda è stata
respinta, con determinazione del 5/6/2000, dal competente Servizio della
Provincia, (alla luce del parere reso dalla Commissione provinciale per la
tutela paesaggistico-ambientale), sul rilievo che le “opere abusivamente
realizzate contrastano con i rilevanti interessi paesaggistici-ambientali “
Tanto doverosamente premesso, parte appellante col primo motivo di gravame
sostiene la tesi che l’intervento edilizio in contestazione è consistito nella
mera ristrutturazione e/o recupero di un edificio preesistente, risalente agli
anni cinquanta, sicchè nella specie si renderebbe applicabile la previsione di
cui all’art.61, comma 3, delle NTA del PRG recante la possibilità di
ristrutturazione dei fabbricati preesistenti, con conseguente sanabilità delle
opere per cui è causa.
L’assunto non appare condivisibile.
In primo luogo, si osserva come non sia stata affatto accertata l’esistenza in
loco di una costruzione risalente agli anni indicati dall’interessato sulla
quale si sarebbe operato, a detta dell’appellante, unicamente un intervento di
recupero e tanto lo si può evincere dalle risultanze istruttorie depositate a
seguito degli incombenti disposti dallo stesso TAR ( relazione del Servizio
Urbanistica e tutela del paesaggio del 17/11/2000 e verbale di sopralluogo del
26/2/2001) oltrechè dagli altri elementi di giudizio contenuti nella
documentazione pure depositata in giudizio ( vedasi nota del 20 novembre 2000
relativa agli esiti di “verifica aerofotogrammetrie”).
In ogni caso, anche a voler ammettere l’esistenza di una costruzione in loco
risalente nel tempo, non è certamente dimostrato che colà esistesse un manufatto
esattamente corrispondente a quello che è stato accertato essere stato
realizzato in loco al momento dei sopralluoghi degli organi istruttori né è
possibile dedurre, con ragionevole certezza, che nella specie sia stata posta in
essere una sorta di operazione di semplice “sovrapposizione” di un manufatto ad
un altro preesistente, tale da far ritenere che i due manufatti, quello (
eventualmente ) prima esistente e quello dopo realizzato (e qui contestato)
siano uguali per dimensioni, caratteristiche planovolumetriche e posizionamento.
Sempre con riferimento alle risultanze istruttorie che connotano la fattispecie,
è poi intervenuta la descrizione delle opere effettuata in sede di sopralluoghi
secondo la quale la costruzione rivela, quanto alle tecniche costruttive,
materiali utilizzati e aspetto esterno, caratteristiche sostanzialmente
riferibili ad un organismo sorto in tempi relativamente recenti.
Se così stanno le cose, appare decisivo allora procedere all’accertamento della
qualificazione tipologica delle opere edilizie effettuate, così come rilevate
dagli organi preposti agli accertamenti in materia, dovendosi dare atto che, pur
a voler ammettere una preesistenza edilizia, in realtà nella fattispecie si è
dato vita ad un nuovo organismo edilizio, lì dove il quid novi sta significare
un qualcosa di diverso che vale comunque ad escludere l’avvenuta esecuzione di
un intervento volto semplicemente a ripristinare e ammodernare quanto in
precedenza esistente.
Più specificatamente, nella specie, non sono ravvisabili gli elementi della
identità della volumetria e della sagoma tra i due manufatti (quello
preesistente e quello attuale) e della non avvenuta alterazione degli elementi
strutturali che individuano e qualificano l’edificio preesistente, la
sussistenza dei quali costituisce condizione imprescindibile per poter ritenere
che si sia in presenza di un intervento di ristrutturazione edilizia (cfr. Cons.
Stato , Sez. IV, 8/10/2007 n.5214).
Neppure è ravvisabile un intervento di restauro e/o di recupero che presuppone
la conservazione pressoché in toto del fabbricato, soprattutto come forma ( cfr.
Cons Stato, Sez IV 12/9/2007 n.4829.) il che non è dato riscontrare nel caso de
quo, dal momento che, avuto riguardo allo stato dei luoghi e all’aspetto della
costruzione , sono stati apportati degli elementi aggiuntivi alla originaria (
incerta ) struttura.
Collocandosi le opere de quibus al di fuori delle categorie tipologiche della
ristrutturazione e del recupero del “vecchio” (inteso come preesistente)
manufatto è evidente che il fabbricato non può giovarsi della normativa di
favore di cui al citato art.61 delle NTA (che consente interventi sulle
preesistenti strutture, in via di eccezione alla regola della preclusione di
edificazione nella zona a bosco), di talchè sotto tale profilo la realizzazione
della costruzione in questione non appare supportata da una legittimante
giustificazione.
Vanno, quindi, esaminate le questioni relative alla sanabilità
urbanistico-edilizia del manufatto per il quale, stante l’assenza ab origine del
titolo ad aedificandum, è stata presentata domanda di sanatoria.
Con le censure dedotte col secondo mezzo d’impugnazione parte appellante punta i
suoi strali sul giudizio di non sanabilità posto a fondamento dell’adottato
provvedimento demolitorio-ripristinatorio, ritenendo del tutto manchevole la
valutazione di non ammissibilità a sanatoria delle opere, lì dove, in
particolare, la motivazione di carattere negativo resa dalla Commissione
provinciale per la tutela paesaggistica-ambientale si rivelerebbe lacunosa e
comunque erronea.
In dettaglio, l’appellante imputa alla Commissione provinciale, di aver
effettuato una impropria oltrechè illegittima commistione tra gli aspetti
edilizi e paesaggistici della costruzione, emettendo una valutazione basata su
un erronea rappresentazione della realtà e senza che ricorressero le condizioni
di grave compromissione dell’ambiente pure evidenziate dall’amministrazione.
I dedotti motivi di doglianza si rivelano privi di fondamento.
In via prioritariamente logica, nell’affrontare la questione pure fatta balenare
dall’appellante circa la portata dei poteri assegnati alla predetta Commissione,
va qui rilevato come la costruzione insiste in area inclusa in zona di PRG
classificata a bosco, sottoposta a vincolo di tutela ambientale e per ciò stesso
ogni richiesta di rilascio di concessione sanatoria deve necessariamente
conseguire il nulla-osta dell’organismo preposto alla tutela del vincolo che
nella specie, per quanto attiene alla Provincia di Trento, è da identificare
nella Commissione provinciale per la tutela paesaggistico-ambientale (CTP)
rivelandosi, l’acquisizione del relativo parere, una fase procedimentale del
tutto insostituibile (cfr Cons Stato Sez. VI 3/5/2007 n.1944).
Appare all’uopo necessario far rilevare che la predetta Commissione si è
pronuncia in base alle prerogative e ai poteri previsti dal Testo Unico delle
leggi provinciali inerenti “l’ordinamento urbanistico e tutela del territorio “
, esprimendo la valutazione paesaggistica in relazione ad opere abusive
realizzate in assenza delle previste autorizzazioni; ed è appena il caso di
soggiungere che detto organo è investito di funzioni di consulenza inerenti
tutti i profili della gestione del territorio secondo una normativa, quella
recata dal citato T.U., dettata in applicazione di una nozione unitaria di
tutela del territorio che, come peraltro più volte sottolineato dal giudice
delle leggi (vedi sentenze Corte Costituzionale nn. 318 del 1994 e 83 del 1997)
comprende gli aspetti urbanistico-edilizi e quelli ambientali-paesaggiostici
quali valori e funzioni fra loro consustanziali e interagenti.
Ciò precisato in ordine alla investitura e al ruolo della Commissione in parola
e ribadita la obbligatorietà del parere dell’Autorità preposta alla tutela del
vincolo gravante sul bene anche in relazione a domande di sanatoria (cfr. Cons
Stato, Sezi. VI, 14 febbraio 2007, n.607), costituisce jus receptum il principio
per cui i pareri e nulla osta resi in materia ambientale espressi dagli organi
deputati alla tutela in questione costituiscono una valutazione di natura
tecnico –discrezionale, resa cioè in virtù di nozioni ed esperienze di natura
tecnico-scientifica applicate alla fattispecie e volta appunto a verificare la
compatibilità o meno dell’opera alle esigenze di rispetto delle caratteristiche
paesaggistico-ambientali che connotano lo stato dei luoghi oggetto del vincolo
(Cfr. Cons.Stato, Sez IV, 9/4/1999, n.601; idem Sez. VI, 11/4/2006, n..2001) .
Nell’esercizio di un siffatto potere l’organo a ciò preposto deve dare contezza
del suo operato a mezzo di una motivazione che metta in evidenza l’iter logico
seguito per giustificare le proprie conclusioni e valga a rendere il giudizio
reso del tutto congruo e se questa costituisce la regola in generale da
applicarsi nell’esercizio del potere assegnato dal legislatore nazionale e/o
regionale (come nella specie), è indubitabile che nella specie un siffatto
principio di legalità e legittimità risulta perfettamente essere stato
osservato.
E’ sufficiente procedere alla semplice lettura dell’ampia motivazione riportata
nella parte narrativa della stessa determinazione dirigenziale qui impugnata
(opportunamente virgolettata) per rendersi agevolmente conto come la CTP ha
fornito ampia se non esaustiva contezza del proprio operato, con l’esposizione
di ragioni in fatto e in diritto che mettono validamente e congruamente in
evidenza il giudizio reso, lì dove la valutazione di non compatibilità
ambientale ha preso in rassegna tutti gli aspetti dello stato dei luoghi sulla
scorta di parametri obiettivi che univocamente inducono ad una delibazione di
disvalore paesaggistico e sottraendosi da quale che sia manchevolezza e/o
incongruenza logica.
Sulla scorta della documentazione istruttoria illustrativa dei fatti per cui è
causa dunque e tenuto conto dell’assenza di vizi di logicità e di insufficienza
di motivazione in ordine al parere reso dalla Commissione per la tutela
paesaggistico-ambientale, si deve ragionevolmente ritenere che :
- l’intervento edilizio in discussione non riguarda il mero recupero di una
corrispondente preesistenza;
- le opere realizzate qualificano un organismo edilizio con connotazioni
proprie, secondo una tipologia che non rispetta i parametri imposti
dall’ambiente naturale in cui sono state inserite;
- i lavori oggetto di sanatoria in quanto contrastanti con i rilevanti interessi
paesaggistico-ambientali, sono interdetti dalla normativa del piano urbanistico
provinciale che prevede per l’area in questione (a bosco) una tutela assoluta.
Conclusivamente, gli atti oggetto di contestazione puntualizzano correttamente
il carattere abusivo delle opere in rilevo, la non compatibilità ambientale
delle stesse e tutto ciò, come sufficientemente posto in evidenza dalla
decisione di primo grado qui gravata, costituisce legittima giustificazione
delle determinazioni di rigetto della chiesta sanatoria e di irrogazione della
sanzione della completa demolizione del manufatto e ripristino dello stato dei
luoghi.
Le spese e competenze di causa vanno poste a carico della parte soccombente e
liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente
pronunziando sull’appello in epigrafe, lo rigetta.
Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente
grado di giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 (tremila)
oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con
l'intervento dei Signori:
Gaetano Trotta, Presidente
Pier Luigi Lodi, Consigliere
Armando Pozzi, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/07/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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