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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 18/11/2010, Sentenza C-159/09
DIRITTI DEI CONSUMATORI - Pubblicità ingannevole e comparativa -
Condizioni di liceità della pubblicità comparativa - Comparazione di prezzi
relativi ad una selezione di prodotti alimentari venduti da due catene di
negozi concorrenti - Beni che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono
gli stessi obiettivi - Pubblicità ingannevole - Confronto riguardante una
caratteristica verificabile - Direttive 84/450/CEE e 97/55/CE. L’art. 3
bis, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984,
84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, quale
modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 ottobre
1997, 97/55/CE, deve essere interpretato dichiarando che la mera circostanza
che i prodotti alimentari si differenzino quanto alla loro commestibilità e
quanto al piacere da essi procurato al consumatore, in funzione delle
condizioni e del luogo della loro produzione, dei loro ingredienti e
dell’identità del loro produttore, non è tale da escludere che il confronto
di tali prodotti possa rispondere al requisito sancito dalla predetta
disposizione, in base al quale essi devono soddisfare gli stessi bisogni o
proporsi gli stessi obiettivi, vale a dire presentare tra loro un
sufficiente grado di intercambiabilità. L’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della
direttiva 84/450, quale modificata dalla direttiva 97/55, deve essere
interpretato nel senso che una pubblicità, può rivestire carattere
ingannevole, segnatamente, se viene accertato, tenuto conto di tutte le
circostanze rilevanti del caso di specie e, in particolare, delle
indicazioni o omissioni che accompagnano tale pubblicità, che la decisione
di acquisto di un numero significativo di consumatori, cui essa si rivolge,
può essere presa nell’erronea convinzione che la selezione di prodotti
compiuta dall’operatore pubblicitario sia rappresentativa del livello
generale dei prezzi di quest’ultimo rispetto a quelli praticati dal suo
concorrente e che, di conseguenza, tali consumatori realizzeranno risparmi
di entità uguale a quella vantata da detta pubblicità effettuando
regolarmente i propri acquisti di beni di consumo corrente presso
l’operatore pubblicitario piuttosto che presso detto concorrente o, ancora,
nell’erronea convinzione che tutti i prodotti dell’inserzionista siano meno
cari di quelli del suo concorrente, o se viene accertato che, ai fini del
confronto effettuato esclusivamente sotto il profilo dei prezzi, sono stati
selezionati prodotti alimentari che presentano tuttavia differenze tali da
condizionare sensibilmente la scelta del consumatore medio, senza che dette
differenze emergano dalla pubblicità di cui trattasi. L’art. 3 bis, n. 1,
lett. c), della direttiva 84/450, quale modificata dalla direttiva 97/55,
deve essere interpretato nel senso che la condizione di verificabilità,
sancita dalla predetta disposizione, richiede, per quanto riguarda una
pubblicità come quella in esame nella controversia principale, che mette a
confronto i prezzi di due assortimenti di beni, che i beni di cui trattasi
possano essere individuati con precisione in base alle informazioni
contenute in detta pubblicità. Pres. Bonichot - Rel. Schiemann. CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 18/11/2010, Sentenza C-159/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
18 novembre 2010
«Direttive 84/450/CEE e 97/55/CE - Condizioni di liceità della
pubblicità comparativa - Comparazione di prezzi relativi ad una
selezione di prodotti alimentari venduti da due catene di negozi
concorrenti - Beni che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli
stessi obiettivi - Pubblicità ingannevole - Confronto riguardante una
caratteristica verificabile»
Nel procedimento C-159/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Tribunal de commerce de Bourges
(Francia) con decisione 17 marzo 2009, pervenuta in cancelleria l’8
maggio 2009, nella causa
Lidl SNC
contro
Vierzon Distribution SA,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dai sigg. K.
Schiemann (relatore), L. Bay Larsen, dalle sig.re C. Toader e A. Prechal,
giudici,
avvocato generale: sig. P. Mengozzi
cancelliere: sig.ra R. Seres, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1°
luglio 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Lidl SNC, dall’avv. B. Braun, avocat;
- per la Vierzon Distribution SA, dagli avv.ti G. Schank e F. Reye,
avocats;
- per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e S. Menez nonché
dalla sig.ra R. Loosli-Surrans, in qualità di agenti;
- per il governo ceco, dai sigg. M. Smolek e D. Hadroušek, in qualità di
agenti;
- per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di
agente;
- per la Commissione europea, dai sigg. M. Van Hoof e W. Wils, in
qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 7 settembre 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 3 bis della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984,
84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU L
250, pag. 17), quale modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e
del Consiglio 6 ottobre 1997, 97/55/CE (GU L 290, pag. 18; in prosieguo:
la «direttiva 84/450»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la
Lidl SNC (in prosieguo: la «Lidl») e la Vierzon Distribution SA (in
prosieguo: la «Vierzon Distribution») in merito ad una pubblicità
diffusa a mezzo stampa per conto di quest’ultima società.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 L’art. 1 della direttiva 84/450 dispone quanto segue:
«La presente direttiva ha lo scopo di tutelare il consumatore e le
persone che esercitano un’attività commerciale, industriale, artigianale
o professionale, nonché gli interessi del pubblico in generale, dalla
pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le
condizioni di liceità della pubblicità comparativa».
4 Ai termini dell’art. 2, punto 2, della direttiva in parola, per
pubblicità ingannevole si intende:
«qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua
presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone
alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere
ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette
persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente».
5 L’art. 2, punto 2 bis, della medesima direttiva definisce la
pubblicità comparativa nei seguenti termini:
«qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un
concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente».
6 L’art. 3 della direttiva in esame così recita:
«Per determinare se la pubblicità sia ingannevole, se ne devono
considerare tutti gli elementi, in particolare i suoi riferimenti:
a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro
disponibilità, la natura, esecuzione, composizione, il metodo e la data
di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la
quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale o i
risultati che si possono attendere dal loro uso, o i risultati e le
caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sui beni o
sui servizi;
b) al prezzo o al modo in cui questo viene calcolato, e alle condizioni
alle quali i beni o i servizi vengono forniti;
c) alla natura, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore
pubblicitario [rectius: inserzionista], quali l’identità, il patrimonio,
le capacità, i diritti di proprietà industriale, commerciale o
intellettuale ed i premi o riconoscimenti».
7 L’art. 3 bis, n. 1, della direttiva 84/450 così dispone:
«Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta
lecita qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: che essa:
a) non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 2, punto 2, dell’articolo
3 e dell’articolo 7, paragrafo 1;
b) confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si
propongono gli stessi obiettivi;
c) confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali,
pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il
prezzo, di tali beni e servizi;
(...)».
La normativa nazionale
8 L’art. L 121-8 del codice dei consumatori così recita:
«Qualsiasi pubblicità che metta a confronto beni o servizi
identificando, implicitamente o esplicitamente, un concorrente o beni o
servizi offerti da un concorrente è lecita unicamente qualora:
1° non sia ingannevole o atta ad indurre in errore;
2° riguardi beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si
propongono lo stesso obiettivo;
3° confronti oggettivamente una o più caratteristiche essenziali,
pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il
prezzo, di tali beni o servizi.
(...)».
Causa principale e questione pregiudiziale
9 La LIDL gestisce sul territorio francese una catena di supermercati
alimentari e, in particolare, un esercizio situato in prossimità di
quello della Vierzon Distribution, che, dal canto suo, commercializza
prodotti di consumo corrente sotto l’insegna Leclerc.
10 In data 23 settembre 2006, la Vierzon Distribution ha fatto
pubblicare su un giornale locale una pubblicità (in prosieguo: la
«pubblicità controversa») la quale riproduceva scontrini di cassa che,
tramite designazioni generiche accompagnate all’occorrenza da
indicazioni relative al peso o al volume, enumeravano 34 prodotti, in
prevalenza alimentari, acquistati, rispettivamente, nell’esercizio
appartenente alla Vierzon Distribution e in quello gestito dalla Lidl e
dai quali risultava un costo complessivo di EUR 46,30, per quanto
riguardava la Vierzon Distribution, e di EUR 51,40, per quanto
riguardava la Lidl.
11 Tale pubblicità conteneva anche gli slogan «non tutti possono essere
E. Leclerc! Prezzi bassi: prove alla mano, E. Leclerc rimane il meno
caro» e «in inglese si dice hard discount, in francese “E. Leclerc”».
12 Il 16 marzo 2007, la Lidl ha adito il Tribunal de commerce di Bourges
(Tribunale commerciale di Bourges) con un ricorso diretto a ottenere la
condanna della Vierzon Distribution al risarcimento dei danni per
concorrenza sleale, nonché alla pubblicazione per estratti dell’emananda
sentenza a mezzo stampa e tramite affissione nel suo esercizio.
13 A sostegno del proprio ricorso la Lidl deduce segnatamente una
violazione dell’art. L. 121-8 del codice dei consumatori. Essa fa valere
che la pubblicità controversa induce i consumatori in errore, se non in
inganno, tanto per il fatto della sua presentazione, quanto per il fatto
che la Vierzon Distribution avrebbe selezionato unicamente prodotti a
proprio vantaggio dopo aver allineato, all’occorrenza, i propri prezzi a
quelli del concorrente. Inoltre, detti prodotti non sarebbero
comparabili in quanto, a causa delle loro differenze qualitative e
quantitative, essi non soddisfano gli stessi bisogni. La Lidl aggiunge
che la mera riproduzione, nella pubblicità controversa, di scontrini di
cassa dai quali appare l’elenco dei prodotti confrontati non consente ai
consumatori di cogliere le caratteristiche dei medesimi né, quindi, di
comprendere le ragioni delle differenze di prezzo asserite nella
suddetta pubblicità.
14 La Vierzon Distribution contesta tali affermazioni facendo valere, in
particolare, che un confronto può riguardare due beni non identici,
sempreché questi soddisfino gli stessi bisogni o si propongano gli
stessi obiettivi e presentino, a tal riguardo, un sufficiente grado di
intercambiabilità, presupposto che ricorrerebbe nel caso di specie. Per
quanto riguarda le differenze esistenti tra i prodotti in causa, esse
emergerebbero sufficientemente dai summenzionati scontrini di cassa,
sicché i consumatori non sarebbero stati indotti in errore. Il fatto che
la Vierzon Distribution stessa avesse selezionato i prodotti oggetto di
comparazione non sarebbe illecito e la circostanza che gli acquisti
siano stati effettuati lo stesso giorno escluderebbe, d’altronde, che
possa avere avuto luogo una manipolazione dei prezzi.
15 Stando così le cose, il Tribunal de commerce de Bourges ha deciso di
sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente
questione pregiudiziale:
«Se l’art. 3 bis della direttiva [84/450] debba essere interpretato nel
senso che non è lecito effettuare una pubblicità comparativa tra i
prezzi di prodotti che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli
stessi obiettivi, vale a dire che presentano tra loro un grado di
intercambiabilità sufficiente, per il solo motivo che, trattandosi di
prodotti alimentari, la commestibilità di ciascuno di tali prodotti e,
in ogni caso, il piacere derivante dal loro consumo, cambia
completamente in funzione delle condizioni e del luogo di produzione,
degli ingredienti utilizzati e dell’esperienza del produttore».
Sulla questione pregiudiziale
16 Va rammentato che l’art. 3 bis della direttiva 84/450, sul quale
verte la questione pregiudiziale, al n. 1, lett. a)-h), elenca diverse
condizioni cumulative che una pubblicità comparativa deve soddisfare per
poter essere considerata lecita (v., in particolare, sentenza 18 giugno
2009, causa C-487/07, L’Oréal e a., Racc. pag. I-5185, punto 67).
17 Nel caso di specie, la Corte considera che, per tenere conto dei
dubbi espressi dal giudice del rinvio e per fornire al medesimo elementi
interpretativi che possono essere utili per dirimere la controversia di
cui è investito, occorre, come suggerito tanto dai governi francese,
austriaco e ceco, quanto dalla Commissione europea e, infine,
dall’avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, riferirsi
rispettivamente alle condizioni di liceità della pubblicità comparativa
enunciate al suddetto art. 3 bis, n. 1, lett. a) -c).
18 Occorre anche considerare che, con la sua questione, il giudice del
rinvio chiede sostanzialmente se l’art. 3 bis, n. 1, lett. a) -c), della
direttiva 84/450 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una
prassi pubblicitaria, come quella descritta nella decisione di rinvio,
che effettua una comparazione dei prezzi relativi ad un paniere di
prodotti alimentari, commercializzati da due catene di negozi
concorrenti, in particolare tenuto conto delle differenze sussistenti
tra i prodotti alimentari in tal modo confrontati, per quanto riguarda
il loro modo e luogo di produzione, i loro ingredienti e l’identità del
loro produttore, giacché tali differenze comportano segnatamente che i
medesimi prodotti si differenzino sotto il profilo della loro
commestibilità e del piacere derivante dal loro consumo.
19 Alla luce della formulazione della questione pregiudiziale e
dell’accento da essa posto sulla condizione sancita dall’art. 3 bis, n.
1, lett. b), della direttiva 84/450, la Corte considera opportuno
soffermarsi prima sulla predetta disposizione ed esaminare
successivamente la lett. a) del medesimo art. 3 bis, n. 1, nonché,
infine, la sua lett. c).
20 Tuttavia, va prima ricordato che, come emerge dalla giurisprudenza
della Corte, le varie condizioni di liceità della pubblicità comparativa
elencate dal predetto art. 3 bis, n. 1, mirano a una ponderazione dei
diversi interessi sui quali può incidere l’autorizzazione della
pubblicità comparativa. Da una lettura congiunta del secondo, settimo e
nono ‘considerando’ della direttiva 97/55 emerge, pertanto, che il
suddetto art. 3 bis è teso a stimolare la concorrenza tra i fornitori di
beni e di servizi nell’interesse dei consumatori, consentendo ai
concorrenti di mettere in evidenza in modo obiettivo i vantaggi dei vari
prodotti paragonabili e vietando al tempo stesso prassi che possano
comportare una distorsione della concorrenza, svantaggiare i concorrenti
e avere un’incidenza negativa sulla scelta dei consumatori (sentenza L’Oréal
e a., cit., punto 68).
21 Ne consegue che le condizioni enumerate dal citato art. 3 bis, n. 1,
devono interpretarsi nel senso più favorevole, al fine di consentire le
pubblicità che mettono a confronto oggettivamente le caratteristiche di
beni o servizi, assicurando d’altro canto che la pubblicità comparativa
non sia utilizzata in modo sleale e negativo per la concorrenza o in
modo da arrecare pregiudizio agli interessi dei consumatori (sentenza L’Oréal
e a., cit., punto 69 e giurisprudenza ivi citata).
22 Va parimenti ricordato che la direttiva 84/450 ha provveduto ad
un’armonizzazione esaustiva delle condizioni di liceità della pubblicità
comparativa negli Stati membri e che una siffatta armonizzazione
implica, per sua stessa natura, che la liceità della pubblicità
comparativa debba essere valutata, in tutta l’Unione, unicamente alla
luce dei criteri stabiliti dal legislatore dell’Unione (v. sentenza 8
aprile 2003, causa C-44/01, Pippig Augenoptik, Racc. pag. I-3095, punto
44).
23 Infine, per quanto concerne, come nella causa principale, una
comparazione dei prezzi, va rammentato che il confronto tra offerte
concorrenti, in particolare per quanto riguarda i prezzi, rientra nella
natura stessa della pubblicità comparativa (sentenza 19 settembre 2006,
causa C-356/04, Lidl Belgium, Racc. pag. I-8501, punto 57, e
giurisprudenza ivi citata).
24 L’ottavo ‘considerando’ della direttiva 97/55 sottolinea inoltre, a
tale proposito, che il confronto del solo prezzo dei beni e servizi
dovrebbe essere possibile se tale confronto rispetta determinate
condizioni, in particolare quella di non essere ingannevole.
Sull’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva 84/450
25 L’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva 84/450 subordina la
liceità della pubblicità comparativa alla condizione che essa metta a
confronto beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si
propongono gli stessi obiettivi. La Corte ha già statuito che detta
condizione implica che i beni oggetto del confronto presentino un grado
di intercambiabilità sufficiente per il consumatore (sentenze Lidl
Belgium, cit., punto 26, e 19 aprile 2007, causa C-381/05, De Landtsheer
Emmanuel, Racc. pag. I-3115, punto 44).
26 Come sottolineato dal governo francese e dalla Commissione, la
formulazione stessa del quesito pregiudiziale suggerisce che, pur
considerando, dal canto suo, che i prodotti oggetto della pubblicità
controversa presentano tra loro un grado di intercambiabilità
sufficiente per soddisfare la citata condizione, il giudice del rinvio
desidera nondimeno assicurarsi che la natura alimentare di detti
prodotti non osti ad una siffatta valutazione. Detto giudice chiede, più
precisamente, se la circostanza che i prodotti di tale natura presentino
inevitabili variazioni in ordine alla loro commestibilità o al piacere
derivante dal loro consumo, alla luce delle differenze che li
caratterizzano sul piano del loro modo e luogo di produzione, dei loro
ingredienti e dell’identità del loro produttore, non dovrebbe portare ad
escludere ogni comparabilità tra di essi, ove eventuali confronti
rimarrebbero conseguentemente possibili solo in presenza di prodotti
alimentari identici.
27 A tal riguardo va sottolineato a titolo preliminare che, a differenza
segnatamente dell’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450,
l’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della medesima non si occupa in alcun modo
del piano sul quale detto confronto può legittimamente avvenire (e,
pertanto, non lo pregiudica) o, in altri termini, delle caratteristiche
dei beni o servizi interessati che possono formare oggetto della
pubblicità comparativa. Ne consegue che, a differenza di quanto
segnatamente suggerito dai governi ceco ed austriaco, il piano sul quale
si opera il confronto, nella specie il prezzo, non può influire sulla
questione se due beni soddisfino gli stessi bisogni o si propongano gli
stessi obiettivi, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. b).
28 Peraltro, occorre rammentare, in primo luogo, che le citate sentenze
Lidl Belgium e De Landtsheer Emmanuel, in cui la Corte ha specificato,
come è stato ricordato al punto 25 della presente sentenza, che la
condizione sancita dall’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva
84/450 subordina la liceità della pubblicità comparativa alla condizione
che i beni confrontati presentino un grado di intercambiabilità
sufficiente per il consumatore, sono state pronunciate proprio a
proposito di controversie aventi ad oggetto prodotti alimentari.
29 Va rilevato, in secondo luogo, che il nono ‘considerando’ della
direttiva 97/55 sottolinea che, per evitare che la pubblicità
comparativa sia utilizzata in modo sleale e negativo per la concorrenza,
è opportuno permettere soltanto i confronti tra beni e servizi
«concorrenti» che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli
stessi obiettivi.
30 La Corte ha precisato, in particolare, che la ragione per la quale
l’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva 84/450 pone come
condizione di liceità della pubblicità comparativa il fatto che questa
confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si
propongono gli stessi obiettivi è segnatamente riconducibile alla
circostanza che, ai sensi dell’art. 2, punto 2 bis, della direttiva in
parola, l’elemento specifico della nozione di pubblicità comparativa è
costituito dall’identificazione di un «concorrente» dell’operatore
pubblicitario o dei beni e servizi da lui offerti e che, per
definizione, le imprese sono «concorrenti» se offrono sul mercato beni o
servizi intercambiabili (v. sentenza De Landtsheer Emmanuel, cit., punti
27-29).
31 Come sottolineato dalla Corte, queste due disposizioni della
direttiva 84/450 dimostrano quindi un’evidente affinità, cosicché i
criteri che consentono di valutare il grado di sostituibilità sono
simili, mutatis mutandis, nell’ambito dell’applicazione di ognuna di
esse (v., in tal senso, sentenza De Landtsheer Emmanuel, cit., punti 46
e 48).
32 A tal riguardo, il fatto che taluni prodotti siano, in una certa
misura, atti a soddisfare bisogni identici, consente di concludere per
un certo grado di sostituibilità reciproca (sentenza De Landtsheer
Emmanuel, cit., punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
33 Al fine di concludere per una possibilità effettiva di sostituzione,
conformemente all’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva 84/450, è
necessaria una valutazione individuale e concreta dei prodotti che
costituiscono l’oggetto specifico del confronto nel messaggio
pubblicitario (sentenza De Landtsheer Emmanuel, cit., punto 47). Una
siffatta valutazione concreta del grado di sostituibilità rientra nella
competenza dei giudici nazionali.
34 In terzo luogo, va rilevato che altre considerazioni ostano ad
un’interpretazione dell’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva
84/450 che produrrebbe sostanzialmente l’effetto di vietare le
pubblicità comparative vertenti su prodotti alimentari a meno che questi
non siano identici.
35 Da un lato, un tale divieto non risulta in alcun modo dalla
formulazione della disposizione in esame.
36 Dall’altro, detto divieto comporterebbe, mediante un’interpretazione
estensiva di questa condizione di liceità della pubblicità comparativa,
una notevole limitazione della portata della stessa (v., per analogia,
sentenza De Landtsheer Emmanuel, cit., punti 70 e 71).
37 Infatti, come sottolineato in particolare dal governo ceco e dalla
Commissione, decidere che due prodotti alimentari non possono essere
ritenuti comparabili a norma dell’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della
direttiva 84/450, a meno che non siano identici, equivarrebbe ad
escludere qualsiasi possibilità effettiva di pubblicità comparativa in
ordine ad una categoria particolarmente importante di beni di consumo, e
ciò a prescindere dal profilo comparativo prescelto.
38 Orbene, il risultato al quale condurrebbe quindi un siffatto divieto
colliderebbe con la giurisprudenza costante della Corte, ai sensi della
quale le condizioni imposte alla pubblicità comparativa devono
interpretarsi nel senso più favorevole a questa (v. sentenza De
Landtsheer Emmanuel, cit., punto 63).
39 Alla luce di quanto precede, occorre fornire al giudice del rinvio un
primo elemento di risposta, secondo il quale l’art. 3 bis, n. 1, lett.
b), della direttiva 84/450 deve essere interpretato dichiarando che la
mera circostanza che i prodotti alimentari si differenzino quanto alla
loro commestibilità e quanto al piacere da essi procurato al
consumatore, in funzione delle condizioni e del luogo della loro
produzione, dei loro ingredienti e dell’identità del loro produttore,
non è tale da escludere che il confronto di tali prodotti possa
rispondere al requisito sancito dalla predetta disposizione, in base al
quale essi devono soddisfare gli stessi bisogni o proporsi gli stessi
obiettivi, vale a dire presentare tra loro un sufficiente grado di
intercambiabilità.
40 Per quanto riguarda le valutazioni concrete relative alla sussistenza
di un siffatto grado di intercambiabilità sufficiente tra i prodotti
alimentari oggetto di comparazione nella causa principale, come si
evince dal punto 33 della presente sentenza, esse rientrano nella
competenza del giudice del rinvio, il quale d’altronde non ha fornito
alla Corte alcuna indicazione in merito all’identità e alle
caratteristiche concrete dei prodotti di cui trattasi, né a fortiori ha
deferito a quest’ultima questioni d’interpretazione connesse a tali dati
concreti.
Sull’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450
41 L’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450 subordina la
liceità di una pubblicità comparativa alla condizione che la medesima
non sia ingannevole.
42 Per quanto attiene, più precisamente, alla comparazione dei prezzi,
come nella causa principale, al punto 24 della presente sentenza è stato
ricordato che l’ottavo ‘considerando’ della direttiva 97/55 sottolinea
che il confronto dei soli prezzi di beni e servizi dovrebbe essere
possibile se rispetta determinate condizioni, in particolare quella di
non essere ingannevole.
43 Peraltro, dal secondo ‘considerando’ della direttiva 97/55 emerge che
l’armonizzazione delle condizioni di liceità della pubblicità
comparativa, alla quale provvede tale direttiva, deve contribuire, in
particolare, a «mettere oggettivamente in evidenza i pregi» dei vari
prodotti comparabili.
44 L’art. 2, punto 2, della direttiva 84/450 definisce come pubblicità
ingannevole qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua
presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone
alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere
ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette
persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente.
45 Come si evince dalla descrizione che ne è stata data ai punti 10 e 11
della presente sentenza, la pubblicità controversa si basa sulla
selezione di un numero limitato di prodotti, in prevalenza alimentari,
commercializzati da due esercizi concorrenti. Detti prodotti sono
individuati per mezzo di denominazioni generiche accompagnate, ove
necessario, da indicazioni relative al peso o al volume, figuranti sugli
scontrini di cassa provenienti da ciascuno di questi due esercizi e dai
quali, oltre al prezzo individuale di ciascuno dei prodotti interessati,
emerge l’importo totale pagato per l’acquisto dell’assortimento così
composto. Detta pubblicità contiene peraltro slogan generici che vantano
l’asserita maggiore convenienza dell’esercizio dell’operatore
pubblicitario, dal cui scontrino di cassa, in tal modo riprodotto,
emerge un costo complessivo inferiore a quello praticato dal suo
concorrente.
46 Spetta al giudice del rinvio accertare, alla luce delle peculiarità
di ciascun caso di specie, se, tenuto conto dei consumatori ai quali è
rivolta, una siffatta pubblicità possa avere tale carattere ingannevole
(v. sentenza Lidl Belgium, cit., punto 77 e giurisprudenza ivi citata).
47 A tal riguardo detto giudice deve, da un lato, prendere in
considerazione la percezione dei prodotti o servizi che formano oggetto
della pubblicità di cui trattasi da parte del consumatore medio,
normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Per quanto
riguarda una pubblicità quale quella controversa, è pacifico che essa si
rivolge non ad un pubblico specializzato, bensì al consumatore finale
che effettua i suoi acquisti di consumo corrente in una catena di grandi
magazzini (v. sentenza Lidl Belgium, cit., punto 78 e giurisprudenza ivi
citata).
48 Per effettuare la valutazione richiesta il giudice nazionale deve,
d’altro canto, tener conto di tutti gli elementi pertinenti della causa,
considerando, come risulta dall’art. 3 della direttiva 84/450, le
indicazioni contenute nella pubblicità controversa e, più in generale,
tutti gli elementi di questa (v. sentenza Lidl Belgium, cit., punto 79 e
giurisprudenza ivi citata).
49 La Corte ha parimenti statuito che un’omissione poteva conferire un
carattere ingannevole ad una pubblicità, in particolare quando, tenuto
conto dei consumatori cui è rivolta, essa mira a nascondere una
circostanza che, se fosse stata nota, sarebbe stata tale da indurre un
numero significativo di consumatori a rinunciare alla loro decisione di
acquisto (sentenza Lidl Belgium, cit., punto 80 e giurisprudenza ivi
citata).
50 In ordine ai vari aspetti sopra citati, una pubblicità come quella
controversa potrebbe innanzitutto rivestire carattere ingannevole, come
emerge dalla giurisprudenza, qualora il giudice del rinvio dovesse
constatare, alla luce di tutte le circostanze rilevanti del caso di
specie e segnatamente delle indicazioni o omissioni che accompagnano
tale pubblicità, che la decisione di acquisto di un numero significativo
di consumatori cui essa è rivolta può essere presa nell’erronea
convinzione che la selezione di prodotti compiuta dall’operatore
pubblicitario sia rappresentativa del livello generale dei prezzi di
quest’ultimo rispetto a quelli praticati dal suo concorrente e che,
pertanto, tali consumatori realizzeranno risparmi di entità uguale a
quella vantata dalla pubblicità effettuando regolarmente i propri
acquisti di beni di consumo corrente presso l’operatore pubblicitario
piuttosto che presso detto concorrente, o ancora nell’erronea
convinzione che tutti i prodotti dell’operatore siano meno cari rispetto
a quelli del suo concorrente (v., in tal senso, sentenza Lidl Belgium,
cit., punti 83 e 84).
51 Una pubblicità come quella controversa potrebbe altresì rivelarsi
ingannevole qualora il giudice del rinvio dovesse riscontrare che, ai
fini della comparazione dei prezzi alla quale procede detta pubblicità,
sono stati selezionati prodotti alimentari che in realtà presentano
differenze obiettive tali da condizionare sensibilmente la scelta
dell’acquirente.
52 Infatti, non facendo apparire tali differenze, una siffatta
pubblicità, essendo effettuata esclusivamente sul piano del prezzo, può
essere percepita dal consumatore medio come contenente in modo implicito
l’affermazione secondo cui sussiste un’equivalenza tra le altre
caratteristiche di detti prodotti, che sono altresì idonee ad
influenzare sensibilmente la scelta di detto consumatore.
53 A tale proposito la Corte ha segnatamente già statuito, in
riferimento ad una comparazione dei prezzi praticati da due esercizi
concorrenti, che, nel caso in cui il marchio dei prodotti possa
condizionare sensibilmente la scelta dell’acquirente e il confronto
riguardi prodotti concorrenti i cui rispettivi marchi presentino una
notevole differenza in termini di notorietà, il fatto di omettere il
marchio più rinomato contrasta con l’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della
direttiva 84/450 (sentenza Pippig Augenoptik, cit., punto 53).
54 Ciò può eventualmente valere anche per quanto riguarda altre
caratteristiche dei prodotti confrontati, quali la loro composizione o
il loro modo e luogo di produzione, cui fa riferimento la questione
pregiudiziale, ove emerga che tali caratteristiche siano, al pari del
prezzo stesso, per propria natura idonee a condizionare sensibilmente la
scelta dell’acquirente.
55 In casi analoghi, il fatto di non informare il consumatore sulle
differenze in tal modo esistenti tra prodotti di cui viene confrontato
unicamente il prezzo è idoneo ad indurre quest’ultimo in errore circa le
ragioni che consentono di spiegare la differenza di prezzo vantata e
circa il vantaggio economico che può realmente essere ottenuto da detto
consumatore effettuando i propri acquisti presso l’operatore
pubblicitario, piuttosto che presso un determinato concorrente, e ad
incidere in modo corrispondente sul comportamento economico di detto
consumatore. Infatti, quest’ultimo può pertanto essere indotto a
ritenere che otterrà effettivamente un vantaggio economico, dovuto alla
competitività dell’offerta dell’operatore pubblicitario e non alla
sussistenza di differenze oggettive tra i prodotti comparati.
56 In considerazione di quanto precede, occorre fornire al giudice del
rinvio un secondo elemento di risposta, secondo cui l’art. 3 bis, n. 1,
lett. a), della direttiva 84/450 deve essere interpretato nel senso che
una pubblicità, come quella in esame nella causa principale, può
rivestire carattere ingannevole, segnatamente:
- se viene accertato, tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti del
caso di specie e, in particolare, delle indicazioni o omissioni che
accompagnano tale pubblicità, che la decisione di acquisto di un numero
significativo di consumatori, cui essa si rivolge, possa essere presa
nell’erronea convinzione che la selezione di prodotti compiuta
dall’operatore pubblicitario sia rappresentativa del livello generale
dei prezzi di quest’ultimo rispetto a quelli praticati dal suo
concorrente e che, di conseguenza, tali consumatori realizzeranno
risparmi di entità uguale a quella vantata dalla pubblicità effettuando
regolarmente i propri acquisti di beni di consumo corrente presso
l’inserzionista piuttosto che presso detto concorrente o, ancora,
nell’erronea convinzione che tutti i prodotti dell’inserzionista siano
meno cari di quelli del suo concorrente, o
- se viene accertato che, ai fini di una comparazione effettuata
esclusivamente sotto il profilo dei prezzi, siano stati selezionati
prodotti alimentari che presentano tuttavia differenze tali da
condizionare sensibilmente la scelta del consumatore medio, senza che
dette differenze emergano dalla pubblicità di cui trattasi.
Sull’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450
57 L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450 subordina la
liceità di una pubblicità comparativa alla condizione che la stessa
metta a confronto oggettivamente una o più caratteristiche essenziali,
pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il
prezzo, di tali beni e servizi.
58 Il quinto ‘considerando’ della direttiva 97/55 sottolinea a tal
riguardo che la pubblicità comparativa che confronti caratteristiche
essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative e non sia
ingannevole può essere un mezzo legittimo per informare i consumatori
nel loro interesse (sentenza De Landtsheer Emmanuel, cit., punto 62).
59 In base agli elementi di cui dispone e alle discussioni che hanno
avuto luogo dinanzi ad essa, nel caso di specie, la Corte non intende
pronunciarsi in merito al requisito della verificabilità.
60 A tale proposito va ricordato che, nella citata sentenza Lidl Belgium,
riguardante una pubblicità comparativa effettuata sul piano dei prezzi,
la Corte ha statuito che la verificabilità dei prezzi dei beni
componenti due assortimenti di prodotti presuppone necessariamente che i
beni, i cui prezzi siano stati così confrontati, possano essere
individualmente e concretamente individuati in base alle informazioni
contenute nel messaggio pubblicitario. Qualsiasi verificabilità dei
prezzi dei beni è, infatti, necessariamente subordinata alla possibilità
di individuare questi ultimi (v., in tal senso, sentenza Lidl Belgium,
cit., punto 61).
61 Orbene, una siffatta individuazione è tale da consentire,
conformemente all’obiettivo di tutela dei consumatori perseguito dalla
direttiva 84/450, che il destinatario di un tale messaggio sia in grado
di assicurarsi del fatto che egli è stato correttamente informato nella
prospettiva degli acquisti di consumo corrente che deve effettuare
(sentenza Lidl Belgium, cit., punto 72).
62 Nella specie, spetta al giudice del rinvio verificare se la
descrizione dei prodotti confrontati, quale emerge dalla pubblicità
controversa, sia sufficientemente precisa per consentire al consumatore
di individuare i prodotti che costituiscono l’oggetto della
comparazione, al fine di verificare l’esattezza dei prezzi indicati da
detta pubblicità.
63 Come rilevato dalla Commissione in udienza, tale caso potrebbe non
ricorrere segnatamente qualora dovesse risultare che i negozi di cui
alla pubblicità controversa vendono più prodotti alimentari idonei a
corrispondere alla designazione menzionata sugli scontrini di cassa
riprodotti da tale pubblicità, sicché l’individuazione precisa dei beni,
così confrontati, risulta impossibile.
64 Alla luce di quanto precede, occorre fornire al giudice del rinvio un
terzo elemento di risposta, secondo cui l’art. 3 bis, n. 1, lett. c),
della direttiva 84/450 deve essere interpretato nel senso che la
condizione di verificabilità, sancita dalla predetta disposizione,
richiede, per quanto riguarda una pubblicità come quella in esame nella
controversia principale, che mette a confronto i prezzi di due
assortimenti di beni, che i beni di cui trattasi possano essere
individuati con precisione in base alle informazioni contenute in detta
pubblicità.
Sulle spese
65 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
L’art. 3 bis, n. 1, lett. b), della direttiva del Consiglio 10 settembre
1984, 84/450/CEE, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa,
quale modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio
6 ottobre 1997, 97/55/CE, deve essere interpretato dichiarando che la
mera circostanza che i prodotti alimentari si differenzino quanto alla
loro commestibilità e quanto al piacere da essi procurato al
consumatore, in funzione delle condizioni e del luogo della loro
produzione, dei loro ingredienti e dell’identità del loro produttore,
non è tale da escludere che il confronto di tali prodotti possa
rispondere al requisito sancito dalla predetta disposizione, in base al
quale essi devono soddisfare gli stessi bisogni o proporsi gli stessi
obiettivi, vale a dire presentare tra loro un sufficiente grado di
intercambiabilità.
L’art. 3 bis, n. 1, lett. a), della direttiva 84/450, quale modificata
dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che una
pubblicità, come quella in esame nella causa principale, può rivestire
carattere ingannevole, segnatamente:
- se viene accertato, tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti del
caso di specie e, in particolare, delle indicazioni o omissioni che
accompagnano tale pubblicità, che la decisione di acquisto di un numero
significativo di consumatori, cui essa si rivolge, può essere presa
nell’erronea convinzione che la selezione di prodotti compiuta
dall’operatore pubblicitario sia rappresentativa del livello generale
dei prezzi di quest’ultimo rispetto a quelli praticati dal suo
concorrente e che, di conseguenza, tali consumatori realizzeranno
risparmi di entità uguale a quella vantata da detta pubblicità
effettuando regolarmente i propri acquisti di beni di consumo corrente
presso l’operatore pubblicitario piuttosto che presso detto concorrente
o, ancora, nell’erronea convinzione che tutti i prodotti
dell’inserzionista siano meno cari di quelli del suo concorrente, o
- se viene accertato che, ai fini del confronto effettuato
esclusivamente sotto il profilo dei prezzi, sono stati selezionati
prodotti alimentari che presentano tuttavia differenze tali da
condizionare sensibilmente la scelta del consumatore medio, senza che
dette differenze emergano dalla pubblicità di cui trattasi.
L’art. 3 bis, n. 1, lett. c), della direttiva 84/450, quale modificata
dalla direttiva 97/55, deve essere interpretato nel senso che la
condizione di verificabilità, sancita dalla predetta disposizione,
richiede, per quanto riguarda una pubblicità come quella in esame nella
controversia principale, che mette a confronto i prezzi di due
assortimenti di beni, che i beni di cui trattasi possano essere
individuati con precisione in base alle informazioni contenute in detta
pubblicità.
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