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CONSIGLIO DI STATO Sez. VI, 15/12/2010, Sentenza n.
8934
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - DEMANIO MARITTIMO - Aria sottoposta a tutela
paesaggistica - Autorizzazioni comunali - Obbligo di motivazione - Necessità -
Rigetto autorizzazione ambientale - Fattispecie: la realizzazione di alcuni
stabilimenti balneari, bar ristoranti e chioschi, su area inserita nel piano
spiaggia delle aree demaniali marittime del territorio comunale. In tema di
tutela paesaggistica, le autorizzazioni comunali che si limitano a rilevare una
generica e apodittica integrazione dell’intervento nel contesto paesistico
ambientale, non assolvono neppure in minima parte l’obbligo motivazionale
necessario alla legittimità dell’assenso. Obbligo particolarmente incombente, in
specie, dato che: il progetto riguarda strutture commerciali permanenti ubicate
su area demaniale utilizzata per l’uso comune di balneazione; tutto il
territorio è vincolato ai fini paesaggistici; tutta la costiera è patrimonio
dell’umanità. Infine, nel rilevare la carenza di istruttoria e di motivazione
dei provvedimenti esaminati, la sovrintendenza non ha sostituito un suo
apprezzamento di merito alle determinazioni comunali, ma ha evidenziato le
carenze estrinseche delle autorizzazioni, carenze che, per essere apprezzate,
non possono non procedere dall’effettiva considerazione delle caratteristiche
delle opere e del progetto complessivo in relazione al concreto contesto
ambientale, in tutti gli aspetti di fatto e di diritto suoi propri. (annulla
sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO SEZIONE II n.
00841/2010) Frasca (avv.ti Frasca e Murino) ed altri c. Ministero per i beni e
le attivita' culturali (Avv. Gen. Stato). CONSIGLIO DI STATO Sez. VI,
15/12/2010, Sentenza n. 8934
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 08934/2010 REG.SEN.
N. 01891/2010 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1891 del 2010, proposto da:
Frasca Tommaso, rappresentato e difeso dagli avv. Ferdinando Maria Frasca e
Fabrizio Murino, elettivamente domiciliato in Roma, via Ovidio 32 presso lo
studio Viglione - Vitolo;
Sarto Emma, De Bonis Vincenzo, Sabato Caterina, rappresentati e difesi dall'avv.
Giuseppe Vitolo, elettivamente domiciliati in Roma, via Ovidio 32 presso lo
studio Viglione - Vitolo;
contro
Ministero per i beni e le attivita' culturali in persona del Ministro in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per
legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Maiori, Di Bianco Francesco,
Accarino Adolfo, Spagnolo Mattia, Cuciniello Alda - intimati, non costituiti
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO SEZIONE II n.
00841/2010, resa tra le parti, concernente RIGETTO AUTORIZZAZIONE AMBIENTALE PER
REALIZZAZIONE STABILIMENTO BALNEARE E BAR-RISTORANTE SU AREA DEMANIALE MARITTIMA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero intimato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2010 il consigliere Roberta
Vigotti e udito l’avvocato dello Stato Venturini.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I signori Tommaso Frasca, Emma Sarto, De Bonis Vincenzo e Sabato Caterina,
comproprietari di un fabbricato per civile abitazione sito nel comune di Maiori,
chiedono la riforma della sentenza con la quale il Tar della Campania ha accolto
il ricorso proposto da questo comune avverso l’annullamento pronunciato dalla
sovrintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Salerno e Avellino
della autorizzazioni rilasciate per la realizzazione, su area inserita nel piano
spiaggia delle aree demaniali marittime del territorio comunale, dichiarato di
notevole interesse pubblico con decreto ministeriale del primo dicembre 1961, di
alcuni stabilimenti balneari, bar ristoranti e chioschi.
Si è costituito il Ministero intimato, concludendo per l’accoglimento
dell’appello: data la veste di soccombente in primo grado che appartiene
all’Amministrazione statale, le conclusioni assunte in questo secondo grado
devono essere intese quali adesione alla posizione dell’appellante principale,
adesione inammissibile, sia perché la qualità di resistente-soccombente davanti
al Tar avrebbe imposto, per l’ingresso in secondo grado, la proposizione di
appello autonomo, sia perché introdotta con atto non notificato alle
controparti.
I) Il ricorso di primo grado, presentato in via straordinaria, è stato trasposto
in sede giurisdizionale su richiesta del cointeressato Di Bianco, titolare di
una delle autorizzazioni annullate dalla sovrintendenza: si pone pertanto la
questione della ammissibilità del ricorso stesso, dato che la facoltà di
chiedere la trasposizione appartiene, ai sensi dell’art. 10 dpr n. 1199 del 1971
(ed ora dell’art. 48 d.lgs. n. 104 del 2010), unicamente al controinteressato.
Il Collegio ritiene tuttavia di poter prescindere dall’esaminare tale questione,
riproposta in questo secondo grado del giudizio, ritenendola assorbita nella
infondatezza nel merito del ricorso di primo grado, in accoglimento
dell’appello.
II) La sentenza impugnata ha accolto il ricorso ritenendo fondata la censura
relativa alla tardività dell’annullamento, in quanto sopraggiunto oltre il
termine, previsto dall’art. 159.3 d.lgs. n. 42 del 2004, di sessanta giorni
decorrente dalla ricezione delle autorizzazioni da parte della sovrintendenza, e
ravvisando nella motivazione del provvedimento impugnato una indebita
sovrapposizione delle valutazioni di merito da parte di questa autorità su
quelle espresse dall’amministrazione comunale.
Entrambi i profili sono oggetto dell’appello in esame, che merita integrale
accoglimento.
III) Non sussiste violazione del termine assegnato per lo svolgimento del potere
di controllo, la cui decorrenza presuppone la completezza della documentazione
offerta.
La sovrintendenza, in sede di esame delle autorizzazioni comunali rilasciate il
16 dicembre 2007 e ricevute il successivo 12 dicembre (dopo che il piano
spiaggia, in esito alle indicazioni della medesima sovrintendenza, era stato
integrato), ha ravvisato la necessità di conseguire una più armonica
articolazione complessiva degli interventi, e ha promosso, con nota del 21
febbraio 2008, un incontro con l’amministrazione comunale e gli interessati. A
seguito dell’incontro e dell’accordo raggiunto il 14 marzo 2008, con
deliberazione n. 44 del 18 marzo 2008 il comune ha sospeso l’efficacia del piano
fino al 30 ottobre 2008 al fine di migliorare la compatibilità ambientale delle
autorizzazioni paesaggistiche, con l’avvertenza che, in mancanza di nuove
soluzioni, il piano e le autorizzazioni già rilasciate sarebbero divenute
efficaci; peraltro, con note del 12 giugno 2008 e del 23 luglio 2008, la
sovrintendenza ha chiesto elementi integrativi, ricevuti il successivo 7 agosto
ma ritenuti ancora insufficienti per valutare l’impatto delle strutture,
destinate a permanere durante tutto l’anno.
Tali richieste sono rimaste inevase da parte dell’amministrazione municipale: di
conseguenza, con provvedimento del 29 settembre 2009, la sovrintendenza ha
annullato le autorizzazioni comunali, ritenendole viziate sotto diversi profili,
in particolare per difetto di istruttoria circa la compatibilità delle opere
progettate con il contesto ambientale, definito altamente qualificato e di
singolare e suggestiva bellezza paesaggistica e inserito, con tutta la costiera
amalfitana, nel patrimonio mondiale protetto dall’Unesco.
Deriva dalla suesposta cronistoria che l’esercizio del potere di annullamento è
stato condotto nel rispetto del termine legislativamente previsto, posto che,
come si è detto, fin dal 21 febbraio 2008 la sovrintendenza era intervenuta per
sospendere l’efficacia delle autorizzazioni comunali e a convocare un incontro
per la messa a punto del piano spiaggia, e che le richieste di cui alle note del
giugno e del luglio 2008 non sono state evase completamente ed esaurientemente
dall’amministrazione municipale.
La sentenza impugnata, che ha ravvisato la violazione del termine suddetto,
merita, sul punto, la riforma chiesta con l’appello.
IV) Anche sotto l’altro profilo, sopra indicato, l’appello è fondato.
E’ evidente, infatti, che le autorizzazioni comunali, che si sono limitate a
rilevare una generica e apodittica integrazione dell’intervento nel contesto
paesistico ambientale, non hanno assolto neppure in minima parte l’obbligo
motivazionale necessario alla legittimità dell’assenso, obbligo particolarmente
incombente dato che, come si è detto:
il progetto riguarda strutture commerciali permanenti ubicate su area demaniale
utilizzata per l’uso comune di balneazione;
tutto il territorio di Maiori è vincolato ai fini paesaggistici;
tutta la costiera è patrimonio dell’umanità.
Inoltre, nessuna considerazione si rinviene nelle autorizzazioni comunali circa
le caratteristiche delle opere progettate, puntualmente, invece, riportate nella
motivazione del pregevole provvedimento della sovrintendenza e tali da
sorreggere ampiamente la legittimità dell’atto di controllo. Nel rilevare la
carenza di istruttoria e di motivazione dei provvedimenti esaminati, la
sovrintendenza non ha, infatti, contrariamente a quanto ritiene il Tar,
sostituito un suo apprezzamento di merito alle determinazioni comunali, ma ha
rilevato le carenze estrinseche delle autorizzazioni, carenze che, per essere
apprezzate, non possono non procedere dall’effettiva considerazione delle
caratteristiche delle opere e del progetto complessivo in relazione al concreto
contesto ambientale, in tutti gli aspetti di fatto e di diritto suoi propri.
V) In conclusione, l’appello è fondato e deve essere accolto, con conseguente
riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso di primo grado.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, accoglie l’appello e, per
l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo
grado.
Condanna gli appellati, in solido, al pagamento delle spese di lite agli
appellanti, nella misura complessiva di 2.000 (duemila) euro oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente
Paolo Buonvino, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
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