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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO, Sez.
IV, 2 novembre 2010, Sentenza n. 7731
DIRITTO URBANISTICO - Distanze - Terrapieni e muri di contenimento - Natura di
nuove costruzioni - Osservanza delle norme in tema di distanze - Fondamento.
Ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno
ed il muro di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già
esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni, idonee a
incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine (così,
Consiglio Stato, Sez. IV, 24 aprile 2009, n.2579; Consiglio Stato, Sez. V, 28
giugno 2000, n.3637; Cassazione civile, Sez. II, 11 novembre 2003, n.1695) Pres.
Maruotti, Est. De Felice - F.A. (avv.ti Cavallone e Clemente) c. Comune di Parma
e altri (n.c.) - (Riforma T.a.r. Emilia-Romagna, Parma n. 6/2004) -
CONSIGLIO DI STATO. Sez. IV - 2 novembre 2010, n. 7731
DIRITTO URBANISTICO - Distanze legali - Art. 136 d.P.R. n. 380/2001 - Pareti
finestrate e edifici antistanti - Distanza minima inderogabile di dieci metri -
Norme contrastanti incluse negli strumenti urbanistici - Disapplicazione. In
materia di distanze legali, l’art. 136 d.P.R. n. 380 del 2001 ha mantenuto in
vigore l’art. 47 quinquies, commi 6, 8, 9, della legge nazionale n. 1150 del
1942, per cui in forza dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 la distanza minima
inderogabile di 10 metri tra le pareti finestrate e di edifici antistanti è
quella che tutti i Comuni sono tenuti ad osservare, ed il giudice è tenuto ad
applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse
negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente
inserita nel prg al posto della norma illegittima (Cassazione civile, Sez. II,
29 maggio 2006, n.12741). Pres. Maruotti, Est. De Felice - F.A. (avv.ti
Cavallone e Clemente) c. Comune di Parma e altri (n.c.) - (Riforma T.a.r.
Emilia-Romagna, Parma n. 6/2004) -
CONSIGLIO DI STATO. Sez. IV - 2 novembre 2010, n. 7731
DIRITTO URBANISTICO - Distanze - Art. 9 D.M. n. 1444/1968 - Sporgenze -
Rilevanza - Condizioni. La distanza di dieci metri tra pareti finestrate di
edifici antistanti, prevista dall'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, va
calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che
si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale,
prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (così,
Consiglio Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909). Assumono pertanto rilievo
tutti gli elementi costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione,
aventi i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione,
salvo che non si tratti di sporti e di aggetti di modeste dimensioni con
funzione meramente decorativa e di rifinitura, tali da potersi definire di
entità trascurabile rispetto all’interesse tutelato dalla norma riguardata nel
suo triplice aspetto della sicurezza, della salubrità e dell’igiene (Consiglio
di Stato, Sez. V, 19 marzo 1996, n.268). Gli sporti, cioè le sporgenze da non
computare ai fini delle distanze perché non attinenti alle caratteristiche del
corpo di fabbrica che racchiude il volume che si vuol distanziare, sono i
manufatti come le mensole, le lesene, i risalti verticali delle parti con
funzione decorativa, gli elementi in oggetto di ridotte dimensioni, le
canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, non invece le sporgenze, anche dei
generi ora indicati, ma di particolari dimensioni, che siano quindi destinate
anche ad estendere ed ampliare per l'intero fronte dell'edificio la parte
utilizzabile per l'uso abitativo (Consiglio Stato , Sez. IV, 5 dicembre 2005 ,
n. 6909). Pres. Maruotti, Est. De Felice - F.A. (avv.ti Cavallone e Clemente) c.
Comune di Parma e altri (n.c.) - (Riforma T.a.r. Emilia-Romagna, Parma n.
6/2004) -
CONSIGLIO DI STATO. Sez. IV - 2 novembre 2010, n. 7731
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 07731/2010 REG.SEN.
N. 06548/2008 REG.RIC.
N. 02440/2004 REG.RIC.
N. 06547/2008 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6548 del 2008, proposto dalla signora
Ferrari Albertina, rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Cavallone e
Alessandro Clemente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato
Alessandro Clemente in Roma, piazza Santiago del Cile 8;
contro
Il Comune di Parma, Dirigente Settore Interventi Urbanistici del Comune di
Parma, Giunta Provinciale di Parma;
nei confronti di
La Cbs Costruzioni Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giancarlo Cantelli ed Adriano Giuffrè, con
domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Adriano Giuffrè in Roma, via
Gabriele Camozzi, 1;
sul ricorso numero di registro generale 2440 del 2004, proposto dalla signora
Ferrari Albertina, rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Cavallone e
Alessandro Clemente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato
Alessandro Clemente in Roma, piazza Santiago del Cile 8;
contro
Dirigente Settore Interventi Urbanistici Comune di Parma, Giunta Provinciale di
Parma;
Cbs Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Giancarlo Cantelli, Adriano Giuffrè ed
Emilio Radini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Adriano
Giuffrè in Roma, via Gabriele Camozzi, 1;
Comune di Parma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso
dagli avvocati Guido Francesco Romanelli e Renzo Rossolino, con domicilio eletto
presso lo studio dell’avv. Guido F. Romanelli in Roma, via Cosseria, 5;
sul ricorso numero di registro generale 6547 del 2008, proposto dalla signora
Ferrari Albertina, rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Cavallone e
Alessandro Clemente, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato
Alessandro Clemente in Roma, piazza Santiago del Cile 8;
contro
Comune di Parma, Dirigente Settore Interventi Urbanistici del Comune di Parma,
Giunta Provinciale di Parma;
nei confronti di
La Cbs Costruzioni Srl, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e
difeso dagli avvocati Giancarlo Cantelli e Adriano Giuffrè, con domicilio eletto
presso lo studio dell’avvocato Adriano Giuffrè in Roma, via Gabriele Camozzi, 1;
per la riforma
quanto al ricorso n. 2440 del 2004:
della sentenza del T.a.r. Emilia-romagna - Sez. staccata di Parma n. 00006/2004,
resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA PER LA COSTRUZIONE DI UNO
STABILE
quanto al ricorso n. 6547 del 2008:
della sentenza del T.a.r. Emilia-romagna - Sez. staccata di Parma n. 00320/2008,
resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA PER COSTRUZIONE DI UN
EDIFICIO
quanto al ricorso n. 6548 del 2008:
della sentenza del T.a.r. Emilia-romagna - Sez. staccata di Parma n. 00321/2008,
resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA PER COSTRUZIONE DI UN
EDIFICIO
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Cbs Costruzioni Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2010 il Cons. Sergio De
Felice e uditi per le parti gli avvocati Galletti, su delega dell’avv.
Cavallone, e Giuffrè;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia
Romagna, sezione di Parma, la attuale appellante chiedeva l’annullamento della
concessione edilizia rilasciata dal Comune di Parma alla CBS Costruzioni srl
relativa a nuove costruzioni finitime alla sua abitazione, sita in Parma alla
via Cremonese n.169.
La ricorrente deduceva vizi seguenti: la violazione della distanza da osservarsi
dai confini e dalle costruzioni esterne al lotto (art. 38 Regolamento
urbanistico edilizio comunale), intendendosi per costruzione anche i balconi
aggettanti e scala di accesso, dai quali calcolare tali distanze; in subordine,
illegittimità del medesimo articolo 38 riguardo a densità, altezze, distanze;
difetto di motivazione.
Con motivi aggiunti ella ha dedotto i vizi seguenti: violazione dell’art. 41
quinquies l.n. 1150 del 1942; violazione dell’art. 4 RUE comunale sui limiti
inderogabili sulle distanze; violazione dell’art. 8 del d.m. n. 1444 del 1968
sul rapporto tra altezza dei nuovi edifici e quella degli edifici circostanti;
la violazione dell’art. 3 del d.m. n. 1444 del 1968 sui limiti di densità
edilizia, difetto di motivazione, anche in relazione a quanto prescrive l’art.
11 del regolamento edilizio sui processi verbali.
Il giudice di primo grado, con la sentenza impugnata n. 6 del 2004, provvedeva
nel seguente modo: 1) rigettava in quanto infondate le eccezioni di
irricevibilità; 2) rigettava la censura relativa al calcolo della distanza dal
muro di contenimento del terrapieno artificiale, ritenendo che tale opera non
fosse idonea a concretizzare il concetto di costruzione; 3) rigettava in quanto
infondata la censura di illegittimità dell’art. 38, perché non in contrasto con
la normativa vigente in materia di distanze tra fabbricati; rigettava la censura
di difetto di motivazione; accoglieva il primo motivo proposto con i motivi
aggiunti, relativo alla violazione del limite delle distanze inferiori a metri
10, in quanto – a seguito di verificazione disposta – era risultato che sia le
scale di accesso che i balconi che sporgeranno verso il fabbricato confinante
erano posti a distanza inferiore ai dieci metri previsti dall’art. 9 del d.m. n.
1444 del 1968 e dall’art. 4, comma 4, del RUE e a distanza inferiore a metri
cinque dal confine; veniva rigettata la censura della violazione del limite di
altezza; venivano rigettati o dichiarati inammissibili gli ulteriori vizi
proposti.
Inoltre, veniva dichiarato inammissibile il ricorso r.g.n.164 del 2003, con il
quale la ricorrente, in sostanza, proponeva le medesime censure.
Avverso tale sentenza propone appello (r.g.n. 2440 del 2004) la signora Ferrari
Albertina, deducendo quanto segue.
In primo luogo, viene riproposto il vizio di violazione dell’articolo 38 del RUE
di Parma, che impone “10 metri dalle costruzioni esterne al lotto”; in quanto
per costruzione deve intendersi anche il parallelo muro di cemento avente
funzioni di terrapieno, come emerso dalla verificazione svolta: non si tratta di
modesto muro di recinzione sormontato da rete metallica, ma muro – e quindi
costruzione - che crea dislivello artificiale rispetto al piano di campagna.
Vengono riproposti il vizio di difetto di motivazione e quello di violazione
dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, nella parte in cui prescrive che, qualora
la distanza di 10 metri sia inferiore alla altezza del nuovo edificio, tale
distanza debba essere maggiorata sino a raggiungere tale altezza; violazione in
ogni caso dell’art. 8 DM 1444 del 1968 (limiti di altezza degli edifici); in
subordine illegittimità dell’art. 38 RUE di Parma su densità, altezze e
distanze.
Nell’appello si ribadisce la specialità della previsione dell’art. 8 del d.m. n.
1444 del 1968 rispetto all’art. 38 del RUE di Parma; si sostiene inoltre che
l’altezza del fabbricato è stata calcolata in modo errato, in quanto è stato
omesso del tutto il piano della mansarda, impropriamente definita sottotetto.
Viene reiterata la censura di violazione dell’art. 3 DM 1444 del 1968 sui limiti
di densità edilizia, il vizio di violazione di legge e eccesso di potere per
difetto di istruttoria e sviamento, nonché la erroneità di declaratoria di
inammissibilità del ricorso r.g.n.164 del 2003 per continenza.
Si è costituito il Comune di Parma, chiedendo in via preliminare dichiararsi la
inammissibilità dell’appello per difetto di interesse, in quanto, a seguito
dell’annullamento parziale in via giurisdizionale, è stata chiesta e ottenuta
nuova concessione edilizia (n. 2577 del 2003 a favore della CBS) impugnata anche
essa dinanzi al giudice di primo grado e oggetto di altro giudizio.
Per il resto il Comune osserva che le censure introdotte con l’appello (su
altezze, mansarda, parcheggi, esistenza di tettoie) sono già oggetto della
successiva sentenza del TAR Emilia-Romagna n. 321 del 2008 e quindi sono
inammissibili; infine chiede rigettarsi l’appello perché in ogni caso infondato.
Si è costituita anche la s.r.l. CBS, che chiede dichiararsi la improcedibilità
dell’appello, in quanto il nuovo permesso di costruire ha attuato le
prescrizioni relative all’abbattimento degli aggetti, ma costituisce nuovo
titolo. Per il resto insiste nel rigetto dell’appello perché infondato.
Con ulteriore memoria la appellante afferma il suo persistente interesse al
ricorso, in quanto la attività edilizia è stata iniziata e in gran parte
realizzata sulla base proprio della prima concessione edilizia impugnata (n.
3134 del 2002) e in ogni caso è stata proposta azione risarcitoria anche dinanzi
al Tribunale civile di Parma, circostanza che impedisce la declaratoria di
improcedibilità. Per il resto insiste nelle sue deduzioni.
Con ricorso r.g.n. 401/2003 proposto dinanzi al Tar Emilia-Romagna, sezione di
Parma, la medesima signora Ferrari Albertina impugnava la concessione edilizia
rilasciata dal Comune di Parma per la costruzione di edificio immediatamente
confinante con quello oggetto della concessione edilizia n. 3134 del 2002
nonché, sempre con motivi aggiunti, la concessione edilizia rilasciata per la
costruzione di un edificio immediatamente confinante con quello oggetto della
concessione edilizia 3134 del 2002 (ora 2577 del 2003).
La ricorrente impugnava la concessione edilizia 1744 del 2002 rilasciata alla
s.r.l. CBS per la realizzazione di fabbricato che, sia pure non confinante con
il suo, è tuttavia localizzato a immediato ridosso dell’edificio vicino;
deduceva la violazione del limite delle altezze, il superamento del limite di
volumetria, il limite della distanza stabilito dall’art. 9 del d.m. n. 1444 del
1968 rispetto ad altri due edifici confinanti, la indebita qualificazione quali
sottotetti di ben due mansarde, con incidenza sulla superficie lorda.
Con motivi aggiunti ella impugnava anche la variante alla concessione edilizia
(1742 del 2004), riproponendo le medesime censure e deducendo l’illegittimo
incremento delle altezze del sottotetto, la sua erronea esclusione dal calcolo
della superficie utile e la inosservanza del regolamento edilizio.
Con altri motivi aggiunti veniva impugnato il certificato di agibilità e
abitabilità.
Con ordinanze collegiali, il giudice di primo grado disponeva la verificazione
in ordine al limite delle distanze e ai locali costituenti sottotetto.
Con sentenza n.320 del 2008, il giudice di primo grado rigettava il ricorso
ritenendolo non fondato, in ordine a tutti i motivi proposti, riguardanti il
superamento della altezza, il limite di volumetria e superficie del lotto, il
limite della distanza di dieci metri tra pareti finestrate e edifici antistanti,
il computo dei sottotetti. Venivano rigettati anche i motivi riguardanti la
variante al permesso di costruire e il certificato di conformità edilizia.
Con l’atto di appello r.g.n.6547 del 2008 la medesima signora Ferrari appella la
sentenza n.320 del 2008, in sostanza riproponendo le censure già proposte in
primo grado e rigettate in quella sede.
Tali censure consistono nei seguenti mezzi:
A) illegittimità per violazione dell’art. 41 quinquies L.n. 1150 del 1942 e art.
8 del d.m. n. 1444 del 1968 sui limiti di altezza dei nuovi edifici; erroneità
della sentenza per violazione dell’art. 8 del d.m. n. 1444 del 1968, per il
quale l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli
edifici preesistenti e circostanti; erroneamente il primo giudice ha ritenuto
che il limite di altezza vada riferito non alle sole costruzioni confinanti ma
alla intera zona dell’insediamento abitativo, senza indicare di quale zona si
tratti; l’art. 38 del RUE di Parma, laddove prevede la possibilità di costruire
edifici di altezza massima di metri 12,50, è in contrasto con l’art. 8 del d.m.;
B) illegittimità per violazione dei limiti di volumetria e fabbricabilità del
lotto, nonché delle aree da destinare a parcheggio; erroneità della sentenza per
omesso esame delle risultanze istruttorie; infatti, è stato consentito di
realizzare un intervento che prevede una fabbricabilità maggiore rispetto a
quella ammissibile, in ordine alla fabbricabilità già consumata da CBS srl per
effetto di precedenti concessioni edilizie (come da relazioni tecniche agli
atti);
C) illegittimità per violazione dell’art. 38 RUE e dell’art. 9 del d.m. n.
1444/1968 richiamato anche dall’art. 4 RUE di Parma in materia di distanze tra
costruzioni finestrate di altro edificio confinante con quello assentito,
rappresentando che i balconi frontistanti tra l’edificio n. 1 e quello n.2 sono
dieci; si specifica che, contrariamente a quanto sostenuto dal verificatore, gli
aggetti di un edificio sono da considerare costruzione; erroneità della sentenza
per illogicità e contraddittorietà della motivazione, violazione e falsa
applicazione dell’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 e dell’art. 4.4 del RUE di Parma
sulle distanze tra le costruzioni finestrate; si rappresenta che la deroga alla
distanza minima definita assoluta dall’art. 9 del d.m. non è applicabile fuori
dei casi tassativi degli specifici strumenti attuativi richiamati dal suo ultimo
comma, mentre nella specie si tratta di intervento edilizio diretto;
D) violazione degli artt. 25 e seguenti del RUE di Parma; violazione degli artt.
28 e 30 del regolamento edilizio in materia di sottotetti, violazione dell’art.
3.4 sul computo delle superfici utili; si lamenta che esistano ampie superfici
utili che superano l’altezza di metri 2,40 (come risulta dalla relazione della
verificazione); si sostiene che i sottotetti, qualificati come mansarde, debbono
essere computati nella superficie utile lorda, con l’effetto di comportare la
violazione delle previsioni; violazione del regolamento comunale e della
delibera regionale 593 del 1995 sul requisito cogente rappresentato dall’altezza
e modalità di calcolo dell’altezza stessa delle nuove costruzioni; illogicità e
difetto di motivazione;
E) illegittimità per ulteriore superamento dei limiti di fabbricabilità per
violazione della fascia di rispetto stradale; erroneità della sentenza per
violazione e erronea interpretazione dell’art. 81 POC in relazione all’art. 28
regolamento codice della strada;
F) erroneità per erronea valutazione delle risultanze istruttorie, con riguardo
al presunto asservimento del lotto ad altra costruzione;
G) erroneità della sentenza impugnata, in quanto le mansarde sono state
impropriamente definite sottotetto;
H) illegittimità del certificato di agibilità e abitabilità e erronea
valutazione delle risultanze istruttorie.
Si è costituita la s.r.l. CBS chiedendo il rigetto dell’appello perché
infondato.
Con altra memoria datata 10 settembre 2010, ritualmente depositata, la
appellante ha ribadito le sue censure in ordine ai seguenti aspetti: violazione
delle distanze; violazione della altezza; violazione della fabbricabilità e
delle regole sui sottotetti.
Con altro ricorso proposto in primo grado r.g.n.113 del 2004, la signora Ferrari
Albertina impugnava il permesso di costruire n. 2577 del 2003 rilasciato dal
Comune di Parma per la realizzazione di edificio confinante con la sua
abitazione; con motivi aggiunti impugnava il medesimo atto; con ulteriori motivi
aggiunti impugnava la variante n. 2235 del 2004 al permesso di costruire; con
ulteriori motivi aggiunti impugnava il rigetto della richiesta di
autoannullamento del permesso di costruire n. 2577 del 2003; con ulteriore
ricorso per motivi aggiunti impugnava anche il certificato di abitabilità e
agibilità.
Il giudice di primo grado disponeva una verificazione sulla violazione del
limite delle distanze e sul computo della superficie lorda utile.
Con la sentenza impugnata, il giudice di primo grado rigettava la censura di
violazione delle statuizioni della sentenza demolitoria n. 6 del 2004, in quanto
l’annullamento derivava dalla ritenuta violazione del limite delle distanze
quanto agli aggetti; rigettava le censure della violazione delle distanze dal
muro di contenimento, della distanza tra pareti finestrate e edifici antistanti,
del superamento delle volumetrie disponibili, del computo delle superfici
abitabili, della violazione dell’art. 8 del d.m. n. 1444 del 1968, della
violazione della distanza minima di dieci metri dall’edificio ubicato nel lato
opposto, del computo dei sottotetti, dell’indice di fabbricabilità; venivano
rigettate anche le ulteriori censure.
Con l’atto di appello r.g. n. 6548 del 2008, la appellante signoraFerrari
Albertina impugnava la sentenza n. 321 del 2008, deducendo i seguenti motivi di
appello:
A) illegittimità per violazione dell’art. 11 della legge n. 47/1985 e per
illegittimo rilascio di titolo edilizio di fatto in sanatoria; violazione
dell’art. 38 del d.P.R. n. 380 del 2001; si sostiene la illegittimità della
nuova concessione edilizia, rilasciata a seguito di annullamento giurisdizionale
per motivi sostanziali e non formali, come invece ritenuto dal primo giudice;
B)illegittimità per violazione dell’art. 38 RUE di Parma, erroneità della
sentenza per difetto di motivazione, travisamento di fatto, violazione dell’art.
873 c.c., errata interpretazione dell’art. 38 RUE di Parma anche in relazione
all’art. 7 della legge regionale Emilia Romagna n. 20 del 2000 e alla vigente
legislazione urbanistica che definisce la nozione di costruzione; ha errato il
TAR nel ritenere che il muro di sostegno del terrapieno posto sulla proprietà
Ferrari fosse un semplice muro di recinzione sormontato da rete metallica, con
conseguente insussistenza dell’obbligo di rispettare la distanza di metri 10
dalle costruzioni esterne al lotto imposta dall’art. 38 RUE di Parma; deve
intendersi per costruzione anche il muro di contenimento con funzione di
terrapieno, ai fini del rispetto del limite delle distanze;
C) illegittimità per ulteriore violazione dell’art. 38 RUE di Parma, dell’art.
4.4 RUE di Parma e dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 in materia di distanze,
erroneità della sentenza per violazione di legge, errata valutazione delle
risultanze della istruttoria e contrasto con i documenti in atti; la violazione
sia del limite di 10 metri dalla costruzione Ferrari che dei 5 metri dal confine
risulta dalla documentazione del progetto assentito;
D) illegittimità per ulteriore violazione degli artt. 38 RUE, art. 4.4. RUE di
Parma e dell’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 in materia di distanze; erroneità
della sentenza per violazione di legge, illogicità e contraddittorietà della
motivazione, erronea interpretazione e violazione delle norme statali e comunali
sulla distanza tra costruzioni finestrate; la nuova costruzione è stata
assentita a meno di metri 10 dalle pareti finestrate di altro edificio in
precedenza assentito; i numerosi balconi in muratura che si sporgono dalle
pareti finestrate riducono la distanza assoluta di metri 10 di cui al d.m. a
metri 7 circa; i balconi frontistanti sono dieci; secondo l’art. 9 d.m. soltanto
il piano particolareggiato e il piano di lottizzazione convenzionata possono
fissare in modo dettagliato e specifico le eventuali minori distanze in deroga
tra costruzioni finestrate che per le zone B sono di 10 metri assoluti;
E) illegittimità per violazione dei limiti di volumetria e superficie
edificabile del lotto; erroneità della sentenza per violazione di legge,
violazione dell’art. 38 RUE e dell’art. 21 L.TAR; si contesta la correttezza
della sentenza di primo grado che, in ordine alla censura di violazione del
limite di fabbricabilità, ha ritenuto inammissibile la censura, per avere
sollecitato dapprima i poteri istruttori e poi avere depositato i necessari
documenti: la mancata produzione della documentazione non dovrebbe generare la
decadenza dalla impugnativa;
F) illegittimità per superamento dei limiti di fabbricabilità in violazione
dell’art. 81 POC di Parma, erroneità della sentenza e erronea interpretazione
dell’art. 81 POC in relazione all’art. 28 Regolamento codice della strada, in
quanto erroneamente il Comune ha ritenuto interamente fabbricabile la fascia di
rispetto stradale;
G) ulteriore illegittimità per violazione del d.m. n. 1444/1968 da parte
dell’impugnato art. 3.3 del RUE di Parma; ulteriore illegittimità dell’art. 3.3
RUE di Parma per violazione dell’art. 3 Costituzione, erroneità della sentenza
per violazione di legge, illogicità, omesso esame delle risultanze istruttorie;
I) illegittimità per violazione dell’art. 8 del d.m. n. 1444/1968 sui limiti di
altezza dei nuovi edifici, violazione dell’art. 9, ultimo comma, del d.m. sulla
maggiorazione delle distanze in rapporto alla altezza delle nuove costruzioni,
erroneità della sentenza per violazione dell’art. 8 del d.m. e dell’ultimo comma
dell’articolo 9;
L) illegittimità per avvenuto asservimento dei lotti residui ad altra
costruzione precedentemente assentita; l’asservimento di aree circostanti a
quella per cui è data la concessione edilizia, conseguente a tale concessione,
estingue il carattere originariamente edificatorio dell’area asservita;
erroneità della sentenza per contraddittorietà e illogicità della motivazione,
nonché per insufficiente esame delle risultanze istruttorie;
M) violazione dell’art. 38 RUE per la permanenza di costruzioni sul lato
Ferrari;
N) difetto di motivazione, quanto ai concreti dettagli di superficie, cubatura,
ubicazione, altezze e distanze;
O) violazione di legge e di normativa subordinata quanto ai sottotetti, quali
emergono anche dalle risultanze tecniche;
P) violazione dell’art. 59.12 (sulla disciplina dei parcheggi privati), per
sproporzione del numero dei posti auto rispetto al numero delle unità abitative
dichiarate;
Q) illegittimità derivata della variante e ulteriore illegittimità per
violazione degli artt. 25 e seguenti e degli artt. 28 e 30 del regolamento
edilizio di Parma, nonché dell’art. 3.4. RUE di Parma sul mancato computo nella
SLU delle mansarde impropriamente definite “sottotetto”;
R) illegittimità per rigetto della istanza di autoannullamento;
S) erroneità della sentenza per illegittimità del certificato di agibilità e
abitabilità.
Con memoria depositata datata 10 settembre 2010, la appellante ha ribadito le
sue censure relativamente alla violazione delle distanze, dell’altezza, della
necessità della motivazione,della fabbricabilità, relativamente ai sottotetti.
Alla udienza pubblica del 19 ottobre 2010 le tre cause sono state trattenute in
decisione.
DIRITTO
1.Preliminarmente, deve disporsi, come richiesto anche dalle parti, la riunione
dei sopra indicati giudizi, per connessione soggettiva e oggettiva; infatti, il
primo appello (n. 2440 del 2004) ha ad oggetto l’appello sulla prima concessione
edilizia (n. 3134 del 2002); il secondo (in realtà r.g. n. 6548 del 2008) ha ad
oggetto l’appello sul secondo permesso di costruire (n. 2577 del 2003), emanato
a seguito dell’annullamento giurisdizionale; il terzo (r.g. n.6547 del 2008) ha
ad oggetto l’appello sulla concessione edilizia rilasciata per la costruzione di
edificio immediatamente confinante con quello oggetto della concessione edilizia
n. 3134 del 2002.
2. In via preliminare, ancora, va rigettata la eccezione di improcedibilità
sollevata in relazione al primo appello (r.g.n.2440 del 2004), eccezione
giustificata con la argomentazione che a seguito dell’annullamento
giurisdizionale disposto con la sentenza del TAR Parma n.6 del 2004 la prima
concessione oggetto di impugnazione (n. 3134 del 2002) sarebbe stata
completamente sostituita dalla successiva concessione (n. 2577 del 2003).
E’ assorbente la considerazione, controdedotta da parte appellante, della
proposizione della azione risarcitoria (dinanzi al Tribunale civile) a fare
ritenere senz’altro sussistente l’attuale interesse a ricorrere riguardo alla
richiesta di annullamento della prima concessione, quantomeno per i danni che
dovessero ritenersi medio tempore prodotti.
Inoltre, parte appellante sostiene che buona parte dei motivi – non accolti e
riproposti con l’appello – relativi a tutte le censure sopra riprodotte, in
realtà già riguardavano la prima concessione e sono comuni all’ altra
concessione successiva, che pure si contesta quanto a distanza, altezza,
violazione della normativa urbanistica.
3. Gli appelli sono fondati nei sensi che seguono.
In primo luogo, in via prioritaria dal punto di vista logico, è da rigettare il
primo motivo dell’appello n. 6548 del 2008 (pagina 13 e 14), con il quale si
sostiene la violazione dell’art. 11 L.47 del 1985 (in realtà sostenendo la
violazione della precedente sentenza del TAR n. 6 del 2004).
Parte appellante invoca il principio secondo cui la concessione edilizia in
sanatoria, di una costruzione eseguita in base ad una concessione annullata per
motivi sostanziali di contrarietà allo strumento urbanistico, sarebbe
illegittima, ammettendosi l’emanazione della concessione successiva soltanto in
caso di annullamento per motivi procedurali o formali.
In realtà, il primo annullamento (disposto con la sentenza n.6 del 2004, oggetto
dell’appello 2440 del 2004) era avvenuto sulla base della riscontrata violazione
del limite delle distanze in relazione ai c.d. aggetti (balconi), sicché in
teoria – salve ulteriori violazioni, che pure gli appelli ripropongono – sarebbe
stata ben legittima una concessione successiva al primo annullamento, che però
fosse emendata dal vizio relativo riscontrato dal giudice.
Dalla previsione di cui all’art. 38 del DPR 380 del 2001 – che prevede la
rimozione dei vizi delle procedure amministrative in caso di permesso di
costruire annullato in via giurisdizionale - non deriva quindi un generale
divieto di rinnovazione dei permessi di costruire annullati in sede
giurisdizionale per vizi di carattere sostanziale.
4. Si ritiene di analizzare contestualmente le censure comuni ai diversi
appelli, che si ritengono fondate.
E’ fondato il motivo proposto con l’appello n. 6548 del 2008, con il quale si
lamenta la violazione delle distanze, rispetto al muro di contenimento di
proprietà Ferrari.
Il giudice di prime cure ha rigettato il motivo, sostenendo che il muro di
sostegno al terrapieno sarebbe un semplice muro di recinzione sormontato da rete
metallica, e non si tratterebbe di una costruzione.
Come invece deduce la appellante, il limite imposto dal Regolamento urbanistico
del Comune di Parma impone il rispetto della distanza di “10 metri dalle
costruzioni esterne al lotto”.
Decisiva è la considerazione che il muro concreta gli estremi per essere
ritenuto una costruzione, ai fini delle distanze, sia per dimensioni che per la
funzione espletata.
Il limite di 10 metri, prima ancora che dalle pareti finestrate della abitazione
della appellante, deve essere computato dal parallelo muro di cemento, avente la
funzione di contenimento del terrapieno.
In fatto, il muro realizza una funzione di contenimento del terrapieno ed è
della altezza di un metro e mezzo circa e della lunghezza di circa trenta metri,
rispetto al piano di campagna, oggi di proprietà della s.r.l. CBS.
Anche le relazioni tecniche prodotte in atti, alle quali fa riferimento parte
appellante (v. la relazione tecnica dell’ing. Crescentini del 14 novembre 2003 e
quella dell’ing. Uberti del 6.3.2007) ribadiscono la natura di costruzione al
muro suddetto.
In ordine al principio di diritto, costituisce orientamento consolidato che, ai
fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno ed
il muro di contenimento, che producono un dislivello o aumentano quello già
esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove costruzioni, idonee a
incidere sulla osservanza delle norme in tema di distanze dal confine (così,
Consiglio Stato, Sez. IV, 24 aprile 2009, n.2579; Consiglio Stato, Sez. V, 28
giugno 2000, n.3637).
Ai fini della osservanza delle norme sulle distanze dal confine, il terrapieno
ed il muro di contenimento, che hanno prodotto un dislivello oppure hanno
aumentato quello già esistente per la natura dei luoghi, costituiscono nuove
costruzioni (Cons. Stato, Sez. IV, 24 aprile 2009, n.2579).
In genere, viene considerata una costruzione, rilevante ai fini delle distanze
legali, anche un terrapieno, se creato artificialmente al di sopra del livello
medio del piano di campagna originario (così Cassazione civile, Sez. II, 11
novembre 2003, n.1695; Consiglio Stato, Sez. V, 26 giugno 2000, n.3637; anche
Cassazione Sez. II, 15 giugno 2001, n. 8144, secondo cui, ai fini della
applicazione delle distanze legali, il muro di sostegno costituisce
costruzione).
Il muro in questione costituisce quindi una vera e propria costruzione da cui
computare la distanza prevista dall’art. 38 del regolamento urbanistico edilizio
di Parma.
In accoglimento dell’appello, va quindi accolto il motivo con il quale si
lamenta la illegittimità dei permessi di costruire per violazione dell’art. 38
del RUE di Parma, per avere il titolo edilizio consentito una costruzione a meno
di dieci metri dal muro del terrapieno di proprietà della signora Ferrari.
5. Una ulteriore violazione del limite delle distanze viene asserito
nell’appello con riferimento al superamento dei dieci metri tra le pareti
finestrate.
E’ da ritenere fondato anche tale ulteriore motivo dell’appello n. 6548 del 2008
(pagine 22 e seguenti), con il quale si lamenta la violazione dell’art. 9 del
d.m. n. 1444 del 1968 e in ogni caso la violazione del limite delle distanze,
perché l’assentimento sarebbe inferiore ai previsti metri dieci, calcolandolo
dalle pareti finestrate di entrambi gli edifici.
Come deduce parte appellante, i numerosi balconi in muratura che reciprocamente
sono inseriti nelle costruzioni riducono la distanza assoluta di metri 10
(prevista dal DM su richiamato) a circa sette metri, come emerge dalla
verificazione effettuata in primo grado.
Il primo giudice ha ritenuto che la deroga alle distanze minime di cui all’art.
9 del DM 1444 del 1968 sarebbe consentita – oltre che per i piani
particolareggiati e per le lottizzazioni convenzionate, come prevede la
normativa – anche per gli interventi edilizi diretti, consentiti dallo strumento
urbanistico, interventi tra i quali ricomprendere il permesso di costruire
rilasciato alla s.r.l. CBS.
Al contrario, contestando, in punto di fatto, che la s.r.l. CBS ha nel tempo
frazionato catastalmente il suo terreno (creando quindi più lotti, con la
conseguenza che ogni edificio di pertinenza è tenuto a rispettare le distanze
previste dall’art. 38 RUE), la appellante lamenta in punto di diritto la
violazione della disciplina imperativa prevista dall’art. 9 del d.m. n. 1444 del
1968.
Il motivo è fondato, sia perché la disciplina imperativa delle distanze di cui
all’art. 9 prevale, sia perché tra gli interventi diretti che consentirebbero la
deroga non è contemplato il titolo abilitativo diretto, ma solo la
pianificazione attuativa.
Sul primo punto, l'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, che detta disposizioni
in tema di distanze tra le costruzioni, stante la natura di norma primaria,
sostituisce eventuali disposizioni contrarie contenute nelle norme tecniche di
attuazione (Consiglio Stato , sez. IV, 05 dicembre 2005 , n. 6909).
Le distanze legali previste dagli standards urbanistici sono immediatamente
applicabili ai rapporti privati, ove gli strumenti urbanistici prevedono
distanze minori.
L'art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, laddove prescrive la distanza di dieci
metri tra le pareti finestrate di edifici antistanti, va rispettata in tutti i
casi, trattandosi di norma volta ad impedire la formazione di intercapedini
nocive sotto il profilo igienico-sanitario, e pertanto non è eludibile.
Pertanto, le distanze tra le costruzioni sono predeterminate con carattere
cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive
connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di modo che al giudice non è
lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in
materia di equo contemperamento degli opposti interessi (Consiglio Stato , sez.
IV, 05 dicembre 2005 , n. 6909).
In materia di distanze legali, l’art. 136 d.P.R. n. 380 del 2001 ha mantenuto in
vigore l’art. 47 quinquies, commi 6, 8, 9, della legge nazionale n. 1150 del
1942, per cui in forza dell’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968 la distanza minima
inderogabile di 10 metri tra le pareti finestrate e di edifici antistanti è
quella che tutti i Comuni sono tenuti ad osservare, ed il giudice è tenuto ad
applicare tale disposizione anche in presenza di norme contrastanti incluse
negli strumenti urbanistici locali, dovendosi essa ritenere automaticamente
inserita nel prg al posto della norma illegittima (Cassazione civile, Sez. II,
29 maggio 2006, n.12741).
Inoltre, se la deroga è consentita solo per piani particolareggiati e le
lottizzazioni convenzionate, in tale previsione non può ricomprendersi il
permesso di costruire.
Sussiste pertanto la lamentata violazione della distanza minima assoluta di 10
metri tra le costruzioni finestrate, non contenendo l’art. 38 del RUE di Parma
alcuna previsione di distanza in deroga inferiore e essendo state in fatto
verificate distanze di circa sette metri tra l’edificio assentito a CBS, tenendo
conto degli aggetti in muratura (balconi e scale esterne).
Con riguardo a tale ultima considerazione, si richiamano i precedenti secondo
cui la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti,
prevista dall'art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, va calcolata con
riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si
fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale,
prescindendo anche dal fatto che esse siano o meno in posizione parallela (così,
Consiglio Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909).
Ai fini del computo delle distanze assumono rilievo tutti gli elementi
costruttivi, anche accessori, qualunque ne sia la funzione, aventi i caratteri
della solidità, della stabilità e della immobilizzazione, salvo che non si
tratti di sporti e di aggetti di modeste dimensioni con funzione meramente
decorativa e di rifinitura, tali da potersi definire di entità trascurabile
rispetto all’interesse tutelato dalla norma riguardata nel suo triplice aspetto
della sicurezza, della salubrità e dell’igiene (Consiglio di Stato, Sez. V, 19
marzo 1996, n.268).
Gli sporti, cioè le sporgenze da non computare ai fini delle distanze perché non
attinenti alle caratteristiche del corpo di fabbrica che racchiude il volume che
si vuol distanziare, sono i manufatti come le mensole, le lesene, i risalti
verticali delle parti con funzione decorativa, gli elementi in oggetto di
ridotte dimensioni, le canalizzazioni di gronde e i loro sostegni, non invece le
sporgenze, anche dei generi ora indicati, ma di particolari dimensioni, che
siano quindi destinate anche ad estendere ed ampliare per l'intero fronte
dell'edificio la parte utilizzabile per l'uso abitativo (Consiglio Stato , Sez.
IV, 5 dicembre 2005 , n. 6909).
6. Con altro motivo dell’appello n. 6548 del 2008 (pagina 40), la parte
appellante si duole della violazione dell’art. 8 del d.m. n. 1444 del 1968, per
essere il fabbricato di altezza superiore a quella delle costruzioni vicine (“…
l’altezza massima dei nuovi edifici non può superare l’altezza degli edifici
preesistenti e circostanti…”); altra violazione sarebbe in relazione al già
sopra invocato articolo 9 del d.m. n. 1444 del 1968, e cioè il superamento della
distanza da tenere in conto in relazione alla altezza del fabbricato (“…Qualora
le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori
all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a
raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa…”).
Il giudice di primo grado ha rigettato il motivo, ritenendo che il limite di
altezza non deve essere riferito alle sole costruzioni confinanti con il
fabbricato, ma ad un ambito territoriale che identifichi la intera zona
dell’insediamento abitativo.
Inoltre, parte appellante lamenta, sia pure specificandolo anche in altro
motivo, che l’altezza reale andrebbe calcolata computando interamente i
sottotetti, non qualificabili invece come mansarde: ne discende una maggiore
altezza e quindi una maggiore distanza da rispettare.
Con riguardo all’iter logico seguito dal primo giudice, e cioè che si dovrebbe
tenere conto degli edifici circostanti della zona, l’appellante sostiene che non
si desume a quale ambito territoriale debba farsi riferimento: conseguentemente,
se la regola da rispettare è che non deve essere superata l’altezza delle
costruzioni preesistenti e circostanti, tale limite è da ritenersi
ingiustificatamente superato.
Il motivo è fondato.
L’articolo 8 sopra richiamato – che prevale sul contrastante articolo 38 del RUE
di Parma, laddove quest’ultimo prevede di poter costruire edifici di altezza di
metri 12,50 indipendentemente dalla altezza degli edifici contermini - prevede
che nelle zone territoriali omogenee l’altezza massima degli edifici nuovi non
può superare l’altezza massima degli edifici preesistenti e circostanti.
Né può essere fatto riferimento ad una non identificata zona, piuttosto che agli
edifici limitrofi, in mancanza di ulteriori specificazioni e con il rischio di
palesemente vanificare la portata del precetto.
E’ da riformare la sentenza di primo grado anche nel punto in cui ha ritenuto
priva di un principio di prova, ai limiti della inammissibilità,la censura della
violazione dell’art. 9 – sul rapporto tra distanze e altezze – in quanto l’adito
giudice è stato messo in grado di valutare sia l’altezza del fabbricato
(oggetto, peraltro, di altra specifica censura sotto altro e diverso aspetto)
sia le distanze.
Vale, in ultimo, la considerazione che, ai fini del corretto computo della
altezza, l’appellante sostiene che debba essere computato anche ogni opera da
qualificarsi come sottotetto.
7. Proprio con un successivo motivo del medesimo appello n. 6548 del 2008
(pagina 51) si lamenta la illegittimità per il mancato computo delle mansarde,
impropriamente definite sottotetto, dal calcolo della superficie assentibile
assentita (oltre che, evidentemente, del calcolo della altezza).
I sottotetti - non computati nella superficie lorda utile - sarebbero di
dimensioni e caratteristiche tali che, secondo parte appellante, integrerebbero
mansarde abitabili ed esulerebbero dalla tipologia dei vani destinati
esclusivamente a depositi occasionali, con conseguente violazione della
normativa urbanistica locale e alterazione della superficie e della volumetria
utilizzate.
Il motivo è fondato.
Come ha dedotto e comprovato la parte appellante, le relazioni tecniche (v.
anche la relazione del CTU Pedrelli, depositata nel corso del processo civile)
hanno dimostrato che esistono numerose superfici dei c.d. sottotetti di altezza
superiore al minimo abitabile di metri 2,30 previsto dall’art. 26 del
regolamento edilizio di Parma, per locali della categoria di disimpegni,
sottoscala, ripostigli e così via.
Tali locali, a causa delle loro dimensioni e della loro natura, non possono
essere esclusi dal computo della superficie utilizzabile, il cui limite risulta
pertanto ampiamente superato.
I volumi tecnici sono solo quelli destinati esclusivamente agli impianti
necessari per l'utilizzo dell'abitazione e che non possono essere ubicati al suo
interno.
Pertanto non sono tali - e quindi sono computabili ai fini della volumetria
consentita - le soffitte, gli stenditoi chiusi e quelli "di sgombero"; e non è
volume tecnico il piano di copertura, impropriamente definito sottotetto, ma
costituente, in realtà, una mansarda in quanto dotato di rilevante altezza media
rispetto al piano di gronda (così, Consiglio Stato , sez. V, 13 maggio 1997 , n.
483).
8. A causa della fondatezza dei sopra esposti motivi di appello, il Collegio
ritiene di poter prescindere dall’esame degli altri motivi riproposti, quali, in
prospettava via subordinata, la violazione del richiamato art. 38 del RUE di
Parma, di cui per altro verso si pretende il rispetto, il vizio di difetto di
motivazione, la violazione degli standards e dei parcheggi.
9. Conseguentemente, debbono ritenersi fondati e da accogliere gli appelli r.g.
n.2440 del 2004 (che già conteneva censure corrispondenti a quelle riproposte
con l’appello successivo, e rivelatesi fondate) e r.g. n. 6548 del 2008.
10. Deve essere accolto altresì l’appello r.g. n. 6547 del 2008, avente ad
oggetto l’altra concessione.
Infatti, sono svolti anche nell’appello r.g. n. 6547 del 2008 i motivi
riguardanti la violazione dell’articolo 8 del d.m. n. 1444/1968 (limiti di
altezza dei nuovi edifici, che non possono superare l’altezza degli edifici
preesistenti e circostanti), la violazione dell’articolo 9 del d.m. 1444/1968
sul rispetto delle distanze e sulla inammissibilità della deroga al rispetto di
tali distanze, sul rispetto della distanza dalle pareti finestrate, sul computo
dei sottotetti nella superficie.
11. Per le considerazioni sopra svolte, previa riunione, vanno accolti i tre
appelli proposti e, in riforma delle impugnate sentenze, vanno accolti
integralmente i ricorsi di primo grado, con conseguente annullamento degli atti
impugnati.
La condanna alle spese e agli onorari del doppio grado di giudizio segue il
principio della soccombenza. Di essa è fatta liquidazione in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), previa loro
riunione, accoglie i proposti appelli indicati in epigrafe e, in riforma delle
impugnate sentenze, accoglie i ricorsi proposti in primo grado, con conseguente
annullamento degli atti impugnati.
Condanna gli appellati al pagamento delle spese e degli onorari del doppio grado
di giudizio, liquidandoli in complessivi euro diecimila (oltre accessori di
legge), di cui tremila a carico del Comune di Parma e settemila a carico della
s.r.l. CBS Costruzioni.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dalla autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 19 ottobre 2010, con
l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Pier Luigi Lodi, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/11/2010
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Dirigente della Sezione
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