AmbienteDiritto.it 

Legislazione Giurisprudenza


AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it

Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 2 febbraio 2010, n. 460


CACCIA - RIFIUTI - L.r. Toscana n. 3/94 - Autorizzazioni all’appostamento della caccia - Rispetto delle distanze legali da luoghi adibiti a posti di lavoro - Discarica - Natura di “luogo adibito a posti di lavoro” - Esclusione. Ai sensi del Testo unico dei regolamenti regionali di attuazione della legge regionale toscana 12 gennaio 1994 n. 3 di cui al DPGR 25 febbraio 2004 n. 13/R (vigente nella fattispecie, poi modificato dal DPGR Toscana 11 ottobre 2007 n. 32), la Provincia, nel rilasciare le autorizzazioni all’appostamento della caccia, deve verificare il rispetto delle distanze legali delle zone in cui si esercita la caccia rispetto ad immobili, fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro ( art. 33 l.r. n. 3 del 1994 ). Non può considerarsi immobile adibito a posti di lavoro un deposito di materiale organico costituente una discarica. E’ evidente infatti che una discarica di materiali di varia natura non è un “luogo adibito a posti di lavoro”, secondo la dizione utilizzata dalla legge regionale, ma semplicemente un luogo dove può solo occasionalmente verificarsi che vi sia una presenza umana , essendo la destinazione dominante del sito volta ad ospitare rifiuti. Pres. Baccarini, Est. Montedoro - C.M. (avv. De Murtas Picinelli) c. Provincia di Lucca (avv. Del Carlo) - (Conferma T.A.R. TOSCANA n. 101/2009). CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 2 febbraio 2010, n. 460


 

 www.AmbienteDiritto.it

 

N. 00460/2010 REG.DEC.
N. 05611/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)


ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sul ricorso numero di registro generale 5611 del 2009, proposto da:
Carlo Matteucci, rappresentato e difeso dall'avv. Gherardo De Murtas Picinelli, con domicilio eletto presso Alessio Petretti in Roma, via degli Scipioni, 268/A;

contro

Provincia di Lucca, rappresentata e difesa dall'avv. Alberto Del Carlo, con domicilio eletto presso Alessandro Turco in Roma, via dei Lombardi 4;

nei confronti di

Massimo Iacomini;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE III n. 00101/2009, resa tra le parti, concernente della sentenza del T.a.r. Toscana - Firenze: Sezione Iii n. 00101/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO AUTORIZZAZIONE APPOSTAMENTO FISSO DI CACCIA AI PALMIPEDI E TRAMPOLIERI.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Provincia di Lucca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2009 il Cons. Giancarlo Montedoro e uditi per le parti gli avvocati avv. Turco A. su delega dell'avv. Del Carlo A. e l'avv. De Murtas;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Il ricorrente ha proposto un ricorso per l’annullamento del diniego di autorizzazione per un appostamento fisso di caccia ai palmipedi e trampolieri in località Giardo, in Comune di Camaiore, fraz. Lido, che egli aveva richiesto con domanda in data 25 febbraio 2004.

Il provvedimento, emesso dal Dirigente del competente servizio provinciale in data 9 novembre 2004 è motivato in riferimento all’art. 63 comma 2 , del DPRG n. 13 /R del 3 marzo 2004, con il mancato rispetto della distanza minima prescritta ( mt 400) essendo emerso da apposito sopralluogo del 14 settembre 2004 che l’appostamento si ritrovava a distanza di circa 170 mt da altro appostamento fisso alla minuta selvaggina regolarmente autorizzato in quanto tale istanza è stata acquisita agli atti in data precedente a quella del sig. Matteucci Carlo. Il ricorrente impugna altresì la determinazione del 9 agsoto 2004 con la quale il sig. Iacomini Massimo è stato autorizzato a far funzionare un appostamento fisso in località Giardo.

Egli sostiene con il primo motivo l’illegittimità del provvedimento di rilascio dell’autorizzazione allo Iacomini per violazione dei principi di legalità ed imparzialità e violazione della legge regionale n. 3 del 1994, nonché per eccesso di potere per carenza dei presupposti in quanto relativa ad un appostamento collocato a circa 80 mt da luogo di lavoro e violazione della distanza minima (120 mt ) prescritta dal predetto art. 33 e l’illegittimità derivata del diniego fondato sul predetto illegittimo provvedimento; sostiene con secondo motivo l’illegittimità per carenza di motivazione ; con terzo motivo la violazione del principio di correttezza e buona fede.

Si è costituita la Provincia di Lucca per resistere in giudizio.

Con la sentenza impugnata il ricorso è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse in considerazione della sopravvenuta disciplina che vieta gli appostamenti di caccia nella zona e comunque è stato dichiarato infondato.

Appella l’originario ricorrente.

Resiste l’amministrazione.


DIRITTO


L’ appello è infondato.

Si può prescindere dalle questioni preliminari relative alla carenza di interesse ( sussistente alla luce dell’interesse risarcitorio astrattamente azionabile dall’interessato anche in presenza di un sopravvenuto divieto di caccia) per esaminare il ricorso nel merito.

Il punto decisivo della controversia attiene alla pretesa illegittimità dell’atto - assunto a presupposto del diniego impugnato - di rilascio dell’autorizzazione all’appostamento a vantaggio del contro-interessato Iacomini.

Ai sensi del Testo unico dei regolamenti regionali di attuazione della legge regionale 12 gennaio 1994 n. 3 di cui al DPGR 25 febbraio 2004 n. 13/R all’epoca vigente poi modificato dal DPGR Toscana 11 ottobre 2007 n. 32, la Provincia deve, nel rilasciare le autorizzazioni all’appostamento della caccia, verificare il rispetto delle distanze legali delle zone in cui si esercita la caccia rispetto ad immobili, fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro ( art. 33 l.r. n. 3 del 1994 ).

Deve inoltre verificare il rispetto delle distanze legali rispetto a vie di comunicazione, ferrovie o strade carrozzabili ( sempre art. 33 l.r. n. 3/1994 ) nonché, infine , verificare il rispetto delle distanze tra gli stessi appostamenti fissi di caccia ( art. 63 , comma 2, DPGR n. 13/R del 3 marzo 2004).

Nel caso di specie la distanza rispetto ad immobili, fabbricati , stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro deve essere di cento metri.

Non sussiste nella specie alcuna violazione dell’art. 33 della legge regionale n. 3 del 1994 a tenor del quale : “L'esercizio della caccia è vietato nelle zone distanti meno di 100 metri da immobili, fabbricati o stabili adibiti ad abitazioni o a posti di lavoro e nelle zone distanti meno di metri 50 da vie di comunicazione, ferrovie o strade carrozzabili, eccettuate quelle poderali o interpoderali”.

Non può considerarsi immobile adibito a posti di lavoro un deposito di materiale organico costituente – secondo la definizione formulata dallo stesso appellante a pagina 8 dell’atto di appello – una discarica di incerta ed imprecisata origine e consistenza.

E’ evidente che una discarica di materiali di varia natura non è un “luogo adibito a posti di lavoro”, secondo la dizione utilizzata dalla legge regionale , ma semplicemente un luogo dove può solo occasionalmente verificarsi che vi sia una presenza umana , essendo la destinazione dominante del sito volta ad ospitare rifiuti.

In sostanza nel raggio di cento metri dal capanno di caccia del controinteressato non sussiste alcun immobile , stabile o fabbricato adibito a posto di lavoro tale non potendosi considerare un mero “deposito di materiale” qualificabile come “discarica” .

Ciò è desumibile dalla documentazione prodotta dalla Provincia ( foto e cartografia prodotti in primo grado e valutati , sia pure sommariamente, dal giudice di prime cure) e non è contraddetto in modo decisivo dalla relazione tecnica prodotta dall’appellante per quanto prima osservato.

Va poi rilevato che non è fondato il motivo inerente la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 ( difetto di motivazione ) che è stato proposto sul presupposto ( erroneo ) che l’appostamento ostativo alla domanda del ricorrente non sia quello dello Iacomini ( allora non comprendendosi quale appostamento sia ); infatti – come risultante dalle stesse difese di parte ricorrente non smentite sul punto dall’amministrazione – il diniego dell’autorizzazione è stato motivato proprio per il mancato rispetto della distanza fra l’appostamento dell’appellante e quello del controinteressato appellato ( inferiore a mt 400, distanza prescritta dall’art. 67 DPRG n. 13/R del 3 marzo 2004 ).

La motivazione del provvedimento di diniego non era quindi affatto incomprensibile, né di ostacolo alla concreta individuazione – poi avvenuta – della localizzazione dell’appostamento del controinteressato.

Quanto alla lamentata violazione del principio di buona fede e correttezza va rilevato che la ricostruzione dei fatti proposta dall’interessato e basata su quanto asserito da funzionari della Provincia in occasione di un incontro con il legale di quest’ultimo ( in particolare lamentandosi le assicurazioni fornite circa il buon esito che avrebbe avuto la domanda di autorizzazione presentata dell’appellante dopo l’ottemperanza alla revoca dell’autorizzazione di cui era originariamente intestatario e l’omessa informazione circa la preesistenza di altre domande che avrebbero vanificato la nuova domanda ) è inconferente ai fini dell’illegittimità del diniego di autorizzazione, non potendosi dare rilievo a mere rassicurazioni verbali ai fini della ritenuta illegittimità e della conseguente responsabilità della p.a. come apparato e non potendosi ritenere solo perché è azionato un diritto soggettivo al risarcimento danni per invalidare gli atti amministrativi o giudicarne l’illegittimità rilevino contatti informali avvenuti verbis piuttosto che gli ordinari criteri legali di valutazione delle istanze degli interessati ( normalmente basate sulla priorità delle istanze medesime con conseguente prevalenza dell’istanza dello Iacomini presentata prima della nuova istanza del Matteucci).

Ne segue il rigetto del ricorso.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come in dispositivo.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato, sezione Quinta, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, sul ricorso in epigrafe specificato respinge l'appello.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore dell’ amministrazione appellata che liquida in euro 2500 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2009 con l'intervento dei Signori:

Stefano Baccarini, Presidente

Cesare Lamberti, Consigliere

Marzio Branca, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Giancarlo Montedoro, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE                              IL PRESIDENTE

Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione



 Vedi altre: SENTENZE PER ESTESO


Ritorna alle MASSIME della sentenza - Approfondisci con altre massime: GIURISPRUDENZA - Ricerca in: LEGISLAZIONE - Ricerca in: DOTTRINA

www.AmbienteDiritto.it

AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562