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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. V
- 8 settembre 2010, Sentenza n. 6522
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Atto meramente
confermativo - Nozione. L’atto meramente confermativo consiste in una
determinazione priva del carattere della innovatività, con la quale
l’amministrazione, piuttosto che determinare un nuovo assetto degli interessi in
gioco previa valutazione dell’interesse pubblico perseguito, si limiti a
rinviare la regolamentazione della fattispecie ad una propria precedente
determinazione (richiamandone l’esistenza), senza compiere alcuna nuova
istruttoria e senza una nuova motivazione; esso è pertanto caratterizzato dalla
sostanziale identità della parte dispositiva rispetto al precedente
provvedimento, senza l’acquisizione di nuovi elementi di fatto ovvero senza una
nuova valutazione dei fatti preesistenti, implicando quindi non già una nuova
autonoma determinazione dell'amministrazione, sia pure identica nel contenuto
alla precedente, ma solo una mera manifestazione della decisione
dell'amministrazione di non ritornare sulle scelte già effettuate (C.d.S., sez.
VI, 11 maggio 2007, n. 8853; sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8853; 4 marzo 2008, n.
797). Pres. Trovato, Est. Saltelli - Regione Lombardia (avv.ti Fidani, Stajano e
Vivone) c. A. s.p.a. (avv.ti Invernizzi, Sandulli e Rossi) - (Riforma T.A.R.
Lombardia, Milano, n. 5338/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 8 settembre 2010, n. 6522
INQUINAMENTO - Impianti termici civili - Combustibili con contenuto di zolfo non
superiore all’1% - D.lgs. n. 152/2006 - Delibera regionale con disposizioni
maggiormente restrittive - Potere regionale di adottare misure a tutela della
qualità dell’ambiente - Delibera 96/62/CE del 4 agosto 1999, n. 351. Secondo
il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, negli impianti termici civili è
consentito, tra l’altro, l’uso dell’olio combustibile e di altri distillati
pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore all’1%; tale
riconoscimento non comporta tuttavia sic et simpliciter l’illegittimità della
delibera (nella specie, di limitazione all’utilizzazione di specifici
combustibili per il riscaldamento civile nelle zone definite “critiche”, “di
risanamento” e “di mantenimento”) che si inquadra nell’ambito delle misure, la
cui adozione spetta alle Regioni, per tutelare la qualità dell’ambiente aria al
fine di prevenire, eliminare o ridurre gli effetti nocivi dell’inquinamento
atmosferico sulla salute umana e, in generale, sull’ambiente, in attuazione
della delibera 96/62/CE del 4 agosto 1999, n. 351. Pres. Trovato, Est. Saltelli
- Regione Lombardia (avv.ti Fidani, Stajano e Vivone) c. A. s.p.a. (avv.ti
Invernizzi, Sandulli e Rossi) - (Riforma T.A.R. Lombardia, Milano, n. 5338/2009)
-
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 8 settembre 2010, n. 6522
INQUINAMENTO - Regioni - Tutela dell’ambiente - Limitazione di un olio
combustibile astrattamente utilizzabile secondo la normativa generale -
Fondamento - Limiti - D.P.C.M. 8 marzo 2002 - Art. 281, c. 3 d.lgs. n. 152/2006.
Le Regioni hanno l’obbligo di rilevare obiettivamente la situazione di
inquinamento, individuandone anche le ragioni ed i singoli fattori responsabili,
e di valutare altrettanto obiettivamente, attraverso la misurazione dei singoli
fattori di inquinamento ed il loro monitoraggio anche con riferimento ai valori
soglia prestabiliti, le misure più adeguate per il conseguimento della finalità
di tutela dell’ambiente aria, secondo programmi, azioni ed obiettivi: è del
tutto ragionevole pertanto ritenere che l’amministrazione regionale possa anche
limitare l’uso di un olio combustibile, quand’anche astrattamente ritenuto
assolutamente utilizzabile secondo la generale normativa in materia ambientale,
se esso, con riferimento ad una particolare area geografica, previamente
definitiva, ed in ragione della peculiare situazione di incremento di
quest’ultimo, da solo o per effetto dell’azione combinata con altri fattori
inquinanti possa determinare il superamento della soglia dei valori limiti di
inquinamento. Tale potere regionale trova anche positivo fondamento nel D.P.C.M.
8 marzo 2002, espressamente rimasto in vigore, quanto al titolo II, per effetto
della previsione di cui al terzo comma dell’articolo 290 del decreto legislativo
3 aprile 2006, n. 152, relativamente agli impianti temici civili di cui
all’articolo 281, comma 3, fino alla data in cui è effettuato l’adeguamento
disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 281, comma 2.
Infatti l’articolo 11 del citato D.P.C.M. 8 marzo 2002 (collocato proprio nel
titolo II) espressamente prevede che le Regioni, nell’ambito dei piani e
programmi di cui agli articoli 8 e p del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, possano limitare l’uso tra l’altro degli oli combustibili, ove tale misura
sia stata necessaria per il conseguimento degli obiettivi dell’aria. Pres.
Trovato, Est. Saltelli - Regione Lombardia (avv.ti Fidani, Stajano e Vivone) c.
A. s.p.a. (avv.ti Invernizzi, Sandulli e Rossi) - (Riforma T.A.R. Lombardia,
Milano, n. 5338/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 8 settembre 2010, n. 6522
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 06522/2010 REG.DEC.
N. 00408/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 408 del 2010,
proposto da:
REGIONE LOMBARDIA, in persona del presidente della Giunta regionale in carica,
rappresentata e difesa dagli avv. Viviana Fidani, Ernesto Stajano e Pio Vivone,
con domicilio eletto presso l’avv. Ernesto Stajano in Roma, via di Villa
Albani,n. 12;
contro
ALPHA TRADING S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica,
rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Invernizzi, Maria Alessandra Sandulli
e Emanuele Rossi, con domicilio eletto presso l’avv. Maria Alessandra Sandulli
in Roma, corso Vittorio Emanuele, n. 349;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, Sez. IV, n. 5338 del 15 dicembre
2009, resa tra le parti, concernente DETERMINAZIONE PER LA LIMITAZIONE
ALL'UTILIZZO DI SPECIFICI COMBUSTIBILI PER IL RISCALDAMENTO CIVILE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Alpha Trading S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2010 il Cons. Carlo Saltelli
e uditi per le parti gli avvocati Stajano, Invernizzi e Sandulli;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, con la
sentenza n. 5338 del 14 dicembre 2009, definitivamente pronunciando sul ricorso
proposto da ALPHA TRADING S.p.A. avverso la deliberazione della Giunta regionale
della Lombardia n. VIII/2839 del 27 giugno 2006, recante “Determinazioni per la
limitazione dell’utilizzo di specifici combustibili per il riscaldamento nelle
zone di “Risanamento” e nelle zone di “Mantenimento” della Regione Lombardia,
come individuate dalla d.g.r. n. 6501/2001” e gli atti ad essa presupposti, tra
cui in particolare le delibere della Giunta regionale n. VII/17583 del 17 maggio
2004, con l’allegato relazione ARPA; la d.g.r. n. 6501 del 19 ottobre 2001; la
d.g.r. n. 11485 del 6 dicembre 2002, la d.g.r. n. VIII/580 del 5 agosto 2004 con
documento annesso, lo ha accolto annullando la impugnata delibera n. n. VIII/2839
del 27 giugno 2006.
Ad avviso del predetto tribunale era fondato ed assorbente il secondo motivo di
censura con cui era stata lamentata la violazione della direttiva 98/34/CE del
22 giugno 1998: l’impugnata delibera, infatti, vietando l’utilizzo di un
prodotto quale l’olio combustile a tenore di zolfo inferiore a 0,3%, costitutiva
una “regola tecnica” ai sensi dell’art. 1, n. 11, della ricordata direttiva, da
notificare preventivamente alla Commissione, adempimento la cui mancanza ne
determinava l’illegittimità.
Il Tribunale, peraltro, ha inteso anche offrire alcuni spunti ai fini della
riedizione della misura, esaminando il motivo relativo alla compatibilità di
quest’ultima con l’assetto normativo delineato dal decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152.
2. Con rituale atto di appello notificato il 25 gennaio 2010 la Regione
Lombardia ha denunciato l’erroneità di tale sentenza, invocandone l’annullamento
alla stregua di due sostanziali motivi di gravame.
Con il primo, riproponendo l’eccezione di inammissibilità del ricorso
introduttivo del giudizio, asseritamente non esaminata, l’amministrazione
regionale ha rilevato che, come emergeva dalla lettura dell’epigrafe del
ricorso, l’impugnazione proposta riguardava anche la delibera di giunta
regionale n. 17533 del 17 maggio 2004, che, tuttavia era stata già impugnata e
ritenuta legittima dallo stesso Tribunale amministrativo regionale per la
Lombardia con la sentenza n. 2164 del 2006, non appellata: ogni doglianza nei
suoi confronti era pertanto inammissibile.
Peraltro la impugnata delibera n. VIII/2839 del 27 giugno 2006 era meramente
confermativa proprio della citata delibera n. 17533 del 17 maggio 2004 sopra
ricordata, circostanza che concorreva a determinare l’inammissibilità del
ricorso sotto ulteriore profilo.
Con il secondo motivo di gravame la Regione Lombardia ha rivendicato la
legittimità della delibera impugnata, negando decisamente che essa potesse
essere considerata una “regola tecnica”, come inopinatamente ritenuto dai primi
giudici, ovvero una “specifica tecnica” ovvero una “disposizione
amministrativa”, secondo le definizioni della direttiva 98/34/CE del 22 giugno
1998, rilevando altresì, per un verso, che il tribunale, a tutto concedere
(proprio in ragione del convincimento espresso sulla stessa questione con altre
sentenze, favorevoli all’amministrazione), avrebbe dovuto preventivamente
richiedere alla Corte di Giustizia l’esatta interpretazione della normativa in
questione e, per altro verso, che il richiamo alla pronunzia della Corte di
Giustizia dell’8 settembre 2005, in causa C-303/04 Lidl Italia s.r.l./Comune di
Stradella, era del tutto inconferente, attenendo ad una fattispecie (divieto
assoluto di produrre e commercializzare in Italia bastoncini per le orecchie
privi del requisito di biodegradabilità) non comparabile in alcun modo con
quella oggetto di causa.
Si è costituita in giudizio ALPHA TRADING S.P.A. che ha dedotto
l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, riproponendo i motivi
di censura spiegati in primo grado e non esaminati dai primi giudici in quanto
assorbiti.
3. Le parti hanno illustrato le proprie rispettive tesi difensive con
approfondite ed argomentate memorie.
All’udienza del 27 aprile 2010, dopo la rituale discussione, la causa è stata
trattenuta in decisione.
DIRITTO
4. L’appello è fondato e deve essere accolto, nei sensi appresso indicati.
4.1. Non merita favorevole considerazione il primo motivo di gravame con il
quale, reiterando sostanzialmente l’eccezione già sollevata in primo grado, non
esaminata dalla sentenza impugnata, la Regione Lombardia ha sostenuto
l’inammissibilità del ricorso di primo grado, rilevando, per un verso, che tra
gli atti impugnati (nell’epigrafe del ricorso) vi era anche la delibera di
giunta n. 17533 del 17 maggio 2004, già impugnata, ma riconosciuta legittima
dallo stesso Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con sentenza n.
2164/2006 e non appellata, e, per altro verso, che la delibera n. VIII/2839 del
27 giugno 2006 era meramente confermativa di quella n. 17533 del 17 maggio 2004.
Invero, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’atto meramente
confermativo consiste in una determinazione priva del carattere della
innovatività, con la quale l’amministrazione, piuttosto che determinare un nuovo
assetto degli interessi in gioco previa valutazione dell’interesse pubblico
perseguito, si limiti a rinviare la regolamentazione della fattispecie ad una
propria precedente determinazione (richiamandone l’esistenza), senza compiere
alcuna nuova istruttoria e senza una nuova motivazione; esso è pertanto
caratterizzato dalla sostanziale identità della parte dispositiva rispetto al
precedente provvedimento, senza l’acquisizione di nuovi elementi di fatto ovvero
senza una nuova valutazione dei fatti preesistenti, implicando quindi non già
una nuova autonoma determinazione dell'amministrazione, sia pure identica nel
contenuto alla precedente, ma solo una mera manifestazione della decisione
dell'amministrazione di non ritornare sulle scelte già effettuate (C.d.S., sez.
VI, 11 maggio 2007, n. 8853; sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8853; 4 marzo 2008, n.
797).
Nel caso in esame la delibera di giunta regionale n. VIII/2839 del 27 giugno
2006 non può essere considerato atto meramente confermativo della precedente
deliberazione n. VII/17533 del 17 maggio 2004, mancandone innanzitutto il
presupposto fondamentale e cioè la identità di determinazione.
La delibera n. VIII/2839 del 27 giugno 2006, piuttosto che confermare puramente
e semplicemente la propria precedente determinazione, la innova, “estendendo” la
misura della limitazione dell’utilizzo dell’olio combustibile e degli altri
distillati pesanti di petrolio, nonché delle emulsioni di acqua-olio
combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, già disposta per le
“zone critiche” giusta delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004, anche alle
restanti zone del territorio lombardo definite di “risanamento” o di
“mantenimento” dalla delibera di giunta regionale n. 6501 del 19 ottobre 2001:
essa pertanto provvede su di un oggetto (le zone di “risanamento” e di
“mantenimento”) del tutto diverso da quello precedente (le zone “critiche”).
E’ del tutto irrilevante, poi, che avverso la nuova delibera di giunta regionale
(n. VIII/2839 del 27 giugno 2006) siano state appuntate le stesse censure già
svolte nei confronti della prima delibera (n. VII/17533 del 17 maggio 2004);
inoltre anche la mera indicazione di quest’ultima nell’epigrafe del ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado, tanto più che nessuna censura è stata
direttamente rivolta nei suoi confronti, non costituisce circostanza idonea a
determinare l’inammissibilità dell’impugnazione della citata nuova
deliberazione.
Ciò esclude inoltre, sotto altro ulteriore concorrente profilo, la dedotta
inammissibilità del ricorso per l’omessa proposizione dell’appello avverso il
capo della sentenza n. 2164 del 2006 che, respingendo l’impugnazione della più
volte citata delibera della giunta regionale n. VII/17533 del 17 maggio 2004,
aveva ritenuto infondato il motivo relativo alla pretesa violazione della
direttiva 98/34/CE.
4.2. E’ invece fondato e deve essere accolto il secondo motivo di appello (il
che esime la Sezione dall’esaminare la questione della dedotta sopravvenuta
cessazione della materia del contendere o improcedibilità del ricorso di primo
grado per sopravvenuto difetto di interesse per effetto dell’intervenuta legge
regionale 22 febbraio 2010, n. 11, che con l’articolo 6, come dedotto
dall’amministrazione appellante, “ha normativizzato i contenuti dei
provvedimenti amministrativi impugnati in prime cure (e prima ancora nel 2004),
dettando una specifica disciplina relativa alla limitazione all’utilizzazione
degli olii combustibili e dei loro derivati nei piccoli impianti termici civili
con potenza termica minore o uguale a 10MW termici”).
Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.
4.2.1. Con la impugnata delibera n. VIII/2839 del 27 giugno 2006, come già si è
accennato, la Giunta Regionale ha assunto determinazioni per la limitazione
dell’utilizzo di specifici combustibili per il riscaldamento nelle zone di
“Risanamento” e nelle zone di “Mantenimento” della Regione Lombardia, come
individuate dalla precedente delibera di Giunta regionale n. 6501 del 19 ottobre
2001.
Come si evince dall’ampia e articolata motivazione, l’amministrazione ha
ritenuto di dover estendere le limitazioni all’utilizzazione dell’olio
combustibile e degli altri distillati pesanti di petrolio, nonché delle
emulsioni di acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di
petrolio, già disposte per le “zone critiche” (giusta delibera di Giunta n. VII/17533
del 17 maggio 2004, puntualmente richiamata), anche alle zone definite di
“risanamento” e di “mantenimento”, disponendo altresì che, in deroga alla
predetta limitazione, “gli impianti aventi potenzialità termica maggiore di 10
MW, che alla data di entrata in vigore del D. Lgs. 152/06 già utilizzavano tali
combustibili, possono impiegare, oltre la suddetta data dell’1 ottobre 2006, i
combustibili previsti nella Parte I, Sezione I, lett. h) e i) e Sezione 2,
lettere l) e m) dell’Allegato X alla Parte quinta del d. lgs. 152/06, a
condizione che vengano rispettate le seguenti condizioni: a) limiti di emissione
riferiti al 3% di ossigeno libero nei fumi anidri: S02+NOX (come NO2)+MH3 (come
NO2) minore o uguale 600 mg/Nmc Polveri uguali o minore 20 mg/mc; b)
installazione di un sistema di monitoraggio delle emissioni per gli inquinanti
di cui alla lettera a) e collegamento alla rete di controllo delle emissioni dei
grandi impianti; in questa condizione, i limiti si intendono medi giornalieri
per l’intero impianto, calcolati sulle ore di effettivo funzionamento di ciascun
generatore”.
Ciò in quanto, tenuto conto della relazione dell’ARPA Lombardia già posta a
fondamento della delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004, del Piano Regionale
di Sviluppo dell’VIII Legislatura (che in ordine alla problematica della tutela
della qualità dell’aria da inquinamento derivante dalle emissioni da
riscaldamento civile aveva evidenziato non solo le misure già intraprese con
esito positivo, ma anche quelle ancora da definire per l’ulteriore diminuzione
dell’inquinamento, ricorrendo in particolare allo strumento della ricerca
scientifica, alla realizzazione di interventi strutturali e non strutturali),
nonché del documento regionale approvato con la delibera di giunta regionale n.
580 del 4 agosto 2005 (recante “Misure strutturali per la Qualità dell’Aria in
Regione Lombardia”, in cui erano tracciate le azioni da intraprendere, sia dai
soggetti pubblici che da quelli privati, per la salvaguardia dell’ambiente e
della salute dei cittadini):
a) innanzitutto “le più recenti misure di qualità dell’aria indicano anche per
tali zone un generale superamento del valore medio annuo di 40 microgrammi/mc
per il PM10, che interessa un periodo di giorni superiore a 35, stabiliti dalla
vigente normativa come livello massimo di tolleranza del superamento del valore
medio giornaliero di 50 microgrammi/mc”;
b) l’adeguatezza di tale limitazione “non è pregiudicata dalla lettura combinata
dello studio regionale approvato dalla d.g.r. 17 maggio 2004, n. 17533 e di
quello pubblicato a cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del
Territorio, intitolato “Sperimentazione dei Combustibili – Analisi Comparativa
di Combustibili per il Riscaldamento Civile””, in ragione delle deduzioni
scaturenti, in particolare: A) con riferimento al fattore di emissione,
relativamente alle polveri sottili; B) con riferimento alle polveri secondarie;
C) con riferimento al quantitativo di olio combustibile per uso civile
utilizzato in Regione Lombardia.
La delibera, come pure si evince dalla motivazione, è stata emanata tenendo
conto espressamente delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia di ambiente) ed in particolare della sua
parte quinta (Norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle
emissioni in atmosfera), che ai titoli II e III disciplina la materia relativa
agli impianti termici civili ed ai combustibili utilizzabili (in particolare
artt. 267; 282; 293, comma 1; 290, comma 3; Allegato X).
4.2.2. Sotto altro profilo deve osservarsi che la direttiva 98/34/CE del 22
giugno 1998 (avente ad oggetto “Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle
regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società
d’informazione”), in considerazione tra l’altro: (considerando 2) che “il
mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne in cui sia garantita
la libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali…” e
“che dunque il divieto di restrizioni qualitative nonché misure di effetto
equivalente a restrizioni quantitative costituisce uno dei fondamenti della
Comunità”; (considerando 3) che “per assicurare il buon funzionamento del
mercato interno, è opportuno garantire la massima trasparenza delle iniziative
nazionali tese ad introdurre norme e regolamenti tecnici”; (considerando 4) che
“gli ostacoli agli scambi dei prodotti, derivanti dalle regolamentazioni
tecniche relative agli stessi, sono ammissibili solo se necessari per soddisfare
esigenze imperative e se perseguono un obbiettivo di interesse generale di cui
costituiscono la garanzia basilare”; ha precisato all’articolo 1 che si intende
per: a) “prodotto” (n. 1) : i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti
agricoli, compresi i prodotti della pesca; b) “specificazione tecnica” (n. 3),
una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche
richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di
utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili
al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i
simboli, le prove ed i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e
l’etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità; c) “altro
requisito” (n. 4), un requisito diverso da una specificazione tecnica,
prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori
o dell’ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione,
quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di
eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo
la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione”; d)
“regola tecnica” (n. 11), una specificazione o altro requisito o una regola
relativi ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si
applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la
commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore
di servizi o l’utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte
importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all’articolo 10, le
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che
vietano la fabbricazione, l’importazione, la commercializzazione o l’utilizzo di
un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi.
La giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, sez. III, n. 20 dell’8
novembre 2007 ha avuto modo di precisare che la nozione di “regola tecnica” è
scomponibile in tre categorie, cioè “specificazione tecnica” ai sensi dell’art.
1, punto 3, della direttiva citata; “altri requisiti”, come definiti dall’art.
1, punto 4; nonché divieto di fabbricazione, importazione, commercializzazione o
utilizzo, art. 1, punto 11 (in termini, Corte di Giustizia sentenza 21 aprile
2005, causa C-267/03, Lindberg).
4.2.3. Sulla scorta di tale peculiare substrato fattuale e normativo, la Sezione
è dell’avviso che le disposizioni contenute nell’impugnata delibera della Giunta
regionale della Lombardia, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici,
non rientrano in alcuna delle specifiche definizioni di cui alla ricordata
direttiva 98/34/CE del 22 giugno 1988.
4.2.3.1. Esse infatti non definiscono in alcun modo le caratteristiche di un
(determinato) prodotto, né tanto meno quelle in generale degli olii combustibili
o dell’olio combustibile a tenore di zolfo 0,3% (livello di qualità, proprietà
di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni e/o le prescrizioni applicabili
per la denominazione di vendita ovvero ancora la terminologia, i simboli, le
prove e i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura o l’etichettatura), né
contengono l’indicazione di altri requisiti di un prodotto prescritti per motivi
di tutela dei consumatori e dell’ambiente concernente il suo ciclo di vita dopo
la commercializzazione, quali il riciclaggio, il reimpiego o l’eliminazione che
siano in grado di influenzare significativamente la composizione o la natura del
prodotto o la sua commercializzazione; tanto meno ancora esse costituiscono una
disposizione amministrativa, la cui osservanza è obbligatoria per la
commercializzazione o per l’utilizzo di un fornitore di servizi o
l’utilizzazione di un prodotto in un paese membro o in una parte rilevante di
esso o che addirittura vieta la fabbricazione, l’importazione, la
commercializzazione o l’utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore
di servizi.
In realtà, anche a voler prescindere dalla pur decisiva circostanza che le
caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza inquinante
(rispetto a cui è prevista la procedura di informazione di cui alla direttiva
98/34/CE), originariamente contenuta nel D.P.C.M. 8 marzo 2002, è ora inserita
negli articoli 291 e ss. del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale), peraltro espressamente richiamati nella delibera impugnata, la
finalità della delibera impugnata, lungi dal disciplinare in via diretta e
immediata le caratteristiche ovvero la fabbricazione, l’utilizzo, l’uso o la
commercializzazione di un determinato prodotto (in particolare degli olii
combustibili e degli altri distillati pesanti di petrolio o delle emulsioni di
acqua – olio combustibile o acqua – altri distillati pesanti di petrolio),
tenuto conto degli studi su tali prodotti inquinanti, sugli effetti che essi
determinano sulla qualità dell’aria e della specifica situazione di inquinamento
atmosferico che caratterizza la regione lombarda, fissa dei limiti assolutamente
parziali (in relazioni a particolare aree e per particolari tipi di impianti di
riscaldamento) di utilizzazione della categoria generale degli olii combustibili
e degli altri distillati combustibili pesanti di petrolio, ivi compreso l’olio
combustibile a tenore di zolfo inferiore a 0,3%, in zone specifiche del
territorio regionale (le cc.dd. zone di “risanamento” e zone di “mantenimento”,
in aggiunta a quelle “critiche”, di cui alla precedente delibera di giunta
regionale n. VII/17533 del 17 maggio 2004) e negli impianti di riscaldamento con
potenza inferiore a 10 MW, ai soli fini della tutela della qualità dell’aria e
della salute dei cittadini.
Come si ricava inconfutabilmente dalle sue motivazioni, essa si inserisce
insieme alla più volte citata delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004,
nell’ambito dei provvedimenti regionali finalizzati al perseguimento
dell’obiettivo della tutela della qualità dell’aria e della salute dei cittadini
al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti dannosi per la sua salute
umana e per l’ambiente nel suo complesso, quale concreta applicazione del
territorio regionale della Lombardia del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, recante l’attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e
di gestione della qualità dell’aria ambiente.
4.2.3.2. D’altra parte, anche a voler prescindere dall’effettiva delineata
finalità della delibera di cui si discute, la limitazione dell’utilizzo
dell’olio combustibile con contenuto di zolfo 0,3% è tale, per le sue obiettive
caratteristiche (limitazione geografica, solo le zone di “mantenimento” e di
“risanamento” della Regione Lombardia, e limitazione funzionale, per i soli
impianti di riscaldamento con potenza termica inferiore a 10 MW), da non
incidere ragionevolmente sulla complessiva fabbricazione e sulla commerciabilità
del prodotto, tanto più che ogni considerazione al riguardo di carattere
economico – industriale non può essere riferita ad una limitata porzione di
territorio.
Inoltre, secondo il sistema delineato dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351(“Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione
della qualità dell’ambiente”), se, per un verso, (art. 1) le Regioni sono
responsabili in generale dell’attuazione del decreto, dovendo assicurare che le
misure adottate al fine di conseguire gli obiettivi in esso previsti (tenendo
conto di un approccio integrato per la protezione dell’aria, dell’acqua e del
suolo (lett. a); non siano in contrasto con la legislazione comunitaria sulla
protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro
(lett. b) e non abbiano effetti negativi sugli ambiente negli altri Stati
dell’Unione Europea (lett. c)), d’altra parte, secondo quanto disposto
dall’articolo 12 (rubricato “Trasmissione delle informazioni”), esse sono tenute
alla trasmissione delle necessarie informazioni al Ministero dell’ambiente, per
la successiva comunicazione da parte di quest’ultimo alla Commissione europea,
tra l’altro non solo del rilevamento di livello che superano il margine di
tolleranza, nonché le date ed i periodi in cui il superamento si è verificato, i
valori registrati ed i motivi di ciascun superamento, ma anche l’elenco delle
zone e degli agglomerati di cui all’art. 8 (“Misure da applicare nelle zone in
cui i livelli sono più alti dei valori limite”) e all’art. 9 (“Requisiti
applicabili alle zone con i livelli inferiori ai valori limite”).
4.2.3.3. Alla stregua di tali osservazioni la Sezione è dell’avviso che
l’appellante amministrazione regionale non era tenuta a comunicare
preventivamente alla Commissione europea l’impugnata delibera, non rientrando
essa nell’ambito di applicazione della direttiva 98/34/CE del 22 giugno 1988.
4.3. L’accoglimento dell’esaminato motivo di appello, comportando la riforma
della sentenza impugnata, impone alla Sezione la delibazione dei motivi di
censura proposti in primo grado da ALPHA TRADING S.p.A. e non esaminati in
quanto, assorbiti.
Essi, ad avviso della Sezione, sono tutti infondati.
4.3.1. Come si è avuto modo di evidenziare in precedenza, con la delibera
impugnata sono state in realtà estese alle zone di “Risanamento” e di
“Mantenimento” della Regione Lombardia le misure già disposte per le “zone
critiche” giusta delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004, nell’ambito dei
provvedimenti regionali finalizzati al perseguimento dell’obiettivo della tutela
della qualità dell’aria e della salute dei cittadini al fine di evitare,
prevenire o ridurre gli effetti dannosi per la sua salute umana e per l’ambiente
nel suo complesso, quale concreta applicazione del territorio regionale della
Lombardia del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, recante l’attuazione
della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità
dell’aria ambiente.
Le limitazioni, per altro assolutamente parziali, così introdotte all’utilizzo
dell’olio combustibile a tenore di zolfo 0,3%, non determinando, così come pure
si è avuto modo di rilevare alcuna influenza diretta ed immediata sulla
fabbricazione e sulla commerciabilità di tale prodotto, non solo non integrano
di per sé alcuna restrizione alla libera circolazione del prodotto (o una misura
d’effetto equivalente), né costituiscono un ostacolo allo scambio di tale
prodotto, per quanto non producono alcuna limitazione alla concorrenza, non
potendosi condividere l’assunto, peraltro del tutto apodittico e privo di un
benché minimo elemento indiziario, della società appellata secondo cui le
contestate disposizioni favorirebbero altri imprenditori.
Pertanto, ad avviso della Sezione, sono privi di fondamento sia il motivo di
censura con cui è stato lamentato la pretesa violazione della legge n. 287 del
1990, sia quelli con cui si denuncia la violazione della direttiva 1999/32/CE
del 26 aprile 1999, quest’ultima riguardando esclusivamente la riduzione - in
generale - del tenore di zolfo di alcuni combustibili liquidi (del tutto diverso
essendo l’oggetto della delibera impugnata e ciò a prescindere dall’eccezione di
inammissibilità sollevata dall’amministrazione appellante per il fatto che
nessun motivo di censura era stato spiegato effettivamente in riferimento a tale
normativa, meramente indicata nella rubrica di alcuni motivi di censura del
ricorso di primo grado), sia quello con cui si lamenta la violazione della legge
n. 59 del 1997 e del D. Lgs. n. 112 del 1998, anch’esso fondato sull’errato
presupposto che la delibera impugnata abbia ad oggetto la disciplina del
commercio e/o della vendita dell’olio combustibile 0,3%, vietandone
l’utilizzazione su tutto il territorio lombardo.
4.3.2. Del tutto generiche e prive di qualsiasi supporto probatorio, anche a
livello meramente indiziario, sono le censure avanzate con il quarto ed il
quinto motivo del ricorso di primo grado con cui la società ricorrenti in primo
grado si è limitata a dubitare della legittimità impugnata, sia quale
provvedimento attuativo delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n.
351 del 1999, sia in relazione allo specifico procedimento adottato.
Infatti quanto al primo profilo, anche a voler prescindere dalla circostanza che
lo stesso provvedimento impugnato richiama a suo fondamento proprio gli articoli
8 e 9 del d. lgs. 4 agosto 1999, n. 351, “per quanto concerne le funzioni di
pianificazione e di programmazione assegnate alle regioni, preordinate al
conseguimento dei valori di qualità dell’aria ambiente”, le deduzioni svolte,
oltre che del tutto generiche, sono imperniate sul già rilevato erroneo
presupposto secondo cui oggetto del provvedimento sia la disciplina della
commercializzazione e dell’uso dell’olio combustibile 0,3%, mentre quanto al
secondo profilo la censura non è accompagnato da alcun elemento a riprova
dell’asserito vizio del procedimento utilizzato.
Giova aggiungere, con particolare riferimento al dedotto profilo della asserita
mancanza di proporzionalità tra la misura che colpisce l’olio combustibile 0,3%
e l’obiettivo effettivamente perseguito dal procedimento impugnato, che, anche
ad ammettere che la tutela della qualità dell’aria per evitare, prevenire o
ridurre gli effetti dannosi per la salute umana e per l’ambiente nel suo
complesso possa in qualche modo essere “condizionata” da interessi economici e
di mercato, quali quelli rappresentati dalla società ricorrente in primo grado
(oggi appellata), dalla delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004 emerge che la
limitazione ivi prevista all’uso dell’olio combustibile 0,3% di zolfo e dei suoi
derivati avrebbe riguardato circa il 7% del territorio regionale e circa quattro
milioni di abitanti (sui nove milioni di residenti nell’intera regione).
Sebbene analoghi dati non siano rinvenibili nella deliberazione n. VIII/2839 del
27 giugno 2006, la Sezione è tuttavia dell’avviso che gli stessi (che peraltro
non risultano giammai contestati dalla società interessata) non siano
ragionevolmente suscettibili di significative variazioni a seguito
dell’estensione delle limitazioni anche alle zone di “risanamento” e di
“mantenimento” e che, complessivamente, essi assicurino in ogni caso il
principio di proporzionalità, invocato dalla società ricorrente in primo grado.
4.3.3. Tutti gli altri motivi possono essere esaminati congiuntamente, essendo
sostanzialmente incentrati sull’asserito difetto di istruttoria e di
motivazione, nonché sulla pretesa disparità di trattamento, che, sotto svariati
profili, vizierebbe la deliberazione impugnata.
Anch’essi non sono meritevoli di favorevole considerazione.
4.3.3.1. La Sezione osserva innanzitutto che la impugnata delibera n. VIII/2359
del 27 giugno 2006 non costituisce affatto una mera riproposizione delle
disposizioni contenute nella precedente delibera n. VII/17533 del 17 maggio
2004.
Al riguardo, oltre che essere diverso l’oggetto (concernente, come già più
evidenziato, sostanzialmente le misure ritenute più adeguate per la tutela
dell’ambiente aria anche nelle zone di “risanamento” e di “mantenimento”,
essendo del tutto irrilevante che tali misure coincidano con quelle già emanate
con la precedente delibera per le “zone critiche”), è sicuramente diverso
proprio il substrato istruttorio e quello normativo.
Quanto al primo, l’amministrazione regionale pur richiamando la precedente
delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004, la relativa istruttoria ed anche le
motivazioni “in quanto pertinente” (espressione sicuramente generica e
sibillina, ma non sufficiente di per sé a viziare insanabilmente l’atto), fonda
la sua nuova determinazione non solo sui dati della precedente relazione
dell’ARPA e sullo studio regionale ad esso allegata, ma anche sul documento
regionale oggetto della delibera regionale 4 agosto 2005, n. 580 (recante
“Misure strutturali per la Qualità dell’Aria in Regione Lombardia”) ed in ogni
caso sulla lettura combinata dello studio regionale approvato dalla d.g.r. 17
maggio 2004 n. 17533 e di quello pubblicato a cura del Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio, intitolato “Sperimentazione dei Combustibili –
Analisi Comparativa di Combustibili per il Riscaldamento Civile”.
In realtà il richiamo alla delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004, salvo che
per le “pertinenti motivazioni” (sul cui rilievo si è già accennato e che
potrebbe tutt’al più influire sotto il profilo del difetto di motivazione, che
tuttavia non sussiste, essendo agevolmente ricostruibile l’iter logico –
giuridico che ha condotto l’amministrazione all’adozione delle determinazioni
impugnate) è piuttosto un “riferimento storico”, teso esclusivamente a collegare
le due delibere in questione nell’ambito dell’attuazione delle disposizioni
contenute nel decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 352, ed al fine del
conseguimento dell’unico obiettivo di tutela dell’ambiente aria: ciò trova del
resto conferma nella stessa formulazione del richiamo alle relative
disposizioni, significativamente espresso con la formula “dato atto”.
Quanto al secondo profilo (quello normativo) è sufficiente rilevare che, a
differenza della delibera n. VII/17533 del 17 maggio 2004, fondata sul D.P.C.M.
8 marzo 2002, quella impugnata è in realtà fondata sulle sopravvenute
disposizioni di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006,n. 152, espressamente
indicato in motivazione.
4.3.3.2. Proprio dalle considerazioni formulate nella delibera impugnata in
ragione della lettura combinata dello studio regionale approvato dalla d.g.r. 17
maggio 2004 n. 17533 e di quello pubblicato a cura del Ministero dell’Ambiente e
della Tutela del Territorio, intitolato “Sperimentazione dei Combustibili –
Analisi Comparativa di Combustibili per il Riscaldamento Civile” emerge, ad
avviso della Sezione, che la delibera impugnata, oltre ad essere esente dal
vizio di difetto di istruttoria e di carenza di motivazione, non è neppure
affetta da irragionevolezza, arbitrarietà, illogicità o manifesta incongruenza
delle misure deliberate.
Invero gli asseriti gravi errori di interpretazione delle risultanze della
relazione Ministeriale e l’asserita sopravvalutazione della situazione di
pericolo derivante dalle emissioni provocate dall’olio combustibile 0,3%, su cui
la difesa della società ricorrente in primo grado ha insistito (riproponendoli
anche nella memoria di appello) sono in realtà frutto della lettura, quanto meno
soggettiva di tali dati, peraltro “condizionata” dal presupposto che la delibera
in questione abbia per oggetto la disciplina della fabbricazione e della
commerciabilità del prodotto olio combustibile 0,3% (circostanza che non può
essere condivisa alla stregua di quanto fin qui esposto).
Peraltro anche il confronto operato dalla società ricorrente tra i dati
emergenti dallo studio regionale e quelli della relazione ministeriale,
altamente significativo per la stessa società del presunto sviamento e
travisamento dei fatti in cui sarebbe incorsa l’amministrazione regionale, non
risulta essere invece decisivo, sia perché il combustibile esaminato – com’è
pacifico tra le parti – non è l’olio combustibile 0,3% di zolfo, sia perché la
comparazione non è intervenuta tra dati e rilevazioni omogenee: è sufficiente al
riguardo osservare che i (favorevoli per la società ricorrente) dati esposti
nella relazione ministeriale nelle tabelle 3.34 e 3.37 si riferiscono a misure
di laboratorio ovvero a misure sul campo o meglio a medie di misure rilevate su
23 impianti, non situati esclusivamente in Lombardia, ma anche in altre regioni
(Piemonte, Liguria, Veneto ed Emilia – Romagna), circostanza che, a prescindere
dalla correttezza e dall’affidabilità dei dati contenute nello studio regionale
(che, si ripete, non sono stati comunque puntualmente contestati), rende
sicuramente meno pregnanti e significative, se non addirittura generiche, le
deduzioni della società interessate.
In realtà l’unico effettivo elemento, astrattamente idoneo a fondare la dedotta
illegittimità del provvedimento impugnato, sub specie del travisamento dei
fatti, potrebbe essere solo costituito dalla dimostrazione scientifica del
carattere assolutamente innocuo delle emissioni conseguenti all’utilizzazione
dell’olio combustibile 0,3% di zolfo, prova che evidentemente è mancata, a nulla
per contro rilevando l’asserito limitato uso dello stesso o la sua minima
incidenza sull’inquinamento complessivo (non potendosi negare la legittimità
dell’adozione di qualsiasi misura idonea a prevenire o a ridurre l’inquinamento,
quand’anche essa si riferisca ad un fattore inquinante non preponderante).
Tali considerazioni sono sufficienti ad escludere anche qualsiasi rilievo al
presunto difetto di istruttoria e di motivazione del provvedimento impugnato,
nella misura in cui esso fosse fondato sul c.d. progetto PARFIL, asseritamente
riguardante le sole emissioni provenienti da autoveicoli, tanto più che, come si
ricava dalla lettura sul punto della deliberazioni impugnata, ciò che viene
considerata è la “concentrazione del particolato”, essendo stata evidenziata
dall’ARPA e dalla Fondazione Lombardia dell’Ambiente “che la combustione
dell’olio con le conseguenti emissioni di SO2 e di NOX, sensibilmente superiori
a quelle emesse dalla combustione di gas metano e gasolio, incide
significativamente sulla formazione della componente secondaria, formata in
prevalenza da solfati e nitrati”.
4.3.3.4. Per ulteriore completezza sulla questione dell’istruttoria e della
motivazione del provvedimento impugnato, la Sezione deve ancora rilevare che,
per un verso, la società ricorrente non ha giammai contestato la ricorrenza
della situazione di inquinamento delle zone di “risanamento” e di “mantenimento”
e dunque la necessità di tutelarne l’ambiente aria, limitandosi invero a dedurre
esclusivamente la dedotta illegittimità del divieto, asseritamente assoluto ed
ingiustificato, di utilizzazione dell’olio combustibile 0,3% di zolfo, e che,
per altro verso, non ha neppure contestato, se non del tutto genericamente, le
puntuali deduzioni difensive dell’amministrazione regionale appellante, secondo
cui, fermo restando che effettivamente la delibera contestata non era stata
preventivamente trasmessa alla Commissione ai sensi della direttiva 98/34/CE del
22 giugno 1998, pur tuttavia la stessa Commissione non risultava aver svolto
alcun rilievo sulle concrete misure adottate, pur avendone avuto ragionevolmente
conoscenza in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 12 del
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, sul cui adempimento da parte della
Regione non era stata svolta alcun contestazione.
4.3.3.5. Generica e comunque infondata è la censura sollevata con il decimo
motivo del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, con cui si sostiene
apoditticamente che la delibera impugnata sarebbe illegittima per il fatto di
demandare ai Comuni e alle Province il potere di controllo sul rispetto delle
determinazioni assunte.
Invero, oltre a non essere chiaramente esplicitate le ragioni di tale pretese
illegittimità, è sufficiente rilevare che a suo fondamento viene invocato,
peraltro si ripete in modo generico il contrasto con la direttiva 98/34/CE del
22 giugno 2008 che, invece, non è applicabile al caso di specie.
4.3.3.6. Occorre infine svolgere alcuna osservazioni sulle seducenti
argomentazioni della società ricorrente, secondo cui la piena ed incondizionata
utilizzabilità dell’olio combustibile 3% di zolfo, è stata definitivamente
sancita al di là di ogni ragionevole dubbio dalle disposizioni contenute nel
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, con conseguente assoluta
illegittimità della deliberazione impugnata, anche nella parte in cui richiama
l’ormai abolito D.P.C.M. 8 marzo 2002.
Al riguardo, pur non essendo contestato (si rinvia a quanto espressamente
richiamato nella stessa delibera impugnata) che, secondo il predetto decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, negli impianti termici civili è consentito,
tra l’altro, l’uso dell’olio combustibile e di altri distillati pesanti di
petrolio (tra cui non può negarsi rientri l’olio combustibile 0,3% di zolfo) con
contenuto di zolfo non superiore all’1%, deve tuttavia negarsi che tale
riconoscimento comporti sic et simpliciter l’illegittimità della delibera
impugnata che, come ripetutamente evidenziato, si inquadra nell’ambito delle
misure, la cui adozione spetta alle Regioni, per tutelare la qualità
dell’ambiente aria al fine di prevenire, eliminare o ridurre gli effetti nocivi
dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana e, in generale, sull’ambiente,
in attuazione della delibera 96/62/CE del 4 agosto 1999, n. 351.
Le Regioni hanno pertanto l’obbligo di rilevare obiettivamente la situazione di
inquinamento, individuandone anche le ragioni ed i singoli fattori responsabili,
e di valutare altrettanto obiettivamente, attraverso la misurazione dei singoli
fattori di inquinamento ed il loro monitoraggio anche con riferimento ai valori
soglia prestabiliti, le misure più adeguate per il conseguimento della finalità
di tutela dell’ambiente area, secondo programmi, azioni ed obiettivi: è del
tutto ragionevole pertanto ritenere che l’amministrazione regionale possa anche
limitare l’uso di un olio combustibile, quand’anche astrattamente ritenuto
assolutamente utilizzabile secondo la generale normativa in materia ambientale,
se esso, con riferimento ad una particolare area geografica, previamente
definitiva, ed in ragione della peculiare situazione di incremento di
quest’ultimo, da solo o per effetto dell’azione combinata con altri fattori
inquinanti possa determinare il superamento della soglia dei valori limiti di
inquinamento.
Peraltro, anche a non voler considerare che un tale potere regionale – a ben
vedere – non è stato contestato dalla società ricorrente (la quale, per vero, ha
contestato il potere generale di imporre limitazione o divieto di fabbricazione
o commercio di prodotti con determinate caratteristiche, circostanza che, come
si è accennato, non si rinviene nella fattispecie), esso trova anche positivo
fondamento nel D.P.C.M. 8 marzo 2002, espressamente in vigore rimasto in vigore,
quanto al titolo II, per effetto della previsione di cui al terzo comma
dell’articolo 290 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, relativamente
agli impianti temici civili di cui all’articolo 281, comma 3, fino alla data in
cui è effettuato l’adeguamento disposto dalle autorizzazioni rilasciate ai sensi
dell’articolo 281, comma 2.
Infatti l’articolo 11 del citato D.P.C.M. 8 marzo 2002 (collocato proprio nel
titolo II) espressamente prevede che le Regioni, nell’ambito dei piani e
programmi di cui agli articoli 8 e p del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.
351, possano limitare l’uso tra l’altro degli oli combustibili, ove tale misura
sia stata necessaria per il conseguimento degli obiettivi dell’aria: né tale
ricostruzione è inficiata dal fatto che l’articolo 8 di tale D.P.C.M. sia stato
sospeso dal giudice amministrativo, atteso che tale sospensione, come si ricava
dalle difese della stessa società appellate, risulta stata emessa in relazione
alle caratteristiche merceologiche del prodotto (sotto il profilo del difetto di
istruttoria), laddove tale aspetto risulta ormai superato dalle disposizioni
contenute nel decreto legislativi 3 aprile 2006, n. 152.
Del resto la ricordata previsione del comma 3 dell’articolo 290 risulta
ragionevolmente finalizzata alla effettiva tutela dell’ambiente, ammettendo cioè
il potere regionale di limitare l’uso di determinati combustibili per
determinati impianti termici civili fino a quando per gli stessi non sia stato
effettuato l’adeguamento delle autorizzazioni che garantiscono circa effettivo
rispetto delle norme in tema di tutela ambientale.
5. In conclusione alla stregua delle osservazioni svolte l’appello deve essere
accolto e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere
respinto il ricorso proposto in primo grado da ALPHA TRADING S.p.A.
La peculiarità e la novità delle questioni trattate giustifica la compensazione
delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sull’appello proposto dalla Regione Lombardia, avverso la sentenza
del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. IV, n. 5338 del 14
dicembre 2009, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della impugnata
sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado da ALPHA TRADING S.p.A
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di
giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2010 con
l'intervento dei Signori:
Pier Giorgio Trovato, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Aniello Cerreto, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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