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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. IV,
15/09/2010, Sentenza n. 6870
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva c.d. “materiale” - Stravolgimento
del permesso di costruire - Illegittimo mutamento della destinazione all’uso del
territorio - Configurabilità - Presupposti. Al fine di valutare un’ipotesi
di lottizzazione abusiva c.d. “materiale”, è necessaria una visione d’insieme
dei lavori, ossia una verifica nel suo complesso dell’attività edilizia
realizzata, atteso che potrebbero anche ricorrere modifiche rispetto
all’attività assentita idonee a conferire un diverso assetto al territorio
comunale oggetto di trasformazione. Tale risultato può realizzarsi anche tramite
un’attività edilizia realizzata nel suo complesso e che conduca ad un
illegittimo mutamento elusivamente della destinazione all’uso del territorio
autoritativamente impressa dalla normativa. Infine, lo stravolgimento del
permesso di costruire mediante la realizzazione di edifici che per le loro
caratteristiche non siano più riferibili a quelli approvati costituisce fatto
idoneo ad integrare la fattispecie della lottizzazione senza la prescritta
autorizzazione (Cass. pen., s. III, n.24096/2008). (conferma sentenza del T.A.R.
LAZIO - ROMA, Sez. I QUA n. 10541/2008) Pres. Maruotti - Est. Potenza - Gestim
Srl (avv. Clarizia) c. Comune di Castelnuovo di Porto (avv. Fiore). CONSIGLIO
DI STATO Sez. IV, 15/09/2010, Sentenza n. 6870
DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione «senza la prescritta autorizzazione -
Deviazione dagli scopi stabiliti in sede pianificatoria - Sospensione e
acquisizione aree al patrimonio comunale - Art. 18 L. n.47/1985 ora art. 30
D.P.R. n. 380/01 - Art. 28 L. n. 1150/1942. In ragione della “ratio”
dell’art. 18 della legge n.47/1985 (oggi 30 del dpr n.380/2001), non è,
necessario ai fini della configurabilità dell'abuso previsto dalla norma che, la
realizzazione di opere materiali siano eseguite in assenza di concessione
edilizia o in difformità da quest'ultima. Infatti, il settimo comma dell'art.
18, che impone al sindaco di ordinare immediatamente la sospensione dei lavori
in presenza di una lottizzazione «senza la prescritta autorizzazione», si
riferisce solo alla mancanza dell'autorizzazione specifica alla lottizzazione,
prevista dall'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150; di
conseguenza, ove tale autorizzazione non sia stata rilasciata, la lottizzazione
abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se per le singole opere facenti
parte di tale lottizzazione sia stata rilasciata una concessione edilizia (Cons.
di Stato, sez. V, n. 301/1996). Sicché, la trasformazione del territorio, nella
logica della norma, viene realizzata anche mediante opere che per le loro
caratteristiche complessive conseguono il risultato di insediare del territorio
una struttura ad uso residenziale, assolutamente non conforme o compatibile con
detta destinazione, anziché una struttura correlata alla destinazione delle aree
(in specie agricola) conforme alle norme urbanistiche locali che la prevedono.
(conferma sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, Sez. I QUA n. 10541/2008) Pres.
Maruotti - Est. Potenza - Gestim Srl (avv. Clarizia) c. Comune di Castelnuovo di
Porto (avv. Fiore). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 15/09/2010, Sentenza n. 6870
DIRITTO URBANISTICO - Mutamento di destinazione d’uso e lottizzazione -
Trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio - Prova della
lottizzazione - Art. 30, D.P.R. n. 380/01. In linea generale non sussiste
alcun automatismo o identificazione concettuale tra mutamento di destinazione
d’uso e prova della lottizzazione abusiva. Tuttavia, muovendo dal contenuto
dell’art. 30, del D.P.R. n. 380/01, il mutamento di destinazione d’uso, può
astrattamente concorrere in talune ipotesi a determinare una trasformazione
urbanistica ed edilizia dei terreni, costituendo automatica identificazione tra
mutamento di destinazione d’uso e lottizzazione. Pertanto, quando l’attività
edilizia contrastante con la destinazione risulti anche avulsa da un quadro
concessorio si registra una seconda e distinta illegittimità amministrativa, la
quale si affianca a quella rappresentata dalla lottizzazione materiale abusiva
(Cons. di Stato, sez. V, n.301/1996). (conferma sentenza del T.A.R. LAZIO -
ROMA, Sez. I QUA n. 10541/2008) Pres. Maruotti - Est. Potenza - Gestim Srl (avv.
Clarizia) c. Comune di Castelnuovo di Porto (avv. Fiore). CONSIGLIO DI STATO
Sez. IV, 15/09/2010, Sentenza n. 6870
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 06870/2010 REG.DEC.
N. 02199/2009 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 2199 del 2009, proposto dalla s.r.l.
Gestim Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in
Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Il Comune di Castelnuovo di Porto, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Fiore, con domicilio eletto
presso il suo studio in Roma, via G. Chiovenda, 106;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 10541/2008, resa tra le
parti, concernente SOSPENSIONE LOTTIZZAZIONE ABUSIVA CON ACQUISIZIONE AREE AL
PATRIMONIO COMUNALE.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2010 il Consigliere Raffaele
Potenza e uditi per le parti gli avvocati Clarizia e Fiore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso al TAR LAZIO la società Gestim, proprietaria di un lotto di terreno
situato in Comune di Castelnuovo di Porto e titolare di permesso di costruire
(n. 33/02) per la realizzazione di due case rurali con relativi annessi
agricoli), chiedeva l’annullamento dell’ordinanza n. 28 del 2 agosto 2007, che
disponeva “la sospensione della “lottizzazione abusiva”, con avviso che
“trascorsi novanta giorni senza che il presente provvedimento venga revocato, le
aree abusivamente lottizzate verranno acquisite di diritto al patrimonio
disponibile del Comune, che provvederà d’ufficio, e con spese a carico dei
responsabili, alla demolizione delle opere”.
In particolare, la società ricorrente riferiva:
- di essere proprietaria, per atto di compravendita a rogito notarile del 30
maggio 2006, rep. n. 26881 e racc. n. 9846, del lotto di terreno in loc. Monte
Barbetta, via Vallelunga s.n.c., della superficie di circa 27.000 mq.;
- che su tale terreno erano già in costruzione due case rurali con relativi
accessori agricoli, in virtù del permesso di costruire n. 33 del 18 luglio 2002,
prot. n. 8414;
- che tale permesso di costruire era stato volturato dapprima alla società
Progedim e poi alla medesima esponente, con atto del 22 giugno 2006, prot. n.
8110;
- che, nel corso dei lavori, il Comune di le comunicava l’avvio di un
procedimento finalizzato all’emanazione dei provvedimenti sanzionatori previsti
dagli artt. 30 e 31 del D.P.R. n. 380/01, in quanto da un sopralluogo effettuato
in data 18 maggio 2005, motivato dall’emersione di sostanziali difformità
rispetto al suddetto permesso nonché rispetto alle N.T.A. del P.R.G., tali da
comportare una “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio,
finalizzata alla lottizzazione abusiva”;
- che, nonostante l’ordinanza di annullamento del decreto di sequestro, adottata
dal Tribunale di Roma in data 11 giugno 2007 per carenza “allo stato” del fumus
del fatto di reato, in data 19 giugno 2006 e, dunque, prima del decorso del
termine di trenta giorni concesso per presentare memorie e/o documenti il Comune
di Castelnuovo di Porto intimava la sospensione dei lavori con ordinanza n.
23/2007;
- che in data 14 agosto 2007 riceveva la notifica del provvedimento impugnato.
Avverso il suddetto provvedimento la società Gestim deduceva i seguenti motivi
di impugnativa:
I - Violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 44 lett. c) D.P.R. n.
380/2001. Violazione dell’art. 28 L. n. 1150/1942 e dei principi generali in
materia di pianificazione attuativa. Eccesso di potere per errore e falsità dei
presupposti. Illogicità manifesta. L’Amministrazione contesta la difformità dal
permesso di costruire n. 33/2003, consistenti nell’asserito cambio di
destinazione d’uso, mediante opere edilizie, degli accessori agricoli nonché dei
locali al piano interrato ed al piano sottotetto delle case rurali che avrebbero
“di fatto comportato una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio,
finalizzata alla lottizzazione abusiva, in violazione delle prescrizioni degli
strumenti urbanistici vigenti sul lotto di terreno destinato a zona agricola, in
zona quindi non urbanizzata”. Tale contestazione sarebbe infondata, atteso che
gli interventi in asserita difformità riscontrati dall’Amministrazione sarebbero
costituiti da mere opere interne, inidonee ad incidere sul terreno vergine. La
lottizzazione abusiva deve, infatti, riguardare esclusivamente i terreni e non
già gli edifici. Come riconosciuto anche dalla Corte di Cassazione penale,
frazionamenti e/o mutamenti di destinazioni d’uso che intervengano su edifici
già esistenti non possono integrare il reato di lottizzazione abusiva, ma
eventualmente abusi sanzionabili ai sensi della lett. b) dell’art. 44 D.P.R. n.
380/01 (come, tra l’altro, riconosciuto dal Tribunale di Tivoli nel decreto di
convalida del sequestro, risalente al 19-21.5.2007). Ne consegue che, con
l’adozione del provvedimento impugnato, l’Amministrazione avrebbe stravolto il
concetto di lottizzazione abusiva, “in quanto riferita, non ai terreni, bensì ai
fabbricati”, in contrasto con l’art. 30 del D.P.R. n. 380/01;
II - Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n.
380/01 in relazione agli artt. 22 e 37 D.P.R. n. 380/01. Eccesso di potere per
errore e falsità dei presupposti. Illogicità e contraddittorietà manifeste. Gli
interventi contestati non potrebbero essere neanche sanzionati come abusi
edilizi, ai sensi degli artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n. 380/01, essendo
possibile presentare varianti in corso d’opera sino all’ultimazione dei lavori,
così come previsto dall’art. 22, comma 2, del medesimo decreto. Considerato
l’attuale stato dei lavori, sarebbe prematuro procedere all’applicazione di
misure sanzionatorie per un asserito cambio d’uso attribuito ad alcune modifiche
interne che potrebbero al più costituire mere varianti in corso d’opera, da
presentare prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori;
III - In subordine, violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli
artt. 31 e 44 lett. b) D.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 22 e 37 D.P.R.
n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione delle N.T.A. del P.R.G. vigente del
Comune relative alla zona E agricola e della L.R. Lazio n. 38/1999, come
modificata dalla L.R. Lazio n. 8/2003. Eccesso di potere per errore e falsità
dei presupposti. Carenza di istruttoria. Travisamento. Illogicità e
contraddittorietà manifeste.
Nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che l’Amministrazione poteva
intervenire a sanzionare gli asseriti abusi edilizi, il provvedimento impugnato
risulterebbe comunque illegittimo perché non sarebbe stato effettuato alcun
mutamento di destinazione d’uso né sarebbero state realizzate opere in totale
difformità del permesso di costruire;
IV - In ulteriore subordine, violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 44
lett. b) D.P.R. n. 380/01 in relazione all’art. 34 D.P.R. n. 380/01. Eccesso di
potere per errore e falsità dei presupposti. Illogicità ed ingiustizia
manifeste. Difetto di pubblico interesse. Qualora permanessero dubbi sulla
destinazione di alcuni locali dei fabbricati, ritenendosi alcuni specifici
impianti non ammessi e congrui rispetto alla destinazione autorizzata, si
tratterebbe comunque di opere realizzate in parziale difformità dal permesso di
costruire, sanzionabili ex art. 34 del D.P.R. n. 380/01 e non ai sensi del
precedente art. 31.
Espletatasi la consulenza tecnica disposta, e liquidato il compenso del CTU, il
TAR ha respinto il ricorso, con la sentenza epigrafata.
La società Gedim ha appellato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma.
L’appellata amministrazione ha resistito all’appello, controdeducendo con
propria memoria.
Parte appellante ha riepilogato in memoria le proprie tesi ed alla pubblica
udienza del 4 maggio 2010 l’appello è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- La fattispecie controversa sottoposta alla Sezione verte sulla legittimità
di un ordinanza, resa ai sensi dell’art.30 del dpr n, 380/2001, recante
sospensione di opere edilizie in corso ritenute integrare una lottizzazione
abusiva, seguita “ex lege” (in caso di mancata revoca entro 90 giorni)
dall’acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle aree interessate, con
demolizione delle opere.
Nelle premesse del provvedimento, il Comune di Castelnuovo di Porto ha rilevato
che l’intervento edilizio in questione si è sviluppato sulla base di due
concessioni edilizie a suo tempo rilasciate per la realizzazione di due case
rurali e che tuttavia l’attività edilizia si è successivamente dispiegata con
difformità (anch’esse menzionate nel provvedimento), rispetto a quanto
assentito, tali da comportare un trasformazione edilizia ed urbanistica del
territorio, finalizzata alla lottizzazione abusiva, in quanto in violazione di
prescrizioni di strumenti urbanistici insistenti su lotto di terreno a
destinazione agricola.
2.- Avverso la sentenza impugnata, che ha ritenuto il provvedimento esente dai
vizi in fatto riepilogati, la società appellante ha dedotto tre ordini di
censure.
2.1- Il primo gruppo sostiene l’erroneità dell’interpretazione data dal TAR
dell’art. 30 del DPR citato, con conseguente inconfigurabilità, nella
fattispecie, dell’ipotesi lottizzatoria, che sarebbe fondata inoltre su un
apodittico riconoscimento del mutamento di destinazione complessivamente
emergente dalle opere poste in essere.
Con particolare riferimento a quest’ultima problematica, l’appellante censura la
motivazione adottata dal TAR nel respingere la tesi, esposta nel primo motivo di
ricorso, per la quale dall’art. 30 del D.P.R. n. 380/01 “si evince…… chiaramente
che, per aversi lottizzazione abusiva, deve trattarsi di opere o atti negoziali
comunque incidenti su terreni e non già su fabbricati”; questo orientamento
sarebbe confortato da alcune sentenze della Corte di Cassazione penale, per le
quali il reato di lottizzazione abusiva è riconnesso esclusivamente a modifiche
di terreni e non di fabbricati.
Si contesta quindi la conclusione del TAR secondo la quale il mutamento di
destinazione d’uso, che può astrattamente concorrere in talune ipotesi a
determinare una trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni, costituisca
automatica identificazione tra mutamento di destinazione d’uso e lottizzazione
abusiva.
2.2. Il motivo non può essere accolto, basandosi peraltro su un erronea lettura
sul punto della pronunzia gravata.
Ed invero, anzitutto, il giudice di primo grado non ha affermato alcun
automatismo o identificazione concettuale tra mutamento di destinazione d’uso e
prova della lottizzazione abusiva, ma muovendo dal contenuto dell’art. 30 ha in
sostanza affermato che l’entità complessiva delle opere poste in essere, anche
in difformità di eventuali titoli edilizi, può costituire e nella fattispecie
costituisce, elemento decisivo per individuare una destinazione d’uso
incompatibile con le destinazioni di zona indicate dalla normativa urbanistica
locale.
Questi infatti i condivisibili punti fermi evidenziati dal TAR:
- l’art. 30 del D.P.R. in argomento dispone che “si ha lottizzazione abusiva di
terreni a scopo edificatorio quando vengono iniziate opere che comportino
trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati, o comunque
stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione”;
- al fine di valutare un’ipotesi di lottizzazione abusiva c.d. “materiale”, è
necessaria una visione d’insieme dei lavori, ossia una verifica nel suo
complesso dell’attività edilizia realizzata, atteso che potrebbero anche
ricorrere modifiche rispetto all’attività assentita idonee a conferire un
diverso assetto al territorio comunale oggetto di trasformazione ;
- tale risultato può realizzarsi anche tramite un’attività edilizia realizzata
nel suo complesso e che conduca ad un illegittimo mutamento elusivamente della
destinazione all’uso del territorio autoritativamente impressa dalla normativa.
Tale interpretazione, che dà rilievo alla discrepanza tra destinazione di zona e
caratteristiche d’uso delle opere, è condivisa anche dalla giurisprudenza penale
(parimenti ricordata dal TAR), per la quale “lo stravolgimento del permesso di
costruire mediante la realizzazione di edifici che per le loro caratteristiche
non siano più riferibili a quelli approvati costituisce fatto idoneo ad
integrare la fattispecie della lottizzazione senza la prescritta autorizzazione
“(Cass. pen., s. III, n.24096/2008); in relazione a questo orientamento appare
quindi corretta la conclusione cui è pervenuto il primo giudice per cui il
mutamento della destinazione d’uso di immobili oggetto di titolo edilizio, in
contrasto con gli strumenti urbanistici, può dar luogo ad una ipotesi di
lottizzazione abusiva, in presenza dei relativi presupposti.
Né la tesi viene ad annullare, come si sostiene, ogni distinzione tra la
fattispecie lottizzatoria e l’attività edilizia realizzata in difformità del
titolo, poiché la prima (concetto chiarito anche dalla giurisprudenza penale)
resta indipendente dalla necessità o meno della concessione edilizia, sicché
quando - l’attività edilizia contrastante con la destinazione (oggi disciplinata
dalla legislazione regionale ex art.8 l. n.47/1985) risulti anche avulsa da un
quadro concessorio - si registra una seconda e distinta illegittimità
amministrativa, la quale si affianca a quella rappresentata dalla lottizzazione
materiale abusiva (sul punto v. Cons. di Stato, sez. V, n.301/1996).
La tesi dell’appellante, per cui l’art. 30 sanzionerebbe solo la
‘trasformazione’ dei terreni e non le singole opere, urta dunque con il dato
letterale della norma (che nella definizione individua anzitutto l’inizio delle
opere).
2.3- Il secondo ordine di censure considera erroneo il presupposto, assunto dal
TAR, per cui il semplice mutamento di destinazione d’uso in contrasto con lo
strumento urbanistico integrerebbe “ex se” l’ipotesi lottizzatoria; in tale
erronea ottica sarebbe quindi stata esaminata la relazione depositata dal CTU in
primo grado e dalla quale risultano interventi realizzati (sulle due case
rurali) finalizzati all’adattamento abitativo residenziale , in taluni casi con
aumento di cubatura, a abitazione residenziale. L’appellante ribadisce poi la
tesi già esaminata della insussistenza di una lottizzazione abusiva,
sottolineando che gli interventi sono stati assentiti dal Comune con la
concessione n. 33/2003 e che per la loro natura non possono costituire un
elemento recante trasformazione urbanistica del territorio.
2.4. Osserva al riguardo il Collegio che la giurisprudenza della Sezione ha da
tempo affermato, proprio in ragione della già richiamata “ratio” dell’art. 18
della legge n.47/1985 (oggi 30 del dpr n.380/2001), che “non è, invece,
necessario ai fini della configurabilità dell'abuso previsto dalla norma
suindicata che, nell'ipotesi in cui quest'ultimo consista nella realizzazione di
opere materiali, tali opere siano state eseguite in assenza di concessione
edilizia o in difformità da quest'ultima. Infatti, il settimo comma dell'art.
18, che impone al sindaco di ordinare immediatamente la sospensione dei lavori
in presenza di una lottizzazione «senza la prescritta autorizzazione», si
riferisce solo alla mancanza dell'autorizzazione specifica alla lottizzazione,
prevista dall'art. 28 della legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150; di
conseguenza, ove tale autorizzazione non sia stata rilasciata, la lottizzazione
abusiva sussiste e deve essere sanzionata anche se per le singole opere facenti
parte di tale lottizzazione sia stata rilasciata una concessione edilizia
“(Cons. di Stato, sez. V, n. 301/1996).
Inoltre, la trasformazione del territorio, nella logica della norma, viene
realizzata anche mediante opere che per le loro caratteristiche complessive
conseguono il risultato di insediare del territorio una struttura ad uso
residenziale, assolutamente non conforme o compatibile con detta destinazione,
anzichè una struttura correlata alla destinazione delle aree (in questo caso
agricola) conforme alle norme urbanistiche locali che la prevedono.
E questo costituisce certamente una deviazione dagli scopi stabiliti in sede
pianificatoria, alla cui protezione tende, come incontestatamente riconosciuto,
l’art. 30 citato.
2.5- Con un terzo àmbito di doglianze, l’appellante sostiene l’erroneità della
conclusione cui è giunto il primo giudice nell’affermare che le difformità
rilevate dal Comune risultano effettivamente esistenti in base alla relazione
depositata dal CTU; al contrario l’assunto contrasterebbe invece apertamente con
la stessa relazione, la quale escluderebbe del tutto sia il mutamento di
destinazione d’uso, sia la realizzazione di opere in totale difformità dal
permesso ed in contrasto con la disciplina della zona agricola.
In particolare, si legge a p. 21 dell’appello che il CTU avrebbe unicamente
accertato una diversa distribuzione degli spazi interni. La censura prosegue poi
evidenziando che il consulente tecnico di parte, nel giudizio di primo grado, ha
confutato con propria perizia le singole contestazioni mosse dal Comune.
2.6. Ritiene il Collegio che anche tali censure vadano respinte.
Pur valutando la consulenza di parte, dal complessivo esame della documentazione
acquisita risultano effettivamente sussistenti le circostanze riscontrate dal
TAR e già poste a base del contestato provvedimento.
In relazione alle case rurali, il TAR ha anzitutto confermato che le difformità
rilevate dall’Amministrazione essenzialmente consistono in:
- aumento della superficie utile per “mancata realizzazione delle intercapedini”
e variazione in aumento dell’altezza ai piani interrati;
- cambio di destinazione d’uso degli stessi piani interrati, connessa alla
realizzazione di tramezzature, finiture e predisposizione degli impianti
tecnologici;
- predisposizione di impianti tecnologici ai piani sottotetto che “hanno di
fatto reso gli impianti dal punto di vista funzionale ad uso residenziale”.
Per quanto riguarda gli annessi agricoli, risultano, invece, contestati:
- il cambio di destinazione d’uso per tutti i tre piani del manufatto, connessa
alla realizzazione di tramezzature, finiture ed impianti tecnologici;
- l’aumento della superficie utile per “mancata realizzazione quasi totale delle
intercapedini” e variazione in aumento dell’altezza ai piani interrati.
In ultimo, è stato precisato che, in virtù di tali difformità, la cubatura
residenziale è risultata in eccedenza rispetto al progetto approvato di mc.
3.124,70 (mc. 3.959 (totale) - mc. 834,56 (cubatura residenziale assentita).
Il Tribunale ha poi reso conto della relazione del CTU ritenendo sulla stessa
che:
“L’esame della relazione depositata consente di affermare che le difformità
contestate sono effettivamente esistenti, ad eccezione degli impianti TV e
telefonico. Le opere di cui trattasi consistono in modifiche idonee ad incidere
sui prospetti e sulle superfici, nella predisposizione di allacci e scarichi che
altra giustificazione non trovano se non quella della realizzazione di bagni e,
ancora, nella realizzazione di impianti del gas, di riscaldamento e di
antifurto, il tutto dichiaratamente finalizzato alla “trasformazione in
residenza”.
Ciò posto, conclude sul punto il TAR come sia “evidente che sono stati compiuti
interventi radicali di adattamento all’uso abitativo di strutture che a tanto
non risultano assentite, mediante creazione di vani abitabili, dunque con
effetto di realizzazione di nuove costruzioni e conseguenti cubature del tipo
“civile abitazione” sicuramente incidenti sul piano urbanistico in quanto ne
aumentano il carico”.
Tutto ciò considerato, ad avviso del Collegio, le conclusioni cui è pervenuto il
giudice di prima istanza non presentano alcun punto di contrasto logico fattuale
con gli accertamenti che emergono dalla relazione del CTU, né questi, a loro
volta, recano elementi di contrasto con la sostanza delle contestazioni mosse
dal provvedimento impugnato; l’iter argomentativo che si sviluppa tra
accertamenti comunali-relazione del CTU e motivazione della sentenza TAR deve
pertanto essere confermato.
2.7- Meritano infine conferma anche gli altri passaggi della motivazione della
sentenza, contestati dall’appellante.
A differenza di quanto sostenuto dall’appello, la circostanza che i lavori non
fossero ancora terminati non appare rilevante, atteso che gli interventi già
compiuti ed accertati, come evidenziato dal TAR, risultavano inequivoci nel
rivelare un adattamento all’uso abitativo.
Ciò trova correttamente conferma nella relazione del CTU, laddove si afferma che
“la qualità delle finiture e la predisposizione completa di impianto elettrico,
idrico e del gas, sinora realizzati in tutti e quattro i manufatti sono uguali a
quelle necessarie per un utilizzo residenziale”.
La sentenza va condivisa pure ove sottolinea l’assenza di ogni prova
dell’asservimento dei manufatti realizzati a finalità agricole, ossia
dell’effettiva strumentalità degli immobili a questa attività, peraltro smentita
dagli elementi obiettivi cui si è incentrata la motivazione del contestato
provvedimento.
3- Conclusivamente l’appello deve essere respinto, meritando conferma la
decisione impugnata.
Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente
grado di giudizio, attesa la sufficiente complessità delle questioni sollevate e
trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente
pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello n. 2199 del
2009.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2010 con
l'intervento dei Signori:
Luigi Maruotti, Presidente FF
Antonino Anastasi, Consigliere
Bruno Mollica, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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