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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
VI, 24/09/2010, Sentenza n. 7129
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DEMANIO MARITTIMO - Piano
territoriale paesistico (P.T.P.) - Costruzione abusiva - Area sottoposta a
vincoli paesaggistici - Potere di ordinare la demolizione - Partecipazione al
procedimento amministrativo - Fattispecie: demolizione opere abusive eseguite
sul pubblico demanio marittimo - D.P.R. n. 380/2001 - Art. 7 e ss. L. n. 241/90
e s.m.i. - Art. 1, L. n. 65/1986. In ragione del loro contenuto rigidamente
vincolato, gli atti sanzionatori in materia edilizia (tra cui l'ordine di
demolizione della costruzione abusiva) non devono essere preceduti dalla
comunicazione d'avvio del relativo procedimento (Cons. Stato, Sez. IV, sent.
15/05/2009, n. 3029; C.d.S., Sez. IV, sent. 26/09/2008, n. 4659; C.d.S., Sez. V,
sent. 19/09/2008, n. 4530; C.d.S., Sez. V, 26/02/2003, n. 1095). Nella specie,
il verbale di sequestro dei manufatti abusivi redatto dal Corpo di Polizia
Municipale (verbale ritualmente portato a legale conoscenza dell'appellante)
costituisse altresì ?partecipazione del procedimento amministrativo ai sensi
dell'art. 7 e seguenti della legge n. 241/90 e s.m.i.?, in tal modo consentendo
all'odierna appellante di conoscere il verosimile esito provvedimentale della
vicenda e di versare in atti (laddove lo avesse ritenuto utile) le proprie
deduzioni. Sicché, non è contestabile la riferibilità dell'attività del Corpo di
Polizia Municipale all'Ente-Comune di riferimento (in tal senso: art. 1, l. 7
marzo 1986, n. 65). (conferma sentenza del T.A.R. CAMPANIA, NAPOLI, Sez. VI, n.
10492/2005) - Pres. Barbagallo - Est. Contessa - D.C.M. (avv. Diaco) c. Comune
di Monte di Procida (n.c.). CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 24/09/2010, Sentenza
n. 7129
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Atti pubblici - Verbali provenienti da pubblici
ufficiali - Efficacia probatoria e limiti - Querela di falso e art. 2700 c.c. -
Apprezzamenti, valutazioni e deduzioni del pubblico ufficiale - Esclusione della
c.d. fede privilegiata - Confutazione - Fattispecie: verbali della polizia
municipale. In materia di atti pubblici, se per un verso è vero che i
verbali della polizia municipale, come tutti i verbali provenienti da pubblici
ufficiali, hanno efficacia di piena prova, fino a querela di falso (art. 2700
c.c.) solo relativamente alla provenienza dell'atto dal pubblico ufficiale che
lo ha formato, alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che il pubblico
ufficiale attesti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (mentre tale fede
privilegiata non si estende né agli apprezzamenti del pubblico ufficiale ovvero
alle sue ulteriori valutazioni e deduzioni); d'altra parte è pur vero che le
valutazioni e deduzioni in tal modo svolte dai pubblici ufficiali possono essere
confutate nella loro consistenza solo attraverso l'allegazione di circostanziate
deduzioni in contrario che, nel caso di specie, non sono state in alcun modo
fornite, se non attraverso l'indimostrata affermazione della destinazione dei
manufatti in parola al superamento delle barriere architettoniche. (conferma
sentenza del T.A.R. CAMPANIA, NAPOLI, Sez. VI, n. 10492/2005) - Pres. Barbagallo
- Est. Contessa - D.C.M. (avv. Diaco) c. Comune di Monte di Procida (n.c.).
CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 24/09/2010, Sentenza n. 7129
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 07129/2010 REG.SEN.
N. 08936/2005 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 8936 del 2005, proposto:
dalla sig.ra Di Costanzo Maria, rappresentata e difesa dall'avv. Corrado Diaco,
con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, via Emilia, n. 88;
contro
Comune di Monte di Procida, non costituito;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI, SEZIONE VI, n. 10492/2005, resa tra
le parti, concernente DEMOLIZIONE OPERE ABUSIVE ESEGUITE SUL PUBBLICO DEMANIO
MARITTIMO.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 il consigliere Claudio
Contessa e udito per l’appellante l’avvocato Graziosi per delega dell'avvocato
Diaco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La signora Di Costanzo riferisce di essere comproprietaria di un’unità
immobiliare ubicata nel comune di Monte di Procida (Na) in adiacenza al
complesso balneare ‘Lido Miliscola’ e di aver impugnato innanzi al T.A.R. della
Campania l’ordinanza sindacale n. 23 dell’11 marzo 2005 con la quale il Comune
appellato aveva ingiunto alla stessa (in solido con altri tre comproprietari
delle unità immobiliari site in via Miliscola ai civici 41-45) di rimuovere
alcune opere abusivamente realizzate in area demaniale marittima classificate
dal pertinente piano territoriale paesistico come di ‘protezione integrale’ e di
ripristinare lo stato dei luoghi (ricorso n. 4698/2005).
In particolare, con l’ordinanza in parola, il Comune di Monte di Procida aveva
ingiunto (fra gli altri) all’odierna appellante di rimuovere:
a) una pavimentazione in lastroni prospiciente il fabbricato distinto con il
civico n. 41;
b) una pedana in cemento di dimensioni pari a mt. 15,2 x 4,5 contenente due
pozzi per lo smaltimento degli scarichi fognari provenienti dal fabbricato
adiacente distinto al civico n. 45.
Con la pronuncia oggetto dell’odierno gravame, il Tribunale adito respingeva il
ricorso osservando che “le opere sequestrate risultano (…) abusivamente
realizzate su di un’area sottoposta a vincoli paesaggistici e qualificata, dal
piano territoriale paesistico dei Campi Flegrei come a Protezione Integrale.
Questo esclude la fondatezza dei vizi denunciati avuto riguardo alla carenza di
istruttoria e motivazione.
Tanto meno è fondata l’eccezione relativa all’omesso avviso di inizio del
procedimento, stante il precedente verbale redatto dalla P.M. il 22.2.2005, con
il quale la ricorrente venne edotta dell’inizio del procedimento avviato nei
suoi confronti”.
La pronuncia in parola veniva gravata in sede di appello dalla signora Di
Costanzo, la quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando i seguenti motivi
di doglianza:
1) Error in judicando - Violazione artt. 4, 7, 8 e 10 della l.
07.08.1990, n. 241 - Violazione artt. 24 e 97, Cost. - Violazione e falsa
applicazione del d.P.R. 380/2001 - Violazione del giusto procedimento di legge -
Difetto di istruttoria - Eccesso di potere;
2) Error in judicando per violazione art. 7 legge 13 del 9 gennaio 1989 -
art. 2, L.R. Campania n. 19/2001 - Eccesso di potere - Difetto di motivazione -
Illogicità - Inesistenza dei presupposti in fatto e diritti - Travisamento -
Sproporzione - Atipicità;
3) Error in judicando - Violazione artt. 31, 33, e 34, T.U. n. 380/2001
in relazione all’art. 3, l. n. 241/1990 - Eccesso di potere - Omessa istruttoria
- Difetto di motivazione - Inesistenza dei presupposti.
Con ordinanza n. 5963/05 (resa all’esito della Camera di consiglio del giorno 6
dicembre 2005) questo Consiglio respingeva l’istanza di sospensione cautelare
degli effetti della pronuncia gravata osservando che “il non limitato impatto
dell’intervento costruttivo non consente il ricorso all’istituto della D.I.A.
che, in ogni caso, ai sensi dell’art. 22, comma2° del d.lgs. n. 378/2001, deve
essere preceduto dal nulla-osta dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo
sull’area interessata dall’edificazione”.
All’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 la difesa dell’appellante
rassegnava le proprie conclusioni e il ricorso veniva trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla
comproprietaria di un immobile ubicato nell’ambito del Comune di Monte di
Procida (Na) avverso la sentenza del T.A.R. della Campania con cui è stato
respinto il ricorso avvero il provvedimento con cui il Comune appellato aveva
ordinato alla appellante (in solido con altri comproprietari di immobili vicini)
la demolizione di alcuni manufatti in cemento, in quanto realizzati in modo
abusivo su territorio demaniale (trattandosi, peraltro, di area che il
pertinente Piano Territoriale Paesistico definisce come ‘di protezione
integrale’).
2. Con il primo motivo di appello, la signora Di Costanzo torna a proporre il
motivo di doglianza (già articolato nell’ambito del primo ricorso e disatteso
dal T.A.R.) relativo all’omessa comunicazione di avvio del procedimento
finalizzato all’adozione del provvedimento oggetto del primo ricorso.
Al riguardo, la sentenza in parola risulterebbe meritevole di riforma per non
aver tenuto in adeguata considerazione:
- la circostanza per cui, in base ad un consolidato orientamento
giurisprudenziale, anche le ordinanze di demolizione di opere abusive devono
essere precedute dalla comunicazione di cui all’art. 7, l. proc.;
- la circostanza per cui, laddove le fosse stato consentito di partecipare al
procedimento in parola, l’odierna appellante avrebbe potuto addurre circostanze
in fatto ed in diritto idonee a scongiurare l’adozione dell’avversata ordinanza
di demolizione;
- la circostanza per cui la comunicazione di notizia di reato in data 22
febbraio 2005 redatta dal locale Corpo di Polizia Municipale non potrebbe in
alcun modo tenere il luogo di una comunicazione ex art. 7, l. 241 del 1990,
essendo - oltretutto - stata adottata da “organo diverso dal Comune” (ricorso in
appello, pag. 4).
2.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
In primo luogo si osserva che il carattere certamente abusivo dei manufatti per
cui è causa e la loro insistenza su un’area individuata dal pertinente piano
territoriale paesistico come ‘di protezione integrale’ (sul punto, cfr. infra,
sub 3.1.) rendono applicabile alla vicenda di causa l’orientamento
giurisprudenziale secondo cui, in ragione del loro contenuto rigidamente
vincolato, gli atti sanzionatori in materia edilizia (tra cui l'ordine di
demolizione della costruzione abusiva) non devono essere preceduti dalla
comunicazione d'avvio del relativo procedimento (sul punto, cfr. -ex plurimis
- Cons. Stato, Sez. IV, sent. 15 maggio 2009, n. 3029; id., Sez. IV, sent. 26
settembre 2008, n. 4659; id., Sez. V, sent. 19 settembre 2008, n. 4530; id.,
Sez. V, 26 febbraio 2003, n. 1095).
Fermo restando il carattere dirimente ai fini del decidere di quanto appena
osservato, il Collegio rileva comunque che, sulla base delle risultanze in atti
(e contrariamente a quanto osservato dall’odierna appellante), il verbale di
sequestro dei manufatti abusivi redatto dal Corpo di Polizia Municipale del
Comune di Monte di Procida in data 22 febbraio 2005 (verbale ritualmente portato
a legale conoscenza dell’odierna appellante) costituisse altresì “partecipazione
del procedimento amministrativo ai sensi dell’art. 7 e seguenti della legge n.
241/90 e s.m.i.”, in tal modo consentendo all’odierna appellante di conoscere il
verosimile esito provvedimentale della vicenda e di versare in atti (laddove lo
avesse ritenuto utile) le proprie deduzioni.
Del pari infondata in punto di fatto risulta l'affermazione secondo cui il
richiamato verbale del febbraio 2005 fosse stato posto in essere da un “organo
diverso dal Comune”, non essendo contestabile la riferibilità dell'attività del
Corpo di Polizia Municipale all'Ente-Comune di riferimento (in tal senso: art.
1, l. 7 marzo 1986, n. 65).
3. Con il secondo motivo di appello, la signora Di Costanzo lamenta che la
pronuncia in epigrafe sia errata e meritevole di riforma per non aver rilevato
che i manufatti all'origine dei fatti di causa fossero destinati al superamento
delle barriere architettoniche e, in quanto tali, non soggetti a concessione
edilizia o ad autorizzazione ai sensi dell’art. 7, l. 9 gennaio 1989, n. 13
(sotto tale aspetto, non potrebbe dichiararsene il carattere abusivo per la
mancata, previa acquisizione dei richiamati titoli abilitativi edilizi).
Ma anche a non voler riconoscere la riferibilità dei manufatti in questione alle
previsioni di cui alla l. 13 del 1989, la sentenza in epigrafe sarebbe comunque
erronea per non aver considerato che gli stessi (in quanto non comportanti la
realizzazione di nuove volumetrie) sarebbero comunque realizzabili in regime di
denuncia di inizio di attività (D.I.A.), con la conseguenza che - in caso di
omessa, previa presentazione della D.I.A. - non se ne potrebbe ordinare la
demolizione, essendo al più consentita l’irrogazione di una sanzione pecuniaria
(art. 33, d.P.R. 380 del 2001).
Con il terzo motivo di appello, la signora Di Costanzo lamenta che la pronuncia
gravata sia meritevole di riforma per non aver rilevato l’illegittimità
dell’ordinanza di demolizione, in quanto adottata con un evidente difetto di
istruttoria e motivazione.
Secondo l'appellante, in particolare, il T.A.R. avrebbe omesso di tenere in
adeguata considerazione il fatto che il provvedimento in parola:
- non avesse verificato se i manufatti per cui è causa fossero comunque conformi
alla disciplina urbanistica sostanziale;
- non avesse verificato se sussistesse l'ipotesi di cui al comma 2 dell'art. 33,
d.P.R. 380, cit. (impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi, previa
demolizione del manufatto abusivo, anche per il danno che la demolizione
potrebbe arrecare alle parti del fabbricato legittimamente preesistenti);
- non avesse verificato se sussistessero i presupposti per limitarsi ad irrogare
la mera sanzione pecuniaria prevista per gli interventi di ristrutturazione
eseguiti in mancanza del permesso di costruire (art. 33, co. 2, cit.);
- non avesse rilevato che la stessa ordinanza di demolizione omettesse di
indicare in modo puntuale ed esauriente le opere da rimuovere, risultando in
parte qua insanabilmente lacunosa e violativa del generale obbligo di
motivazione degli atti e dei provvedimenti.
3.1. I due motivi in questione, che possono essere esaminati in modo congiunto,
non possono essere accolti.
In primo luogo il Collegio osserva che l'appellante non alleghi alcun elemento
idoneo a suffragare l'affermazione secondo cui i manufatti oggetto
dell'ordinanza di rimozione sarebbero volti al superamento delle barriere
architettoniche.
Ed infatti, l'affermazione in parola si pone in evidente contrasto con quanto
rilevato ed attestato dalla Polizia Municipale in sede di sequestro e con quanto
successivamente attestato in sede di ordinanza di rimozione, laddove si afferma
che i manufatti in questione consistessero in una mera pavimentazione in cemento
prospiciente il fabbricato contrassegnato dal civico n. 41, nonché in una pedana
in cemento destinata a contenere due pozzi per lo smaltimenti di scarichi
fognari, senza che alcun elemento lasciasse intuire la destinazione dei
manufatti in parola al superamento delle barriere architettoniche.
Ora, se per un verso è vero che i verbali della polizia municipale, come tutti i
verbali provenienti da pubblici ufficiali, hanno efficacia di piena prova, fino
a querela di falso (art. 2700 c.c.) solo relativamente alla provenienza
dell'atto dal pubblico ufficiale che lo ha formato, alle dichiarazioni delle
parti e agli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti avvenuti in sua
presenza o da lui compiuti (mentre tale fede privilegiata non si estende né agli
apprezzamenti del pubblico ufficiale ovvero alle sue ulteriori valutazioni e
deduzioni); d'altra parte è pur vero che le valutazioni e deduzioni in tal modo
svolte dai pubblici ufficiali possono essere confutate nella loro consistenza
solo attraverso l'allegazione di circostanziate deduzioni in contrario che, nel
caso di specie, non sono state in alcun modo fornite, se non attraverso
l'indimostrata affermazione della destinazione dei manufatti in parola al
superamento delle barriere architettoniche.
Ai limitati fini che qui rilevano si osserva, comunque, che i manufatti
all'origine dei fatti di causa non potrebbero essere comunque ascritti fra
quelli realizzabili in regime di attività edilizia libera atteso che l'art. 6,
co. 1, lett. b) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 limita tale ascrivibilità ai
soli interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche “che non
comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni”, mentre è pacifico
in atti che le rampe in questione fossero state, appunto, realizzate su un'area
esterna.
Neppure può trovare accoglimento l'argomento fondato sulla circostanza per cui
gli interventi in parola sarebbero realizzabili previa presentazione di una
D.I.A., atteso che (secondo quanto risulta pacificamente in atti) l'area in
parola ricade in una zona che il piano territoriale paesistico dei Campi Flegrei
(approvato con D.M. 14 dicembre 1995) definisce come di protezione integrale
(P.I.).
Ebbene, anche a prescindere dalla loro qualificazione, gli interventi per cui è
causa non avrebbero comunque potuto essere realizzati nell'area in parola,
atteso che l'art. 11, pt. 3 delle N.T.A. al richiamato Piano consente di
realizzare nelle aree di protezione integrale soltanto “[gli] interventi volti
alla conservazione e al miglioramento del verde secondo l'applicazione di
principi fitosociologici che rispettino i processi dinamico-evolutivi e delle
potenzialità della vegetazione della zona; interventi di prevenzione dagli
incendi con esclusione di strade tagliafuoco; interventi di risanamento e
restauro ambientale per l'eliminazione di strutture ed infrastrutture in
contrasto con l'ambiente, di cartelloni pubblicitari e di altri detrattori
ambientali; interventi di sistemazione della viabilità pedonale e carrabile
attraverso l'utilizzazione di quella esistente per consentire una migliore
fruizione dei valori paesistici e panoramici”.
Ai limitati fini che qui rilevano si osserva, comunque, che i medesimi
interventi (e, in particolare, i pozzi per lo smaltimento degli scarichi
fognari) non potrebbero comunque essere ascritti alla categoria residuale degli
interventi realizzabili in regime di D.I.A. (art. 22, d.P.R. 380, cit. nella
formulazione ratione temporis vigente), atteso che l'art. 3, co. 1, lett. e) del
medesimo d.P.R. 380 ascrive in ogni caso alla diversa categoria degli
‘interventi di nuova costruzione’ (inter alia) la costruzione di manufatti
interrati (lettera e.1)), nonché gli interventi di urbanizzazione primaria e
secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune (lettera e.2).
Neppure possono trovare accoglimento gli argomenti svolti con il terzo motivo di
appello, atteso che:
- la circostanza per cui i manufatti fossero stati realizzati in area di
protezione integrale ed in piena difformità rispetto alle pertinenti previsioni
delle N.T.A. al P.T.P. non consentiva comunque l'adozione di alcuna pronuncia di
compatibilità con la disciplina urbanistica sostanziale;
- non era possibile nel caso di specie invocare l'applicazione dell'art. 33,
d.P.R. 380 del 2001 (in tema di interventi di ristrutturazione edilizia
realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale difformità), per
l'assorbente ragione che la disposizione in parola non era in radice applicabile
alla vicenda di causa, in cui non si faceva questione di interventi di
ristrutturazione edilizia;
- non sembra fondato il motivo di doglianza relativo al carattere asseritamente
lacunoso dell'indicazione delle opere oggetto dell'ordinanza di demolizione
atteso che -al contrario - il provvedimento impugnato ne definisce con un
adeguato livello di analiticità la consistenza obiettiva, le dimensioni e
l'ubicazione.
3. Per le ragioni sin qui esposte, il ricorso in epigrafe non può trovare
accoglimento.
Nulla è dovuto per le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2010 con
l'intervento dei Signori:
Giuseppe Barbagallo, Presidente
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/09/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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