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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI - 10 febbraio 2010, Sentenza n. 675
URBANISTICA ED EDILIZIA - Rilascio del titolo abilitativo edilizio -
Legittimazione attiva - Proprietario del fondo - Titolare di altro diritto di
godimento - Indagine istruttoria della p.a. - Limiti. La legittimazione
attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio è configurabile
non solo in capo al proprietario del terreno, ma anche in favore del soggetto
titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne
con un intervento costruttivo (nel caso di specie, estrattivo) e la p.a. non è
tenuta a svolgere una preliminare indagine istruttoria che si estenda fino alla
ricerca d'ufficio di eventuali elementi limitativi, preclusivi o estintivi del
titolo di disponibilità allegato dal richiedente (Cons. Stato, V, n. 368/2004).
Pres. Varrone, Est. Chieppa - T. s.r.l. (avv. Giovannelli) c. Comune di
Calenzano (avv. Hofer) - (Conferma TAR Toscana, n. 388/2006). CONSIGLIO DI
STATO, Sez. VI - 10 febbraio 2010, n. 675
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N. 00675/2010 REG.DEC.
N. 01455/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1455 del 2007, proposto da:
Tome S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Mauro Giovannelli, con domicilio
eletto presso Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio 46 - IV B;
contro
Comune di Calenzano, rappresentato e difeso dall'avv. Felix Hofer, con domicilio
eletto presso Grez & Associati Srl in Roma, Lungotevere Flaminio 46pl IV/B;
nei confronti di
Bandini Mario, n.q. di socio unico e legale rappresentante della.Fratelli
Bandini Snc;
per la riforma
della sentenza del TAR TOSCANA - FIRENZE :Sezione I n. 00388/2006, resa tra le
parti, concernente AUTORIZZAZIONE COLTIVAZIONE DI CAVA.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2009 il Cons. Roberto
Chieppa e uditi per le parti gli avvocati Giovannelli e Hofer;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza n. 388/2006 il Tar per la Toscana ha respinto il ricorso
proposto dalla Tome s.r.l. per l’annullamento dell’autorizzazione alla
coltivazione di cava n. 1 del 29 dicembre 2000 rilasciata in favore della F.lli
Bandini s.n.c. e per il risarcimento del danno ingiusto arrecato alla società
ricorrente per effetto dell’illegittimo rilascio del provvedimento impugnato.
La Tome s.r.l. ha proposto ricorso in appello avverso tale sentenza per i motivi
che saranno di seguito esaminati.
Il Comune di Calenzano si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del
ricorso e proponendo ricorso in appello incidentale.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
2. La Tome s.r.l. è proprietaria di un’area della superficie di mq. 116.330
destinata a cava e sita nel comune di Calenzano, avendola acquistata in data 24
settembre 1982, quando il bene era detenuto dalla F.lli Bandini s.n.c. in virtù
di un contratto di affitto stipulato il 16 marzo 1978 con i precedenti
proprietari.
La società appellante si lamenta del fatto che, quando il contratto di affitto
era da tempo scaduto, il Comune di Cadenzano abbia rilasciato nuova
autorizzazione per l’esercizio della cava alla F.lli Bandini, che non aveva più
titolo per detenere l’area.
Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso, dopo aver rilevato la
permanenza dell’interesse della Tome s.r.l. alla decisione, quanto meno sotto il
profilo risarcitorio, anche a seguito dell’intervenuta sentenza del Tribunale di
Prato n. 1225/2002, dichiarativa della cessazione del rapporto d’affitto
relativo al sito della cava e della nota del 26 giugno 2003, con cui il Comune
ha dato atto dell’intervenuta decadenza dell’autorizzazione in questione.
Con un primo motivo la società appellante sostiene che, pur in assenza di titolo
in capo alla richiedente, il Comune intimato abbia ugualmente rilasciato
l’autorizzazione alla coltivazione della cava, senza svolgere alcuna indagine
sulla legittimità della disponibilità di fatto vantata dalla società
controinteressata.
Il motivo è privo di fondamento.
Secondo la giurisprudenza, la legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un
titolo abilitativo edilizio è configurabile non solo in capo al proprietario del
terreno, ma anche in favore del soggetto titolare di altro diritto di godimento
del fondo, che lo autorizzi a disporne con un intervento costruttivo (nel caso
di specie, estrattivo) e la p.a. non è tenuta a svolgere una preliminare
indagine istruttoria che si estenda fino alla ricerca d'ufficio di eventuali
elementi limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato
dal richiedente (Cons. Stato, V, n. 368/2004).
Al momento del rilascio della nuova autorizzazione per la cava la società
controinteressata aveva la disponibilità di fatto del bene ed era in corso un
contenzioso sulla scadenza del contratto di affitto.
La appellante afferma che il contratto era scaduto fin dal 15 marzo 1983, ma non
giustifica l’assenza di idonee iniziative fino al 2000 per conseguire il
rilascio del bene e fonda la sua tesi su una pronuncia della Cassazione, che ha
però ad oggetto la domanda (respinta) della F.lli Bandini per conseguire il
riscatto dell’immobile, in forza di un vantato diritto di prelazione sullo
stesso (Cass. Civ., sez. III, n. 3995/1992).
E’ evidente che l’amministrazione comunale non aveva alcuna certezza sulla
invalidità del titolo, in base al quale la controinteressata aveva la
disponibilità del bene, quando nel 2000 rilasciò l’autorizzazione impugnata.
Un chiarimento sopraggiunse solo con la sentenza del Tribunale di Prato n.
1225/2002, dichiarativa della cessazione del rapporto d’affitto relativo al sito
della cava e successivamente il Comune diede atto dell’intervenuta decadenza
dell’autorizzazione in questione.
Di conseguenza, il Comune ha correttamente fatto applicazione del suddetto
principio e dell’art. 12 della l. reg. 3 novembre 1998, n. 78, che prevede che
“Chiunque intenda procedere alla coltivazione di materiali di cava o torbiera su
terreni dei quali abbia la disponibilità, deve chiederne l'autorizzazione al
Comune territorialmente competente in conformità con le previsioni dello
strumento urbanistico comunale…”.
Verificata la disponibilità del bene in capo alla richiedente e in assenza di
elementi certi idonei a porre in discussione la legittimazione della F.lli
Bandini, correttamente il Comune ha provveduto al rilascio dell’autorizzazione e
a dichiararne solo successivamente la decadenza a seguito della menzionata
pronuncia giurisdizionale.
3. E’ infondata anche l’ulteriore censura, con cui l’appellante sostiene che,
prima del rilascio dell’autorizzazione, era necessaria l’acquisizione della
valutazione di compatibilità ambientale.
Pur potendo dubitare dell’interesse - anche ai soli fini risarcitori - all’esame
della censura (tenuto conto che la Tome s.r.l. si è successivamente assunta
tutti gli oneri ed adempimenti connessi con l’autorizzazione impugnata), si
osserva che, come evidenziato dal Tar, l'amministrazione comunale ha
esplicitamente argomentato in ordine alle implicazioni di impatto ambientale che
il rilascio dell'autorizzazione comportava, rilevando che, nella fattispecie, si
trattava della continuazione di una coltivazione in atto da tempo e
ripetutamente valutata sotto il profilo della compatibilità ambientale; che il
sito in questione era ricompreso fra quelli previsti dal Piano regionale delle
attività estrattive e che, infine, la richiesta di autorizzazione era
accompagnata da un apposito studio di compatibilità ambientale recante
previsioni finalizzati al recupero morfologico-ambientale al momento
dell'esaurimento dell'attività estrattiva.
Pertanto, sulla base di tale (corretta) procedura di verifica non era necessario
sottoporre la domanda a valutazione di impatto ambientale.
4. E’ invece improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il motivo, con
cui l’appellante deduce la contraddittorietà tra l’autorizzazione rilasciata ai
fini del vincolo paesaggistico della durata di cinque anni e l’efficacia,
invece, decennale dell’autorizzazione alla coltivazione della cava.
Infatti, l’autorizzazione è stata dichiarata decaduta prima della scadenza del
quinquennio, al termine del quale si sarebbe dovuto rinnovare la valutazione
paesaggistica e ciò esclude la sopravvivenza dell’interesse a verificare se
fosse possibile fin dall’inizio il rilascio di una autorizzazione per la cava di
durata superiore a quella paesaggistica.
5. E’ infondata la censura concernente l'indeterminatezza del provvedimento con
riferimento alla specificazione dei materiali estraibili, così come previsto
dall'art. 14 della legge regionale n. 78/1998.
Infatti dal provvedimento impugnato si ricava chiaramente che l'autorizzazione
venne rilasciata per "l'estrazione di materiali litoidi, identificati come
appartenenti alla cava del settore I previsto dal P.R.A.E."
6. Va, infine, respinta la domanda di risarcimento del danno, consistente –
secondo la ricorrente – nel valore del materiale estratto e nel pregiudizio per
la futura attività di estrazione.
La legittimità della condotta del Comune esclude che possano ricorrere i
presupposti per la responsabilità dell’amministrazione e, comunque, i danni
richiesti possono al più essere stati causati dalla società controinteressata, e
non certo dal Comune; infatti, pende davanti al giudice ordinario una
controversia per i danni richiesti dalla Tome s.r.l. alla F.lli Bandini e la
domanda qui in esame concerne gli stessi danni, che l’appellante insiste
(erroneamente) per addebitare anche al Comune.
7. In conclusione, il ricorso in appello principale deve essere respinto e ciò
rende improcedibile il ricorso in appello incidentale proposto dal Comune.
Alla soccombenza dell’appellante seguono le spese del presente grado di giudizio
nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il
ricorso in appello principale indicato in epigrafe e dichiara improcedibile il
ricorso in appello incidentale proposto dal Comune di Cadenzano.
Condanna l’appellante alla rifusione, in favore del Comune di Calenzano, delle
spese di giudizio, liquidate nella misura di Euro 5.000,00, oltre IVA e CP.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2009 con
l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Domenico Cafini, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere, Estensore
Roberto Garofoli, Consigliere
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/02/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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