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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI STATO Sez. V,
16/12/2010, Sentenza n. 8948
DIRITTO URBANISTICO - Oneri concessori - Beneficio della riduzione - Presupposti
per il riconoscimento - Demolizione e costruzione di un singolo nuovo edificio -
Modifica dell’assetto urbanistico precedente - Esclusione del beneficio - Art.26
L.R. Friuli Venezia Giulia n.18/1986 - Art.31, 1^co. lett.e) L. n.457/1978.
Il riconoscimento dell’eccezionale beneficio della riduzione degli oneri
concessori, ai sensi dell’art.26 della legge regionale del Friuli Venezia Giulia
n.18 del 1986, laddove espressamente richiama il concetto di ristrutturazione
urbanistica di cui all’art.31, 1^co. lett.e) della legge nazionale n.457 del
1978, deve intendersi comunque limitato al solo caso in cui l’intervento
progettato non sia un intervento di ristrutturazione edilizia ma risulti essere
un intervento di ben più ampia portata e cioè rivolto a sostituire l’esistente
tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico
di opere edilizie che determinano anche la modificazione del disegno dei lotti,
degli isolati e della rete stradale. Deve, pertanto, trattarsi di un intervento
di per se stesso complesso e di vaste proporzioni (ben diverso, ripetesi, da
quello riferibile alla ristrutturazione ovvero alla nuova costruzione di un
singolo fabbricato) che come tale modifichi tutto il “tessuto”urbanistico ed
edilizio della zona determinando così una variazione molto significativa della
stessa, proprio sotto il profilo dell’assetto urbanistico precedente. Di
conseguenza, è da escludere che il riconoscimento di tale beneficio possa
intendersi correlato alla realizzazione di un semplice intervento di demolizione
e costruzione di un singolo nuovo edificio il cui progetto, sia pure modellato
alle caratteristiche tipiche della zona, non preveda altresì la realizzazione di
ulteriori opere di urbanizzazione mirate alla sostituzione di tutto o di una
rilevante parte del tessuto urbanistico della specifica zona da recuperare.
(riunisce e conferma sentenze del T. a. r. Friuli Venezia Giulia - Trieste nn.
01020/1998 - 01016/1998) Pres. Piscitello - Rel. Ferrari - Ditta Biscontin S. p.
A. (avv.ti Longo e Mazzarelli) c. Comune di Pordenone (avv.ti Cacciavillani e
Manzi). CONSIGLIO DI STATO Sez. V, 16/12/2010, Sentenza n. 8948
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 08948/2010 REG. SEN.
N. 09580/1998 REG. RIC.
N. 09581/1998 REG. RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9580 del 1998, proposto da:
Biscontin Luigi Q. Leg. Rappr. della S. p. A. Ditta Biscontin, rappresentato e
difeso dagli avv. Francesco Longo, Valeria Mazzarelli, con domicilio eletto
presso Valeria Mazzarelli in Roma, via Donatello 71;
contro
Comune di Pordenone, rappresentato e difeso dagli avv. Ivone Cacciavillani,
Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico
Confalonieri, 5;
sul ricorso numero di registro generale 9581 del 1998, proposto da:
Biscontin Luigi Q. Leg. Rappr. della S. p. A. Ditta Biscontin, rappresentato e
difeso dagli avv. Francesco Longo, Valeria Mazzarelli, con domicilio eletto
presso Valeria Mazzarelli in Roma, via Donatello 71;
contro
Comune di Pordenone, rappresentato e difeso dagli avv. Ivone Cacciavillani,
Luigi Manzi, con domicilio eletto presso Luigi Manzi in Roma, via Federico
Confalonieri, 5;
per la riforma
quanto al ricorso n. 9580 del 1998:
della sentenza del T. a. r. Friuli-venezia-giulia - Trieste n. 01020/1998, resa
tra le parti, concernente ONERI DI URBANIZZAZIONE PER CONCESSIONE EDILIZIA
quanto al ricorso n. 9581 del 1998:
della sentenza del T. a. r. Friuli-venezia-giulia - Trieste n. 01016/1998, resa
tra le parti, concernente ONERI DI URBANIZZAZIONE PER CONCESSIONE EDILIZIA
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2010 il Cons. Annibale
Ferrari e uditi per le parti gli avvocati Manzi Manzi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. ) Le due sentenze appellate hanno respinto, con identiche motivazioni, due
ricorsi proposti dall’attuale appellante per ottenere l’annullamento di due
distinte concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Pordenone per la
costruzione di fabbricati residenziali, nella parte in cui tali concessioni
avevano calcolato i relativi oneri concessori per intero anziché in misura
ridotta alla metà ai sensi dell’art. 26 della legge regionale n. 18 del 1986.
Le identiche censure di violazione di legge e di eccesso di potere formulate con
detti due ricorsi sono state respinte dal T. A. R. il quale prescindendo
dall’esame delle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune intimato ha
anzitutto ritenuto che, sulla base della documentazione in atti, gli interventi
previsti per la realizzazione delle opere in questione – pur se inquadrati nel
contesto di un piano di recupero della zona – risultavano in concreto limitati
ad operazioni puntuali di natura meramente edilizia e non di ristrutturazione
urbanistica così come definita nell’art. 64 della legge regionale n. 52 del 1991
e prima ancora nell’art. 31 1^co. lett. e) della legge nazionale n. 457 del
1978;di conseguenza, ha poi ritenuto che in questo caso mancavano gli estremi
per l’applicazione del richiesto beneficio relativo alla riduzione degli oneri
di urbanizzazione prevista dalla predetta legge regionale solo per gli
interventi di ristrutturazione urbanistica di cui all’art. 31, 1^co, lett. e)
della predetta legge nazionale.
2. ) Le stesse censure sono state riproposte in sede di appello rilevandosi, in
aggiunta, che le due sentenze appellate (escludendo nei casi in esame
l’esistenza di una ristrutturazione urbanistica) avrebbero altresì omesso (con
palese difetto di istruttoria e di motivazione) non solo di riscontrare in
concreto le risultanze delle relazioni tecniche descrittive e degli elaborati
grafici sottoposti all’esame del Comune appellato ma anche di considerare che le
edificazioni in questione non comportavano un maggiore carico urbanistico nella
zona e quindi non giustificavano l’applicazione per intero degli oneri di
urbanizzazione.
3. ) Il Comune appellato si è costituito chiedendo il rigetto degli appelli
siccome infondati in fatto ed in diritto.
4. ) Riscontrata la connessione soggettiva ed oggettiva esistente tra i due
gravami, il Collegio li riunisce per la trattazione congiunta.
5. ) Al riguardo, giova premettere che è pacifico in punto di fatto che le due
concessioni edilizie di cui è causa vennero rilasciate in data 19 giugno 1996 ed
in data 23 luglio 1997 rispettivamente per la costruzione di due distinti
fabbricati residenziali di rilevante cubatura da collocarsi in due distinte
unità minime di intervento (U. M. I. ) previste da un piano di recupero della
zona; il tutto, previa demolizione di fabbricati esistenti nelle stesse aree,
demolizione che poi il Comune di Pordenone autorizzò proprio a seguito del
rilascio di dette concessioni. E’ altresì pacifico che i progetti edilizi
descritti nelle relative relazioni tecniche precisavano che tali aree erano
comprese nelle Unità Minime di Intervento previste nel piano di recupero
denominato “Rorai Grande”(ed in particolare il primo edificio assentito nel 1996
nell’U. M. I. n. 12 e l’altro assentito nel 1997 nell’U. M. I. n. 18) e che
negli stessi progetti venivano specificati in modo analitico le caratteristiche
interne ed esterne dei rispettivi edifici da costruire.
Sicchè, ad avviso dell’appellante, la puntuale descrizione degli interventi
edilizi in questione così come contenuta in dette relazioni e nei grafici di
progetto rendeva non solo assolutamente chiare le caratteristiche strutturali e
funzionali dei nuovi edifici ma anche del tutto evidente che la loro
realizzazione conteneva di per sè quell’insieme sistematico di opere nelle
quali, doveva intendersi sicuramente concretizzata una ristrutturazione
urbanistica della zona ai sensi della legislazione regionale e nazionale
vigente, proprio in perfetta armonia strutturale e funzionale con le complessive
finalità del predetto piano di recupero. Dunque, era del tutto legittimo in
punto di diritto che il Comune prima ed il T. A. R. poi dovessero in questo caso
riscontrare l’esistenza di una iniziativa edilizia mirata al recupero
urbanistico della zona e che, di conseguenza, al momento del rilascio delle
relative concessioni edilizie dovesse riconoscersi il beneficio previsto dal
citato art. 26 della legge regionale n. 18 del 1986;beneficio dunque
illegittimamente negato dall’Amministrazione e poi dalle impugnate sentenze di
cui si chiede la riforma in questa sede.
6. ) Ciò premesso, questo Collegio rileva che i motivi degli appelli di cui si
discute non possono essere accolti.
6. 1) Infondati sono anzitutto i motivi di violazione di legge e di difetto di
istruttoria e di motivazione con i quali si sostiene che i progetti edilizi in
questione - così come documentalmente modellati (nella loro parte interna ed
esterna) in base alla predetta relazione descrittiva ed ai grafici allegati con
elementi di completamento di una realtà edilizia di antica costruzione e quindi
dotati degli elementi architettonici tradizionali legati alla preesistente
edilizia rurale con l’aggiunta di alcuni elementi di architettura più attuale –
dovevano per ciò stesso qualificarsi come opere di ristrutturazione urbanistica
già solo per tali loro caratteristiche costruttive interne ed esterne.
Tali motivi sono da considerare infondati: A) non solo perché detti progetti –
così come assentiti con riferimento alla categoria di intervento B4 pure
espressamente prevista dal piano di recupero in questione - avevano per oggetto
la costruzione di singoli nuovi edifici con rilevante cubatura e con elementi
del tutto nuovi e diversi da quelli precedentemente esistenti in loco e poi
successivamente demoliti previa autorizzazione del Comune; B) ma anche ed
essenzialmente perché gli stessi progetti non prevedevano altresì la
realizzazione di alcuna ulteriore opera di urbanizzazione e di riqualificazione
urbanistica dell’area che potesse giustificare il riconoscimento del beneficio
della riduzione degli oneri concessori ai sensi dell’art. 26 della legge
regionale n. 18 del 1986.
Quest’ultima norma regionale, infatti, laddove espressamente richiama il
concetto di ristrutturazione urbanistica di cui all’art. 31, 1^co. . lett. e)
della legge nazionale n. 457 del 1978, rende ben chiara l’idea che il
riconoscimento dell’eccezionale beneficio in questione deve intendersi comunque
limitato al solo caso in cui l’intervento progettato non sia un intervento di
ristrutturazione edilizia ma risulti essere un intervento di ben più ampia
portata e cioè rivolto a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con
altro diverso mediante un insieme sistematico di opere edilizie che determinano
anche la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete
stradale. Deve, pertanto, trattarsi di un intervento di per se stesso complesso
e di vaste proporzioni (ben diverso, ripetesi, da quello riferibile alla
ristrutturazione ovvero alla nuova costruzione di un singolo fabbricato)che come
tale modifichi tutto il “tessuto”urbanistico ed edilizio della zona determinando
così una variazione molto significativa della stessa, proprio sotto il profilo
dell’assetto urbanistico precedente. Di conseguenza, è da escludere che il
riconoscimento di tale beneficio possa intendersi correlato alla realizzazione
di un semplice intervento di demolizione e costruzione di un singolo nuovo
edificio il cui progetto, sia pure modellato alle caratteristiche tipiche della
zona, non preveda altresì la realizzazione di ulteriori opere di urbanizzazione
mirate alla sostituzione di tutto o di una rilevante parte del tessuto
urbanistico della specifica zona da recuperare.
6. 2) Quanto sopra detto consente altresì di riscontrare l’infondatezza
dell’ulteriore argomentazione difensiva secondo cui l’intervento in questione
meritava comunque il riconoscimento del beneficio di cui è causa essenzialmente
perché il relativo progetto rientrava perfettamente nella più ampia iniziativa
di “recupero urbanistico” della zona così come approvata dal relativo piano di
recupero.
Con tale argomentazione l’appellante sostiene che i singoli interventi
contemplati da quest’ultimo piano rappresentavano essi stessi una parte
essenziale del piano medesimo; sicchè, complessivamente considerati nel loro
insieme, tali singoli interventi giustificavano senz’altro l’esistenza di quella
ristrutturazione urbanistica che, invece, nel caso in esame venne erroneamente
negata valutando isolatamente l’intervento come un’operazione soltanto puntuale
di natura meramente edilizia.
Anche tale ulteriore argomentazione è infondata non solo perché la predetta
norma regionale dell’art. 26 –così come formulata- ricollega in modo ben chiaro
il beneficio in questione solo al rilascio di singole concessioni edilizie di
per sé stesse mirate, all’interno dei piani di recupero, alla realizzazione di
specifiche opere di ristrutturazione urbanistica dell’intera area in questione
(opere che in questo caso non risultavano comprese in aggiunta ai due progetti
edilizi dell’appellante) ma anche perché la speciale “ratio” da essa norma
ricavabile è altrettanto chiaramente quella di accordare tale eccezionale
beneficio di riduzione degli oneri concessori non in favore di tutti gli
interventi assentibili nell’ambito del piano di recupero ma solo in favore di
quelli che, ripetesi, in aggiunta agli interessi privati del costruttore,
avrebbero altresì consentito di realizzare l’interesse pubblico in questo caso
da riferire appunto al recupero urbanistico di un’intera zona.
6. 3) Infondata è da considerare anche l’ulteriore censura di disparità di
trattamento, siccome riferita ad altre situazioni del tutto analoghe
contraddistinte dalle stesse caratteristiche per le quali l’Amministrazione
comunale avrebbe invece ritenuto di riscontrare l’esistenza di una
ristrutturazione urbanistica e quindi di riconoscere il beneficio di cui è
causa.
Al riguardo, a prescindere dalla veridicità o meno di tale specifica
affermazione (a sostegno della quale viene richiamato il documento all. 4), è
sufficiente rilevare che la spettanza o meno di un beneficio eccezionale come
quello in discussione deve essere oggettivamente riscontrata con riferimento
allo specifico caso in esame e non con riferimento ad altri casi asseritamente
del tutto analoghi in cui l’Amministrazione, in ipotesi per un errore di
interpretazione della norma, possa avere assunto una decisione illegittima;
decisione che (per correttezza amministrativa) avrebbe comunque giustificato un
doveroso riesame della medesima fattispecie proprio per evitare la reiterazione
dello stesso errore.
6. 4) Infondato è, infine, l’ulteriore motivo di appello con il quale viene
contestato l’omesso esame da parte del T. A. R. della specifica censura riferita
alla erronea determinazione degli oneri di urbanizzazione così come fissati alla
stregua di una singola nuova costruzione, senza tener conto nè dell’inserimento
“strategico” delle nuove costruzioni nell’ambito del piano di recupero, né del
fatto che dette nuove costruzioni non determinavano un maggiore carico
urbanistico.
Trascura in proposito l’appellante che, nell’esposizione dei fatti di causa, le
due sentenze impugnate contengono una sintetica ma puntuale indicazione delle
pretese di pagamento del Comune ed una altrettanto puntuale elencazione di tutte
le relative censure formulate ex adverso dalla parte ricorrente. Nella parte
conclusiva, in diritto, le stesse sentenze escludono poi espressamente che in
questo caso sussistevano gli estremi per l’applicazione del beneficio di cui è
causa. Sicchè, così come articolate in fatto ed in diritto, deve ritenersi che
tali sentenze abbiano in sintesi (per esplicito e per logica implicita) dato
prova di avere esaminato e definito in favore del Comune resistente tutte le
questioni sollevate in primo grado dal ricorrente e cioè non solo la principale
questione specifica relativa alla spettanza del predetto beneficio ma anche
quelle ulteriori concernenti la legittimità delle pretese dello stesso Comune di
applicare gli oneri concessori nella misura quantificata nelle due rispettive
concessioni in relazione all’intero nuovo volume realizzato, senza tener conto
(per la costruzione compresa nell’U. M. I. n. 12) di quanto l’impresa ricorrente
aveva eseguito in termini di opere di urbanizzazione e senza tener conto (per la
costruzione compresa nell’U. M. I. n. 18) del solo maggiore volume conseguito
rispetto a quello esistente prima delle demolizioni.
7.) Per tutte le suesposte ragioni, gli appelli come sopra riuniti meritano di
essere respinti.
8.) Le spese di lite, già compensate in primo grado, possono essere
integralmente compensate tra le parti anche per il presente grado di giudizio,
in presenza di giusti motivi.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente
pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li respinge
con la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2010 con
l'intervento dei magistrati:
Calogero Piscitello, Presidente
Marzio Branca, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Annibale Ferrari, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/12/2010
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm. )
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