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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 11/11/2010, Sentenza C-137/08
DIRITTI DEI CONSUMATORI - Clausole abusive figuranti nei contratti
stipulati con i consumatori - Criteri di valutazione - Carattere abusivo di
una clausola attributiva di competenza giurisdizionale - Esame d’ufficio, da
parte del giudice nazionale - Art. 23 dello Statuto della Corte - Direttiva
93/13/CEE. L’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di
giustizia dell’Unione europea non osta a una disposizione di diritto
nazionale ai sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di
rinvio pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro
della giustizia dello Stato membro interessato. Inoltre, l’art. 267 TFUE
deve essere interpretato nel senso che la competenza della Corte di
giustizia dell’Unione europea verte sull’interpretazione della nozione di
«clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 5
aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti
stipulati con i consumatori, e all’allegato della medesima, nonché sui
criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di
una clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva,
fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai
criteri sopra citati, sulla qualificazione concreta di una clausola
contrattuale particolare in funzione delle circostanze proprie del caso di
specie. Il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al
fine di accertare se una clausola attributiva di competenza giurisdizionale
territoriale esclusiva contenuta nel contratto, che costituisce l’oggetto
della controversia di cui è investito e che è stato concluso tra un
professionista e un consumatore, rientri nell’ambito di applicazione della
direttiva 93/13 e, in caso affermativo, valutare d’ufficio il carattere
eventualmente abusivo di una siffatta clausola. Domanda di pronuncia
pregiudiziale - Pres. Skouris - Rel. Silva de Lapuerta. CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. Grande, 11/11/2010, Sentenza C-137/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
9 novembre 2010
«Direttiva 93/13/CEE - Clausole abusive figuranti nei contratti
stipulati con i consumatori - Criteri di valutazione - Esame d’ufficio,
da parte del giudice nazionale, del carattere abusivo di una clausola
attributiva di competenza giurisdizionale - Art. 23 dello Statuto della
Corte»
Nel procedimento C-137/08,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Budapesti II. és III. kerületi
bíróság (Ungheria), con decisione 27 marzo 2008, pervenuta in
cancelleria il 7 aprile 2008, nella causa
VB Pénzügyi Lízing Zrt.
contro
Ferenc Schneider,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N.
Cunha Rodrigues, K. Lenaerts e J.-C. Bonichot (presidenti di sezione),
dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta (relatore), dai sigg. M. Ilešic, J.
Malenovský, U. Lõhmus, E. Levits, A. Ó Caoimh, L. Bay Larsen e dalla
sig.ra P. Lindh, giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
- per il governo ungherese, dalle sig.re J. Fazekas, R. Somssich, e K.
Borvölgyi, nonché dal sig. M. Fehér, in qualità di agenti;
- per l’Irlanda, dal sig. D. J. O’Hagan, in qualità di agente, assistito
dal sig. A. M. Collins, SC;
- per il governo spagnolo, dal sig. J. López-Medel Báscones, in qualità
di agente;
- per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C.M. Wissels, in qualità
di agente;
- per il governo del Regno Unito, dai sigg. S. Ossowski e L. Seeboruth,
in qualità di agenti, nonché dal sig. T. de la Mare, barrister;
- per la Commissione europea, dai sigg. B.D. Simon e W. Wils, in qualità
di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 6 luglio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della
direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le
clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95,
pag. 29; in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la
VB Pénzügyi Lízing Zrt. (in prosieguo: la «VB Pénzügyi Lízing») e il
sig. Schneider in merito ad una domanda di ingiunzione di pagamento.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 L’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea è
formulato nei seguenti termini:
«Nei casi contemplati dall’articolo 267 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea la decisione del giudice nazionale che sospende il
[procedimento] e si rivolge alla Corte di giustizia è notificata a
quest’ultima a cura di tale giudice nazionale. Tale decisione è quindi
notificata a cura del cancelliere della Corte alle parti in causa, agli
Stati membri e alla Commissione, nonché all’istituzione, all’organo o
all’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui si contesta la
validità o l’interpretazione.
Nel termine di due mesi da tale ultima notificazione, le parti, gli
Stati membri, la Commissione e, quando ne sia il caso, l’istituzione,
l’organo o l’organismo dell’Unione che ha adottato l’atto di cui si
contesta la validità o l’interpretazione ha il diritto di presentare
alla Corte memorie ovvero osservazioni scritte.
(…)».
4 Ai sensi del suo art. 1, n. 1, la direttiva è volta a «ravvicinare le
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un
professionista e un consumatore».
5 L’art. 3, nn. 1 e 2 della direttiva dispone quanto segue:
«1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato
individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona
fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio
dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.
2. Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato
individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare
nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di
conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.
(...)».
6 L’art. 3, n. 3, della direttiva fa riferimento all’allegato di
quest’ultima che contiene un «elenco indicativo e non esauriente di
clausole che possono essere dichiarate abusive». Il n. 1 di predetto
allegato riguarda le «[c]lausole che hanno per oggetto o per effetto di:
(...)
q) sopprimere o limitare l’esercizio di azioni legali o vie di ricorso
del consumatore (...)».
7 Ai termini dell’art. 6, n. 1, della direttiva:
«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un
contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non
vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro
legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti
secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le
clausole abusive».
8 L’art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva sancisce:
«1. Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti
professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far
cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un
professionista e dei consumatori.
2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano
a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un
interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del
diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi
competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte
per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino
mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte
clausole».
Il diritto nazionale
9 All’epoca dei fatti della causa principale erano applicabili il codice
civile, nella sua versione risultante dalla legge n. III del 2006, e il
decreto governativo n. 18/1999, relativo alle clausole ritenute abusive
nei contratti stipulati con un consumatore.
10 Ai sensi dell’art. 209/A, n. 2, del codice civile, in un contratto
stipulato con un consumatore, una clausola abusiva che è stata
predisposta come clausola contrattuale generale, o preventivamente e
unilateralmente dalla controparte del consumatore senza che sia stata
negoziata individualmente, è nulla.
11 Il decreto governativo n. 18/1999 suddivide le clausole contrattuali
in due categorie. Rientrano nella prima categoria le clausole
contrattuali la cui inserzione nei contratti conclusi con i consumatori
è vietata e che, di conseguenza, sono nulle di pieno diritto. La seconda
categoria raggruppa le clausole considerate abusive finché non sia
fornita prova contraria; l’autore di siffatte clausole può confutare
tale presunzione.
12 L’art. 155/A, n. 2, della legge relativa alla procedura civile così
dispone:
«Il tribunale decide di deferire alla Corte di giustizia delle Comunità
europee una questione pregiudiziale con ordinanza e sospende
contemporaneamente il giudizio. Nella sua ordinanza, il tribunale
formula la questione sottoposta alla Corte di giustizia onde ottenere
una decisione in via pregiudiziale e comunica i fatti e la normativa
ungherese pertinenti, nella misura necessaria affinché la Corte possa
risolvere la questione sollevata. Il tribunale notifica la sua ordinanza
alla Corte e contemporaneamente la invia, per informazione, al Ministro
della giustizia».
13 Ai sensi dell’art. 164, n. 1, della detta legge, la prova degli
elementi di fatto necessari per dirimere la controversia grava, in via
generale, sulla parte che ha interesse a che il giudice li accerti come
verificatisi. Il n. 2 del medesimo articolo prevede che il giudice possa
disporre d’ufficio misure istruttorie ove consentito dalla legge.
Causa principale e questioni pregiudiziali
14 In data 14 aprile 2006, le parti della controversia principale hanno
stipulato un contratto di mutuo destinato a finanziare l’acquisto di un
autoveicolo.
15 Allorché il sig. Schneider ha cessato di adempiere ai suoi obblighi
contrattuali, la VB Pénzügyi Lízing ha risolto il contratto di mutuo e
ha adito il giudice del rinvio al fine di ottenere il rimborso di un
credito pari a HUF 317 404, nonché il pagamento degli interessi di mora
sull’importo non corrisposto e delle spese processuali.
16 La VB Pénzügyi Lízing non ha presentato la sua domanda di ingiunzione
di pagamento dinanzi al giudice competente nella cui circoscrizione il
sig. Schneider ha la propria residenza, ma si è avvalsa della clausola
attributiva di competenza giurisdizionale inserita nel suddetto
contratto di mutuo, la quale sottopone un’eventuale controversia tra le
parti alla competenza del giudice del rinvio.
17 L’ingiunzione richiesta è stata pronunciata nell’ambito di un
procedimento cosiddetto «non contraddittorio», che non esige che il
giudice interessato tenga un’udienza o senta la controparte. Al momento
dell’adozione dell’ingiunzione di cui trattasi, il giudice del rinvio
non si è interrogato sulla propria competenza territoriale e neppure
sulla clausola attributiva di competenza giurisdizionale contenuta nel
contratto di mutuo.
18 Il sig. Schneider ha presentato un’opposizione contro tale
ingiunzione di pagamento dinanzi al giudice del rinvio, senza precisarne
tuttavia i motivi. L’opposizione ha avuto come conseguenza giuridica di
rendere la procedura contraddittoria e questa si è dunque svolta
conformemente al diritto processuale civile comune.
19 Il suddetto giudice del rinvio ha constatato che la residenza del
sig. Schneider non si trovava nella propria circoscrizione territoriale,
allorché le norme di procedura civile prevedono che il giudice
territorialmente competente a conoscere di una controversia, come quella
di cui è stato investito, sia quello nella cui circoscrizione si trova
la residenza del convenuto.
20 In tale contesto il Budapesti II. és III. kerületi bíróság (Tribunale
dei distretti II e III di Budapest) ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se la tutela dei consumatori garantita dalla direttiva (...)
richieda che il giudice nazionale valuti d’ufficio - indipendentemente
dalla natura del procedimento, sia esso o meno contraddittorio - anche
senza una specifica richiesta al riguardo, nell’ambito dell’esame della
sua competenza territoriale, il carattere abusivo di una clausola
contrattuale ad esso sottoposta.
2) In caso di risposta positiva alla prima questione, quali aspetti
possa prendere in considerazione il giudice nazionale nel contesto di
tale esame, in particolare quando una clausola contrattuale non
attribuisce la competenza territoriale all’organo giurisdizionale nella
cui circoscrizione si trova la sede del professionista ma a un altro
organo giurisdizionale, sebbene ubicato nelle vicinanze di tale sede.
3) Se, ai sensi dell’art. 23, primo comma, dello [Statuto della Corte],
sia esclusa la possibilità che il giudice nazionale informi d’ufficio
relativamente al procedimento pregiudiziale il Ministro della giustizia
del suo stesso Stato membro, contemporaneamente all’avvio del
procedimento in questione».
Procedimento dinanzi alla Corte
21 Con decisione del Presidente della Corte 13 febbraio 2009, la
trattazione della causa è stata sospesa fino alla pronuncia della
sentenza 4 giugno 2009, causa C-243/08, Pannon GSM (Racc. pag. I-4713).
22 In seguito alla pronuncia di suddetta sentenza, in data 2 luglio
2009, il giudice del rinvio ha comunicato alla Corte che non considerava
più necessario che essa risolvesse la prima e la seconda delle questioni
sottoposte nella sua decisione 27 marzo 2008. Per contro, tale giudice
ha dichiarato che desiderava ancora ottenere la soluzione della terza
questione.
23 Inoltre, detto giudice si interroga sul ruolo della Corte,
allorquando si tratta di garantire l’applicazione uniforme, in tutti gli
Stati membri, del livello di protezione dei diritti dei consumatori
prescritto dalla direttiva. A tal riguardo, esso dichiara di dedurre dai
punti 34 e 35 della citata sentenza Pannon GSM che le caratteristiche
specifiche del procedimento giurisdizionale che si svolge nel contesto
del diritto nazionale tra il professionista e il consumatore non possono
costituire un elemento atto a limitare la tutela giuridica di cui deve
godere il consumatore in forza delle disposizioni della direttiva. Dai
summenzionati punti 34 e 35 emergerebbe segnatamente che il giudice
nazionale deve esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola
contrattuale non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto
necessari a tal fine.
24 Orbene, ad avviso del giudice del rinvio, le indicazioni fornite
dalla Corte nei punti rilevanti della citata sentenza Pannon GSM non
permetterebbero di definire la questione se il giudice nazionale possa
esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale
soltanto quando disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari
a tale effetto o se, al contrario, l’esame d’ufficio di tale carattere
abusivo implichi anche che, nell’ambito di quest’ultimo, il giudice
nazionale sia tenuto ad accertare d’ufficio gli elementi di fatto e di
diritto necessari per il suddetto esame.
25 Alla luce di queste considerazioni, il Budapesti II. és III. kerületi
bíróság ha deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali a titolo integrativo:
«1) Se la Corte, ai sensi dell’art. [267 TFUE] abbia la competenza anche
per interpretare la nozione di «clausola abusiva» di cui all’art. 3, n.
1, della direttiva (...), nonché le clausole elencate nell’allegato
della medesima direttiva.
2) In caso di risposta positiva, se la domanda di pronuncia
pregiudiziale con la quale si domanda una siffatta interpretazione possa
vertere, nell’interesse di un’applicazione uniforme in tutti gli Stati
membri del livello di tutela dei diritti dei consumatori garantito dalla
direttiva (...), sulla questione relativa a quali siano gli aspetti che
il giudice nazionale può o deve tenere in considerazione allorché i
criteri generali stabiliti dalla direttiva vadano applicati ad una
specifica clausola individuale.
3) Se il giudice nazionale che ravvisi autonomamente la possibile
sussistenza di una clausola contrattuale abusiva possa, d’ufficio,
effettuare un’indagine volta ad accertare gli elementi di diritto e di
fatto necessari a compiere tale valutazione, laddove il diritto
processuale nazionale ammetta un siffatto esame solo su richiesta delle
parti e una siffatta richiesta non sia stata avanzata».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla terza questione sollevata inizialmente
26 Con tale questione, il giudice del rinvio si interroga sul fatto se
l’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte, osti ad una
disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice che
avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa
contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della giustizia.
27 A tale riguardo, va rilevato che l’art. 23, primo comma, dello
Statuto della Corte, che prevede che la decisione del giudice nazionale
che sospende il procedimento e adisce la Corte venga notificata a
quest’ultima a cura di tale giudice nazionale e che detta decisione
venga poi notificata a cura del cancelliere della Corte, tra l’altro e a
seconda dei casi, alle parti in causa, agli Stati membri e alla
Commissione, nonché ad altre istituzioni, organi o organismi
dell’Unione, non contiene alcuna indicazione relativa ad altre misure
informative che possono essere adottate dal giudice nazionale
nell’ambito della sua decisione di adire la Corte con un rinvio
pregiudiziale.
28 Al fine di risolvere la questione deferita, va sottolineato che il
sistema posto in essere dall’art. 267 TFUE, per assicurare l’unità
dell’interpretazione del diritto dell’Unione negli Stati membri,
istituisce una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali
attraverso un procedimento estraneo ad ogni iniziativa delle parti (v.
sentenze 10 luglio 1997, causa C-261/95, Palmisani, Racc. pag. I-4025,
punto 31; 12 febbraio 2008, causa C-2/06, Kempter, Racc. pag. I-411,
punto 41, nonché 16 dicembre 2008, causa C-210/06, Cartesio, Racc. pag.
I-9641, punto 90).
29 Infatti, il rinvio pregiudiziale poggia su un dialogo tra giudici, il
cui avvio si basa interamente sulla valutazione della pertinenza e della
necessità del detto rinvio compiuta dal giudice nazionale (v. citate
sentenze Kempter, punto 42 e Cartesio, punto 91).
30 In considerazione dei summenzionati principi sottesi al meccanismo
pregiudiziale e alla luce della questione posta, occorre determinare se
l’obbligo di informazione di cui trattasi possa avere un’incidenza sulle
facoltà di cui dispongono i giudici nazionali in forza dell’art. 267
TFUE.
31 A tale proposito, non sembra che un obbligo, come quello di cui
trattasi nella causa principale, possa essere considerato un’ingerenza
nel meccanismo di dialogo giurisdizionale istituito dall’art. 267 TFUE.
32 Infatti, l’obbligo imposto ai giudici nazionali dello Stato membro
interessato di informare il Ministro della giustizia, al momento della
trasmissione della decisione di rinvio alla Corte, non costituisce un
presupposto per un siffatto rinvio. Pertanto, esso non può incidere sul
diritto di detti giudici di introdurre una domanda di pronuncia
pregiudiziale né ledere le prerogative ad essi conferite in forza
dell’art. 267 TFUE.
33 Peraltro, non risulta che un’eventuale violazione di tale obbligo di
informazione comporti conseguenze giuridiche che possano sovrapporsi
alla procedura di cui all’art. 267 TFUE.
34 Inoltre, e come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 74 delle
sue conclusioni, non è stato dedotto alcun indizio dal quale si possa
desumere che, a causa dell’obbligo di informazione di cui trattasi, i
giudici nazionali dello Stato membro interessato potrebbero essere
dissuasi dall’adire la Corte con un rinvio pregiudiziale.
35 Di conseguenza, la terza questione posta inizialmente va risolta nel
senso che l’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte non osta a
una disposizione di diritto nazionale ai sensi della quale il giudice
che avvia un procedimento di rinvio pregiudiziale ne informa
contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro della giustizia dello Stato
membro interessato.
Sulla prima e sulla seconda questione sollevate a titolo integrativo
36 Con tali questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice
del rinvio chiede se l’art. 267 TFUE debba essere interpretato nel senso
che la competenza della Corte verte sull’interpretazione della nozione
di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva e
all’allegato di quest’ultima, nonché sui criteri che possono o devono
essere applicati dal giudice nazionale nell’ambito dell’esame di una
clausola contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva.
37 Al fine di risolvere le suddette questioni, va rammentato che la
procedura delineata dall’art. 267 TFUE configura uno strumento di
cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, grazie al quale la
prima fornisce ai secondi gli elementi interpretativi del diritto
dell’Unione ad essi necessari per la soluzione delle controversie che
sono chiamati a dirimere (v., in particolare, sentenze 8 novembre 1990,
causa C-231/89, Gmurzynska-Bscher, Racc. pag. I-4003, punto 18, e 12
marzo 1998, causa C-314/96, Djabali, Racc. pag. I-1149, punto 17).
38 Per quanto riguarda le disposizioni del diritto dell’Unione che
possono formare oggetto di una sentenza della Corte a norma dell’art.
267 TFUE, va rammentato che quest’ultima è competente a statuire
sull’interpretazione dei trattati e degli atti emanati dalle
istituzioni, organi o enti dell’Unione senza eccezione alcuna (v.
sentenze 13 dicembre 1989, causa C-322/88, Grimaldi, Racc. pag. 4407,
punto 8, e 11 maggio 2006, causa C-11/05, Friesland Coberco Dairy Foods,
Racc. pag. I-4285, punti 35 e 36).
39 Di conseguenza e per quanto riguarda una normativa che fa parte del
diritto dell’Unione, la Corte può essere chiamata da un giudice
nazionale ad interpretare le nozioni contenute in un istituto di diritto
derivato, quale la nozione di «clausola abusiva», menzionata dalla
direttiva e dal suo allegato.
40 A tale proposito, la Corte ha statuito che gli artt. 3, n. 1, e 4, n.
1, della direttiva definiscono, nel loro complesso, i criteri generali
che permettono di valutare la natura abusiva delle clausole contrattuali
soggette alle disposizioni della direttiva (v. sentenza 3 giugno 2010,
causa C-484/08, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 33, e giurisprudenza ivi citata).
41 Peraltro, una questione analoga è stata sollevata nell’ambito del
rinvio pregiudiziale che ha dato luogo alla citata sentenza Pannon GSM,
nel senso che, nella causa all’origine di tale sentenza, il giudice del
rinvio ha chiesto alla Corte di fornirgli indicazioni in merito agli
elementi che il giudice nazionale deve prendere in considerazione al
fine di valutare l’eventuale carattere abusivo di una clausola
contrattuale.
42 A tale riguardo, ai punti 37-39 della predetta sentenza, la Corte ha
rilevato che l’art. 3 della direttiva definisce solo in modo astratto
gli elementi che conferiscono un carattere abusivo ad una clausola
contrattuale che non è stata oggetto di un negoziato individuale, che
l’allegato cui rinvia l’art. 3, n. 3, della direttiva contiene solo un
elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere
dichiarate abusive e che, a norma dell’art. 4 della direttiva, il
carattere abusivo di una clausola contrattuale dev’essere valutato
tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e
facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte
le circostanze che accompagnano detta conclusione.
43 In tale contesto, nella soluzione apportata alla suddetta questione,
la Corte ha precisato che spetta al giudice nazionale stabilire se una
clausola contrattuale soddisfi i criteri richiesti per essere
qualificata come «abusiva» ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva e
che, a tal fine, il giudice nazionale deve tener conto del fatto che può
essere considerata abusiva una clausola contenuta in un contratto
concluso tra un consumatore e un professionista che sia stata inserita
senza essere stata oggetto di negoziato individuale e attribuisca la
competenza esclusiva al tribunale nella cui circoscrizione è ubicata la
sede del professionista (v. sentenza Pannon GSM, cit., punto 44).
44 La prima e la seconda questione, poste a titolo integrativo, vanno
dunque risolte dichiarando che l’art. 267 TFUE deve essere interpretato
nel senso che la competenza della Corte verte sull’interpretazione della
nozione di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della direttiva
e all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice
nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola
contrattuale con riguardo alle disposizioni della direttiva, fermo
restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri
sopra citati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola
contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie.
Sulla terza questione posta a titolo integrativo
45 Con tale questione, formulata in termini molto generici, il giudice
del rinvio cerca di definire le responsabilità che gli incombono, in
forza delle disposizioni della direttiva, dal momento in cui egli si
interroga sul carattere eventualmente abusivo di una clausola
contrattuale attributiva della competenza giurisdizionale territoriale
esclusiva. Detto giudice chiede segnatamente se, in una situazione del
genere, il giudice nazionale sia tenuto a procedere ad un’istruttoria
d’ufficio, al fine di accertare gli elementi di fatto e di diritto
necessari per valutare l’esistenza di una siffatta clausola,
nell’ipotesi in cui il diritto nazionale preveda una tale istruttoria
soltanto su istanza di una delle parti.
46 Per rispondere alla questione posta, va ricordato che, come emerge da
una giurisprudenza costante, il sistema di tutela istituito dalla
direttiva è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una
situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda
sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione
che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte preventivamente dal
professionista senza poter incidere sul contenuto delle stesse (v.
sentenze 27 giugno 2000, cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Océano
Grupo Editorial e Salvat Editores, Racc. pag. I-4941, punto 25; 26
ottobre 2006, causa C-168/05, Mostaza Claro, Racc. pag. I-10421, punto
25, nonché 6 ottobre 2009, causa C-40/08, Asturcom Telecomunicaciones,
Racc. pag. I-9579, punto 29).
47 La Corte ha altresì statuito che, in considerazione di siffatta
situazione di inferiorità, l’art. 6, n. 1, della stessa direttiva
prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Come si
evince dalla giurisprudenza, si tratta di una norma imperativa che mira
a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i
diritti e gli obblighi delle parti un equilibrio reale, atto a
ristabilire l’uguaglianza tra queste ultime (sentenze Mostaza Claro,
cit., punto 36, e Asturcom Telecomunicaciones, punto 30).
48 Per garantire la tutela voluta dalla direttiva, la Corte ha
sottolineato che la situazione di disuguaglianza tra il consumatore e il
professionista può essere riequilibrata solo grazie a un intervento
positivo da parte di soggetti estranei al rapporto contrattuale (v.
sentenze cit. Océano Grupo Editorial e Salvat Editores, punto 27,
Mostaza Claro, punto 26, nonché Asturcom Telecomunicaciones, punto 31).
49 Pertanto, nell’ambito delle funzioni che gli incombono in forza delle
disposizioni della direttiva, il giudice nazionale deve verificare se
una clausola del contratto, che forma oggetto della controversia di cui
è investito, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva in
parola. In caso affermativo, detto giudice è tenuto a valutare, se
necessario d’ufficio, suddetta clausola alla luce dei requisiti di
tutela del consumatore previsti dalla direttiva in esame.
50 Per quanto riguarda la prima fase dell’esame che il giudice nazionale
deve effettuare, dal combinato disposto degli artt. 1 e 3 della
direttiva emerge che quest’ultima si applica ad ogni clausola
attributiva della competenza giurisdizionale territoriale esclusiva,
inserita in un contratto concluso tra un professionista e un
consumatore, che non sia stata oggetto di un negoziato individuale.
51 Per garantire l’efficacia della tutela dei consumatori voluta dal
legislatore dell’Unione, il giudice nazionale deve dunque, in tutti i
casi e a prescindere dalle norme di diritto interno, determinare se la
clausola controversa sia stata o meno oggetto di un negoziato
individuale tra un professionista e un consumatore.
52 Per quanto riguarda la seconda fase dell’esame di cui trattasi, va
rilevato che la clausola del contratto, che forma oggetto della
controversia principale, prevede, come rilevato dal giudice del rinvio,
la competenza territoriale esclusiva di un giudice che non è quello
nella cui circoscrizione si trova la residenza del convenuto, né quello
nella cui circoscrizione è ubicata la sede della ricorrente, ma quello
che si trova in prossimità della sede di quest’ultima tanto sul piano
geografico quanto dal punto di vista dei collegamenti.
53 Per quanto riguarda una clausola che era stata inserita in un
contratto concluso tra un consumatore ed un professionista senza essere
stata oggetto di negoziato individuale e volta ad attribuire una
competenza esclusiva al tribunale nel cui foro si trovava la sede del
professionista, al punto 24 della citata sentenza Océano Grupo Editorial
e Salvat Editores, la Corte ha statuito che una siffatta clausola deve
essere considerata abusiva, ai sensi dell’art. 3 della direttiva, se, in
contrasto con il requisito della buona fede, determina a danno del
consumatore un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi
delle parti derivanti dal contratto.
54 Va rilevato che la clausola in merito alla quale il giudice nazionale
si interroga nella causa principale, alla stregua di una clausola volta
ad attribuire la competenza per tutte le controversie derivanti dal
contratto al giudice nella cui circoscrizione si trova la sede del
professionista, impone al consumatore l’obbligo di assoggettarsi alla
competenza esclusiva di un tribunale che può essere lontano dal suo
domicilio, il che può rendergli più difficoltosa la comparizione in
giudizio. Nel caso di controversie di valore limitato, le spese di
comparizione del consumatore potrebbero risultare dissuasive e indurlo a
rinunciare a qualsiasi azione o difesa. Siffatta clausola rientra
pertanto nella categoria di quelle che hanno lo scopo o l’effetto di
sopprimere o ostacolare l’esercizio di azioni legali da parte del
consumatore, categoria contemplata al punto 1, lett. q), dell’allegato
della direttiva (v. sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores,
cit., punto 22).
55 Inoltre, una siffatta clausola attributiva di competenza
giurisdizionale esclusiva consente al professionista di concentrare
tutto il contenzioso attinente alla sua attività professionale dinanzi
ad un unico giudice, che non è quello del foro del consumatore, il che
agevola la comparizione in giudizio di suddetto professionista e, al
contempo, rende quest’ultima meno onerosa (v., in tal senso, Océano
Grupo Editorial e Salvat Editores, cit., punto 23).
56 Pertanto, la terza questione posta a titolo integrativo va risolta
nel senso che il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure
istruttorie al fine di accertare se una clausola attributiva di
competenza giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel
contratto, che costituisce l’oggetto della controversia di cui è
investito e che è stato concluso tra un professionista e un consumatore,
rientri nell’ambito di applicazione della direttiva e, in caso
affermativo, valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di
una siffatta clausola.
Sulle spese
57 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) L’art. 23, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia
dell’Unione europea non osta a una disposizione di diritto nazionale ai
sensi della quale il giudice che avvia un procedimento di rinvio
pregiudiziale ne informa contemporaneamente, d’ufficio, il Ministro
della giustizia dello Stato membro interessato.
2) L’art. 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che la competenza
della Corte di giustizia dell’Unione europea verte sull’interpretazione
della nozione di «clausola abusiva», di cui all’art. 3, n. 1, della
direttiva del Consiglio 5 aprile 1993, 93/13/CEE, concernente le
clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e
all’allegato della medesima, nonché sui criteri che il giudice nazionale
può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale con
riguardo alle disposizioni della direttiva, fermo restando che spetta al
suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri sopra citati, sulla
qualificazione concreta di una clausola contrattuale particolare in
funzione delle circostanze proprie del caso di specie.
3) Il giudice nazionale deve adottare d’ufficio misure istruttorie al
fine di accertare se una clausola attributiva di competenza
giurisdizionale territoriale esclusiva contenuta nel contratto, che
costituisce l’oggetto della controversia di cui è investito e che è
stato concluso tra un professionista e un consumatore, rientri
nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in caso
affermativo, valutare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo di
una siffatta clausola.
Firme
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