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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
V, 15 ottobre 2010, Sentenza n. 7524
APPALTI - Consorzi - Art. 36 d.lgs. n. 163/2006 - Partecipazione alla gara -
Istituzione formale - Necessità - Esclusione. L’art. 36, I c., del D. Lgs.
n. 163 del 2006 stabilisce che “ Si intendono per consorzi stabili quelli, in
possesso, a norma dell'articolo 35, dei requisiti previsti dall'articolo 40,
formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi
organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore
dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo
non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di
impresa”. La norma non prevede espressamente che la autonoma struttura di
impresa debba essere formalmente istituita, né che la decisione delle imprese
consorziate di operare in modo congiunto debba essere formalizzata in un atto
all’uopo redatto. In base al principio del favor partecipationis essa
disposizione va quindi interpretata nel senso che consenta la più larga
partecipazione possibile alla gara Pres. Piscitello, Est. Amicuzzi - V.V.
e altri (avv. Prozzo) c. Consorzio s. a r.l. (avv.ti Lemmo e Ricciardi Federico)
- (Conferma T.A.R. Campania, Napoli, n. 9517/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 15 ottobre 2010, n. 7524
APPALTI - Consorzi - Partecipazione alle procedure di evidenza pubblica -
Requisiti soggettivi. In tema di requisiti soggettivi di partecipazione dei
Consorzi alle procedure di evidenza pubblica, la giurisprudenza è orientata nel
senso che, una volta che il Consorzio abbia superato la preselezione valendosi
anche della somma dei requisiti delle ditte consorziate, non può più richiedersi
ad esso l'esecuzione da parte di una singola consorziata anche se è tale ditta
che assicura la presenza dei requisiti soggettivi richiesti per l'ammissione
alla gara, essendo l'esecuzione dell'appalto di competenza del Consorzio, che
potrà adempiere secondo le regole contrattuali che sono a fondamento della sua
costituzione e del suo funzionamento, sempre che non siano richiesti requisiti
soggettivi che attestino una capacità tecnica specifica che l'ordinamento
riconosca solo ad alcuni soggetti con una regolamentazione a livello normativo
delle modalità di conseguimento di tale idoneità, come l’iscrizione in albi,
elenchi speciali ovvero conseguimento di particolari abilitazioni (Consiglio
Stato, sez. V, 29 novembre 2004, n. 7765). Il Consorzio stipula quindi il
contratto in nome proprio ma per conto delle imprese consorziate, alle quali poi
assegna i lavori, senza che sia obbligato a rispettare l’assegnazione
originaria, anche perché il D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede la coincidenza tra
le qualificazioni delle singole imprese consorziate e la qualificazione SOA del
Consorzio. Pres. Piscitello, Est. Amicuzzi - V.V. e altri (avv. Prozzo) c.
Consorzio s. a r.l. (avv.ti Lemmo e Ricciardi Federico) - (Conferma T.A.R.
Campania, Napoli, n. 9517/2009) -
CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 15 ottobre 2010, n. 7524
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 07524/2010 REG.SEN.
N. 01058/2010 REG.RIC.
N. 01310/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 1058 del 2010, proposto da:
Ditta Vitiello Vincenzo, in proprio e quale capogruppo dell’ATI con Siciliano
Giuseppe Costruzioni S.r.l. e Maturo Costruzioni S.r.l., in persona dei legali
rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Prozzo, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuliano Bologna, in Roma, via
Merulana 234;
contro
Consorzio Stabile Sannio Appalti società consortile a r.l., in proprio e quale
capogruppo mandataria della costituenda A.T.I. con Geomed S.r.l. e D'Angelo
Costruzioni S.r.l. , in persona dei legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dagli avv. Gian Luca Lemmo e Maurizio Ricciardi Federico,
con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Battista Santangelo, in
Roma, via G.Battista De Rossi, 3;
nei confronti di
Comune di Benevento, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dall’avv. Luigi Giuliano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giulio
Cimaglia, in Roma al Viale G. Marconi, n. 57;
Sul ricorso numero di registro generale 1310 del 2010, proposto da:
Comune di Benevento, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avv. Luigi Giuliano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv.
Giulio Cimaglia in Roma, viale G. Marconi, 57;
contro
Consorzio Stabile Sannio Appalti Soc. Consortile a.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Gian Luca Lemmo,
con domicilio eletto presso l’avv. Giovanni Battista Santangelo, in Roma, via
G.Battista De Rossi, 30;
nei confronti di
Ditta Vitiello Vincenzo, in persona del titolare Vitiello Vincenzo, in proprio e
quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano Giuseppe Costruzioni S.r.l. e Maturo
Costruzioni S.r.l., in persona dei legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dall'avv. Roberto Prozzo, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avv. Giuliano Bologna in Roma, via Merulana 234;
per la riforma
quanto ad entrambi i ricorsi:
della sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VIII, n. 09517/2009, di
reiezione del ricorso incidentale proposto dall’A.T.I. Vitiello Vincenzo,
Siciliano Giuseppe Costruzioni S.r.l. e Maturo Costruzioni S.r.l. e di
accoglimento del ricorso principale proposto dal Consorzio Stabile Appalti, in
proprio e quale capogruppo della costituenda A.T.I., contro l’ammissione
dell’A.T.I. Vitiello alla gara per la realizzazione dei lavori relativi al Parco
Archeologico “Cellarulo periurbano anfiteatro” e la aggiudicazione definitiva
della gara a detta A.T.I..
Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Sannio Appalti societa' consortile
a r.l., in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. con Geomed S.r.l. e D'Angelo
Costruzioni S.r.l., del Comune di Benevento, del Consorzio Stabile Sannio
Appalti Società Consortile a.r.l. e della Ditta Vitiello Vincenzo in proprio e
quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano Giuseppe Costruzioni s.r.l. e Maturo
Costruzioni s.r.l.;
Vista, nel ricorso n. 1058 del 2010, la propria ordinanza 9/11 marzo 2010 n.
1195;
Vista, nel ricorso n. 1310 del 2010, la propria ordinanza 9/11 marzo 2010 n.
1199;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2010 il Cons. Antonio
Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Prozzo, Cimaglia e Lemmo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
I.- il Comune di Benevento ha posto in essere una procedura aperta per la
realizzazione dei lavori relativi al parco archeologico “Cellarulo
periurbano-anfiteatro”, cui hanno partecipato il Consorzio Stabile Sannio
Appalti Società Consortile a r.l., Geomed S.r.l. e D'Angelo Costruzioni S.r.l.,
classificatosi al secondo posto, nonché l’A.T.I. composta dalle imprese Vitiello
Vincenzo, Siciliano Giuseppe Costruzioni s.r.l. e Maturo Costruzioni S.r.l.,
classificatasi al primo posto e nominata aggiudicataria della gara.
II.- Con ricorso al T.A.R. Campania, Napoli, l’ATI classificatasi al secondo
posto ha impugnato tutti i verbali di gara, rispettivamente nelle parti in cui
dispongono l’ammissione dell’ATI risultata aggiudicataria alla procedura
suddetta, nonché la graduatoria finale, ogni atto con cui la Commissione aveva
ammesso alla competizione ovvero non aveva escluso l’A.T.I. aggiudicataria, i
provvedimenti di aggiudicazione provvisoria e definitiva, nonché le
determinazioni dirigenziali di presa d’atto dei verbali di gara (in particolare
la determinazione prot. n. 320 del 17.6.2009). A sostegno del gravame è stato,
tra l’altro, dedotta ,con il primo motivo di ricorso, la censura di carenza del
certificato penale e delle dichiarazioni ex art. 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006
con riguardo al direttore tecnico (geom. Maturo) cessato dalla carica nel
triennio.
L’A.T.I. composta dalle imprese Vitiello Vincenzo, Siciliano Giuseppe
Costruzioni s.r.l. e Maturo Costruzioni S.r.l., ha spiegato ricorso incidentale,
deducendo l’assenza in capo alla ricorrente principale della natura di
“consorzio stabile” (in ragione della sua vera denominazione “Sannio Appalti
società consortile”, della sua disciplina in sede di atto costitutivo e della
carenza di struttura di impresa), nonché la insufficienza della qualifica
posseduta dalla singola impresa indicata per la esecuzione dei lavori relativi
alla categoria OG2 e la non conformità al D.U.R.C. richiesto dal bando di gara
di quello prodotto dalla ricorrente principale; a dette circostanze avrebbe
dovuto conseguire la esclusione dalla gara della ricorrente principale.
Il T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VIII, con sentenza n. 9517 del 2009 ha
respinto il ricorso incidentale ed ha accolto il ricorso principale, in
relazione all’assorbente censura formulata nel primo motivo di ricorso e
relativa alla carenza del certificato penale e delle dichiarazioni ex art. 38
del D. Lgs. n. 163 del 2006 con riguardo al direttore tecnico (geom. Maturo)
cessato dalla carica nel triennio.
III.- Con il ricorso in appello che ha assunto il numero di R.G. 1310 del 2010
il Comune di Benevento ha chiesto l’annullamento o la riforma di detta sentenza
deducendo i seguenti motivi:
1.- Error in judicando, violazione di legge (art. 38 del D. Lgs. “163/94” in
relazione all’art. 47 del D.P.R. n. 313 del 2002). Illogicità manifesta ed
omessa valutazione delle difese comunali.
Il T.A.R. avrebbe valorizzato esclusivamente l’elemento oggettivo della carenza
documentale, indipendentemente dalle peculiari circostanze che rendevano di
fatto inapplicabile al caso di specie il chiaro principio normativo di cui
all’art. 38, I c., lettere B) e C) del D. Lgs. n. 163 del 2006; infatti, per
effetto del decesso, l’operato del vecchio amministratore o direttore tecnico
non sarebbe stato più in grado di riverberarsi sull’organizzazione dell’impresa,
essendo ormai inesistente la situazione di potenziale pericolo ed allarme
sociale che la norma tende a garantire.
Con atto depositato il 23.2.2010 si è costituito in giudizio il Consorzio
Stabile Sannio Appalti, Società Consortile a r.l., che ha dedotto la
infondatezza dell’appello ed ha riproposto i motivi di ricorso di primo grado
dichiarati assorbiti, concludendo per la riunione con l’appello n. 1310 del 2010
e per la reiezione del gravame.
Con memoria depositata il 9.3.2010 si è costituito in giudizio la ditta Vitiello
Vincenzo, in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano Giuseppe
Costruzioni s.r.l. e Maturo Costruzioni s.r.l., che, premesso di aver presentato
autonomo appello contro la gravata sentenza in relazione al mancato accoglimento
del ricorso incidentale proposto in primo grado, ha contestato la fondatezza dei
motivi che il T.A.R. ha posto a base della reiezione del ricorso incidentale,
nonché la decisione di non accogliere la eccezione di inammissibilità del
ricorso principale di primo grado; ha inoltre criticato le motivazioni poste a
base dell’accoglimento di esso ed ha concluso per l’accoglimento del ricorso
incidentale, nonché per la declaratoria di inammissibilità del ricorso
principale, con dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di quest’ultimo.
Con ordinanza 9/11 marzo 2010 n. 1199 la Sezione ha accolto la istanza di
adozione di misure cautelari, ai soli fini della fissazione del merito.
Con memoria depositata il 12.5.2010 il Consorzio Stabile Sannio Appalti, Società
Consortile a Responsabilità Limitata, ha eccepito la sopravvenienza di carenza
di interesse al ricorso in ragione del coinvolgimento della Maturo Costruzioni
s.r.l. in ambito penale, nonché la inammissibilità del gravame per essere state
meramente riproposte le eccezioni formulate in primo grado, senza contestazione
di capi della sentenza appellata e per mancata censura nella sua interezza della
sentenza impugnata, fondata su una pluralità di motivi autonomi ognuno dei quali
era idoneo a sorreggerla; inoltre ha ribadito la infondatezza dell'appello ed ha
riproposto i motivi di ricorso di primo grado dichiarati assorbiti dal primo
Giudice. Ha quindi concluso per la riunione con l’appello n. 1058 del 2010 e per
la reiezione del gravame.
IV.- Con ricorso in appello, che ha assunto il n. di R.G. 1058 del 2010, la
ditta Vitiello Vincenzo, in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano
Giuseppe Costruzioni s.r.l. e Maturo Costruzioni s.r.l., ha a sua volta
impugnato detta sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, n. 9517 del 2009,
deducendo i seguenti motivi:
1.- Quanto al mancato accoglimento del ricorso incidentale:
a) Erroneamente sarebbe stato respinto il primo motivo del ricorso incidentale
omettendo di affrontare le questioni specificamente dedotte dalle appellanti in
merito alla circostanza che il Consorzio “Sannio Appalti” non sarebbe stato un
vero e proprio Consorzio stabile e non poteva quindi usufruire di tutte le
agevolazioni contenute nella disciplina di settore, sicché non avrebbe potuto
partecipare alla gara de qua.
Il consorzio “Sannio Appalti” ha conseguito l’attestato di qualificazione
sommando i requisiti delle imprese aderenti ad esso, che, tuttavia, avrebbero
acquisito i requisiti per la qualificazione solo temporaneamente, attraverso
contratti di affitto cessati, o mediante fittizie cessioni di azienda, che
sarebbero in effetti da ritenere operazioni di vendita dei requisiti necessari
per conseguire le attestazioni.
b) La “Sannio Appalti” avrebbe dovuto comunque essere esclusa dalla gara avendo
designato per la esecuzione dei lavori una impresa (FA.L.C. s.r.l.), qualificata
per la esecuzione di lavori nella categoria OG2, classifica III, priva dei
requisiti di capacità tecnica per la esecuzione dei lavori di categoria OG2,
classifica IV.
Il Consorzio, che non ha una sua struttura di impresa e non esegue direttamente
i lavori, non poteva affidare la esecuzione dei lavori ad imprese prive dei
requisiti di capacità economica, tecnica e finanziaria, perché la costituzione
dei Consorzi non può risolversi in espediente per aggirare le norme sulla
qualificazione.
c) La eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio,
formulata in primo grado dalla appellante nell’assunto che esso era stato
proposto dalla sola Sannio Appalti e non anche dalle altre imprese facenti parte
dell’ATI, è stata respinta dal T.A.R. con richiamo al principio per il quale
anche le singole imprese facenti parte dell'A.T.I. sono legittimate a ricorrere,
senza considerare che in particolare era stato dedotto che l’A.T.I. non era
ancora costituita e che le associande, non avendo presentato ricorso, avevano
prestato acquiescenza.
d) Quanto al ricorso principale non sarebbero state affrontate dal T.A.R. le
argomentazioni addotte dalla parte controinteressata e dal Comune di Benevento,
sia con riguardo alla circostanza che la Maturo Costruzioni s.r.l., dopo la
morte del sig. Ettore Maturo, aveva ottenuto un nuovo attestato di
qualificazione, che presupponeva la verifica del possesso dei requisiti
soggettivi necessari per la qualificazione (atteso che l’art. 40 del D. Lgs. n.
163 del 2006 demanda alle SOA anche l’attestazione dei requisiti di ordine
generale), sia con riguardo alla circostanza che, essendo il suddetto deceduto
da oltre due anni, l’A.T.I. appellante non avrebbe potuto rendere alcuna
dichiarazione (essendo state eliminate le iscrizioni esistenti sul casellario
giudiziale ex art. 47 del D.P.R. n. 313 del 20 ed ex art. 22, III c., del D.M.
Giustizia 25 gennaio 2007), sia con riferimento al fatto che era stata allegata
dichiarazione del 16.12.2008 della legale rappresentante della impresa Maturo
(di non trovarsi nelle condizioni di cui all’art. 38, I c., lettere da a) ad m),
del D. Lgs. n. 163 del 2006, circa il possesso dei requisiti di ordine generale,
tra i quali quello relativo alla posizione dell'ex direttore tecnico).
Con memoria depositata il 23.2.2010 si è costituito in giudizio il Consorzio
Stabile Sannio Appalti Società Consortile a r.l., che ha evidenziato che, con
ordinanza del Consiglio di Stato, Sezione V, n. 5160 del 2008, è stata ritenuta
insuperabile la mancata dichiarazione dell’amministratore deceduto nel triennio
antecedente la gara; inoltre ha illustrato vicende giudiziarie relative alla
Impresa Maturo Costruzioni s.r.l., ed ha dedotto la infondatezza dell’appello
principale, assumendo che l’A.T.I. di cui detta impresa era capogruppo avrebbe
comunque potuto presentare una dichiarazione al riguardo, ammessa dal capitolato
punto 3 lettera a), ed eventualmente dissociarsi.
Detto Consorzio ha poi riproposto i motivi di primo grado dichiarati assorbiti
dal Giudice di primo grado, deducendo:
1.- Violazione delle regole di gara sotto l’aspetto formale e sostanziale.
Violazione dei principi generali in tema di trasparenza ed adeguatezza
dell’offerta, nonché certezza e par condicio tra i concorrenti. Difetto assoluto
di motivazione, carenza di istruttoria e contraddittorietà. Non sarebbero stati
prodotti i certificati penali e le dichiarazioni ex art. 38 dei direttori
tecnici delle ditte Vitiello Vincenzo e Siciliano Giuseppe Costruzioni s.r.l.,
come da verbale del 29.6.2009, a nulla valendo la effettuata produzione in
giudizio di copie di detti atti in blocco, che non garantisce che la
documentazione sia stata effettivamente presentata in sede di gara.
2.- Violazione dell’art. 37, XIII c., del D. Lgs. n. 163 del 2006 (e
dell’analogo art. 25, XIII c., della L. R. Campania n. 3 del 2007), al quale
rinvia l’art. 16, lettera I) del bando di gara. Dalla dichiarazione d’impegno a
costituire l’A.T.I. di cui la ditta Vitellio Vincenzo era capogruppo resa dalle
imprese il 17.12.2008 emergeva unicamente la ripartizione tra le società delle
quote di esecuzione delle opere, che non necessariamente coincide con la quota
di partecipazione all’A.T.I., ed era insufficiente a identificare il puntuale
rispetto della previsione di cui all’art. 37, XIII c., del D. Lgs. 163 del 2006.
Il Consorzio Stabile citato ha altresì eccepito la inammissibilità dell’appello
(per essere stata ampliata la materia del contendere e per mancata proposizione
di querela di falso o impugnazione di attestazioni SOA) ed ha dedotto la
infondatezza del ricorso incidentale innanzi tutto perché, alla luce
dell’assetto tipologico sancito dalle previsioni riportate nell’atto costitutivo
e nello statuto (in linea con quelle previste dal D. Lgs. n. 163 del 2006), il
Consorzio medesimo era dotato di organizzazione propria ovvero di una autonoma
struttura di impresa. Esso era infatti composto da un numero iniziale di 7
società, superiore al minimo, ed era dotato di uno statuto e di un fondo
consortile comune, era presente un C.d.A. composto da tre membri ed era prevista
la chiusura degli esercizi commerciali alla data del 31 dicembre di ogni anno.
In secondo luogo il ricorso incidentale sarebbe infondato perché il Consorzio
ricorrente è dotato di soggettività giuridica e espleta attività di cooperazione
e di assistenza reciproca nell’affidamento e nella esecuzione degli appalti
pubblici; inoltre poiché il D.P.R. n. 34 del 2000 non prevede l’obbligo della
coincidenza tra le qualificazioni delle singole consorziate e la qualificazione
SOA del Consorzio stabile ed infine perché l’adesione delle imprese al Consorzio
stabile consente di eseguire lavori per categorie superiori rispetto a quelle
per cui esse individualmente possiedono la qualificazione.
In terzo luogo il Consorzio ha dedotto che il terzo motivo del ricorso
incidentale esaminato dal TAR non sarebbe stato oggetto di gravame e sarebbe
coperto da giudicato, oltre che essere infondato.
Con memoria depositata l’8.3.2010 la ditta Vitiello Vincenzo ha sostenuto che le
censure mosse con il ricorso incidentale non sono precluse dal rilascio del
certificato di qualificazione, nonché ha ribadito la fondatezza del ricorso
incidentale, ribadendo in particolare che le previsioni statutarie sono
irrilevanti e che comunque nell’atto costitutivo del Consorzio “Sannio Appalti”
non era previsto l’obbligo delle imprese consorziate di operare in modo
congiunto, né l’obbligo è stato assunto dagli organi assembleari delle singole
imprese.
Con atto depositato il 9.3.2010 si è costituito in giudizio il Comune di
Benevento, che ha chiesto la riunione del giudizio con quello contraddistinto
dal numero di R.G. 1310 del 2010 ed ha ribadito le tesi contenuto nell’autonomo
atto di appello prodotto.
Con ordinanza 9/11 marzo 2010 n. 1195 la Sezione ha accolto la istanza di
adozione di misure cautelari ai soli fini della fissazione del merito.
Con memoria depositata il 12.5.2010 il Consorzio Stabile “Sannio Appalti” s.c.a
r.l. ha eccepito la sopravvenienza di carenza di interesse a coltivare il
gravame in ragione del coinvolgimento in ambito penale della società Maturo
Costruzioni s.r.l., inoltre ha eccepito sia che l’appello non conteneva censure
nei confronti della sentenza impugnata ma riproponeva profili di doglianza
formulati in primo grado e sia che non sono stati censurati tutti i motivi
autonomi sui quali si fondava la sentenza stessa. Infine ha ribadito tesi e
richieste.
V.- Alla pubblica udienza del 28.5.2010 il ricorso è stato trattenuto in
decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli
atti del giudizio.
DIRITTO
I.- Con il ricorso in appello che ha assunto il numero di R.G. 1310 del 2010 il
Comune di Benevento ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del
T.A.R. Campania – Napoli, Sezione VIII, n. 9517 del 2009, di reiezione del
ricorso incidentale proposto dall’A.T.I. Vitiello Vincenzo, Siciliano Giuseppe
Costruzioni S.r.l. e Maturo Costruzioni S.r.l. e di accoglimento del ricorso
principale proposto da Consorzio Stabile Sannio Appalti s.c.a.r.l. contro
l’ammissione dell’A.T.I. Vitiello alla gara per la realizzazione dei lavori
relativi al Parco Archeologico “Cellarulo periurbano anfiteatro” e la
aggiudicazione definitiva a detta A.T.I..
Con altro ricorso in appello, che ha assunto il numero di R.G. 1058 del 2010, la
ditta Vitiello Vincenzo, in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano
Giuseppe Costruzioni s.r.l. e Maturo Costruzioni s.r.l., ha a sua volta
impugnato detta sentenza
II.- Innanzitutto, il collegio ritiene di dover riunire i due gravami, per la
palese loro connessione oggettiva (trattandosi della stessa sentenza impugnata)
e soggettiva, per cui i medesimi devono essere esaminati e decisi nel merito con
un’unica pronuncia.
III.- In secondo luogo la Sezione ritiene di dover esaminare in via preliminare
il ricorso n. 1058 del 2010, con il quale la ditta Vitiello Vincenzo, in proprio
e quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano Giuseppe Costruzioni s.r.l. e
Maturo Costruzioni s.r.l., ha impugnato detta sentenza del T.A.R. Campania,
Napoli, n. 9517 del 2009, nella parte in cui ha respinto il ricorso incidentale
formulato in primo grado e nella parte in cui ha respinto la eccezione di
inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio (di cui ha anche dedotto
la infondatezza), formulata in primo grado dalla appellante nell’assunto che
esso era stato proposto dalla sola Sannio Appalti (e non anche dalle altre
imprese facenti parte dell’A.T.I.) e respinta senza considerare che, in
particolare, era stato dedotto che l’A.T.I. non era ancora costituita e che le
associande, non avendo presentato ricorso, avevano prestato acquiescenza.
Devono infatti essere esaminate prioritariamente le questioni sollevate con esso
ricorso incidentale se in ordine logico - a mente del fondamentale canone
sancito dall'art. 276, comma 2, c.p.c. - assumono carattere pregiudiziale
rispetto a quelle introdotte con l'impugnazione principale (Consiglio Stato,
sez. IV, 3 marzo 2009, n. 1212).
Tale ipotesi indubbiamente ricorre nel caso di specie, in quanto l'appellante
incidentale censura un capo della sentenza impugnata non oggetto di gravame da
parte dell'Amministrazione ed ha un autonomo interesse a veder dichiarare
l'illegittimità del procedimento perché l’eventuale accoglimento dell’appello
incidentale comporterebbe il venir meno dell'interesse a ricorrere del
ricorrente principale (incidendo, quindi, sulla sussistenza di una condizione
dell'azione) perché
l'eventuale fondatezza delle doglianze qui riproposte con l'appello incidentale,
sarebbe assorbente di ogni altra censura contenuta nel ricorso di primo grado.
III.1.- Preliminarmente, per motivi di economia processuale, il Collegio deve
valutare la fondatezza o meno dei motivi posti a base della contestazione
effettuata con l’appello incidentale della decisione del T.A.R. di respingere la
eccezione di inammissibilità del ricorso principale (basata sull’assunto che
esso era stato proposto dalla sola “Sannio Appalti” e non anche dalle altre
imprese facenti parte dell’ATI) facendo ricorso al principio per il quale anche
le singole imprese facenti parte dell'A.T.I. sono legittimate a ricorrere.
Secondo il gravame detta decisione sarebbe viziata dalla omessa considerazione
della circostanza che, in particolare, era stato dedotto che l’A.T.I. non era
ancora costituita e che le associande, non avendo presentato ricorso, avevano
prestato acquiescenza all’esito della gara, così divenuto per esse
inoppugnabile.
L’eventuale accoglimento della eccezione comporterebbe la inammissibilità del
ricorso principale e la improcedibilità di tutte le ulteriori impugnazioni.
Va rilevato in proposito che le disposizioni contenute nel comma VIII
dell’articolo 37 del D. Lgs. n. 163 del 2006, chiariscono gli obblighi che sono
a carico delle imprese che si sono impegnate a costituirsi in associazione nel
caso di aggiudicazione della gara, e che consistono, essenzialmente, in quello
di onorare tale impegno mediante l'effettivo raggruppamento in associazione nel
caso di aggiudicazione dell'appalto, in quello di sottoscrivere ciascuna,
individualmente, l'offerta da presentare e di associarsi, successivamente,
assieme ai soggetti indicati all'atto della partecipazione alla gara, e infine,
in quello di fornire il nominativo dell'impresa che diverrà capogruppo.
In definitiva, in questa seconda ipotesi non si è in presenza di un'entità
giuridicamente autonoma e rilevante di per sé, ma di un negozio obbligatorio -
il cui oggetto è costituito dall'impegno a raggrupparsi -, sottoposto ad una
condizione sospensiva consistente nel verificarsi dell'evento
dell'aggiudicazione, vincolante per le parti che lo hanno sottoscritto.
La circostanza che in tale seconda ipotesi le imprese, a differenza del caso in
cui siano già riunite in associazione, devono essere considerate nella loro
individualità (in quanto, nel tempo previsto per la loro formale riunione in
ATI, non hanno ancora concretamente dato vita ad un autonomo centro di
imputazione giuridica) comporta che l'associazione che si sono impegnate a
costituire sia da ritenere rilevante sul piano giuridico.
L'interesse ad agire, coincidente con l'utilità concreta che deriva alla parte
dalla sua impugnativa, e che nel caso in esame è data dall'utilità che può
ritrarre dal ricorso ogni singola impresa di un'associazione costituenda, deve
essere valutato alla stregua delle conseguenze che dalla proposizione di esso e
dall'eventuale suo accoglimento possono derivare a tale impresa.
E, in una fattispecie come quella in esame, esso emerge, con ogni evidenza, se
solo si considera che l'impresa ricorrente, una volta ottenuto l’accoglimento
del ricorso, può far valere l'impegno alla costituzione del raggruppamento,
assunto dalle altre imprese partecipanti alla gara (e non ricorrenti)
chiedendone loro l'adempimento nel caso in cui, com'è nella specie, tale impegno
non è stato, né espressamente né implicitamente, annullato e continua ad essere
dotato della sua forza vincolante.
La legittimazione deve quindi riconoscersi in capo all'impresa singola facente
parte di una A.T.I., sia che il raggruppamento risulti già costituito al momento
della presentazione dell'offerta, sia che questo debba costituirsi all'esito
dell'aggiudicazione, perché il conferimento del mandato speciale collettivo
irrevocabile all'impresa capogruppo attribuisce al legale rappresentante di
quest'ultima la rappresentanza processuale nei confronti dell'Amministrazione e
delle imprese terze controinteressate, ma non preclude o limita la facoltà delle
singole imprese mandanti di agire in giudizio singolarmente (in assenza di una
espressa previsione in tal senso nella normativa comunitaria di riferimento ed
in quella nazionale di recepimento, in materia di appalti di servizi, di lavori
e di forniture).
Pertanto, ciascuna delle imprese associate o associande ha un interesse
legittimo proprio e distinto da quello delle altre, tutelabile anche in sede
giudiziaria, a che il raggruppamento consegua l'aggiudicazione o comunque venga
riammesso alla gara per coltivare una nuova possibilità di aggiudicazione
(Consiglio Stato, sez. V, 6 marzo 2007, n. 1042).
Aggiungasi che con ordinanza 4 ottobre 2007 (procedimento C-492/06) la Sezione
VI della Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha affermato il principio che
"...l'art. 1 della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che non
osta a che, secondo il diritto nazionale, il ricorso contro una decisione di
aggiudicazione di un appalto possa essere proposto a titolo individuale da uno
soltanto dei membri di un'associazione temporanea priva di personalità giuridica
la quale abbia partecipato in quanto tale alla procedura di aggiudicazione
dell'appalto suddetto e non se lo sia stato visto attribuire".
La Corte di Giustizia, dunque, ha chiarito che non è contraria alla normativa
comunitaria una normativa nazionale che riconosca la legittimazione ad agire
singulatim alle imprese di un raggruppamento temporaneo partecipante ad una gara
d'appalto.
Le considerazioni che precedono escludono anche che la dedotta acquiescenza
delle altre imprese associande che non hanno proposto ricorso all’esito della
gara possa determinarne la inoppugnabilità nei loro confronti con impossibilità
di affidamento dei lavori ad esse imprese.
Va invero escluso che la mancata impugnazione dell'aggiudicazione in favore
della controinteressata da parte delle altre imprese facenti parte di una
costituenda associazione possa essere interpretato come volontà di esse di
abbandono della posizione sostanziale di interesse per la cui tutela ha proposto
ricorso altra impresa.
Perché si formi acquiescenza ad un provvedimento amministrativo occorre che il
comportamento del soggetto acquiescente sia chiaro ed inequivocabile, sia a lui
imputabile e tale da far desumere, senza un ragionevole dubbio, la volontà di
accettare gli effetti delle determinazioni sfavorevoli o il suo disinteresse al
conseguimento di una decisione di merito.
Nel caso che occupa tale inequivoco significato non può attribuirsi alla mancata
impugnazione dell'aggiudicazione in favore della controinteressata da parte
delle altre imprese facenti parte della costituenda associazione.
Infatti, la mancata impugnazione degli atti di gara da parte delle altre imprese
della costituenda ATI ben può essere il portato, ad esempio, della volontà di
non affrontare i tempi e le spese di un giudizio, senza per questo assumere il
significato di una volontà certa di abbandono della posizione sostanziale per la
cui tutela è stato proposto il ricorso, sia pure da altri, volontà che, ove
sussistente, dovrebbe essere esplicitata con altri e più chiari mezzi.
La eccezione in esame deve quindi essere disattesa.
III.2.- In secondo luogo la Sezione deve esaminare il primo motivo di appello
con il quale è stato censurato il mancato accoglimento del ricorso incidentale
perché erroneamente sarebbe stato omesso di affrontare le questioni
specificamente dedotte dalle appellanti, in particolare con riguardo alla
circostanza che il Consorzio “Sannio Appalti” non sarebbe un vero e proprio
Consorzio stabile, perché, mentre un Consorzio di tale tipo deve essere dotato
di reale disponibilità di una comune ed autonoma organizzazione di impresa, esso
non sarebbe stato dotato di alcuna autonoma struttura, né nell’atto costitutivo
era previsto l’obbligo delle imprese consorziate di operare in modo congiunto, o
la creazione di una struttura di impresa (non essendo dotato di mezzi e di
personale). A tanto conseguirebbe che esso Consorzio, non potendo essere
considerato “stabile”, non poteva usufruire di tutte le agevolazioni contenute
nella disciplina di settore e non poteva partecipare alla gara de qua.
Rileva in proposito il Collegio che il T.A.R. ha, al riguardo, asserito che,
sotto il “pregnante profilo sostanziale-contenutistico, deve rilevarsi come, sia
dallo statuto che dall’atto costitutivo, emerga, per un verso, una dimensione
strutturale ed organizzativa pienamente compatibile con il modello
giuridico-formale in questione (sette soggetti componenti il numero iniziale di
società; fondo consortile costituito da numero illimitato di quote nominative di
nominali € 4.000 ciascuna; presenza di un consiglio di amministrazioni con
compiti di amministrazione ed assegnazione delle attività); e, per altro verso,
venga in rilievo una dimensione funzionale debitamente parametrata sul versante
temporale (10 anni) ed egualmente in linea con lo schema del consorzio stabile
(assunzione, anche in project financing, di appalti pubblici e privati;
promozione dello sviluppo sinergico delle imprese consorziate ex art. 10 lett.
c) L. 109/94; piena facoltà di agire in nome proprio e per conto proprio e delle
entità socie in relazione all’intero oggetto sociale, ivi compresa la facoltà di
proporre e presentare offerte, realizzare le attività ed i lavori in proprio o
mediante assegnazioni, gestire i rapporti con le stazioni appaltanti e trattare,
nell’interesse delle consorziate, tutti gli affari aventi relazioni con i
lavori)”.
A tali rilievi il T.A.R. ha fatto conseguire la considerazione che essi
dimostravano la sussistenza di una dimensione di organizzazione propria e di
autonoma struttura d’impresa che connota il Consorzio stabile quale soggetto
giuridico autonomo operante sulla base di un rapporto organico con le singole
consorziate, differenziandosi dalle riunioni temporanee di imprese, nelle quali
le società riunite realizzano una semplice contitolarità del rapporto
obbligatorio scaturente dalla stipula del contratto di appalto con l'ente
committente.
La Sezione osserva che l’art. 36, I c., del D. Lgs. n. 163 del 2006 stabilisce
che “ Si intendono per consorzi stabili quelli, in possesso, a norma
dell'articolo 35, dei requisiti previsti dall'articolo 40, formati da non meno
di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi
deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei
contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, per un periodo di tempo non
inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”.
La norma non prevede espressamente che la autonoma struttura di impresa debba
essere formalmente istituita, né che la decisione delle imprese consorziate di
operare in modo congiunto debba essere formalizzata in un atto all’uopo redatto.
In base al principio del favor partecipationis essa disposizione va quindi
interpretata nel senso che consenta la più larga partecipazione possibile alla
gara ed appare quindi pienamente condivisibile l’interpretazione
sostanzialistica della stessa effettuata dal Giudice di prime cure, con
riferimento al contenuto dell’atto costitutivo del Consorzio e dello statuto,
come ivi diffusamente riportato, con riconoscimento della avvenuta creazione di
un complesso strutturale ed organizzativo pienamente compatibile con il modello
giuridico-formale in questione.
Invero l’esame di detti atti ed in particolare del contenuto degli artt. 2, 4,
5, 6, 7, 16, 23 e segg. dello statuto, dimostra che ad esso Consorzio non
potesse disconoscersi la sussistenza di una struttura di impresa autonoma e di
una autonoma organizzazione.
La censura in esame non può quindi essere condivisa.
III.2.1.- Aggiunge l’atto di appello che il Consorzio “Sannio Appalti” ha
conseguito l’attestato di qualificazione sommando, ex art. 36, VII c., del D.
Lgs. n. 163 del 2006, i requisiti delle imprese aderenti ad esso, le quali,
tuttavia, avrebbero acquisito i requisiti per la qualificazione solo
temporaneamente, attraverso contratti di affitto cessati (con riferimento a
quelli stipulati da Termotetti Costruzioni s.r.l. e ONICA s.r.l.), o mediante
fittizia cessione di azienda (con riferimento alla impresa Tekno Edil), che
sarebbero in effetti vendite dei requisiti necessari per conseguire le
attestazioni.
Osserva al riguardo la Sezione che il Consorzio de quo, in quanto società
consortile a responsabilità limitata, è un soggetto individuale dotato di
autonoma personalità giuridica, distinto dalle imprese consorziate. Con
riferimento alla partecipazione alle gare di tali soggetti, occorre rilevare che
il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria, è richiesto
esclusivamente in capo al Consorzio (fruendo al riguardo le singole cooperative
consorziate - costituenti articolazioni organiche del soggetto collettivo - del
rilevante beneficio di poter sommare i rispettivi requisiti, in ipotesi
insufficienti, ai fini del raggiungimento delle soglie minime richieste dalla
lex specialis della gara.
In base a quanto previsto dall’art. 36, I c., del D. Lgs. n. 163 del 2006 i
Consorzi stabili debbono essere formati da non meno di tre consorziati.
Risulta dall’atto costitutivo del Consorzio di cui trattasi che esso era
composto da un numero iniziale di sette società.
Anche aderendo alla tesi dell’appellante il Consorzio de quo sarebbe quindi
legittimamente costituito da quattro società e, in assenza di dimostrazione
della circostanza che, senza l’apporto dei requisiti delle società da Termotetti
Costruzioni s.r.l., ONICA s.r.l. e Tekno Edil, non poteva essere raggiunta la
soglia minima richiesta dalla lex specialis della gara, la censura in esame è
insuscettibile di favorevole apprezzamento.
III.3.- Con il secondo motivo di appello è stato dedotto che la “Sannio Appalti”
avrebbe dovuto comunque essere esclusa dalla gara avendo designato per la
esecuzione dei lavori una impresa (FA.L.C. s.r.l.) qualificata per la esecuzione
di lavori nella categoria OG2, classifica III, priva dei requisiti di capacità
tecnica per la esecuzione dei lavori di categoria OG2, classifica IV. Il T.A.R.
avrebbe affermato che il Consorzio era in possesso della qualificazione e quindi
poteva affidare l’esecuzione dei lavori anche ad una impresa priva dei requisiti
di adeguata qualificazione. Viceversa il Consorzio, che non ha una sua struttura
di impresa e non esegue direttamente i lavori, non poteva affidare la esecuzione
dei lavori ad imprese prive dei requisiti di capacità economica, tecnica e
finanziaria, perché la costituzione dei Consorzi non può risolversi in
espediente per aggirare le norme sulla qualificazione.
Va rilevato al riguardo dal Collegio che il T.A.R. ha in proposito considerato
che sulla base della definizione che dei consorzi stabili danno sia l'art. 12
della legge 11 febbraio 1994, n. 109, che l’art. 36 del D. Lgs. n. 163 del 2006,
si evince che, sebbene tanto il Consorzio stabile quanto le imprese consorziate
conservino la loro autonoma soggettività giuridica, tuttavia sussiste tra esse
un legame ben più stretto di ogni altra forma di collegamento già raffigurata
dalla legge qualificabile quale rapporto di tipo organico, sicché unico soggetto
interlocutore dell'Amministrazione appaltante è il Consorzio stesso, che
assumerà la veste di parte del contratto, con la relativa assunzione in proprio
di tutti gli obblighi, gli oneri e le responsabilità.
Ha pertanto rilevato il Giudice di prime cure che ” sia dagli atti di causa che
nella domanda di partecipazione alla gara, che risulta speso lo status di
Consorzio e, quale soggetto esecutore, è stata designata l'Impresa FA.l.C.,
potendo i consorzi stabili far eseguire i lavori appaltati alle imprese
consorziate, senza che da ciò possa configurarsi l'istituto del subappalto,
proprio perché legati da un rapporto interno di tipo organico. È stato, altresì,
comprovato, con il deposito dell'attestazione SOA, il possesso della
qualificazione alla realizzazione dei lavori di cui alla categoria OG2
classifica IV, di tal che la censura deve essere disattesa”.
Osserva al riguardo la Sezione che, in tema di requisiti soggettivi di
partecipazione dei Consorzi alle procedure di evidenza pubblica, la
giurisprudenza è orientata nel senso che, una volta che il Consorzio abbia
superato la preselezione valendosi anche della somma dei requisiti delle ditte
consorziate, non può più richiedersi ad esso l'esecuzione da parte di una
singola consorziata anche se è tale ditta che assicura la presenza dei requisiti
soggettivi richiesti per l'ammissione alla gara, essendo l'esecuzione
dell'appalto di competenza del Consorzio, che potrà adempiere secondo le regole
contrattuali che sono a fondamento della sua costituzione e del suo
funzionamento, sempre che non siano richiesti requisiti soggettivi che attestino
una capacità tecnica specifica che l'ordinamento riconosca solo ad alcuni
soggetti con una regolamentazione a livello normativo delle modalità di
conseguimento di tale idoneità, come l’iscrizione in albi, elenchi speciali
ovvero conseguimento di particolari abilitazioni (Consiglio Stato, sez. V, 29
novembre 2004, n. 7765).
Il Consorzio stipula quindi il contratto in nome proprio ma per conto delle
imprese consorziate, alle quali poi assegna i lavori, senza che sia obbligato a
rispettare l’assegnazione originaria, anche perché il D.P.R. n. 34 del 2000 non
prevede la coincidenza tra le qualificazioni delle singole imprese consorziate e
la qualificazione SOA del Consorzio. Ciò non costituisce un espediente per
aggirare le norme sulla qualificazione, atteso che, come già evidenziato, è il
Consorzio e non le singole imprese consorziate che è dotato di soggettività
giuridica nel partecipare alla gara ed è ai requisiti di idoneità tecnica e
finanziaria posseduti e comprovati da esso, mediante il cumulo dei requisiti
posseduti dalle singole consorziate, che occorre far riferimento nel valutare i
requisiti di partecipazione alla gara.
Le pregresse considerazioni, considerato che è rimasta incontestata la
affermazione contenuta in sentenza che è stato effettuato in giudizio il
deposito dell'attestazione SOA circa il possesso della qualificazione alla
realizzazione dei lavori di cui alla categoria OG2 classifica IV, comportano la
impossibilità di apprezzare in senso positivo la censura in esame.
III.4.- Le considerazioni che precedono comportano in conclusione la non
condivisibilità dell’appello incidentale proposto dalla la ditta Vitiello
Vincenzo, in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano Giuseppe
Costruzioni s.r.l. e Maturo Costruzioni s.r.l., e la conseguente inutilità della
disamina delle eccezioni formulate dal Consorzio Stabile Sannio Appalti
s.c.ar.l. citato circa la inammissibilità del ricorso incidentale per essere
stata ampliata la materia del contendere e per mancata proposizione di querela
di falso o impugnazione di attestazioni SOA.
IV.- Quanto al ricorso n. n. 1310 del 2010 innanzi tutto il Collegio richiama le
precedenti statuizioni sulla eccezione riproposta dalla ditta Vitiello Vincenzo,
in proprio e quale capogruppo dell’A.T.I. con Siciliano Giuseppe Costruzioni
s.r.l. e Maturo Costruzioni s.r.l., di inammissibilità del ricorso principale di
primo grado, da valutare infondata.
IV.1.- Con l’unico motivo di appello il Comune di Benevento ha dedotto error in
judicando, violazione di legge (art. 38 del D. Lgs. “163/94” in relazione
all’art. 47 del D.P.R. n. 313 del 2002); inoltre illogicità manifesta ed omessa
valutazione delle difese comunali.
Erroneamente sarebbe stato valorizzato l’elemento oggettivo della carenza
documentale, indipendentemente dall’esame delle peculiari circostanze (il
decesso in data 26.1.2006 dell’ex direttore tecnico cessato dalla carica nel
triennio precedente la data di indizione della gara) che hanno impedito
l’applicazione dell’art. 38, I c., lettera c). del D. Lgs. n. 163 del 2006,
essendo impossibile allegare i certificati penali del suddetto o la
dichiarazione sostitutiva della certificazione, richiesti da detta norma.
L’art. 47 del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 in materia di casellario
giudiziale e carichi pendenti, prevede infatti che “il Comune comunica la morte
delle persone all’Ufficio locale, nel cui ambito territoriale le persone sono
nate. L’Ufficio locale elimina le iscrizioni”. Detta norma è stata resa
operativa dall’art. 22, III c., del D.M. Giustizia 25 gennaio 2007, che dispone
la eliminazione definitiva del dato anagrafico dal sistema, decorsi cinque anni
dalla data dell’avvenuto decesso o comunque al compimento dell’ottantesimo anno
di età.
Pertanto, secondo l’appellante, nessun certificato giudiziario o dei carichi
pendenti poteva essere rilasciato in ordine a tali posizioni perché l’ex
direttore tecnico, già deceduto alla data di presentazione della domanda di
partecipazione, comunque avrebbe avuto, se ancora in vita, oltre ottanta anni,
sicché l’A.T.I. aggiudicataria non avrebbe potuto comunque acquisire ed esibire
la certificazione mancante relativa ai carichi pendenti e alle sentenze di
condanna perché già eliminati dal sistema in quanto soggetto ultraottantenne a
decorrere dal 26.6.2006.
Né detta A.T.I. avrebbe potuto allegare dichiarazione sostitutiva ex art. 46 del
D.P.R. n. 445 del 2000 perché, in assenza di rilascio della certificazione,
nessuno poteva attestare la posizione penale dell’ex direttore tecnico atteso
che la dichiarazione dei fatti a rilievo penale può essere sottoscritta solo
dall’interessato.
Anche l’art. 9 del disciplinare dispone che le dichiarazioni devono essere rese
anche dai soggetti previsti dal’art. 38, I c. lett. B) e c), cioè dagli
interessati.
Nell’ipotesi che fosse comunque sussistito obbligo a carico dell’impresa di
effettuare la dichiarazione in luogo del soggetto deceduto è da considerare che
esso sarebbe stato comunque soddisfatto con la dichiarazione in atti del
16.12.2008 del legale rappresentante dell’impresa Maturo, che aveva dichiarato
di non essere nelle condizioni di cui all’art. 38, I c. del D. Lgs. n. 163 del
2006 (riguardante tutti i requisiti di ordine generale, compreso quello dell’ex
direttore tecnico).
Comunque, secondo l’appellante, la presentazione di certificati penali di un
soggetto cessato dalla carica ma deceduto sarebbe stata ininfluente ai fini
della partecipazione, perché non corrispondeva ad alcun interesse pubblico e non
poteva incidere sulla posizione della impresa e sul rapporto instaurando
(considerato che la ratio dell’art. 38, lettere b) e c) è quella di precludere
la partecipazione ai pubblici incanti di soggetti che non diano affidamento
sotto il profilo della moralità e della serietà professionale, al fine di
evitare che, anche se cessati da tempo, il loro operato possa continuare a
riverberarsi sull’organizzazione dell'impresa, tanto che, per evitarlo, la
impresa deve dimostrare la propria dissociazione dal loro operato). Peraltro,
nel caso di soggetto nelle more deceduto, l’operato dello stesso non sarebbe
sicuramente più in grado di riverberarsi sull’organizzazione dell'impresa.
IV.1.- Osserva il Collegio che al riguardo il T.A.R. ha asserito che occorreva
stabilire se, nell'ambito delle dichiarazioni da rendere ai sensi dell'articolo
38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ovvero ex art. 75, c. 1
lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554,
dovesse essere compresa la posizione dei soggetti che, rivestendo tali
qualifiche, fossero deceduti nel triennio e quale fosse l'effetto dell'eventuale
omissione.
A tal fine ha osservato che “L’odierna parte controinteressata contesta al
riguardo la doverosità della dichiarazione in ordine al possesso di requisiti
determinati come prevista dall'articolo 38 d.lgs. n. 163/2006 e prima ancora
dall'articolo 75 d.P.R. n. 554/1999: sul presupposto che ciò che rileva è non
già la dichiarazione bensì l'effettiva sussistenza o meno del requisito, si
sostiene che la circostanza che il direttore tecnico in questione nel triennio
precedente non avesse subito alcun procedimento penale di condanna e nelle more
fosse deceduto esimeva in concreto l'impresa di riferimento da qualsivoglia
obbligo dichiarativo”.
Il Giudice di primo grado non ha condivide tale ricostruzione ermeneutica in
base a quanto previsto dall'articolo 75 del D.P.R. n. 554 del 1999 e
dall'articolo 38 del D. Lgs. n. 163 del 2006.
Il contenuto di dette disposizioni è stato ritenuto ” chiaro nel condizionare
l'offerta alla specifica dichiarazione, tanto da individuarne un succedaneo
nella dichiarazione solenne; e conclusioni del tutto conformi possono essere
raggiunte per l'articolo 38 del codice dei contratti pubblici come peraltro
confermato dalla giurisprudenza amministrativa che ha sempre presupposto, nelle
sue decisioni, la piena obbligatorietà della dichiarazione (C.d.S., V, 7 maggio
2008, n. 2090; 15 gennaio 2008, n. 36).
Ciò che appare decisivo è il rilievo per cui le dichiarazioni sono, in realtà,
richieste per una finalità che non è solo di garanzia sull'assenza di ostacoli
pure di natura etica all'aggiudicazione del contratto, ma anche per una
ordinaria verifica sull'affidabilità dei soggetti partecipanti: la concreta
carenza di condizioni ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla
conoscenza di una situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e
giuridici che lambiscono in modo determinante la professionalità degli
amministratori. Tanto meno, del resto, si comprenderebbe il meccanismo di
verifica a campione, se quest'ultimo non fosse connesso alla obbligatorietà di
una dichiarazione, che costituisce il sistema di riferimento per valutare la
lealtà dei richiedenti (cfr., da ultimo . Consiglio di stato, sez. V, 12 giugno
2009 , n. 3742)”.
Ritiene al riguardo la Sezione di dover condividere le tesi sostenute dal
Giudice di primo grado, atteso che, secondo consolidata e condivisa
giurisprudenza, le dichiarazioni da rendere ai sensi dell'art. 38, del D. Lgs.
n. 163 del 2006 e, in precedenza, dall'art. 75 comma 1 lett. c) del D.P.R. 21
dicembre 1999 n. 554 (per i lavori), dall'art. 12 del D.Lgs. n. 157 del 1995
(per i servizi) e dall'art. 11 del D.Lgs. n. 358 del 1992 (per le forniture),
compresa quella riguardante la posizione dell'amministratore o rappresentante
deceduto nel triennio, sono obbligatorie.
L'art. 38, lett. b) e c), del D.Lgs. n. 163 del 2006, che recepisce
sostanzialmente le disposizioni previgenti, è stato interpretato in modo analogo
dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. da ultimo C.d.S., sez. V, 7 ottobre
2009, n. 6114; C.G.A., 11 aprile 2008, n. 312), innanzi tutto nella
considerazione che per le società e gli enti l'obbligo di dichiarare l'assenza
del c.d. "pregiudizio penale" concerne tutti i soggetti, in atto, muniti dei
poteri di rappresentanza, anche institoria o vicaria, ovvero il direttore
tecnico, nonché tutti i soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente
la pubblicazione del bando, indipendentemente dalla circostanza che non abbiano
materialmente speso i loro poteri nella specifica gara.
In secondo luogo perché l'obbligo della dichiarazione può ritenersi assolto dal
legale rappresentante dell'impresa, con la specifica indicazione degli altri
soggetti in carica, muniti di rappresentanza, immuni dai c.d. "pregiudizi
penali" .
Tanto esclude la condivisibilità della tesi dell’appellante che l’obbligo
sarebbe stato comunque soddisfatto con la dichiarazione in atti del 16.12.2008
del legale rappresentante dell’impresa Maturo, che ha dichiara di non essere
nelle condizioni di cui all’art. 38, I c. del D. Lgs. n. 163 del 2006.
Poiché è ammissibile, in sede di gara pubblica, sostituire il certificato del
casellario giudiziale con una dichiarazione sostitutiva, che può riguardare
anche soggetti diversi dal dichiarante, purché si abbia conoscenza diretta del
relativo stato, in ordine alle dichiarazioni che devono essere rese anche dai
“soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione
del bando di gara”, deve ritenersi che le dichiarazioni debbano essere rese
anche “con riferimento” a quei soggetti, e quindi che sia possibile rendere
sugli stessi dichiarazioni sostitutive da parte degli attuali amministratori.
Diversamente, la norma che interessa potrebbe facilmente essere considerata
giuridicamente illogica e contraria anche a considerazioni di comune buon senso,
perché pretendere l'acquisizione, ai fini dell'ammissione alla gara di
un'impresa, di una dichiarazione resa da un soggetto cessato già da tempo dalla
carica (e che potrebbe nutrire motivi di astio proprio a causa della risoluzione
del rapporto con l'impresa, o che potrebbe essere deceduto, o più semplicemente
irreperibile), equivarrebbe a sottomettere l'impresa, per la propria operatività
nel campo degli appalti pubblici, ad un soggetto estraneo ed irresponsabile che,
a proprio piacimento, potrebbe, nei tre anni successivi alla cessazione,
rilasciare (o meno) la dichiarazione in questione, a seconda del comportamento
gradito (o meno) dell'ex datore di lavoro, o più semplicemente impedire di
fatto, per la mera irreperibilità, la presentazione della dichiarazione stessa.
Dunque non è dubitabile che con riferimento all'ex direttore tecnico dovesse
essere resa la dichiarazione di cui all'articolo 38 citato.
Nessun effetto esimente può essere quindi collegato all'evento decesso, il quale
rappresenta una delle possibili cause di cessazione dalla carica.
Il problema, in questa ipotesi, non è quello di stabilire la sussistenza o meno
dell'obbligo di rendere la dichiarazione, ma piuttosto quale sia la forma
giuridicamente corretta per consentire l'ingresso nella documentazione di gara
di questa informazione.
Sul punto giova segnalare il più recente orientamento del Consiglio di Stato,
secondo cui l'obbligo di dichiarare l'assenza dei c.d. "pregiudizi penali" può
ritenersi assolto dal legale rappresentante dell'impresa anche avuto riguardo ai
terzi (direttori tecnici o altri soggetti comunque muniti di poteri di
rappresentanza anche se cessati dalla carica nel triennio antecedente), nel
presupposto che anche in questo caso operino le previsioni di responsabilità
penale ed il potere di verifica da parte della stazione appaltante (cfr. da
ultimo C.d.S., sez. V, 19 novembre 2009, n. 7244; C.d.S., sez. V, 7 ottobre
2009, n. 6114; Cons. giust. amm., 11 aprile 2008, n. 312).
La ratio della norma, la quale prevede come causa di esclusione dagli appalti
pubblici alcune circostanze incidenti negativamente sulla moralità
professionale, è, naturalmente, quella di escludere dalla partecipazione alle
gare di appalto le società i cui soggetti che abbiano (o abbiano avuto) un
significativo ruolo decisionale e gestionale si trovino in alcune delle
situazioni descritte nella richiamata disposizione.
Né vale sostenere che non già la formale dichiarazione bensì l'effettiva
sussistenza o meno del requisito costituisca ragione dell'esclusione o meno
dalla procedura ad evidenza pubblica così che la circostanza che
l'amministratore nel triennio precedente non avesse subito alcun procedimento
penale di condanna esimeva in concreto l'impresa di riferimento da qualsivoglia
obbligo dichiarativo.
Occorre invero sottolineare che le dichiarazioni sono, in realtà, richieste per
una finalità che non è solo di garanzia sull'assenza di ostacoli pure di natura
etica all'aggiudicazione del contratto, ma anche per una ordinaria verifica
sull'affidabilità dei soggetti partecipanti: la concreta carenza di condizioni
ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla conoscenza di una
situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e giuridici che
lambiscono in modo determinante la professionalità degli amministratori. Tanto
meno si comprenderebbe il meccanismo di verifica a campione, se quest'ultimo non
fosse connesso alla obbligatorietà di una dichiarazione, che costituisce il
sistema di riferimento per valutare la lealtà dei richiedenti (Consiglio Stato,
sez. V, 12 giugno 2009, n. 3742).
Né infine l'eliminazione delle iscrizioni nel casellario giudiziale, a seguito
della morte dell'interessato, contemplata dall'art. 5 del D.P.R. n. 312 del
2002, impedisce l'acquisizione di certificazioni storiche ai fini della verifica
delle dichiarazioni rese in sede di gara.
Aggiungasi che l’art. 38 citato impone a pena di esclusione di rendere la
dichiarazione sostitutiva che comprenda anche i precedenti penali, anche se non
risultanti dal certificato del casellario giudiziario, di cui invece l’art. 75
del D.P.R. n. 554 del 1999 prescriveva l’esibizione.
Infine v'è da osservare che la mancata allegazione, nel termine di scadenza
fissato dal bando, delle dichiarazioni inerenti i soggetti menzionati non possa
essere sanata per il tramite dell'istituto della regolarizzazione documentale di
cui all'art. 46 del D. Lgs. n. 163 del 2006, atteso che tale rimedio non si
applica al caso in cui l'impresa concorrente abbia integralmente omesso la
produzione documentale prevista dall'art. 38 precedente.
Tanto esclude il rilievo della circostanza che dopo la morte del sig. Maturo la
Maturo Costruzioni ha ottenuto un nuovo attestato di qualificazione, previa
verifica dei requisiti soggettivi necessari per la qualificazione, che sono gli
stessi richiesti dal citato art. 38.
Ciò, secondo la parte appellante, escluderebbe la necessità di rendere la
dichiarazione in sede di gara per accertare la permanenza dei requisiti stessi,
anche perché, secondo quanto dedotto dalla difesa della ditta Vitiello Vincenzo,
l’orientamento che l’attestazione SOA non dimostra il possesso dei requisiti di
ordine generale sarebbe superata dall’art. 40, III c., del D. Lgs. n. 163 del
2006, atteso che il possesso della attestazione SOA in capo ad una impresa non
impedisce né sostituisce l'accertamento e la valutazione dei requisiti morali,
concernendo piuttosto il profilo di ordine tecnico, organizzativo ed economico
della impresa (art. 1, comma 3, del D.P.R. 25 gennaio 2000, n 34, che definisce
l'attestazione di qualità condizione necessaria e sufficiente solo per la
dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria.
Rileva il Collegio che, anche se l’art. 40, III c. lettera b), del D. Lgs. n.
163 del 2006, prevede l’attestazione con la SOA anche dei requisiti di ordine
generale nonché tecnico-organizzativi ed economico-finanziari conformi alle
disposizioni comunitarie in materia di qualificazione, non può tuttavia
ignorarsi che il possesso della attestazione SOA in capo ad una impresa non
impedisce né sostituisce l'accertamento e la valutazione dei requisiti morali;
il possesso dei requisiti morali, più di quanto possa accadere per tutti gli
altri, che difficilmente mutano in modo radicale nel periodo di validità
dell'attestazione SOA, è invece soggetto ad eventi imprevedibili all'atto del
rilascio di tale certificazione, che possono influire sull'affidabilità morale
dell'impresa e dei suoi dirigenti, e che sono tali da giustificare un duplice
accertamento, all'atto del rilascio dell'attestazione ed al momento della
partecipazione a ciascuna gara d'appalto; ciò, anche in considerazione del fatto
che la concreta verifica del possesso dei requisiti di carattere generale in
capo ai singoli concorrenti appartiene pur sempre alla Stazione appaltante e non
può essere delegata alle SOA.
VI.- La reiezione dell’appello in esame comporta la inutilità della disamina dei
motivi di primo grado dichiarati assorbiti con la sentenza appellata e delle
eccezioni di00 sopravvenienza di carenza di interesse a coltivare il gravame in
ragione del coinvolgimento in ambito penale della società Maturo Costruzioni
s.r.l..
V.- Gli appelli in esame, previa riunione, devono essere conclusivamente
respinti e deve essere confermata la prima decisione.
VI.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità
del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c.,
del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che
costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del
presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede Giurisdizionale, Sezione V, riunisce gli appelli
in epigrafe indicati e li respinge entrambi.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2010 con
l'intervento dei Signori:
Calogero Piscitello, Presidente
Aniello Cerreto, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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