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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562



CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 5 ottobre 2010, Sentenza n. 7293


DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO - Interveniente tardivo in primo grado - Ipotesi derogatorie al divieto dello ius novorum in appello - Applicabilità - Esclusione - Ragioni.
L’interveniente “tardivo” in primo grado - e ciò vale per tutti i tipi d’intervento, compreso quello ex art. 111, comma 3, c.p.c. - non può giovarsi delle ipotesi derogatorie al divieto dello ius novorum in grado d’appello (causa non imputabile e/o indispensabilità delle prove), salvo ad allegare e dimostrare la non imputabilità della tardività dello stesso intervento, essendo il medesimo intervenuto in uno stato d’avanzamento del processo che non gli consentiva di esercitare i poteri processuali che per le parti originarie erano già precluse, e non potendosi in tale ipotesi ammettere un “recupero”, nel grado successivo, delle attività processuali ormai precluse, pena la violazione dei principi del paritario trattamento delle parti e della ragionevole durata del processo, entrambi di rango costituzionale. Pres. Barbagallo, Est. Lageder - R. s.r.l. (avv.ti Amiconi e Amiconi) c. Ministero delle Comunicazioni (Avv. Stato) - (Conferma T.A.R. LOMBARDIA , Brescia n.300/2005)- CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI - 5 ottobre 2010, n. 7293

 


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REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


N. 07293/2010 REG.SEN.
N. 09065/2005 REG.RIC.


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)



ha pronunciato la presente


DECISIONE


Sul ricorso numero di registro generale 9065 del 2005, proposto da:
Radio Montorfano s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marzia Amiconi e Mauro Amiconi, con domicilio eletto presso l’avv. Mauro Amiconi in Roma, viale Mazzini n. 88;
 

contro


Ministero delle comunicazioni, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti di

Associazione Emittente Cattolica Zonale E.C.Z., rappresentata e difesa dagli avv.ti Fioravante Agnello, Sergio Blasi e Giorgio Orrico, con domicilio eletto presso l’avv. Sergio Blasi in Roma, via Cassiodoro n. 9; Radio Europa International & C. S.a.s., non costituita;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA n. 00300/2005, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI ESERCIZIO IMPIANTO RADIOELETTRICO PER RADIODIFFUSIONE SONORA.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2010 il consigliere Bernhard Lageder e uditi per le parti l’avv. Marzia Amiconi, l’avvocato dello Stato Scaramucci e l’avv. Blasi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


1. Il T.A.R. per la Lombardia, con la sentenza in epigrafe, in parte dichiarava inammissibile e in parte respingeva il ricorso proposto dalla società Radiotelegarda s.r.l. avverso l’ordinanza n. 5 del 23 gennaio 1997, con la quale l’Ispettorato territoriale per la Lombardia del Ministero delle comunicazioni aveva ordinato alla società ricorrente la disattivazione dell’impianto di radiodiffusione sonora operante sulla frequenza 87.750 Mhz dalla postazione di Monte Vedetta nel territorio comunale di Brescia, perché non censito ai sensi dell’art. 32 l. 6 agosto 1990, n. 223. Condannava la ricorrente Radiotelegarda s.r.l. a rifondere all’Amministrazione resistente e alle intervenienti ad opponendum Associazione Emittente Cattolica Zonale (E.C.Z.) e Radio Europa Internationale & C s.a.s. (assegnatarie di frequenze disturbate da quella abusivamente occupata dalla ricorrente) le spese di causa, dichiarandole compensate nei confronti dell’interveniente ad adiuvandum Radio Montorfano s.r.l. (cessionaria dalla ricorrente, con scritture del 23 giugno e 26 luglio 1999, del ramo d’azienda relativo all’emittente radiofonica Radio Garda). Il T.A.R., in particolare, respingeva l’eccezione di cessazione della materia del contendere per asserita sanatoria ex lege ai sensi degli artt. 1, commi 2, 2-bis e 2-ter, l. 20 marzo 2001, n. 66, e 23, comma 9, l. 3 maggio 2004, n. 112, sollevata dall’interveniente Radio Montorfano s.r.l. – il cui intervento è stato ritenuto ammissibile, con facoltà limitata allo svolgimento di sole difese orali e con esclusione dell’utilizzabilità degli scritti difensivi e dei documenti depositati oltre i termini di cui all’art. 23, comma 4, l. n. 1034/1971 –, avendo l’impianto di trasmissione continuato ad operare solo in conseguenza dell’accoglimento dell’istanza cautelare in limine litis, e dunque sulla base di un titolo interinale inidoneo ai fini dell’operatività della sanatoria. Nel merito, disattendeva i tre mezzi di gravame dedotti col ricorso introduttivo.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la Radio Montorfano s.r.l., affidato all’unico, complesso motivo d’impugnazione di “Travisamento ed erronea valutazione dei fatti. Disparità di trattamento. Eccesso di potere”, assumendo per un verso che, se il T.A.R. avesse potuto conoscere di tutta la documentazione depositata in allegato al ricorso in appello, non sarebbe potuto pervenire alla reiezione del ricorso in primo grado, e sostenendo per altro verso che anche con gli elementi a disposizione sarebbe dovuto giungere a conclusione diversa, mai essendo l’impianto rimasto del tutto inattivo, con conseguente impossibilità di una sua disattivazione senza previa intimazione al ripristino delle condizioni di piena operatività, attesa la non equiparabilità di una situazione di operatività a potenza ridotta con una situazione d’inattività totale prolungata. Chiedeva dunque, previa sospensione dell’esecutività della gravata sentenza, l’accoglimento del ricorso proposto in primo grado.

3. Si costituiva l’appellata Associazione Emittente Cattolica Zonale (E.C.Z.), proponendo appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado dichiarativo dell’ammissibilità dell’intervento ad adiuvandum dell’odierna appellante principale, eccependo l’inammissibilità delle nuove produzioni documentali in grado d’appello, e contestando nel merito la fondatezza dell’appello. Si costituiva altresì l’appellato Ministero delle comunicazioni, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto. Ometteva invece di costituirsi l’appellata Radio Europa International & C. s.a.s.

4. Disattesa con ordinanza del 13 dicembre 2005 l’istanza di sospensiva per carenza del fumus boni iuris, la causa all’udienza pubblica del 22 giugno 2010 veniva trattenuta in decisione.


DIRITTO


1. Sia l’appello principale che l’appello incidentale sono da respingere.

2. In linea pregiudiziale di rito si premette, che l’intervento spiegato in primo grado dall’odierna appellante principale Radio Montorfano s.r.l. va qualificato non già come intervento ad adiuvandum, bensì come intervento del successore a titolo particolare nel diritto controverso a norma dell’art. 111 c.p.c. (applicabile anche al processo amministrativo; v., per tutte, C.d.S., Sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1842), avendo la stessa con atto notarile del 23 giugno 1999, integrato con atto successivo del 26 luglio 1999, pertanto in pendenza del giudizio di primo grado introdotto con ricorso notificato il 20 marzo 1997 e depositato il 26 marzo 1997, acquistato dalla ricorrente Radiotelegarda s.r.l. il ramo d’azienda costituito all’emittente radiofonica Radio Garda, con successiva conferma della relativa concessione in capo alla cessionaria ai sensi dell’art. 17, comma 5, l. 6 agosto 1990, n. 223, all’epoca vigente (sulla natura dell’intervento ex art. 111 c.p.c., v. Cass. Civ. 1 settembre 2006, n. 18937, secondo cui il soggetto, che interviene nel processo a norma dell’art. 111, comma 3, c.p.c., quale successore particolare nel diritto controverso, fa valere un autonomo interesse a partecipare al giudizio, che deriva dal fatto che egli è l’effettivo titolare del diritto oggetto della controversia, rispetto alla cui posizione di titolare sostanziale del diritto la parte originaria assume la qualità di sostituto processuale, con la conseguenza che tale intervento non è qualificabile come adesivo dipendente, bensì come intervento autonomo sui generis riconducibile alla predetta disposizione normativa).

Ne deriva che la società interveniente, nella sua qualità di successore a titolo particolare nel diritto controverso, è munita di un’autonoma legittimazione ad impugnare la sentenza di primo grado che ha determinato la soccombenza della società cedente (ricorrente originaria), indipendentemente dall’acquiescenza che la sua dante causa abbia prestato alla sentenza contro questa pronunciata (v., per tutte, Cass. Civ. 19 maggio 2000, n. 6503), mentre siffatta legittimazione non sarebbe spettata all’interveniente ad adiuvandum (v., su tale ultimo punto, C.d.S., Sez. V, 29 novembre 2004, n. 7748; C.d.S., Sez. VI, 3 gennaio 2000, n. 20).

3. Posta con ciò la legittimazione dell’interveniente Radio Montorfano s.r.l. a proporre l’appello principale, si osserva che i primi giudici correttamente hanno ritenuto ammissibile l’intervento spiegato dalla società cessionaria con atto notificato il 16 marzo 2005 e depositato il 18 marzo 2005, a fronte d’udienza pubblica fissata al 22 marzo 2005, aderendo invero questo Collegio all’indirizzo giurisprudenziale, secondo cui a norma dell’art. 40 r.d. 17 agosto 1907, n. 642, l’intervento può essere effettuato in qualsiasi momento del giudizio, posto che non sono previsti termini di decadenza, limitandosi l’art. 40 r.d. 17 agosto 1907 n. 642, a prevedere che “l’intervento ha luogo nello stato in cui si trova la contestazione”, e dunque senza soggezione a termini di decadenza (v. in tal senso, ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3641).

Tale facoltà va, tuttavia, intesa nel senso che l’interveniente deve accettare la lite “nello stato”, onde garantire l’ordinato svolgimento e la ragionevole durata del processo, oltreché il diritto al contraddittorio delle controparti, con la conseguenza che esso, in caso di intervento spiegato oltre i termini fissati dall’art. 23, comma 4, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, per la produzione di documenti e per il deposito di memorie (rispettivamente 20 e 10 giorni liberi prima del giorno fissato per l’udienza), potrà essere autorizzato alla sola esposizione orale delle difese, senza che possano trovare ingresso gli atti scritti (con le relative difese) e i documenti depositati/prodotti oltre tali termini. Detta soluzione s’impone tanto più nel caso di specie, risultando dall’atto di cessione del ramo d’azienda del 23 giugno 1999 che la cessionaria era stata espressamente resa edotta della pendenza della lite (la relativa clausola contrattuale recita testualmente: “Le parti si danno atto che, allo stato, è pendente ricorso al Tar della Lombardia in data 10 marzo 1997, per la frequenza oggetto del presente atto e citata in premessa e, all’uopo, accettano integralmente e incondizionatamente (ora per il momento in cui la decisione avrà efficacia di cosa giudicata), ogni relativa determinazione in ordine ai rapporti giuridici tra loro intercorrenti e direttamente collegati ovvero dipendenti dal presente atto, con esonero, per chiunque, da qualunque responsabilità a riguardo”).

Da quanto sopra consegue, per un verso, l’infondatezza dell’appello incidentale volto ad affermare l’inammissibilità dell’intervento in primo grado e, per altro verso, l’infondatezza dell’appello principale nella parte in cui critica la sentenza impugnata per l’omessa considerazione dei documenti prodotti dall’interveniente ed odierna appellante.

Va, poi, accolta l’eccezione d’inammissibilità delle produzioni documentali offerte nel presente grado dall’appellante principale, sollevata dall’appellata E.C.Z., in quanto:

- vi osta il divieto dello ius novorum in appello, sancito dall’art. 345, comma 2, c.p.c., che secondo orientamento consolidato di questo Consiglio (C.d.S., Sez. V, 7 maggio 2008, n. 2080; C.d.S., Sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 306; C.d.S., Sez. IV, 6 marzo 2006, n. 1122) nel processo amministrativo opera nella sua interezza, compreso il divieto di nuove produzioni documentali secondo l’interpretazione fornita da Cass. Sez. Un. Civ. 20 aprile 2005, nn. 8202 e 8203 (ora recepita nel novellato comma 3 del citato art. 345 c.p.c.), per cui il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove cc.dd. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata, al pari delle prove cc.dd. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado, ovvero alla valutazione della loro indispensabilità;

- l’interveniente “tardivo” in primo grado – e ciò vale per tutti i tipi d’intervento, compreso quello ex art. 111, comma 3, c.p.c. – non può giovarsi delle ipotesi derogatorie al divieto dello ius novorum in grado d’appello (causa non imputabile e/o indispensabilità delle prove), salvo ad allegare e dimostrare la non imputabilità della tardività dello stesso intervento – nel caso di specie recisamente da escludere alla luce della sopra citata clausola dell’atto di cessione di ramo d’azienda –, essendo il medesimo, pur avendo avuto tempestiva conoscenza dell’instaurazione del processo inter alios, intervenuto in uno stato d’avanzamento del processo che non gli consentiva di esercitare i poteri processuali (nella specie, di natura istruttoria) che per le parti originarie erano già precluse, e non potendosi in tale ipotesi ammettere un “recupero”, nel grado successivo, delle attività processuali ormai precluse, pena la violazione dei principi del paritario trattamento delle parti e della ragionevole durata del processo, entrambi di rango costituzionale.

Sono dunque processualmente inutilizzabili i documenti offerti in comunicazione dall’odierna appellante principale sia in sede d’intervento “tardivo”, sia nel presente grado d’appello – documenti, che secondo l’assunto dell’impugnante principale (peraltro contestato dall’appellata E.C.Z.) comproverebbero la piena legittimità dell’esercizio dell’impianto de quo sulla frequenza 87.750 Mhz, anche alla luce di provvedimenti successivi del competente Ministero, con i quali l’ordine di disattivazione sarebbe stato revocato –, con conseguente infondatezza dei motivi d’impugnazione basati su tale documentazione.

4. Nel merito, si premette in linea di fatto, che con l’ordinanza qui impugnata n. 5 del 23 gennaio 1997 l’Ispettorato territoriale per la Lombardia del Ministero delle comunicazioni aveva intimato alla Radiotelegarda s.r.l. la disattivazione dell’impianto di radiodiffusione sonora operante sulla frequenza 87.750 Mhz dalla postazione di Monte Vedetta nel territorio comunale di Brescia, con la testuale motivazione che l’impianto non era “stato censito ai sensi dell’art. 32 l. n. 223/90 o autorizzato da Organi Giursidizionali”.

Orbene, l’odierna appellante nei motivi d’appello non affronta uno dei passaggi motivazionali centrali della gravata sentenza, autonomamente idoneo a sorreggere la statuizione di rigetto del ricorso, affermativo dell’illegittimità del cambio di frequenza, da quella originaria di 102.900 Mhz a quella non autorizzata di 87.750 Mhz, senza titolo abilitativo (come da nota del 16 settembre 1994 dell’Amministrazione, espressamente declinatoria della richiesta di autorizzazione al cambio di frequenza), limitandosi a trattare la questione della configurabilità, o meno, di una situazione di inoperatività definitiva dell’impianto in caso di protratta riduzione volontaria della potenza trasmettitrice per un triennio (a seguito di un’avaria occorsa nella metà dell’anno 1991) e di semplice modifica dei parametri radioelettrici; questione, non risolutiva della presente controversia, tenuto conto delle motivazioni poste a fondamento dell’impugnata sentenza in relazione alle censure dedotte nel ricorso in appello.

5. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del grado, nell’ambito dei rapporti processuali intercorsi tra appellante principale e le appellate costituite in giudizio, vanno poste a carico dell’appellante principale.

Nulla è dato statuire in ordine alle spese nell’ambito del rapporto processuale intercorso con l’appellata non costituita.


P.Q.M.


Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando,

respinge sia l’appello principale che l’appello incidentale, confermando l’impugnata sentenza;

condanna l’appellante principale a rifondere alle parti appellate Associazione Emittente Cattolica Zonale (E.C.Z.) e Ministero delle comunicazioni le spese del presente grado, che si liquidano, in favore di ciascuna delle due appellate, nell’importo complessivo di euro 2.500,00, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2010 con l'intervento dei Signori:

Giuseppe Barbagallo, Presidente
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


Il Segretario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/10/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione

 


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