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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 11/11/2010, Sentenza C-164/09
CACCIA - Deroga al regime restrittivo della caccia - Condizioni -
Conservazione degli uccelli selvatici - Inadempimento di uno Stato (Italia -
Regione Veneto) - Artt. 7 e 9 Direttiva 79/409/CEE. La possibilità,
prevista all’art. 9 della direttiva, di derogare al regime restrittivo della
caccia di cui all’art. 7 della medesima direttiva, soggiace a tre
condizioni. In primo luogo, lo Stato membro deve limitare la deroga al caso
in cui non vi sia un’altra soluzione soddisfacente. In secondo luogo, la
deroga deve basarsi su almeno uno dei motivi tassativamente elencati
all’art. 9, n. 1, lett. a), b) e c), della direttiva. In terzo luogo, la
deroga deve rispondere ai precisi requisiti di forma di cui a detto art. 9,
n. 2, requisiti volti a limitare le deroghe allo stretto necessario e a
permettere la vigilanza da parte della Commissione (C.G.CE, sentenza
7/3/1996, causa C-118/94, Associazione Italiana per il WWF e a.).
Trattandosi di un regime eccezionale, che deve essere di stretta
interpretazione e far gravare l’onere di provare la sussistenza dei
requisiti prescritti, per ciascuna deroga, sull’autorità che ne prende la
decisione, gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi intervento
riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a decisioni
contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai motivi, alle
condizioni e alle prescrizioni di cui all’art. 9, nn. 1 e 2, della direttiva
(C.G.CE, sentenza 8/6/2006, causa C-60/05, WWF Italia e a.). Nella specie,
la Regione Veneto ha adottato e applicato una normativa che autorizza
deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici senza rispettare le
condizioni stabilite all’art. 9 della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979,
79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
dell’art. 9 di tale direttiva. Pres. Bonichot - Rel. Bay Larsen -
Commissione europea c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez.
IV, 11/11/2010, Sentenza C-164/09
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Inadempimento di uno Stato - Valutazione -
Scadenza del termine - Parere motivato. La sussistenza di un
inadempimento deve essere valutata alla luce della situazione esistente
nello Stato membro interessato alla scadenza del termine stabilito nel
parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti
successivamente intervenuti (C.G.CE, sentenze 11/01/2007, causa C-183/05,
Commissione/Irlanda e 14/10/2010, causa C-535/07, Commissione/Austria).
Pres. Bonichot - Rel. Bay Larsen - Commissione europea c. Repubblica
italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 11/11/2010, Sentenza C-164/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)
11 novembre 2010
«Inadempimento di uno Stato - Conservazione degli uccelli selvatici -
Direttiva 79/409/CEE - Deroghe al regime di protezione degli uccelli
selvatici - Caccia»
Nella causa C-164/09,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226
CE, proposto l’8 maggio 2009,
Commissione europea, rappresentata dal sig. C. Zadra e dalla sig.ra D.
Recchia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità
di agente, assistita dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dai sigg. K.
Schiemann, L. Bay Larsen (relatore), dalle sig.re C. Toader e A. Prechal,
giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione delle Comunità europee chiede alla
Corte di dichiarare che, a seguito dell’adozione e dell’applicazione da
parte della Regione Veneto di una normativa che autorizza deroghe al
regime di protezione degli uccelli selvatici senza rispettare le
condizioni stabilite all’art. 9 della direttiva del Consiglio 2 aprile
1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU
L 103, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»), la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 9 di detta
direttiva.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
2 L’art. 5, lett. a), della direttiva vieta in maniera generale di
uccidere o di catturare tutte le specie di uccelli viventi naturalmente
allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri cui si
applica il Trattato CE.
3 L’art. 7 della direttiva recita:
«1. In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione
geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie
elencate nell’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel
quadro della legislazione nazionale. Gli Stati membri faranno in modo
che la caccia di queste specie non pregiudichi le azioni di
conservazione intraprese nella loro area di distribuzione.
2. Le specie dell’allegato II, parte 1, possono essere cacciate nella
zona geografica marittima e terrestre in cui si applica la presente
direttiva.
3. Le specie dell’allegato II, parte 2, possono essere cacciate soltanto
negli Stati membri per i quali esse sono menzionate.
4. Gli Stati membri si accertano che l’attività venatoria, compresa
eventualmente la caccia col falco, quale risulta dall’applicazione delle
disposizioni nazionali in vigore, rispetti i principi di una saggia
utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle
specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda la
popolazione delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con
le disposizioni derivanti dall’articolo 2. Essi provvedono in
particolare a che le specie cui si applica la legislazione della caccia
non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le
varie fasi della riproduzione e della dipendenza. Quando si tratta di
specie migratrici, essi provvedono in particolare a che le specie
soggette alla legislazione della caccia non vengano cacciate durante il
periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di
nidificazione. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le
informazioni utili sull’applicazione pratica della loro legislazione
sulla caccia».
4 L’art. 9, nn. 1 e 2, della direttiva autorizza, tuttavia, deroghe alle
seguenti condizioni:
«1. Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati
membri possono derogare agli articoli 5, 6, 7 e 8 per le seguenti
ragioni:
a) - nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
- nell’interesse della sicurezza aerea,
- per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla
pesca e alle acque,
- per la protezione della flora e della fauna;
b) ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della
reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;
c) per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo
selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di
determinati uccelli in piccole quantità.
2. Le deroghe dovranno menzionare:
- le specie che formano oggetto delle medesime,
- i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura o di uccisione
autorizzati,
- le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui
esse possono esser fatte,
- l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono
realizzate e a decidere quali mezzi, impianti e metodi possano essere
utilizzati, entro quali limiti, da quali persone,
- i controlli che saranno effettuati».
La normativa nazionale
5 Il prelievo venatorio in deroga nella Regione Veneto era disciplinato,
alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, dalla legge della
Regione Veneto 12 agosto 2005, n. 13, che disciplina il regime di deroga
previsto dall’art. 9 della direttiva, in applicazione della legge 3
ottobre 2002, n. 221, che integra la legge 11 febbraio 1992, n. 157, in
materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in
attuazione dell’art. 9 della direttiva (BUR Veneto 16 agosto 2005, n.
77; in prosieguo: la «legge n. 13/2005»).
Fase precontenziosa del procedimento
6 In seguito all’esame della legge n. 13/2005 la Commissione ha ritenuto
che la normativa adottata dalla Regione Veneto autorizzasse deroghe al
regime di protezione degli uccelli selvatici che non rispettavano le
condizioni di cui all’art. 9 della direttiva e, di conseguenza, ha
intimato alla Repubblica italiana, con lettera del 18 ottobre 2005, di
presentare le sue osservazioni in merito.
7 Non avendo quest’ultima risposto a tale lettera, la Commissione ha
emesso, il 10 aprile 2006, un parere motivato che riproduceva gli
addebiti sollevati in detta lettera ed invitava lo Stato membro
interessato a conformarvisi entro il termine di due mesi a decorrere
dalla sua notifica.
8 Il 12 giugno 2006 la Commissione ha ricevuto, tramite la
Rappresentanza permanente della Repubblica italiana presso l’Unione
europea, una comunicazione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio che la informava dell’intenzione della Regione Veneto di
apportare le modifiche richieste alla legge n. 13/2005.
9 Successivamente le autorità italiane hanno trasmesso alla Commissione
una serie di testi di modifica della legge n. 13/2005.
10 Ritenendo che non si fosse posto rimedio all’inadempimento dedotto,
la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Argomenti delle parti
11 La Commissione fa valere che la legge n. 13/2005 non è conforme
all’art. 9 della direttiva sotto vari aspetti. Anzitutto, l’art. 2 di
tale legge indicherebbe esplicitamente le specie di uccelli che possono
costituire indifferentemente oggetto di una deroga a norma dell’art. 9,
n. 1, lett. a) oppure lett. c), della direttiva. Si tratterebbe del
passero (Passer Italiae), della passera mattugia (Passer montanus), del
cormorano (Phalacrocorax carbo), del fringuello (Fringilla coelebs),
della peppola (Fringilla montifringilla), dello storno (Sturnus vulgaris)
e della tortora dal collare orientale (Streptopelia decaocto). Orbene,
le prime cinque specie menzionate non sarebbero elencate nell’allegato
II alla direttiva, mentre le ultime due, sebbene indicate in tale
allegato II, parte 2, non potrebbero essere cacciate in Italia. Le
specie delle quali sono autorizzati i prelievi sarebbero, quindi,
identificate in via generale ed astratta e senza limiti temporali.
Infatti, l’allegato A alla legge n. 13/2005 già indicherebbe il numero
di esemplari delle suddette specie di uccelli che può essere prelevato
nelle stagioni venatorie dal 2005 al 2010.
12 Detta legge, inoltre, non prevedrebbe la previa verifica della
mancanza di altre soluzioni soddisfacenti né l’obbligo per i singoli
provvedimenti di deroga di indicare le condizioni di rischio e le
circostanze di luogo nelle quali le deroghe medesime possono essere
adottate nonché i soggetti autorizzati a dar loro applicazione.
13 Il limite massimo di soggetti abbattibili nella Regione Veneto in
forza dell’allegato A alla legge n. 13/2005, poi, non sarebbe conforme
alla nozione di «piccole quantità» di cui all’art. 9, n. 1, lett. c),
della direttiva.
14 Infine, la Commissione sostiene che i provvedimenti adottati dalle
autorità competenti della Regione Veneto dopo la scadenza del termine
fissato nel parere motivato non hanno posto rimedio all’inadempimento
degli obblighi derivanti dall’art. 9 della direttiva.
15 La Repubblica italiana sottolinea anzitutto che, pur sollevando
riserve sul modo in cui la Regione Veneto ha esercitato la facoltà di
deroga prevista all’art. 9 della direttiva, motivi di interesse
nazionale la inducono a presentare alla Corte osservazioni a difesa
nella presente causa. In particolare, lo Stato membro convenuto spera
che con l’occasione la Corte possa fugare taluni dubbi di
interpretazione riguardo alla normativa controversa, che hanno
ostacolato il recepimento della direttiva.
16 Per quanto concerne l’asserita inosservanza della condizione posta
all’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, in base alla quale il
prelievo degli uccelli può essere effettuato solo in piccole quantità,
la Repubblica italiana sostiene che la normativa controversa soddisfa
tale condizione. Al riguardo detto Stato membro fa valere, in sostanza,
che le quantità di uccelli cacciabili in teoria non vengono mai cacciate
anche in pratica e ciò a causa di un contesto regionale caratterizzato
dalla costanza del rapporto tra le diverse forme di caccia
specialistica, quali la caccia agli ungulati, agli anatidi, alle specie
stanziali oppure a quelle migratrici. Pertanto, sarebbe escluso che ogni
cacciatore della Regione Veneto si avvalga effettivamente del regime
derogatorio in causa.
17 La Repubblica italiana sostiene inoltre che, siccome la caccia a fini
ricreativi, diretta esclusivamente alla soddisfazione di una richiesta
venatoria legata alle tradizioni culturali e gastronomiche di una
determinata zona - la Regione Veneto nella fattispecie - costituisce,
nei limiti dei prelievi in «piccole quantità», una forma di impiego
misurato ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva, non
occorre richiedere la verifica preventiva della mancanza di altre
soluzioni soddisfacenti.
18 Infine, detto Stato membro rileva che, sulla base degli addebiti
formulati dalla Commissione nella lettera di diffida e nel parere
motivato nei confronti della legge n. 13/2005, la Regione Veneto ha
adottato, in particolare, la legge 18 agosto 2007, n. 24 (BUR Veneto 21
agosto 2007, n. 73), che ha modificato la legge n. 13/2005.
Giudizio della Corte
19 In via preliminare, si deve ricordare che la sussistenza di un
inadempimento deve essere valutata alla luce della situazione esistente
nello Stato membro interessato alla scadenza del termine stabilito nel
parere motivato e che la Corte non può tenere conto dei mutamenti
successivamente intervenuti (v., segnatamente, sentenze 11 gennaio 2007,
causa C-183/05, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I-137, punto 17, e 14
ottobre 2010, causa C-535/07, Commissione/Austria, non ancora pubblicata
nella Raccolta, punto 22).
20 Di conseguenza, nella fattispecie, occorre esaminare il ricorso per
inadempimento solo alla luce della legge n. 13/2005.
21 È pacifico che l’art. 2, n. 1, della legge n. 13/2005 autorizza
prelievi venatori di specie di uccelli che non rientrano nell’art. 7
della direttiva.
22 Orbene, la Corte ha ammesso la possibilità di derogare al divieto di
cacciare siffatte specie di uccelli, in particolare per il motivo di cui
all’art. 9, n. 1, lett. c), di detta direttiva (v., in tal senso,
sentenza 16 ottobre 2003, causa C-182/02, Ligue pour la protection des
oiseaux e a., Racc. pag. I-12105, punto 10).
23 Quanto alla possibilità, prevista all’art. 9 della direttiva, di
derogare al regime restrittivo della caccia di cui all’art. 7 della
medesima direttiva, la Corte ha sottolineato che essa soggiace a tre
condizioni. In primo luogo, lo Stato membro deve limitare la deroga al
caso in cui non vi sia un’altra soluzione soddisfacente. In secondo
luogo, la deroga deve basarsi su almeno uno dei motivi tassativamente
elencati all’art. 9, n. 1, lett. a), b) e c), della direttiva. In terzo
luogo, la deroga deve rispondere ai precisi requisiti di forma di cui a
detto art. 9, n. 2, requisiti volti a limitare le deroghe allo stretto
necessario e a permettere la vigilanza da parte della Commissione (v.,
in tal senso, sentenza 7 marzo 1996, causa C-118/94, Associazione
Italiana per il WWF e a., Racc. pag. I-1223, punto 21).
24 Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, tra le condizioni da
soddisfare affinché la caccia che deroga all’art. 7 della direttiva
possa essere autorizzata ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), della
medesima direttiva figura quella relativa all’assenza di un’altra
soluzione soddisfacente (v., in tal senso, sentenze Ligue pour la
protection des oiseaux e a., cit., punto 8, nonché 9 giugno 2005, causa
C-135/04, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-5261, punto 18).
25 Trattandosi di un regime eccezionale, che deve essere di stretta
interpretazione e far gravare l’onere di provare la sussistenza dei
requisiti prescritti, per ciascuna deroga, sull’autorità che ne prende
la decisione, gli Stati membri sono tenuti a garantire che qualsiasi
intervento riguardante le specie protette sia autorizzato solo in base a
decisioni contenenti una motivazione precisa e adeguata riferentesi ai
motivi, alle condizioni e alle prescrizioni di cui all’art. 9, nn. 1 e
2, della direttiva (v. sentenza 8 giugno 2006, causa C-60/05, WWF Italia
e a., Racc. pag. I-5083, punto 34).
26 Nella fattispecie, è pacifico che nessun provvedimento di diritto
nazionale pertinente verte sulla condizione relativa all’assenza di
un’altra soluzione soddisfacente.
27 Pertanto, il ricorso della Commissione è fondato sotto questo
aspetto.
28 Occorre, peraltro, ricordare che l’art. 9 della direttiva, pur
autorizzando un’ampia deroga al regime generale di protezione, si
prefigge solo un’applicazione concreta e puntuale per soddisfare precise
esigenze e situazioni specifiche (citata sentenza Associazione Italiana
per il WWF e a., punto 21).
29 Pertanto, non soddisfa i requisiti previsti dall’art. 9 della
direttiva una disposizione di diritto interno, quale l’art. 2 della
legge n. 13/2005, che menziona le specie di uccelli, citate al punto 11
della presente sentenza, che possono costituire indifferentemente
oggetto di una deroga a norma di detto art. 9, n. 1, lett. a) oppure
lett. c), e il cui numero di esemplari prelevabili è fissato per un
periodo di cinque anni.
30 Il ricorso deve pertanto essere accolto anche su tale punto.
31 Poiché l’art. 9, n. 2, della direttiva prescrive che i provvedimenti
di deroga indichino obbligatoriamente, in particolare, le condizioni di
rischio e le circostanze di luogo nelle quali le deroghe medesime
possono essere adottate, la legge n. 13/2005, che nulla nel fascicolo
indica soddisfare tali requisiti, non è conforme a detta disposizione.
32 Pertanto, occorre accogliere il ricorso al riguardo.
33 Per quanto concerne l’addebito relativo al fatto che la legge n.
13/2005 non prevede che i provvedimenti di deroga menzionino
necessariamente i soggetti autorizzati ad applicare le deroghe, esso è
da ritenere in ogni caso infondato. Infatti, dal fascicolo risulta che
la stessa Regione Veneto ha autorizzato, tramite detta legge, per una
durata predefinita, l’applicazione di talune deroghe senza la necessità
di adottare nuove misure.
34 Di conseguenza, il ricorso dev’essere respinto su questo punto.
35 Quanto all’addebito relativo all’errata valutazione del criterio
delle «piccole quantità» stabilito all’art. 9, n. 1, lett. c), della
direttiva, si deve rammentare che il documento della Commissione del 24
novembre 1993, intitolato «Seconda relazione sull’esecuzione della
direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli
selvatici» [COM(93) 572 def.], indica che, in conformità dei lavori del
comitato ORNIS, occorre considerare come «piccola quantità» qualsiasi
prelievo inferiore all’1% della mortalità annua totale della popolazione
interessata (valore medio) per le specie che non possono essere cacciate
e dell’ordine dell’1% per le specie che possono essere oggetto di azioni
di caccia, intendendo per «popolazione interessata», in relazione alle
specie migratrici, la popolazione delle regioni che forniscono i
principali contingenti che frequentano la regione in cui si esercita la
deroga durante il periodo della sua applicazione (v., segnatamente,
sentenza 15 dicembre 2005, causa C-344/03, Commissione/Finlandia, Racc.
pag. I-11033, punto 53).
36 Se è vero che il criterio delle «piccole quantità» nella forma
elaborata dal comitato ORNIS non è giuridicamente vincolante, esso può,
eventualmente, in ragione dell’autorità scientifica di cui godono i
pareri di tale comitato e dell’omessa produzione di qualsiasi elemento
di prova scientifica contraria, essere utilizzato dalla Corte come base
di riferimento per valutare se la deroga concessa dallo Stato membro
convenuto ai sensi dell’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva rispetti
la condizione che la cattura degli uccelli di cui trattasi avvenga in
piccole quantità (v., in particolare, citata sentenza
Commissione/Finlandia, punto 54).
37 Peraltro, secondo il punto 3.5.42 del documento intitolato «Guida
alla disciplina della caccia nell’ambito della direttiva [79/409/CEE]»,
quale aggiornato dalla Commissione nel 2008 ed invocato dalla medesima
nel presente procedimento, punto dedicato alla nozione di «piccole
quantità» ricordata al punto 35 della presente sentenza, è possibile
ipotizzare un prelievo superiore alla soglia dell’1% - vale a dire fino
al 5% della mortalità annua - per le specie abbondanti con uno stato di
conservazione soddisfacente, previa approfondita analisi scientifica
dell’autorità competente a rilasciare la deroga.
38 Orbene, è pacifico che, nel caso del fringuello, la legge n. 13/2005
consente l’abbattimento di 6 059 000 esemplari, mentre l’Istituto
Nazionale per la Fauna Selvatica, applicando il criterio del 5% della
mortalità naturale in Italia e ripartendo il risultato tra le regioni
italiane, era pervenuto ad un numero massimo di 410 946 esemplari che
potevano essere prelevati nella Regione Veneto. Quanto alla peppola,
detta legge consente l’abbattimento di 1 514 750 esemplari, mentre il
suddetto Istituto, applicando il criterio del 5% della mortalità
naturale, aveva fissato a 135 591 il numero massimo di esemplari
prelevabili nella regione in questione.
39 Ne consegue che le quantità di uccelli di dette specie che possono
essere cacciate in forza della legge n. 13/2005 sono comunque nettamente
superiori al limite risultante dalla nozione di «piccole quantità» di
cui all’art. 9, n. 1, lett. c), della direttiva.
40 Di conseguenza, la Repubblica italiana ha violato la direttiva anche
su questo punto.
41 Tale constatazione non può essere inficiata dalla circostanza che, a
causa del contesto regionale caratterizzato da una forte stabilità del
rapporto tra le diverse forme di caccia specialistica, le quantità di
uccelli cacciabili in teoria non vengano mai cacciate anche in pratica.
42 Infatti, come rilevato giustamente dalla Commissione, la
determinazione delle piccole quantità prelevabili effettuata nella
fattispecie, basandosi su un dato aleatorio, vale a dire sul fatto che
non tutti i cacciatori cacceranno le specie oggetto della deroga, non
risponde alle esigenze scientifiche che tale criterio è volto a tutelare
e non rispetta il principio di certezza del diritto.
43 Alla luce di tutto quanto sopra considerato, si deve accogliere il
ricorso della Commissione, salvo quanto rilevato ai punti 33 e 34 della
presente sentenza.
44 Occorre pertanto constatare che, poiché la Regione Veneto ha adottato
e applicato una normativa che autorizza deroghe al regime di protezione
degli uccelli selvatici senza rispettare le condizioni stabilite
all’art. 9 della direttiva, la Repubblica italiana è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 9 di tale direttiva.
Sulle spese
45 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
sostanzialmente soccombente, dev’essere condannata alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:
1) Poiché la Regione Veneto ha adottato e applicato una normativa che
autorizza deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici senza
rispettare le condizioni stabilite all’art. 9 della direttiva del
Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli
uccelli selvatici, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad
essa incombenti in forza dell’art. 9 di tale direttiva.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese.
Firme
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