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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 22/09/2010, Sentenza n. 7032


DIRITTO URBANISTICO - PRG - Adozione di variante - Adozione della documentazione tecnica - Principio di conservazione dei valori giuridici - Disciplina regionale - Art. 50 c.2, L.R. Veneto n. 61/1985.
La norma del comma 2 dell’art. 50 della L.R. Veneto n. 61 del 1985, non impone alcuna specifica formalità di adozione della documentazione tecnica in essa indicata e tale circostanza, nel peculiare caso in esame, (concernente l’adozione di variante al piano regolatore generale del Comune) assume una valenza determinante, tenuto conto che non è contestato tra le parti che i dati ed i documenti poi formalmente recepiti nella delibera consiliare (cui il Giudice di prime cure ha riconosciuto efficacia sanante ex tunc della contestata inversione dell’ordine logico e cronologico della sequenza procedimentale conclusasi con l’adozione della Variante urbanistica impugnata, per pervenire alla rilevata improcedibilità del ricorso) erano stati già acquisiti prima di detta adozione della Variante, nonché trasmessi con quest’ultima all’organo regionale per l’approvazione, tant’è che la richiesta di tale ultimo organo ha riguardato espressamente soltanto la formalizzazione con ulteriore specifico atto deliberativo degli stessi dati già in possesso. Inoltre, può escludersi anche ogni dubbio sul collegamento di detti documenti con la delibera che sono chiamati a sorreggere risultando, in maniera incontestata tra le parti, che dei documenti anzidetti era stata disposta l’allegazione alla delibera inviata per l’approvazione all’organo regionale, così specificandone non soltanto la provenienza, ma anche la responsabilità in capo all’Ente adottante lo strumento urbanistico. In ogni caso, vale il principio di conservazione dei valori giuridici tutte le volte, come nella specie, la difformità dal paradigma di legge si sostanzi in null’altro che nella carenza della veste formale del documento, essendo stati già correttamente determinati, in tempo utile, i contenuti concreti dell’atto stesso ed essendo certamente imputabile all’organo competente la loro adozione. (conferma sentenza del T.A.R. Veneto - Sezione II^ - n. 1409 del 5 giugno 2001) - Pres. Trotta - Est. Romano - Teobaldo Bortoluzzi S.r.l. (avv.ti Clarich e Pavanini) c. Comune di Belluno (avv.ti Cacciavillani e Manzi). CONSIGLIO DI STATO Sez. IV, 22/09/2010, Sentenza n. 7032

 


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REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 07032/2010 REG.SEN.

N. 00859/2002 REG.RIC.


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)



ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sul ricorso numero di registro generale 859 del 2002, proposto da:
Teobaldo Bortoluzzi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Marcello Clarich ed Andrea Pavanini, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, Piazza di Montecitorio, n. 115;
contro
Comune di Belluno, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Chiara Cacciavillani e Luigi Manzi, con domicilio eletto presso il secondo di detti difensori, in Roma, via Federico Confalonieri, n. 5;
nei confronti di
Dalla Bernardina Maria, non costituita in giudizio;
Cargnel Gianangelo, non costituito in giudizio;
Cargnel Luisa, non costituita in giudizio;
Associazione Italia Nostra Sezione di Belluno, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto - Sezione II^ - n. 1409 del 5 giugno 2001, resa tra le parti, concernente l’adozione di variante al piano regolatore generale del Comune;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Belluno;
Viste le memorie difensive presentate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2010 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati Mario Sanino, su delega di Marcello Clarich, nonché Chiara Cacciavillani e Luigi Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO


1. - Con ricorso al TAR del Veneto la Teobaldo Bortoluzzi S.r.l. (di seguito: la Società), proprietaria di un complesso immobiliare denominato “Villa Sperti” in Belluno, impugnava la delibera del Consiglio Comunale di detta città n. 76 del 30 luglio 1996 di adozione della variante al vigente Piano Regolatore Generale relativa alla città contemporanea ed ai centri funzionali, nonché ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.

Con successivi motivi aggiunti la Società impugnava, altresì, la delibere n. 4 del 30 gennaio 1998 e n. 32 del 18 maggio 1998, aventi ad oggetto “…l’adozione tavole in scala 1:500 e degli elaborati di dimensionamento della variante al PRG adottata con delibera n. 76 del 30 luglio 1996…”, depositate dal Comune di Belluno in esecuzione dell’ordine istruttorio impartito dal TAR con la sentenza parziale n. 967 del 21 aprile 2000, nel contesto relativo alla contemporanea decisione, in via definitiva, per quel che qui rileva, anche di altri due ricorsi proposti dalla stessa Società per l’annullamento, rispettivamente, del parere negativo espresso con nota n. 2872 del 13 luglio 1994 dalla Soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici del Veneto, in merito alla “nuova edificazione del parco di Villa Sperti”, e del provvedimento comunale n. 15253 del 26 settembre 1994 di diniego della concessione edilizia.

Con la sentenza impugnata n. 1409 del 5 giugno 2001 il TAR ha dichiarato improcedibili il ricorso ed i motivi aggiunti, per sopravvenuto difetto di interesse della Società alla loro decisione, sul presupposto che:
- la deliberazione consiliare n. 4 del 1998, di formale approvazione degli elaboratici tecnici previsti dall’art. 50 della L.R. n. 61 del 1985, già materialmente allegati alla delibera consiliare n. 76 del 1996 di adozione della Variante al PRG, abbia comunque effetti sananti delle eventuali illegittimità in parte qua originariamente affliggenti detta delibera di variante urbanistica e, quindi, che l’interesse tutelato dalla Società in giudizio abbia perduto di attualità, all’atto della decisone del ricorso;
- la Società non ha un interesse attuale neppure alla decisione della doglianza relativa al mancato esame, nell’ambito della “verifica di dimensionamento” della Variante, della posizione dell’area corrispondente a Villa Sperti perché i motivi addotti dal Comune per escludere l’edificazione nel giardino di detta villa “…attengono a considerazioni di natura paesistica ed architettonica che sono manifestamente estranee alla valutazione del fabbisogno di edilizia residenziale…” espressa, invece, dalla citata “verifica di dimensionamento”;
- deve ritenersi sanato anche l’adempimento relativo agli “elaborati dello stato di fatto” ed alla “verifica dello stato di attuazione del piano”, di cui all’art. 50 della L.R. n. 61 del 1985, sulla scorta della non contestata adozione ed allegazione alla delibera consiliare n. 76 del 1996 (di adozione della Variante) della relazione di cui all’art. 10, n. 1, lettera a), della citata Legge Regionale, per cui anche in relazione ai relativi profili di doglianza articolati dalla Società deve ritenersi carente di attualità l’interesse per il quale originariamente è stata chiesta protezione.

Con l’appello in epigrafe la Società ha contestato la correttezza di detta sentenza e ne ha chiesto la riforma sulla base dei seguenti motivi di impugnazione:

1) - contraddittorietà della decisione assunta dal giudice territoriale sul primo motivo di ricorso, di violazione delle norme relative al contenuto necessario delle varianti agli strumenti urbanistici, perché, questi, dopo avere affermato la necessità che la variante contenga gli elaborati di cui all’art. 50 della L.R. n. 61 del 1985, da un lato, avrebbe sostanzialmente ritenuto sufficiente che “…da elementi di fatto risulti che le verifiche di cui agli elaborati siano state materialmente effettuate…”, mentre, dall’altro, avrebbe poi aggiunto “…che la pregressa carenza sia sanata dall’adozione formale degli elaborati, successiva all’adozione del provvedimento che avrebbe dovuto ab origine compendiarli…”; in sintesi, il TAR avrebbe omesso di sanzionare il fatto che l’Amministrazione ha scisso, nell’ambito dell’unico procedimento di formazione dello strumento urbanistico, il momento di formazione della volontà dal momento di formazione degli atti su cui detta volontà si fonda, così invertendo la sequenza logica e cronologica, come emergerebbe dal raffronto delle delibere consiliari n. 4 del 30 gennaio 1998 e n. 32 del 8 maggio 1998,nonché il fatto che sarebbero state utilizzate dall’Amministrazione “…cartografie di molti anni precedenti l’adozione della variante…”, essendo i rilievi utilizzati del 1989, mentre la variante è del 1996, come tali “…prive dei requisiti prescritti dalla legge regionale…”;

2) - erroneità della decisione assunta anche sul secondo motivo di ricorso (violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 ed eccesso di potere per illogicità, ingiustizia manifesta, difetto di motivazione e sviamento) in quanto il Giudice di primo grado avrebbe dovuto rilevare che la ridotta edificabilità prevista con la variante per la parte “giardino” di Villa Sperti sarebbe “…un atto sostanzialmente ablatorio a contenuto concreto, specificamente indirizzato alla proprietà della ricorrente…”, tenuto conto che detta area, secondo la previgente disciplina di piano, era ricompresa “…in Z.T.O. di tipo B, ad alto indice fondiario pari a 3.1 mc/mq…” , peraltro emanato in carenza, sia di ogni necessaria motivazione, trattandosi di misura “…che riduce l’edificazione con riferimento ad un singolo specifico lotto…”, sia delle essenziali verifiche ed analisi previste dalla legge, non essendo stata estesa corrispondente tutela “…a tutte le numerose ville con scoperto facenti parte di quella che, nella Relazione al Piano, viene chiamata la città borghese e che rappresenterebbero una testimonianza di una stagione importante dell’architettura italiana…”.

Si è costituito il Comune di Belluno che con controricorso e successiva memoria ha, preliminarmente, eccepito l’inammissibilità del ricorso e dell’appello, essendosi sostanzialmente doluto e dolendosi la Società delle scelte urbanistiche di merito effettuate dal Comune stesso e poi ha argomentato in ordine all’infondatezza dell’appello del quale ha comunque chiesto la reiezione.

Con memoria l’appellante ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive in previsione della discussione dell’appello che, nella pubblica udienza dell’11 maggio 2010, è stato rimesso in decisione.

2. - Tutto ciò premesso, osserva il Collegio che la sentenza impugnata è sottoposta a critica dall’appellante Società sotto i profili, sia della carenza di una formale e preventiva adozione degli atti di accertamento tecnico previsti dalla norma del comma 2 dell’art. 50 della L.R. n. 61 del 1985, prima che fosse adottata la contestata Variante al PRG di cui alla delibera consiliare n. 76 del 1996, sia della valenza sostanzialmente ablatoria del diritto di edificare della previsione urbanistica riguardante “Villa Sperti” tenuto conto che il previgente PRG inseriva l’area in ZTO di tipo B, completamento, con indice 3,1.

In sintesi, il Giudice territoriale avrebbe errato a non rilevare che sarebbe stato illegittimamente invertita la sequenza logica e temporale degli atti costituenti la Variante in questione e che la misura urbanistica adottata sarebbe immotivata e discriminatoria, tenuto conto che tutte le altre ville storiche facenti parte della c.d. “città borghese” non avrebbero subito la stessa disciplina riduttiva (dell’alto indice fondiario precedentemente riconosciuto) invece imposta soltanto a “Villa Sperti” e ad altro vicino ed analogo compendio immobiliare (Villa Ricci).

3. - La sentenza appellata, invece, anche se attraverso l’esame delle suddette questioni “di merito”, ha emesso una pronunzia sui profili pregiudiziali della vicenda contenziosa, tant’è che ha conclusivamente dichiarato improcedibile il ricorso di primo grado, avendo ritenuto che la Società non fosse in possesso, alla data di passaggio in decisione del ricorso, di un interesse attuale alla decisione di quest’ultimo per effetto della intervenuta sanatoria degli atti procedimentali contestati, a seguito dell’emanazione delle delibere consiliari n. 4 del 30 gennaio 1998 e n. 32 del 8 maggio 1998 acquisite iussu judicis al processo.

4. - Orbene, alla stregua di tale rilievo il Collegio ben potrebbe porsi di ufficio il problema dell’ammissibilità dell’appello non essendo stata formulata alcuna deduzione che direttamente coinvolga il tipo (pregiudiziale) di pronunzia emesso dal primo Giudice, come ricavabile dal contenuto concreto dell’atto introduttivo del presente grado di giudizio.

5. - Senonché da una tale valutazione, così come dall’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata in memoria dal Comune di Belluno, il Collegio può prescindere essendo infondati entrambi i motivi di impugnazione proposti per la riforma della sentenza in epigrafe.

5.1 - Il primo di detti motivi prende di mira essenzialmente, come già più innanzi evidenziato, la questione della “verifica dei rapporti e dei limiti di dimensionamento” della Variante che, secondo l’appellante, sarebbe stata effettuata dal Comune in violazione della norma del comma 2 dell’art. 50 della legge regionale n. 61 del 1985, così come l’adozione degli ulteriori documenti tecnici previsti dalla stessa norma, quali “l’aggiornamento dello stato di fatto” e “lo stato di attuazione del piano”, tutti necessari per la corretta descrizione, nella relazione tecnica, degli obiettivi da perseguire con lo strumento urbanistico adottando.

Ciò perché si controverte, sostanzialmente, in ordine alla correttezza o meno della riduzione della capacità edificatoria riconosciuta a Villa Sperti dal previgente PRG operata dal Comune con la Variante contestata.
Al riguardo, giova preliminarmente precisare quali siano gli effettivi presupposti della scelta urbanistica in parte qua operata dal Comune di Belluno con la Variante contestata.

Da un attento esame della delibera consiliare impugnata (n. 76 del 1996) emerge come la scelta urbanistica contestata ha come suo antecedente logico-giuridico, sia il contesto generale di salvaguardia delle preesistenze storico-architettoniche della città di Belluno, sia l’apposizione sull’intero compendio di Villa Sperti del vincolo di cui all’art. 1 della legge n. 1089 del 1939 che è evento che lo stesso appellante (cfr. pag. 2, cpv. 2 dell’appello) riconosce essere intervenuto prima dell’adozione della Variante in questione (“…mentre era in corso l’elaborazione di un progetto edilizio sull’area…”, prevedendo il previgente PRG un ben più alto indice di edificabilità in ragione dell’inserimento dell’area della villa in ZTO di tipo B).

Peraltro, che tale sia l’effettivo presupposto della diversa e ben più restrittiva normazione complessiva dell’intera c.d “città borghese” di Belluno v’è riscontro anche nella relazione del dirigente di detto Comune depositata (in primo grado il 19 giugno 2000) a corredo della documentazione acquista al processo iussu judicis.

Infatti, è ivi precisato, senza alcuna contestazione di parte appellante, non solo che per tutte le ville storiche di Belluno è stata esclusa l’edificabilità nelle aree di pertinenza delle stesse ville, ma anzi che soltanto “…per Villa Sperti e per la vicina Villa Ricci (situata nell’area compresa tra il Ponte degli Alpini e Viale Fantuzzi) è stata data la possibilità di una modesta edificazione nel giardino, proprio considerando che il PRG precedente, non riconoscendone il parco-giardino, le classificava quali zone B (di completamento) ad alto indice (3,1 mc/mq)…”, con ciò trovando conferma la valenza generale della scelta urbanistica operata dal Comune, nonché l’assenza di ogni intento vessatorio nella stessa scelta, diversamente da quanto pure affermato dall’appellante .

Consegue che la scelta urbanistica in esame nasce, non tanto per effetto di una rideterminazione degli obiettivi di piano concernenti l’entità delle necessità edificatorie nel Comune di Belluno, e cioè da una revisione della zonizzazione comunale relativa all’espansione edilizia, in relazione alla quale deve trovare applicazione l’invocata norma del comma 2 dell’art. 50 della L.R. Veneto n. 61 del 1985, ma consegue, più specificamente, alla valutazione di puro merito amministrativo di preservare la c.d. “città borghese”, in ragione della sua qualità di “…testimonianza di una stagione importante dell’architettura italiana…”, come chiarisce la Relazione al Piano, ed all’intervenuta apposizione sull’intero compendio di Villa Sperti, e quindi anche sul giardino ad essa annesso, del vincolo di cui all’art. 1 della legge n. 1089 del 1939.

Ciò chiarito, osserva il Collegio che le conclusioni raggiunte sul punto in esame dal primo Giudice possono essere condivise in quanto, a ben vedere, la norma del comma 2 dell’art. 50 più volte citata non impone alcuna specifica formalità di adozione della documentazione tecnica in essa indicata e tale circostanza, nel peculiare caso in esame, assume una valenza determinante, tenuto conto che non è contestato tra le parti che i dati ed i documenti poi formalmente recepiti nella delibera consiliare n. 4 del 1998 (cui il Giudice di prime cure ha riconosciuto efficacia sanante ex tunc della contestata inversione dell’ordine logico e cronologico della sequenza procedimentale conclusasi con l’adozione della Variante urbanistica impugnata, per pervenire alla rilevata improcedibilità del ricorso) erano stati già acquisiti prima di detta adozione della Variante, nonché trasmessi con quest’ultima all’organo regionale per l’approvazione, tant’è che la richiesta di tale ultimo organo ha riguardato espressamente soltanto la formalizzazione con ulteriore specifico atto deliberativo degli stessi dati già in possesso.
Consegue che, sempre nel peculiare caso in esame, non a torto la difesa civica afferma che, se tale non fosse stata l’effettiva realtà documentale, la Regione non avrebbe soltanto rinviato al Comune la delibera di adozione, precisando il limitato scopo della richiesta istruttoria fatta, bensì avrebbe direttamente annullato la delibera qualora effettivamente fosse risultata la carenza sostanziale degli elementi e documenti di cui all’art. 50 più volte richiamato.
Né, in proposito, può condividersi il rilievo dell’appellante (cfr. memoria depositata il 29/01/2010) che, in assenza di assunzione in una formale delibera degli elementi indicati dalla norma suddetta, gli stessi non sarebbero “…distintamente individuabili…”, in quanto tale condizione ben può sussistere anche se essi sono soltanto materialmente, ma in modo certo, contenuti in un documento che, pur non essendo una formale deliberazione dell’ente, sia comunque a quest’ultimo certamente imputabile in data utile al caso, come nella fattispecie.
Inoltre, ritiene il Collegio che possa escludersi anche ogni dubbio sul collegamento di detti documenti con la delibera che sono chiamati a sorreggere risultando, in maniera incontestata tra le parti, che dei documenti anzidetti era stata disposta l’allegazione alla delibera inviata per l’approvazione all’organo regionale, così specificandone non soltanto la provenienza, ma anche la responsabilità in capo all’Ente adottante lo strumento urbanistico.
In sintesi, nel peculiare caso in esame ben può ritenersi che l’operato del Comune di Belluno sia comunque immune dai vizi denunziati dalla Società ricorrente trovando applicazione, in ogni caso, il principio di conservazione dei valori giuridici le quante volte, come nella specie, la difformità dal paradigma di legge si sostanzi in null’altro che nella carenza della veste formale del documento, essendo stati già correttamente determinati, in tempo utile, i contenuti concreti dell’atto stesso ed essendo certamente imputabile all’organo competente la loro adozione.

5.2 - La motivazione rassegnata nel capo che precede consente, infine, a parere del Collegio, di ritenere infondato anche il secondo ed ultimo motivo di appello, in quanto, essendosi ivi chiarito che la scelta urbanistica contestata discende, non da una rideterminazione del fabbisogno di edilizia residenziale, bensì da una generale valutazione, di puro merito amministrativo, concernente la preservazione dell’intera c.d. “città borghese”, perché “…testimonianza di una stagione importante dell’architettura italiana…”, nonché dall’apposizione sull’intero compendio di “Villa Sperti”, antecedentemente all’adozione della variante, di specifico vincolo ex art. 1 della legge n. 1089 del 1939 anche sul giardino ad essa annesso, è da escludere che la scelta urbanistica contestata abbia una valenza ablatoria del diritto di edificare del ricorrente.

Giova soltanto ulteriormente precisare che della peculiare e determinante funzione specifica del vincolo anzidetto nell’economia del procedimento urbanistico in esame parte appellante era stata ben avvertita già da prima che fosse adottata la Variante contestata, come egli stesso riferisce sempre a pag 2, cpv. 2, del proprio atto di appello, tant’è che contemporaneamente alla proposizione del ricorso deciso con la sentenza appellata, proponeva altro ricorso giurisdizionale anche avverso il diniego di autorizzazione emesso dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali ed architettonici del Veneto con riferimento a progetto di sfruttamento edilizio di Villa Sperti che è stato respinto con sentenza n. 967 del 2000 del medesimo Giudice di primo grado, non impugnata in grado di appello, secondo quanto allo stato è ricavabile dagli atti di causa.

Né può, infine, sottacersi che è infondata già in fatto la doglianza secondo la quale “…tale tutela in effetti non è stata estesa a tutte le numerose ville con scoperto, facenti parte della c.d. città borghese…”, tenuto conto che dalla non contestata relazione del dirigente comunale depositata nel giudizio di primo grado il 19 giugno 2000, a seguito di ordine istruttorio del TAR, emerge esattamente l’opposto, e cioè che tutte le altre “Ville” della “città borghese” hanno subito l’azzeramento della capacità edificatoria, mentre soltanto “Villa Sperti” e la vicina “Villa Ricci” hanno ottenuto il riconoscimento di una possibilità di edificazione, ancorché modesta, tenuto conto che il previgente strumento urbanistico collocava le rispettive aree libere in ZTO di tipo B, completamento, con indice 3,1 mc/mq.

5.3 - In conclusione, l’appello deve essere rigettato, disponendosi, quanto alle spese del presente grado di giudizio che le stesse, in applicazione del principio ricavabile dall’art. 91 del codice di procedura civile, siano poste a carico della soccombente Teobaldo Bortoluzzi s.r.l., nella misura indicata in dispositivo, in favore del Comune di Belluno.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, respinge l’appello n. 859 del 2002.

Condanna la Teobaldo Bortoluzzi S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre competenze tutte di legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2010 con l'intervento dei Signori:
Gaetano Trotta, Presidente
Pier Luigi Lodi, Consigliere
Armando Pozzi, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE                                                        IL PRESIDENTE

Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
 


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