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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA - 4 novembre 2010, n. 1368
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica alimentati
da fonti rinnovabili - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Principio di semplificazione
- Autorizzazione unica - Conclusione del procedimento - Termine di centottanta
giorni - Regione siciliana - Applicabilità. L’art. 12 del D.Lgs. n.
387/2003, informato al principio di semplificazione, prevede, tra l’altro, che
la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti rinnovabili sono assoggettati a una autorizzazione unica,
rilasciata dalla regione, previo svolgimento di una Conferenza dei servizi alla
quale sono chiamate a partecipare tutte le amministrazioni interessate; il
termine finale massimo per la conclusione del procedimento non può comunque
essere superiore a centottanta giorni. La ridetta previsione si applica anche
alla Regione Sicilia (v. CGA 9 dicembre 2008, n. 1006) e la competenza in ordine
alla proce-dura è incardinata nell’Assessorato Regionale all’Industria. Pres.
Virgilio, Est. Carlotti - Assessorato Regionale all’Industria e altro (Avv.
Stato) c. N. s.r.l. (avv.ti Angius, Surdi e Surdi) - (Riforma T.A.R. Sicilia,
Palermo, n. 1478/2009) - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE
SICILIANA, Sez. I - 4 novembre 2010, n. 1368
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica alimentati
da fonti rinnovabili - Art. 12 d.lgs. n. 387/2003 - Autorizzazione unica -
Conferenza di servizi - Apporto valutativo di tutte le amministrazioni
interessate - Concentrazione. In base ai principi posti dai comma 3 e 4
dell’art. 12 d. lgs. n. 387/2003, la costruzione e l'esercizio degli impianti di
produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili richiede ‘una
autorizzazione unica’, a seguito di ‘un procedimento unico’, al quale
partecipano tutte le Amministrazioni interessate, mediante conferenza dei
servizi. In tal modo, le determinazioni delle amministrazione interessate,
devono essere espresse solo in sede di conferenza di servizi, così da assicurare
l’unicità del procedimento, mediante il coordinamento dei vari interessi
pubblici, rilevanti per l’autorizzazione unica finale. In altri termini, nel
contesto normativo sopra riportato, tutte le amministrazioni devono esprimere il
proprio avviso in sede di conferenza dei servizi (v. anche le decisioni CGA 9
dicembre 2008, n. 1005; 9 dicembre 2008, n. 1006, 11 aprile 2008, n. 295). Ed
invero, l’intento del Legislatore statale è stato chiaramente quello di favorire
le iniziative volte alla realizzazione degli impianti in questione. Onde
perseguire tale obiettivo si è operata una drastica semplificazione del relativo
procedimento autorizzatorio, realizzata attraverso la concentrazione
dell’apporto valutativo di tutte le amministrazioni interessate nell’ambito di
un’apposita Conferenza dei Servizi, da svolgere in vista dell’adozione di un
unico provvedimento conclusivo dal contenuto espresso e polistrutturato. Pres.
Virgilio, Est. Carlotti - Assessorato Regionale all’Industria e altro (Avv.
Stato) c. N. s.r.l. (avv.ti Angius, Surdi e Surdi) - (Riforma T.A.R. Sicilia,
Palermo, n. 1478/2009) - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE
SICILIANA, Sez. I - 4 novembre 2010, n. 1368
AMBIENTE - Tutela dell’ambiente - Giurisprudenza costituzionale -
Legislazione esclusiva statale - Art. 117, c. 2, lett. s), Cost. Alla
stregua della giurisprudenza della Corte costituzionale, la tutela dell’ambiente
(non espressamente prevista dallo statuto regionale siciliano) rientra
nell’ambito della legislazione esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione, sicché la disciplina statale in materia
costituisce un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome
possono dettare in altri ambiti di loro rispettiva competenza (sentenze n. 378
del 2007, n. 104 del 2008 e n. 67 del 2010). Pres. Virgilio, Est. Carlotti -
Assessorato Regionale all’Industria e altro (Avv. Stato) c. N. s.r.l. (avv.ti
Angius, Surdi e Surdi) - (Riforma T.A.R. Sicilia, Palermo, n. 1478/2009) -
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, Sez. I - 4
novembre 2010, n. 1368
DIRITTO DELL’ENERGIA - Impianti di produzione di energia elettrica alimentati
da fonti rinnovabili - Principio di semplificazione - Conferenza di servizi -
Difficoltà interpretative - Evento ordinario e prevedibile. Il modulo
procedimentale e di semplificazione amministrativa rappresentato dalla
conferenza dei servizi è infatti precipuamente finalizzato alla definizione in
un unico contesto di tutte le eventuali difficoltà interpretative od operative
connesse a un determinato intervento; dette difficoltà costituiscono peraltro un
evento ordinario e prevedibile, e non una circostanza straordinaria e
imprevedibile, dell’amministrare. Detto altrimenti, ogni Legislatore, nel
fissare i termini di durata di un procedimento, tiene conto implicitamente della
possibile insorgenza delle difficoltà alle quali si è accennato e comunque
postula un’idonea capacità delle amministrazioni di risolverle entro tempi
ragionevoli. Non può dunque ricadere sul cittadino o sull’impresa l’incertezza
delle amministrazioni istituzionalmente preposte a determinarsi sul punto. Pres.
Virgilio, Est. Carlotti - Assessorato Regionale all’Industria e altro (Avv.
Stato) c. N. s.r.l. (avv.ti Angius, Surdi e Surdi) - (Riforma T.A.R. Sicilia,
Palermo, n. 1478/2009) - CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE
SICILIANA, Sez. I - 4 novembre 2010, n. 1368
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Procedimento amministrativo - Programmi di
investimento - Interessi pretensivi - Ritardo nella conclusione del procedimento
- Incertezza sui tempi di realizzazione - Aumento del rischio amministrativo -
Fattispecie. Il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento,
qualora incidente su interessi pretensivi agganciati a programmi di investimento
di cittadini o imprese, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo
costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di
piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa
convenienza economica. In questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di
realizzazione di un investimento si traduce nell’aumento del c.d. “rischio
amministrativo” e, quindi, in maggiori costi, attesa l’immanente dimensione
diacronica di ogni operazione di investimento e di finanziamento. (Nella specie,
il CGA ha accolto la domanda risarcitoria fondata sul ritardo
dell’amministrazione nel rilascio di un provvedimento autorizzatorio alle
emissioni in atmosfera, cui la conferenza di servizi aveva condizionato il
rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003. Tale ritardo,
protrattosi per oltre tre anni, era stato causa della revoca di un contributo
comunitario previamente concesso). Pres. Virgilio, Est. Carlotti - Assessorato
Regionale all’Industria e altro (Avv. Stato) c. N. s.r.l. (avv.ti Angius, Surdi
e Surdi) - (Riforma T.A.R. Sicilia, Palermo, n. 1478/2009) - CONSIGLIO DI
GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA, Sez. I - 4 novembre 2010, n.
1368
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N. 1368/10 Reg.Dec.
N. 1509 Reg.Ric.
ANNO 2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede
giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
D E C I S I O N E
sul ricorso in appello n. 1509 del 2009 proposto dagli
ASSESSORATI REGIONALI ALL’INDUSTRIA e AL TERRITORIO E ALL’AMBIENTE, in persona
dei rispettivi Assessori pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura
distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n.
81, sono per legge domiciliati;
c o n t r o
la NEW ENERGY s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tem-pore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Paolo Angius, Francesco Sur-di e Roberto
Surdi, elettivamente domiciliata in Palermo, via Ammi-raglio Gravina n. 2/F,
presso lo studio degli ultimi due difensori;
e nei confronti
del COMUNE DI MODICA, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’avv. Franco D’Urso, elettivamente domiciliato in
Palermo, via Serretta n. 6, presso lo studio dell’avv. Anna Bonfiglio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Sicilia - sede di Palermo (sez. I) - n. 1478
del 9 settembre 2009.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale della New
Energy S.r.l. (d’ora in poi “NE”);
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Modica;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista l’ordinanza n. 1254 del 17 dicembre 2009, con la quale è stata accolta in
parte la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata;
Vista l’ordinanza n. 451 del 9 aprile 2010, con la quale sono stati disposti
incombenti istruttori;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore il consigliere Gabriele Carlotti;
Uditi alla pubblica udienza dell’8 giugno 2010 l’avv. dello Stato Rubino per gli
assessorati appellanti, l’avv. S. Polizzotto, su delega dell’avv. P. Angius, per
la società appellata e l’avv. F. Surdi per il Comune di Modica;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O e D I R I T T O
1. - Gli Assessorati regionali all’Industria e al Territorio e Ambiente (nel
prosieguo indicati, rispettivamente, con gli acronimi “AI” e “Ar-ta”) hanno
impugnato la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il
T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha:
- annullato, in accoglimento dell’articolata impugnativa promossa in primo grado
dalla NE, alcuni atti afferenti al procedimento di rilascio dell’autorizzazione
unica per un impianto di energia elettrica alimen-tato da biomasse, da
realizzare in Modica;
- accolto in parte la connessa domanda risarcitoria avanzata dalla NE.
2. - Si sono costituiti, per resistere all’impugnazione, la NE e il Co-mune di
Modica; la NE ha altresì interposto un appello incidentale diretto contro
l’accoglimento soltanto parziale della domanda risarcitoria rivolta al T.A.R..
3. - All’udienza pubblica dell’8 giugno 2010 la causa è stata trattenuta in
decisione.
4. - Per una migliore intelligenza delle questioni devolute alla cogni-zione del
Collegio giova premettere alla successiva esposizione una succinta ricostruzione
dei tratti salienti della vicenda sulla quale si è innestata la presente
controversia.
La NE presentò nel mese di febbraio del 2005 allo Sportello unico per le
attività produttive di Modica e successivamente, con istanza, prot. n. 1789, del
20 marzo 2006 all’AI, un’istanza ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 387/2003
onde ottenere il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di un
impianto di ener-gia elettrica alimentato da fonti alternative (biomasse).
Nel verbale della conferenza di servizi del 27 ottobre 2006 tutte le
amministrazioni coinvolte approvarono il progetto in questione “previa
acquisizione dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera di competenza dell’ARTA”.
Posto che per la definizione del procedimento mancava unica-mente
l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera di cui all’art. 268 del D.Lgs. n.
152/2006, la NE si attivò prontamente presso l’Ufficio 3 Tutela
dell’Inquinamento Atmosferico dell’Arta; peraltro, la società aveva già fatto
istanza alla Provincia regionale di Ragusa, tramite la C.P.T.A. (Commissione
provinciale per il territorio e l’ambiente), per ottenere il rilascio
dell’autorizzazione alle emissioni ai sensi della precedente normativa (ossia ex
D.P.R. n. 203/1988).
Da questo punto in poi il procedimento, nonostante il moltipli-carsi delle
istanze e degli atti, entrò in una vera e propria impasse durata oltre tre anni
e mezzo e risoltasi solamente nell’aprile 2010 (ossia a processo di appello
quasi concluso e dopo un’espressa sollecitazione di questo Consiglio mercé
l’ordinanza n. 1254/2009 citata nelle premesse), con l’adozione
dell’autorizzazione richiesta (D.R.S. n. 150 del 16 aprile 2010).
Per decidere le questioni sottoposte al vaglio del Collegio non occorre
ripercorrere analiticamente la vicenda, obiettivamente com-plessa, lungo la
quale si è snodata la storia tormentata del procedimento autorizzativo in esame:
a tali fini può dunque rinviarsi alla narrativa del fatto contenuta nella
sentenza impugnata.
Occorre invece dar conto, nei passaggi essenziali, dell’artico-lato itinerario
motivazionale che sorregge la pronuncia appellata.
Il T.A.R. ha accolto la domanda cassatoria proposta dalla NE sulla base delle
seguenti argomentazioni:
- dopo aver respinto le eccezioni relative all’inammissibilità del primitivo
ricorso e all’estromissione dell’AI, il Tribunale ha osservato che nell’iter
procedimentale, avviato dalla NE e non ancora concluso all’epoca della
deliberazione della sentenza appellata, si era determinata una concorrenza di
procedure che, al contrario, sarebbero dovute confluire nell’ambito del
procedimento disciplinato dall’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003, incardinato
presso l’AI, competente per l’emana-zione dell’autorizzazione unica;
- in particolare, si sono intrecciati sia il procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera sia quello per la Valutazione di
Incidenza di cui all’art. 5 D.P.R. 8 settembre 1997 sia il procedimento per la
V.I.A. e l’A.I.A. sia, infine, il procedimento ai sensi del D.Lgs. n. 133/2005
in tema di impianti per incenerimento dei rifiuti;
- siffatto modo di procedere è stato giudicato dal Tribunale contrario alla
logica della massima concentrazione del procedimento di autorizzazione unica ex
art.12 D.Lgs. n. 387/2003;
- inoltre il primo Giudice ha osservato che, nella fattispecie, la com-plessità
del quadro determinatasi per effetto dell’indebita sovrapposizione di diversi
procedimenti è stata ulteriormente aggravata dagli incerti comportamenti e dagli
ondivaghi provvedimenti rispettivamente tenuti e adottati dall’Arta, il quale
non soltanto ha disertato nel tempo le varie sedute della conferenza di servizi
ex art. 12 D.Lgs. n. 387/2003 indetta dall’AI, ma - quanto agli atti di propria
competenza relativi alla verifica dell’assoggettabilità del progetto alla V.I.A.
e/o all’autorizzazione alle emissioni in atmosfera - ha pure sostanzialmente
disatteso, dopo averlo richiesto, un parere dell’Avvocatura distrettuale dello
Stato (n. 80385 del 20 novembre 2006) sul procedimento da seguire per il
rilascio dell’autorizzazione a norma dell’art. 269 del D.lgs. n. 152/2006
(parere con il quale l’Avvocatura evidenziava l’implicita abrogazione delle
norme regionali incompatibili con il nuovo procedimento, ivi compresa la
competenza del C.P.T.A.);
- con riferimento a una delle principali questioni controverse del procedimento,
ossia la problematica circa la necessità di assoggettare, o no, il progetto
della NE anche all’autorizzazione prevista dal D.Lgs. n. 133/2005, il T.A.R. ha
poi rilevato che l’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 133/2005 prevede l’esclusione
dall’applicazione della suddetta normativa degli impianti che utilizzino rifiuti
vegetali derivanti da attività agricole e forestali, ovvero rifiuti vegetali
delle industrie alimentari di trasformazione (ove l'energia termica generata è
recuperata), esclusione nella quale devono farsi rientrare, ancorché non
espressamente elencati, anche le sanse esauste e gli olii vegetali;
- in ordine alla competenza sulla Valutazione di Incidenza, il primo Giudice ha
osservato che, in disparte ogni considerazione circa la tardiva esigenza
(avvertita solamente nel 2007) di sottoporre il progetto in questione a detta
Valutazione (nonostante fosse notoria la presenza del vicino sito S.I.C. 080007
“spiaggia Maganuco”), l’Arta aveva vietato la realizzazione dell’impianto, non
essendo ancora chiaro se lo stesso fosse da assoggettare a V.I.A. (sebbene in
tal caso la procedura a norma del citato art. 5 sarebbe rientrata nella stessa
V.I.A. di competenza dell’Arta) e che, alla data di presentazione al predetto
Asses-sorato del progetto della NE, non era ancora entrata in vigore la L.R. n.
13/2007, recante il trasferimento della relativa competenza ai Comuni;
- sulla base principalmente dei riferiti rilievi (e degli altri in questa sede
non riportati), il Tribunale è pervenuto alla conclusione che l’Arta avesse
irritualmente aggravato il procedimento relativo al pro-getto presentato dalla
NE;
- inoltre, secondo il T.A.R., il Commissario ad acta, nominato per l’esecuzione
dell’ordinanza cautelare n. 854/2008, avendo agito nell’esercizio di un’autonoma
discrezionalità quale organo straordinario delle amministrazioni sostituite,
aveva legittimamente annullato in via sostitutiva i seguenti atti:
1) il parere del 2 aprile 2007 del C.P.T.A.;
2) la nota n. 43234 del giugno 2007 del Servizio 2 V.A.S./V.I.A AR-TA;
3) la nota n. 488 del 12 ottobre 2007 del Servizio 3 dell’ARTA;
4) il parere del 16 e del 23 ottobre 2007 del C.P.T.A.;
5) la nota n. 16893 del 27 febbraio 2008 del Servizio 2 V.A.S. – V.I.A. dell’Arta;
6) il parere del 22 febbraio 2008 del C.P.T.A.;
7) la nota n. 35733 dell’8 maggio 2008 del Servizio 2 V.A.S. – V.I.A. dell’Arta;
- il Tribunale ha quindi annullato i residui provvedimenti impugnati (ossia la
nota, prot. n. 85105, del 12 agosto 2009 dell’Arta e il verbale della Conferenza
dei Servizi del 12 novembre 2008), in considerazione della circostanza che l’Arta
aveva sostanzialmente disatteso l’ordinanza cautelare n. 854/2008, reiterando
dilatorie argomentazioni anche in ordine alla definizione del procedimento, di
propria competenza, sull’autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
Il Tribunale ha, per contro, accolto solo in parte la domanda di risarcimento
del danno formulata dalla NE. A tal riguardo il T.A.R. ha, in primo luogo,
ritenuto chiaramente riscontrabili i presupposti per il riconoscimento di una
colpa dell’Amministrazione intesa come apparato, individuata nell’Arta; in
questo senso ha valutato come significativi elementi probanti tale colpa: “a)
sia la mancata collaborazione con questo decidente in ordine alle ordinanze sia
istruttorie che cautelari emesse; b) sia la mancata dovuta partecipazione alle
sedute della conferenza di servizio indetta dall’Ass.to Reg.le Industria ex
art.12 D.Lgs. 387/03; c) la mancata applicazione – anche ove ammesso il separato
procedimento - della previsione di cui all’art. 269 D.Lgs. 152/06 per
l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera (disattendendo per altro il parere
richiesto all’Avvocatura, che ha dato corso alle ondivaghe determinazioni
assunte su indicazione del CPTA); d) sia la mancata tempestiva individuazione
della vicinanza del progetto della New Energy ad un sito SIC, che avrebbe
consentito una più celere definizione dell’intero procedimento, per come sopra
evidenziato”.
Il primo Giudice ha altresì ravvisato “un nesso di causalità tra i fatti in
narrativa e la attuale mancata conclusione del procedimento finalizzato
all’emissione dell’autorizzazione unica prevista dall’art.12 D.lgs.387/03,
risultando ormai di ostacolo solo il provvedimento inerente alle emissioni in
atmosfera” e tuttavia non ha condiviso la quantificazione proposta dalla
ricorrente (che ebbe a prospettare un danno pari ad € 12.929.504,00 per la
potenziale perdita del contributo comunitario, sino al raggiungimento
dell’importo complessivo di € 33.725.352,00, in caso di impossibilità di
realizzare il progetto di investimento), avendola giudicata eccessiva. Sul punto
il T.A.R. ha osservato quanto segue: “Occorre infatti considerare, oltre alla
mancanza delle ulteriori determinazioni che ancora devono essere adottate
dall’Amministrazione, anche la non definitività comunque del bene vita atteso
(i.e.: l’autorizzazione unica il cui esito non può in questa sede essere
previsto ed è rimesso alla conferenza di servizi dell’Ass.to Industria), sia la
non provata revoca definitiva del finanziamento richiesto”. In forza delle
riferite considerazioni, il T.A.R. ha quindi fatto ricorso, per la
quantificazione del danno risarcibile, all’art. 35, comma 2, del D.Lgs. n.
80/1998, norma ritenuta applicabile anche al di fuori dell'ambito della
giurisdizione esclusiva in quanto volta a raccordare l'art. 278 del c.p.p. in
seno al processo amministrativo (Cons. St., sez. V n. 4461 del 2 settembre 2005)
e, per l’effetto, ha ordinato all’Arta di proporre alla NE, entro il termine di
sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se antecedente,
dalla notificazione della sentenza ora appellata, il pagamento di “una somma da
determinarsi tenendo conto:
i - del potenziale 25% del reddito annuo netto conseguibile nel 2008
dall’Azienda ricorrente in caso di realizzazione del progetto di che trattasi,
ii - che la quantificazione sopra ottenuta dovrà essere divisa per 12 mensilità
e quindi moltiplicata per ogni mese compreso tra la data di indizione della
prima conferenza di servizi indetta dalla stessa ARTA ex art.269 D.Lgs.152/06 e
l’effettiva emanazione del relativo provve-dimento di competenza, detratti i
termini comunque ordinari previsti dalla legge per la conclusione del
procedimento ex art.269 cit.;
iii. - che la frazione del mese superiore a 15 gg. va computata come intero
periodo”.
5. - Avverso la sentenza, sopra riferita nei suoi contenuti essenziali, sono
insorti in appello gli Assessorati indicati nelle premesse, affidando
l’impugnazione a plurimi, ma non rubricati, mezzi di gravame così riassumibili:
I) la lunga durata del procedimento è da ascriversi esclusivamente alle
oggettive difficoltà incontrate dall’Arta nella soluzione di complesse questioni
di carattere tecnico-giuridico, relative rispettivamente alla determinazione
delle modalità di articolazione del sub-procedimento di autorizzazione alle
emissioni in atmosfera, alla corretta qualificazione delle biomasse indicate nel
progetto e alla compatibilità ambientale dell’intervento in ragione
dell’identificazione del sito prescelto, giacché contiguo al S.I.C. “Spiaggia di
Maganuco”;
II) il primo profilo attiene alla questione delle attribuzioni regionali in tema
di autorizzazioni alle emissioni in atmosfera: in sintesi, la tesi patrocinata
dagli Assessorati è che il T.A.R. non avrebbe tenuto in adeguata considerazione
il ruolo autonomo svolto dalle C.P.T.A. (asseritamente non costituenti mere
diramazioni dell’Arta, ma aventi unicamente la funzione, nell’ambito della
peculiare organizzazione amministrativa isolana, di prestare supporto tecnico a
tutte le parti pubbliche chiamate ad adottare determinazioni conclusive
nell’ambito delle materie di competenza delle stesse C.P.T.A.) né l’esigenza di
coordinare la legislazione regionale in tema di organizzazione, coordinamento
esattamente definito, per quanto concerne lo specifico settore delle emissioni,
soltanto con il D.A. 9 agosto 2007, n. 175/GAB (che avrebbe previsto di
acquisire comunque, nell’ambito della Conferenza dei Servizi di cui al citato
art. 12, il parere delle C.P.T.A. competenti per territorio).
6. - La NE ha contestato tutto quanto ex adverso dedotto e, a sua vol-ta, ha
impugnato la sentenza, con autonomo appello incidentale, nel capo relativo al
parziale rigetto della domanda risarcitoria formulata in prime cure (e
riproposta in appello), deducendo l’erroneità delle statuizioni con le quali il
primo Giudice ha ritenuto di non accordare il risarcimento in relazione:
- alla pretesa non definitività del bene della vita, posto che, fin dall’ottobre
2006, mancava, per la positiva conclusione del procedi-mento, unicamente l’atto
di fissazione degli specifici limiti alle emis-sioni in atmosfera;
- al fatto che già nel maggio 2008 (e quindi alcuni mesi prima la deli-berazione
della sentenza impugnata) l’AI aveva avviato il procedi-mento di revoca del
decreto di concessione del finanziamento a fondo perduto dell’ammontare
complessivo di euro 12.929.504,00.
7. - Tanto premesso, il Collegio reputa totalmente infondato l’appello proposto
in via principale dagli Assessorati regionali.
Il fondamentale punto di partenza delle considerazioni che seguiranno è
rappresentato dalla circostanza che la NE ha proposto un’istanza ai sensi
dell’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003. Come noto, siffatta disposizione, informata
al principio di semplificazione, prevede, tra l’altro, che:
- la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di e-nergia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili siano assog-gettati a una
autorizzazione unica, rilasciata dalla regione, previo svolgimento di una
Conferenza dei servizi alla quale sono chiamate a partecipare tutte le
amministrazioni interessate;
- il termine finale massimo per la conclusione del procedimento non può comunque
essere superiore a centottanta giorni.
La ridetta previsione si applica anche alla Regione Sicilia (v. CGA 9 dicembre
2008, n. 1006) e la competenza in ordine alla proce-dura è incardinata nell’AI.
Sull’unicità della procedura si è già pronunciato questo Consi-glio con la
decisione n. 295 dell’11 aprile 2008, nella quale si è affermato, come
puntualmente ricordato dal T.A.R. nella sentenza impugnata, che “in base ai
principi posti dai comma 3 e 4 del predetto art. 12 d. lgs. n. 387/2003, la
costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti rinnovabili richiede ‘una autorizzazione unica’, a seguito
di ‘un procedimento unico’, al quale partecipano tutte le Amministrazioni
interessate, mediante conferenza dei servizi. In tal modo, le determinazioni
delle amministrazione interessate, devono essere espresse solo in sede di
conferenza di servizi, così da assicurare l’unicità del procedimento, mediante
il coordinamento dei vari interessi pubblici, rilevanti per l’autorizzazione
unica finale”. In altri termini “Nel contesto normativo sopra riportato, tutte
le amministrazioni (…) devono esprimere il proprio avviso in sede di conferenza
dei servizi” (v. anche le decisioni CGA 9 dicembre 2008, n. 1005; 9 dicembre
2008, n. 1006, cit.). Ed invero, l’intento del Legi-slatore statale è stato
chiaramente quello di favorire le iniziative volte alla realizzazione degli
impianti in questione. Onde perseguire tale obiettivo si è operata una drastica
semplificazione del relativo procedimento autorizzatorio, realizzata attraverso
la concentrazione dell’apporto valutativo di tutte le amministrazioni
interessate nell’am-bito di un’apposita Conferenza dei Servizi, da svolgere in
vista dell’adozione di un unico provvedimento conclusivo dal contenuto espresso
e polistrutturato.
Rispetto a tale chiaro quadro regolatorio la fattispecie sottopo-sta all’esame
devolutivo del Collegio mostra evidenti anomalie. La prima, essenziale
deviazione dal modello delineato nella fonte primaria è da ravvisare nella
scelta, compiuta in occasione della seduta della Conferenza dei servizi tenutasi
il 27 ottobre 2006, di condizionare il rilascio dell’autorizzazione richiesta
dalla NE all’acquisizione del provvedimento riguardante le emissioni in
atmosfera. Orbene, le lungaggini successivamente determinatesi trovano in
apicibus la loro origine proprio in tale decisione, la cui paternità è
unicamente riconducibile all’AI quale amministrazione procedente, quantunque
sollecitata da una conforme indicazione dell’Arta (v. il punto 12 del verbale
della seduta).
Questo aspetto della vicenda merita di essere ricordato poiché illumina la
genesi di una procedura che, una volta fuoriuscita dai precisi binari segnati
dal Legislatore statale, è poi proseguita in modo erratico, oltrepassando ogni
ragionevole limite di durata.
Ancorché il ridetto verbale della Conferenza dei servizi non sia investito da
alcuna impugnativa e seppure il T.A.R. abbia accertato la responsabilità del
solo Arta (condannandolo al risarcimento del danno subito dalla NE) senza
annullare alcun atto adottato dall’AI, nondimeno il Collegio, chiamato dai
motivi di appello a ricostruire i fatti posti a base della condanna pronunciata
dal Tribunale, non può far a meno di individuare, sebbene a soli fini
ricognitivi, proprio nella determinazione di non osservare il nitido disposto
normativo né la giurisprudenza di questo Consiglio l’origine del successivo
stravolgimento del procedimento di autorizzazione unica delineato in sede
legislativa.
Tale deragliamento procedimentale segna, insomma, l’inizio di una manifesta
maladministration risoltasi poi, a causa del successivo e determinante
contributo colposo dell’Arta e della C.P.T.A. di Ragusa, in un macroscopico e
ingiustificato superamento, non soltanto del termine finale stabilito per la
conclusione del procedimento ex art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 (espressione di
un principio fondamentale che si impone, vincolandola, perfino sulla
legislazione concorrente regionale in materia di produzione, trasporto e
distribuzione nazionale di energia; cfr. Corte cost. n. 364 del 2006 e n.
282/2009), ma - anche ipoteticamente aderendo alle tesi ricostruttive delineate
dalle parti appellanti - pure dei ristretti termini imposti dall’art. 269 del
D.Lgs. n. 152/2006, con conseguente lesione degli interessi pretensivi dei quali
la NE era e rimane portatrice. Non va infatti dimenticato che, alla stregua
della giurisprudenza della Corte costituzionale, la tutela dell’ambiente (non
espressamente prevista dallo statuto regionale) rientra nell’ambito della
legislazione esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, sicché la disciplina statale in materia costituisce un limite alla
disciplina che le Regioni e le Pro-vince autonome possono dettare in altri
ambiti di loro rispettiva com-petenza (sentenze n. 378 del 2007, n. 104 del 2008
e n. 67 del 2010).
8. - Va poi sgombrato il campo da alcune questioni dedotte dalle
am-ministrazioni appellanti che, tuttavia, si rivelano del tutto inconducenti
rispetto al reale oggetto del contendere e alla correlata prospettiva
risarcitoria.
In primo luogo è vero che il T.A.R. si è essenzialmente soffer-mato sul
principale aspetto della lite relativo, come accennato, alla violazione dei
termini del procedimento, nondimeno il Commissario ad acta prima, in sede di
autotutela amministrativa, e lo stesso Tribu-nale poi hanno anche annullato
taluni atti medio tempore adottati dalle varie amministrazioni coinvolte nella
vicenda. Peraltro l’annullamento disposto dal T.A.R. è stato giustificato sulla
base della stigmatizzata inosservanza dell’ordinanza cautelare n. 854/2008.
Questo profilo della controversia non è privo di rilievo, posto che, per un
verso, l’allegata natura endoprocedimentale di tali atti non incide sulla loro
ormai definitiva eliminazione dal mondo giuridico, giacché i relativi capi di
decisione non sono stati fatti oggetto di espressa impugnativa né sono
individuabili nell’appello censure dirette in modo specifico contro di essi; per
altro verso, i detti annullamenti corroborano ulteriormente il quadro di
complessiva illegittimità in cui hanno operato gli Assessorati ricorrenti.
9. - In secondo luogo può prescindersi dall’approfondire le censure attinenti
alla sussistenza, o meno, dei presupposti per l’accertamento della
responsabilità delle suddette amministrazioni per il danno da ritardo. Ed
invero, quand’anche, in ipotesi, il Collegio ritenesse di dover aderire alla
tesi dell’inapplicabilità ratione temporis alla fattispecie dell’art. 2-bis
della L. n. 241/1990, introdotto dalla L. n. 69/2009 (sul punto, si veda
comunque, infra, sub §. 14), non per questo le amministrazioni potrebbero andare
esenti da responsabilità, non foss’altro perché l’autorizzazione richiesta anni
fa dalla NE è comunque intervenuta in corso di causa e quindi, da un lato,
risulta rispettata la regola di giudizio posta da Cons. St., ad. plen., n.
7/2005, in ordine alla risarcibilità del solo danno da ritardo derivante dalla
lesione di interessi pretensivi, corrispondenti alla sostanziale lesione del
correlato bene della vita, ma soprattutto, dall’altro lato, si rivelerebbe ex
post erronea (come in effetti deve ritenersi; v. infra) la prognosi dubitativa
che ha condotto, in primo grado, il T.A.R. ha denegare in parte il risarcimento
richiesto dalla NE.
10. - In terzo luogo è priva di qualunque pregio e scevra di rilevanza ai fini
decisori la circostanza che, soltanto anni dopo l’entrata in vigore del citato
D.Lgs. n. 387/2003 e solamente in occasione del procedimento del quale si
controverte, le amministrazioni regionali abbiano affrontato funditus il
problema del ruolo delle C.P.T.A. nell’alveo della Conferenza dei Servizi in
questione. L’obiezione non riveste alcun valore esimente della condotta
dilatoria posta in essere dagli Assessorati. Il ritardo con il quale si è
ritenuto di dover affrontare e risolvere il predetto problema organizzativo non
può certo ridondare in danno dell’aspettativa della NE di ottenere, nei tempi
stabiliti dalla legge, un provvedimento sulla propria istanza. Fra l’altro, e il
punto è dirimente, non è stata mai contestata la natura obbligatoria, ma non
vincolante (v. sul punto anche la nota, prot. n. 86509, del 23 novembre 2009
dell’Arta, a pag. 3), del parere delle C.T.P.A., tanto che nell’autorizza-zione
finale detto parere è stato disatteso, sulla scorta della nota dell’Arta n. 5130
del 27 gennaio 2010. Paiono, dunque, veramente incomprensibili le ragioni che
non hanno consentito alle amministrazioni regionali e, in particolare, all’Arta
di sciogliere in tempi decisamente più brevi il nodo procedimentale connesso
alla richiesta e all’ottenimento di tale, non vincolante, atto
endoprocedimentale (e ciò - si badi bene - a prescindere dall’approfondito
scrutinio della prima facie non infondata obiezione della NE secondo cui,
quand’anche le predette biomasse fossero da considerarsi rifiuti, il parere
della C.P.T.A. non era affatto necessario nella specie, attesa la posizione
favorevole assunta, il 17 maggio 2006, dal Commissario per l’emergenza rifiuti
mercé l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 aprile 2006,
n. 3508, “Disposizioni urgenti di protezione civile”).
Va poi rilevato, incidentalmente, che l’atto con il quale l’Arta, soltanto nel
mese di dicembre 2009 (D.A. 29 dicembre 2009, n. 213/GAB) ha revocato, per
reiterate violazioni di legge e plurime negligenze in relazione alla vicenda in
esame, l’incarico del Presidente della C.P.T.A. di Ragusa certamente non
interferisce e tanto meno attenua la responsabilità dell’amministrazione
regionale per il blocco determinatosi nell’istruttoria della pratica in
questione, non potendo essa pretendere di distinguere la sua posizione da quella
dei propri organi consultivi. È fin troppo evidente che se l’impasse nella quale
è scivolato il procedimento di autorizzazione fosse da attribuire unicamente
alla C.T.P.A. (ma non è così perché l’Arta avrebbe potuto disattendere, come ha
fatto in seguito, i relativi pareri negativi), nondimeno l’amministrazione
avrebbe potuto adottare tempestivamente il provvedimento di sostituzione,
intervenuto invece tardivamente solo verso la fine del contenzioso, protrattosi
nel secondo grado del giudizio.
11. - Analogamente a quanto già osservato, e in quarto luogo, nessuna valenza
esonerativa della responsabilità nelle quali sono incorse le amministrazioni
(ancorché nel caso di specie il thema decidendum sia circoscritto alla sola
posizione dell’Arta) può riconoscersi all’allegata difficoltà interpretativa
circa la qualificabilità, o meno, degli olii esausti di frittura e delle sanse
esauste come combustibile da biomassa. Anche a voler trascurare le condivisibili
argomentazioni svolte sul punto dal T.A.R. e pure le risultanze documentali
richiamate dalla NE (ad esempio, l’autorizzazione del G.R.T.N. del 19 aprile
2005 recante la qualifica dell’impianto come I.A.F.R.), è invero decisivo
osservare che la qualificazione di un prodotto quale idoneo e ammissibile
com-bustibile da biomasse è un compito spettante in via istituzionale alla
conferenza dei servizi e alle amministrazioni che a essa partecipano. Si intende
insomma significare, da un lato, che il modulo procedimentale e di
semplificazione amministrativa rappresentato dalla conferenza dei servizi è
precipuamente finalizzato alla definizione in un unico contesto di tutte le
eventuali difficoltà interpretative od operative connesse a un determinato
intervento e, dall’altro lato, che dette difficoltà costituiscono un evento
ordinario e prevedibile, e non una circostanza straordinaria e imprevedibile,
dell’amministrare. Detto altrimenti e in termini ancora più chiari, ogni
Legislatore, nel fissare i termini di durata di un procedimento, tiene conto
implicitamente della possibile insorgenza delle difficoltà alle quali si è
accennato e comunque postula un’idonea capacità delle amministrazioni di
risolverle entro tempi ragionevoli. Anche in questo caso, dunque, non può
ricadere sul cittadino o sull’impresa (nella specie, sulla NE) l’ondivaga
incertezza mostrata dalle amministrazioni istituzionalmente preposte a
determinarsi sul punto. Senza contare poi che, nel dubbio, gli Assessorati ben
avrebbero potuto risolversi, per quanto di rispettiva competenza, per l’adozione
di un provvedimento negativo. Ciò che invece era loro precluso era proprio
l’impasse che ha posto la NE nella necessità di reagire in via giurisdizionale a
un inammissibile non liquet. Ed invero, rispetto al vano moltiplicarsi, per più
anni, di vari atti e di rimpalli tra le amministrazioni interessate sarebbe
stato di gran lunga preferibile, per la migliore tutela delle ragioni della NE,
adottare entro il termine di legge un provvedimento negativo, quand’anche
fondato sulle allegate (ma indimostrate) carenze informative da parte della
società istante, dal momento che in questo modo la NE avrebbe potuto aggredire
l’eventuale atto sfavorevole in tempi sicuramente più brevi, sia in sede
cautelare sia nel merito, avanti l’autorità giudiziaria.
12. - Al lume dei superiori rilievi debbono essere respinte anche le doglianze
incentrate sulla necessità di stabilire se fosse, o meno, ri-chiesta la V.I.A. e
la valutazione di incidenza. A quest’ultimo riguardo gli Assessorati
attribuiscono ai ritardi del Comune di Modica la causa di parte delle dilazioni
verificatesi. L’argomento, oltre che infondato in diritto (posto che anche la
V.I.A. e la valutazione di incidenza debbono rifluire nel procedimento unico ex
art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003), è pretestuoso in fatto, giacché l’entrata in
vigore della L.R. n. 13/2007 fu successiva all’istanza presentata dalla NE (e
quindi, se gli Assessorati avessero rispettato i termini di legge, il
procedimento si sarebbe potuto concludere sulla base della normativa precedente
e della relativa allocazione delle competenze). Del tutto inconducente è poi
l’affermazione secondo cui, soltanto dopo la predetta legge regionale, sarebbe
emersa la natura di S.I.C. della “Spiaggia di Maganuco”: a tal proposito le
amministrazioni appellanti obliterano che proprio l’Arta, nel 2005, ebbe ad
adottare il decreto 21 febbraio 2005, recante l’”Elenco dei siti di importanza
comunitaria e delle zone di protezione speciale ricadenti nel territorio della
Regione, individuati ai sensi delle direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE”,
pubblicato sulla G.U.R.S. n. 42/2005, nel cui allegato A risulta inserita la
suddetta spiaggia e che lo stesso sito compare anche nel decreto Arta del 5
maggio 2006, “Approvazione delle cartografie delle aree di interesse
naturalistico SIC e ZPS e delle schede aggiornate dei siti Natura 2000 ricadenti
nel territorio della Regione”. Da quanto appena riferito si perviene alla
conclusione che, quand’anche fosse vera l’ultima asserzione (circa la scoperta
del tutto “casuale” del S.I.C.), si tratterebbe dell’ennesima dimostrazione
dello stato di complessiva confusione organizzativa e informativa in cui
versavano le amministrazioni regionali appellanti, le quali evidentemente
(almeno così deve ritenersi sulla base delle difese dalle medesime spiegate in
giudizio) nemmeno erano in grado di attingere, d’ufficio, le informazioni
necessarie all’espletamento delle relative istruttorie dagli atti adottati dai
loro stessi uffici. La circostanza, ovviamente, non costituisce una causa
giustificativa del danno prodotto, semmai corrobora ulteriormente la prova della
grave colpa dell’apparato sotto il profilo della negligenza.
13. - I superiori rilievi escludono altresì la fondatezza delle contesta-zioni
in ordine alla sussistenza della colpa delle amministrazioni (e, in particolare,
dell’Arta) e del nesso di causalità tra la condotta lesiva e il danno subito
dalla NE, siccome accertati dal T.A.R.. Per quanto concerne il primo profilo,
relativo all’elemento soggettivo della condotta lesiva, non occorre dilungarsi
sulle gravi e ingiustificate illegittimità nelle quali sono incorse le
amministrazioni regionali, avendo esse patentemente violato la lettera (unicità
e durata massima del procedimento) e la ratio (unificatrice e semplificatoria)
del sunnominato art. 12. Le illegittimità sussistono e, come già segnalato, si
tratta di violazioni gravi rispetto alle quali il tentativo di sostenerne la
complessiva scusabilità si presenta inconsistente.
Il nesso eziologico tra le ridette condotte, commissive e omis-sive, e il
pregiudizio patito dalla società controinteressata è d’altronde evidente:
proprio a causa dei ritardi e delle violazioni di legge ascrivibili agli
Assessorati la NE non ha potuto per molto tempo realizzare e avviare l’impianto
progettato e, come si chiarirà infra, ha anche definitivamente perduto il
consistente finanziamento comunitario all’uopo ottenuto.
14. - Non coglie nel segno infine la doglianza incentrata sulla mancata
dimostrazione della realizzabilità dell’impianto e sulla pretesa erroneità dei
criteri liquidatori declinati dal tribunale ai sensi dell’art. 35 del D.Lgs. n.
80/1998.
Sul primo aspetto si ribadisce che il danno subito dalla NE è derivato dal
ritardo nella conclusione del procedimento, dovuto anche all’adozione di atti
illegittimi (e annullati dal Commissario ad acta e dal T.A.R.). Tale danno, in
disparte la questione dell’applicabilità diretta alla fattispecie dell’art.
2-bis della L. n. 241/1990 (sebbene i relativi principi fossero già viventi
nell’ordinamento prima dell’entrata in vigore della norma e nonostante il
ritardo dell’amministrazione sia comunque perdurato successivamente all’entrata
in vigore della disposizione), sussisterebbe anche se il procedimento
autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato in
ipotesi negativo, atteso che l’inosservanza del termine massimo di durata del
pro-cedimento ha comportato, quale immediata e pregiudizievole conse-guenza,
l’assoluta imprevedibilità dell’azione amministrativa e quindi l’impossibilità
per la NE di rispettare la programmata tempistica dei propri investimenti, con
la conseguenza di una correlata crescita dei costi di internalizzazione delle
dilazioni amministrative. Non può difatti obliterarsi che il ritardo nella
conclusione di un qualunque procedimento, qualora incidente su interessi
pretensivi agganciati a programmi di investimento di cittadini o imprese, è
sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale
variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a
qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica.
In questa prospettiva ogni incertezza sui tempi di realizzazione di un
investimento si traduce nell’aumento del c.d. “rischio amministrativo” e,
quindi, in maggiori costi, attesa l’immanente dimensione diacronica di ogni
operazione di investimento e di finanziamento. In ogni caso, come sopra
accennato, la possibilità di una previsione, già in prime cure, in ordine alla
positiva, futura conclusione del procedimento in questione è stata ampiamente
comprovata dall’avvenuto rilascio dell’autorizzazione unica. Si deve infatti
segnalare fin d’ora che il T.A.R. avrebbe potuto tranquillamente sciogliere in
maniera esplicita la relativa prognosi favorevole: in effetti lo stesso
Tribunale, pur essendosi pronunciato sulla “non definitività del bene” della
vita atteso e sulla “non provata revoca del finanziamento richiesto”, nondimeno
ha poi declinato criteri liquidatori sulla base del “reddito annuo netto
conseguibile” dalla NE a partire dal 2008 (epoca in cui la società avrebbe
potuto ragionevolmente pronosticare il concreto avvio dell’impianto, come da
cronoprogramma dei lavori) fino all’effettiva emanazione del provvedimento di
competenza, detratti i tempi ordinari di conclusione del procedimento.
All’evidenza, in virtù di siffatta statuizione, il Tribunale ha implicitamente
(ma, ad avviso del Colle-gio, correttamente) smentito la precedente affermazione
circa la carente prova della spettanza, mostrando così di aver ricondotto il
danno subito dall’impresa alla mancata, tempestiva conclusione del procedimento
di autorizzazione in senso favorevole alla NE.
Quanto appena osservato consente dunque di respingere anche le censure sopra
richiamate.
15. - Può dunque passarsi all’esame dell’appello incidentale interpo-sto contro
la sentenza dalla NE.
Tutte le superiori considerazioni e, in particolare, quelle svolte nel
precedente §. 14 comprovano la fondatezza, almeno in parte, dell’impugnazione.
Non vi è dubbio che il T.A.R. avrebbe potuto agevolmente in-ferire dagli atti in
suo possesso l’intervenuta perdita, da parte della NE, del rilevante contributo
pubblico ottenuto in conto impianti.
I presupposti per addivenire a tale conclusione erano ravvisabili nei seguenti
elementi:
- la disciplina che regola il finanziamento contempla una causa di disimpegno
automatico della concessione provvisoria delle agevolazioni nel caso di mancato
completamento dei lavori entro termini che, nella specie, erano già ampiamente
trascorsi in pendenza del procedimento di autorizzazione;
- l’imminente (all’epoca della deliberazione della sentenza im-pugnata) scadenza
del termine ultimo (30 giugno 2009) fissato dalla Commissione europea in materia
di Orientamenti sulla chiusura degli interventi sui fondi strutturali (v. anche
il decreto del 15 aprile 2009 dell’AI sulla rendicontazione degli oneri
sostenuti dalle imprese ausiliate entro la data del 31 marzo 1999);
- l’avviato (nel maggio 2008) procedimento di revoca del finan-ziamento
concesso;
- la mancata difesa sul punto delle Amministrazioni che, in pri-mo grado, non
hanno mai affermato che il finanziamento fosse ancora erogabile.
Nel corso del presente giudizio di impugnazione l’AI ha reso poi sul punto,
sebbene a seguito di un’espressa richiesta in tal senso del Collegio, una
dichiarazione consistente in un pieno riconoscimento della fondatezza delle
doglianze avversarie, giacché nella nota, prot. n. 2841, dell’11 maggio 2010 si
è definitivamente chiarito, tra l’altro, che:
- effettivamente la NE aveva ottenuto un finanziamento a fondo perduto,
dell’importo sopra indicato, concesso in via provvisoria ai sensi dell’art. 69
della L.R. n. 32/2000 e della misura 1.17 del Completamento di Programmazione al
P.O.R. Sicilia 2000/2006, a fronte di un investimento complessivo preventivato
pari a euro 33.997.000,00;
- la NE non è più legittimata a usufruire del finanziamento in ra-gione del
perfezionato procedimento di revoca (mercé il D.R.S. n. 79 del 18 marzo 2010);
- tale revoca era vincolata in ragione della scadenza del termine finale di
rendicontazione delle spese oggetto dell’agevolazione, dapprima fissato nella
data del 30 giugno 2008 e poi differito al 30 giugno 2009, ma l’autorizzazione è
stata rilasciata soltanto in data 16 aprile 2010 e, quindi, la NE non avrebbe
mai potuto rispettare i predetti termini, posto che il bando per il P.O.R.
Sicilia 2000/2006 subordinava espressamente (punto 12.1.) l’inizio dei lavori
all’ottenimento, da parte dei beneficiari del contributo, di tutte le
autorizzazioni prescritte per la cantierabilità degli interventi (privo di
pregio è quindi il contrario argomento difensivo, a pag. 5 della memoria
depositata il 28 maggio 2010).
A fronte di tali concludenti e convergenti evidenze in nessun conto deve tenersi
l’estrema difesa dell’Amministrazione la quale, nella citata nota, prot. n.
2841, dell’11 maggio 2010, ha prospettato la possibilità, per la NE, di
concorrere per la fruizione dei benefici previsti dal Programma Operativo
2007/2013 (senza nemmeno chiarire peraltro se l’intervento progettato dalla NE
sia ancora finanziabile alla stregua della disciplina del nuovo P.O.R.). A
siffatto rilievo è facile obiettare che il danno subito dall’appellante
incidentale discende dall’aver irrimediabilmente perso, a causa dell’illecita
condotta dell’amministrazione regionale, un rilevante contributo già concesso in
via provvisoria e che tale perdita, certa, liquida e definitiva, non può trovare
compensazioni di sorta in una mera speranza di ottenere in futuro un analogo
finanziamento.
16. - Non può invece trovare pieno accoglimento l’altra richiesta avanzata dalla
NE e relativa alla perdita anche dell’altro finanziamento privato messo a
disposizione dalla Unicredit-Banca di impresa, per l’ammontare di euro
26.767.000,00. Il rigetto in parte qua deriva dalla considerazione che la
possibilità di ottenere, in futuro, un altro finanziamento ordinario sul libero
mercato non può ritenersi preclusa o, almeno, la NE non ha offerto prova del
contrario né del peggioramento medio tempore delle condizioni di indebitamento.
Per questa voce dunque potranno essere liquidate soltanto le spese documentate
di istruttoria sostenute dalla NE per ottenere il predetto finanziamento dalla
Unicredit.
17. - In conclusione alla NE spetta un risarcimento, da porre a carico del solo
Arta, stante il vincolo sul punto del giudicato interno, così determinato:
- l’importo corrispondente a tutto quanto già liquidato dal T.A.R., sebbene da
computarsi fino alla data del 16 aprile 2010;
- sulla base degli stessi criteri indicati nella sentenza impugnata, le maggiori
somme maturate e maturande dalla NE, per la medesima voce di cui al precedente
alinea, dal 16 aprile 2010 fino alla comuni-cazione in via amministrativa o, se
antecedente, fino alla notificazione della presente decisione;
- l’importo corrispondente alle spese documentate di istruttoria sostenute dalla
NE per ottenere il finanziamento della Unicredit.
A tali oneri va poi sommato il risarcimento dovuto alla perdita del contributo
pubblico. In relazione a tale aspetto e in considerazione della possibilità che
la NE non abbia più convenienza a realizzare l’investimento a suo tempo
preventivato, occorre prospettare un’opzione risarcitoria - che sarà oggetto
dell’accordo tra le parti in sede di proposta ex art. 35 del D.Lgs. n. 80/1998 -
articolata nella seguente alternativa:
- se entro il termine per la formulazione della proposta, secondo quanto
stabilito dal T.A.R., ma con decorrenza del dies a quo dalla notificazione o
dalla comunicazione della presente decisione, la NE manifesti l’intenzione di
realizzare comunque l’impianto in questione, allora l’Arta dovrà mettere a
disposizione della NE, a valere sulle proprie disponibilità di bilancio,
l’importo di euro 12.929.504,00, affinché la NE possa utilizzarlo nei modi e nei
termini (ovviamente questi ultimi dovranno essere diversamente rideterminati in
ragione del decorso del tempo) fissati dall’originario provvedimento di
concessione ora revocato; in questo caso tuttavia la NE dovrà prestare cauzione
fideiussoria per il caso di successiva revoca del finanziamento;
- se, invece, entro il termine di cui al precedente alinea, la NE ritenga di
desistere dall’iniziativa perché non più conveniente dal punto di vista
economico, allora l’Arta dovrà corrispondere alla NE le spese documentate di
progetto e pure il rimborso di tutti gli oneri affrontati dalla NE, inclusi
quindi tutti gli esborsi sostenuti per ottenere da altre amministrazioni o da
soggetti privati atti, certificazioni, relazioni o documenti destinati a
confluire nel procedimento in esame e in quelli ad esso correlati, nonché il 10%
della somma versata dalla predetta società per acquisire, dal Consorzio per
l’Area di Sviluppo Industriale della Provincia di Ragusa, l’area sulla quale
insediare l’impianto (ciò a compensazione dei costi sopportati per il
mantenimento infruttuoso di un lotto non più utilizzabile per le finalità
originariamente preventivate).
Tali importi dovranno essere maggiorati degli interessi legali a decorrere,
ancora, dalla data scadenza del termine di sessanta giorni dalla comunicazione
in via amministrativa o dalla notificazione della presente decisione e fino
all’effettivo soddisfo.
18. - Va da ultimo esaminata la posizione del Comune di Modica, il quale si è
costituito per far rilevare la sua completa estraneità alla controversia e
l’infondatezza dell’appello incidentale (nella parte in cui si prospetta anche
la responsabilità dell’ente civico).
Dall’esame di tutta la documentazione versata in atti e in considerazione dei
superiori rilievi emerge effettivamente l’assenza di qualunque responsabilità in
capo al Comune di Modica nella genesi del ritardo lamentato dalla NE e, quindi,
previo rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva, va comunque
dichiarato parzialmente infondato l’appello incidentale là dove, sia pure in
subordine, ipotizza una partecipazione causale dell’amministrazione comunale.
19. - Alla stregua di tutto quanto sopra osservato, ritiene il Collegio di poter
assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai
fini della presente decisione. In particolare, nessun rilievo assume, per la sua
inconsistenza, l’ultima difesa delle Amministrazioni appellanti (v. la citata
memoria del 28 maggio 2008), le quali giungono a sostenere ex post e solo in
sede di giudizio (atteso che la revoca del contributo reca una diversa
motivazione) che, sulla base dell’autorizzazione unica intervenuta nel 2010
(rispetto a un’istanza del 2005), la NE, fin dall’origine, non avrebbe potuto
avere accesso al contributo finanziario in questione (peraltro, già concesso e
pure revocato) a causa della natura dei combustibili in esso conferibili,
qualificati come rifiuti e non come biomasse. A tal proposito il Collegio
ritiene che prospettare, in via presuntiva e di prognosi controfattuale, che il
predetto contributo sarebbe stato ugualmente revocato non soltanto collide con
la realtà che emerge dai provvedimenti adottati dalle stesse amministrazioni
appellanti, ma si rivela come un estremo, inane sforzo retorico per tentare di
sottrarre l’Arta alle conseguenze patrimoniali del suo illecito (in senso
civilistico) operato.
20. - In conclusione, va respinto l’appello principale interposto dagli
Assessorati regionali, mentre deve essere accolto, in parte, quello incidentale
proposto dalla NE. Per l’effetto, merita parziale riforma la sentenza impugnata,
con condanna dell’Arta al risarcimento del danno, nei confronti della società
controinteressata, nei limiti e secondo le modalità sopra stabilite.
21. - Il regolamento delle spese processuali del doppio grado del giu-dizio
segue la soccombenza ed è liquidato come da dispositivo, previa parziale
compensazione tra gli Assessorati e la NE in ragione della reciproca
soccombenza. Devono invece compensarsi integralmente le spese processuali tra le
predette parti e il Comune di Modica, atteso il ruolo del tutto marginale
assunto da quest’ultimo nell’ambito della presente controversia.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia-na in sede
giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e
accoglie in parte quello incidentale; per l’effetto, in parziale riforma della
sentenza impugnata, accoglie nei limiti di cui in motivazione l’impugnativa
promossa in primo grado e condanna l’Assessorato regionale al Territorio e
Ambiente a corrispondere alla New Energy S.r.l. le somme indicate in parte
motiva, secondo i tempi e le modalità ivi stabilite.
Previa parziale compensazione, le amministrazioni soccombenti sono tenute in
solido a rifondere la New Energy delle spese processuali del secondo grado del
giudizio, liquidati in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00); compensa
integralmente le spese tra le predette parti e il Comune di Modica.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità am-ministrativa.
Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministra-tiva per la Regione
Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio dell’8 giugno
2010, con l'intervento dei signori:: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo
D’Angelo, Gabriele Carlotti, estensore, Filippo Salvia, Pietro Ciani,
Componenti.
F.to: Riccardo Virgilio, Presidente
F.to: Gabriele Carlotti, Estensore
F.to: Loredana Lopez, Segretario
Depositata in segreteria
il 04 novembre 2010
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1974-9562