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CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. II°, 11/11/2010, Sentenza C-229/09
DIRITTO AGRARIO - Prodotti fitosanitari - Diritto dei brevetti -
Certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari - Rilascio
di un certificato per un prodotto che ha ottenuto un’autorizzazione
provvisoria di immissione in commercio - Regolamento (CE) n. 1610/96 -
Direttiva 91/414/CEE. L’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del
Parlamento europeo e del Consiglio 23 luglio 1996, n. 1610, sull’istituzione
di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari, deve
essere interpretato nel senso che non osta a che un certificato protettivo
complementare sia rilasciato per un prodotto fitosanitario che ha ottenuto
un’autorizzazione di immissione in commercio in corso di validità
conformemente all’art. 8, n. 1, della direttiva del Consiglio 15 luglio
1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti
fitosanitari, come modificata dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e
del Consiglio 23 febbraio 2005, n. 396. Pres. Cunha Rodrigues - Rel. Lindh -
Hogan Lovells International LLP, ex Rechtsanwaltssozietät Lovells c. Bayer
CropScience AG. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 11/11/2010, Sentenza
C-229/09
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
11 novembre 2010
«Diritto dei brevetti - Prodotti fitosanitari - Regolamento (CE) n.
1610/96 - Direttiva 91/414/CEE - Certificato protettivo complementare
per i prodotti fitosanitari - Rilascio di un certificato per un prodotto
che ha ottenuto un’autorizzazione provvisoria di immissione in
commercio»
Nel procedimento C-229/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundespatentgericht (Germania),
con decisione 28 aprile 2009, pervenuta in cancelleria il 24 giugno
2009, nella causa
Hogan Lovells International LLP, ex Rechtsanwaltssozietät Lovells,
contro
Bayer CropScience AG,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dai sigg.
A. Arabadjiev, A. Rosas, A. Ó Caoimh e dalla sig.ra P. Lindh (relatore),
giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22
aprile 2010,
considerate le osservazioni presentate:
- per la Hogan Lovells International LLP, ex Rechtsanwaltssozietät
Lovells, dagli avv.ti K. Pörnbacher e S. Steininger, Rechtsanwälte,
- per la Bayer CropScience AG, dalla sig.ra D. von Renesse,
Patentanwältin,
- per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di
agente, assistita dalla sig.ra M. Russo, avvocato dello Stato,
- per la Commissione europea, dal sig. H. Krämer, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 17 giugno 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 3, n. 1, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del
Consiglio 23 luglio 1996, n. 1610, sull’istituzione di un certificato
protettivo complementare per i prodotti fitosanitari (GU L 198, pag.
30).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la
Hogan Lovells International LLP, ex Rechtsanwaltssozietät Lovells (in
prosieguo: la «Lovells») e la Bayer CropScience AG (in prosieguo: la
«Bayer») in merito alla validità di un certificato protettivo
complementare rilasciato a quest’ultima dal Bundespatentgericht.
Contesto normativo
La direttiva 91/414/CEE
3 Il nono e quattordicesimo ‘considerando’ della direttiva del Consiglio
15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei
prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1), come modificata dal
regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 23 febbraio
2005, n. 396 (GU L 70, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva 91/414»),
sono formulati nel modo seguente:
«considerando che le condizioni di autorizzazione debbono garantire un
elevato livello di protezione onde evitare soprattutto che vengano
autorizzati prodotti fitosanitari i cui rischi per la salute, le acque
sotterranee e l’ambiente non siano stati adeguatamente studiati; che la
protezione della salute dell’uomo e degli animali e la protezione
dell’ambiente sono prioritarie rispetto all’obiettivo di migliorare la
produzione vegetale;
(…)
considerando che la procedura comunitaria non dovrebbe impedire ad uno
Stato membro di autorizzare, per un periodo di tempo limitato,
l’utilizzazione nel suo territorio dei prodotti fitosanitari contenenti
una sostanza attiva non ancora iscritta nell’elenco comunitario,
sempreché l’interessato abbia presentato la documentazione conforme ai
requisiti comunitari e lo Stato membro interessato sia giunto alla
conclusione che la sostanza attiva ed i prodotti fitosanitari rispondono
presumibilmente alla condizioni comunitarie fissate in materia».
4 Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 91/414, i prodotti
fitosanitari possono essere immessi in commercio e utilizzati in uno
Stato membro soltanto se le autorità competenti di quest’ultimo l’hanno
autorizzato, conformemente alle disposizioni della suddetta direttiva.
5 L’art. 4 di detta direttiva prevede:
«1. Gli Stati membri prescrivono che un prodotto fitosanitario possa
essere autorizzato soltanto se:
a) le sue sostanze attive sono elencate nell’allegato I e sono
soddisfatte le condizioni ivi stabilite e, per quanto concerne le
lettere b), c), d) ed e), in applicazione dei principi uniformi di cui
all’allegato VI;
b) è accertato, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e
tecniche, e dimostrato dalla valutazione del fascicolo di cui
all’allegato III, che se è utilizzato in conformità dell’articolo 3,
paragrafo 3 e tenuto conto di tutte le condizioni normali d’impiego e
delle conseguenze del suo uso, tale prodotto:
i) è sufficientemente efficace,
ii) non ha effetti inaccettabili sui vegetali o sui prodotti vegetali,
iii) non provoca sofferenze e dolori inaccettabili ai vertebrati da
combattere,
iv) non ha effetti nocivi, in maniera diretta o indiretta, sulla salute
dell’uomo o degli animali (ad esempio attraverso l’acqua potabile, il
cibo o i mangimi) o sulle acque sotterranee;
v) non ha nessun influsso inaccettabile sull’ambiente, per quanto
riguarda, in particolare:
- il suo destino e la distribuzione nell’ambiente, con riferimento
particolare alla contaminazione delle acque, ivi comprese quelle
potabili e sotterranee,
- l’impatto sulle specie non bersaglio;
c) la natura e la quantità delle sostanze attive in esso contenute e, se
del caso, delle sue impurezze e degli altri componenti significativi dal
punto di vista tossicologico ed ecotossicologico, possono essere
determinate con metodi adeguati, armonizzati secondo la procedura
prevista all’articolo 21 o, in caso contrario, riconosciuti dalle
autorità incaricate del rilascio dell’autorizzazione;
d) i suoi residui, provenienti da un impiego autorizzato e che assumono
un significato tossicologico o ambientale, possono essere determinati
con metodi adeguati di uso corrente;
e) le sue proprietà fisico-chimiche sono state determinate e giudicate
accettabili per garantire una utilizzazione e un magazzinaggio adeguati;
f) ove opportuno, i livelli massimi di residui (LMR) per i prodotti
agricoli interessati dall’uso di cui all’autorizzazione sono fissati o
modificati a norma del regolamento (CE) n. 396/2005.
2. L’autorizzazione deve precisare i requisiti di commercializzazione ed
uso del prodotto e almeno quelli necessari per essere in regola con le
disposizioni del paragrafo 1, lettera b).
3. Gli Stati membri provvedono affinché la conformità alle esigenze di
cui al paragrafo 1, dalla lettera b) alla lettera f), sia accertata
mediante prove e controlli ufficiali o ufficialmente riconosciuti
condotti in condizioni agricole, fitosanitarie e ambientali che siano
adeguate all’impiego del prodotto fitosanitario in questione e
rappresentative delle condizioni che ricorrono nei luoghi in cui il
prodotto stesso dovrà essere utilizzato nel territorio dello Stato
membro interessato.
4. Fatte salve le disposizioni dei paragrafi 5 e 6, tali autorizzazioni
sono concesse solo per una durata determinata non superiore a 10 anni,
stabilita dagli Stati membri; esse possono essere rinnovate dopo aver
verificato che le condizioni di cui al paragrafo 1 continuano ad essere
soddisfatte. I rinnovi possono essere accordati per il periodo
necessario alle autorità competenti dello Stato membro per procedere a
tale verifica, in caso di richiesta di rinnovo.
5. Le autorizzazioni possono essere riesaminate in qualsiasi momento se
risulta che i requisiti di cui al paragrafo 1 non sono più soddisfatti.
In tal caso gli Stati membri possono esigere che il richiedente
l’autorizzazione, o la parte a cui è stato accordato ai sensi
dell’articolo 9 un ampliamento del campo di applicazione, fornisca
ulteriori informazioni necessarie ai fini del riesame. Le
autorizzazioni, ove occorra, possono essere mantenute per il periodo
necessario a completare il riesame e a fornire tali ulteriori
informazioni.
6. Fatte salve le decisioni già prese ai sensi dell’articolo 10,
l’autorizzazione viene annullata se risulta che:
a) le condizioni per ottenere l’autorizzazione non sono o non sono più
soddisfatte;
b) l’autorizzazione è stata concessa sulla base di dati per i quali sono
state fornite indicazioni false o ingannevoli,
oppure viene modificata se risulta che:
c) in base all’evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche i
modi di utilizzazione e i quantitativi impiegati possono essere mutati.
Il titolare stesso, indicandone le ragioni, può chiedere l’annullamento
o la modifica dell’autorizzazione: le modifiche potranno essere
accordate soltanto se si constata che i requisiti dell’articolo 4,
paragrafo 1 continuano ad essere soddisfatti.
Quando uno Stato membro ritira una autorizzazione, esso ne informa
immediatamente il detentore dell’autorizzazione; inoltre esso può
accordare un termine per l’eliminazione, lo smaltimento, la
commercializzazione e l’utilizzazione delle giacenze esistenti, la cui
durata deve essere in relazione con la modificazione del suddetto
ritiro, fatto salvo il termine eventualmente previsto mediante decisione
adottata a norma della direttiva 79/117/CEE del Consiglio, del 21
dicembre 1978, concernente il divieto di immettere in commercio e
impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostante attive,
modificata, da ultimo, dalla direttiva 90/335/CEE o all’articolo 6, e
all’articolo 8, paragrafo 1 oppure 2 della presente direttiva».
6 L’art. 5 della direttiva 91/414 stabilisce quanto segue:
«1) In base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche una sostanza
attiva viene iscritta nell’allegato I per un periodo iniziale non
superiore a dieci anni se si può supporre che prodotti fitosanitari
contenenti la sostanza attiva soddisfino alle seguenti condizioni:
a) che i loro residui derivanti da un’applicazione conforme alla buona
pratica fitosanitaria non abbiano effetti nocivi sulla salute dell’uomo
o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile
sull’ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista
tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di
applicazione corrente,
b) che il loro impiego derivante da un’applicazione conforme alla buona
pratica fitosanitaria non abbia effetti nocivi sulla salute dell’uomo o
degli animali né un influsso inaccettabile sull’ambiente, come stabilito
dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punti iv) e v).
2. Per iscrivere una sostanza attiva nell’allegato I si deve tenere
conto in particolare degli elementi seguenti:
a) se del caso, di una dose giornaliera accettabile (ADI) per l’uomo.
b) se necessario, di un livello ammissibile di esposizione
dell’operatore,
c) se del caso, di una stima del destino e della distribuzione
nell’ambiente, nonché dell’impatto sulle specie non bersaglio.
3. Per la prima iscrizione di una sostanza attiva non ancora sul mercato
due anni dopo la notifica della presente direttiva, i requisiti vengono
considerati soddisfatti qualora se ne riscontri la conformità in almeno
una preparazione contenente la sostanza di cui trattasi.
4. L’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I può essere
soggetta a condizioni concernenti:
- il livello di purezza minima della sostanza attiva,
- la natura e il tenore massimo di talune impurità,
- le restrizioni derivanti dall’esame delle informazioni di cui
all’articolo 6, tenendo conto delle condizioni agricole, fitosanitarie e
ambientali, comprese quelle climatiche,
- il tipo di preparazione,
- le modalità di uso.
5. A richiesta, l’iscrizione di una sostanza nell’allegato I può essere
rinnovata una o più volte per periodi non superiori ciascuna volta a 10
anni e riesaminata in qualsiasi momento se esistono indicazioni che i
criteri di cui ai paragrafi 1 e 2 non sono più soddisfatti. I rinnovi
sono accordati per il periodo necessario per completare il riesame, se è
stata presentata una richiesta in tal senso sufficientemente in anticipo
ed in ogni caso almeno due anni prima della scadenza del periodo
d’iscrizione, e sono accordati per il tempo necessario a fornire le
informazioni richieste ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4».
7 L’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414, relativo alle misure
transitorie e derogatorie, è formulato nel modo seguente:
«In deroga all’articolo 4, gli Stati membri possono, allo scopo di
permettere una valutazione graduale delle proprietà delle nuove sostanze
attive e facilitare la disponibilità per l’agricoltura di nuovi
preparati, autorizzare, per un periodo provvisorio non superiore a 3
anni, l’immissione in commercio di prodotti fitosanitari contenenti una
sostanza attiva non compresa nell’allegato I e non ancora in commercio
due anni dopo la notifica della presente direttiva, sempreché:
a) in seguito all’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 6,
paragrafi 2 e 3, sia stato constatato che il fascicolo relativo alla
sostanza attiva risponde ai requisiti degli allegati II e III, per
quanto riguarda gli usi previsti;
b) lo Stato membro abbia stabilito che la sostanza attiva può rispondere
ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafo 1, e che si potrà ritenere
che il prodotto fitosanitario risponda ai requisiti di cui all’articolo
4, paragrafo 1, lettere da b) a f).
In tal caso, lo Stato membro comunica immediatamente agli altri Stati
membri e alla Commissione la sua valutazione in merito al fascicolo e
alle condizioni di autorizzazione, fornendo almeno le informazioni
previste all’articolo 12, paragrafo 1.
In seguito alla valutazione del fascicolo di cui all’articolo 6,
paragrafo 3, è possibile decidere, conformemente alla procedura di cui
all’articolo 19, che la sostanza attiva non risponde ai requisiti
stabiliti nell’articolo 5, paragrafo 1. In tal caso gli Stati membri
prescrivono la revoca delle autorizzazioni.
In deroga all’articolo 6, se allo scadere del termine di 3 anni non è
ancora stata presa una decisione riguardo l’iscrizione di una sostanza
attiva all’allegato I, può essere deciso, secondo la procedura di cui
all’articolo 19, un termine supplementare che consenta l’esame completo
del fascicolo e, se del caso, la presentazione di informazioni
supplementari richieste in conformità dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4.
Le disposizioni dell’articolo 4, paragrafi 2, 3, 5 e 6 si applicano alle
autorizzazioni concesse in virtù del presente paragrafo fatti salvi i
precedenti commi del presente paragrafo».
Il regolamento n. 1610/96
8 Dal quinto e sesto ‘considerando’ del regolamento n. 1610/96 risulta
che, anteriormente alla sua adozione, la durata della protezione
effettiva conferita dal brevetto per ammortizzare gli investimenti
effettuati nella ricerca fitosanitaria e per generare le risorse
necessarie al mantenimento di una ricerca efficiente era considerata
insufficiente, penalizzando in tal modo la competitività di tale
settore. Detto regolamento è diretto a colmare tale lacuna attraverso la
creazione di un certificato protettivo complementare per i prodotti
fitosanitari.
9 L’undicesimo e sedicesimo ‘considerando’ di tale regolamento sono
formulati nel modo seguente:
«(11) considerando che la durata della protezione conferita dal
certificato deve essere fissata in modo da permettere una protezione
effettiva sufficiente; che, a tal fine, il titolare di un brevetto e del
relativo certificato deve poter beneficiare, complessivamente, di
quindici anni al massimo di esclusiva, a partire dalla prima
autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del prodotto
fitosanitario in questione;
(…)
(16) considerando che soltanto un’azione a livello comunitario permette
di raggiungere efficacemente l’obiettivo perseguito, che consiste
nell’assicurare una protezione sufficiente dell’innovazione nel campo
fitosanitario, garantendo al contempo il funzionamento adeguato del
mercato interno dei prodotti fitosanitari;».
10 L’art. 1 del regolamento n. 1610/96 precisa che, ai fini di detto
regolamento, si intende per «certificato» il certificato protettivo
complementare.
11 L’art. 2 del regolamento n. 1610/96, intitolato «Campo di
applicazione», prescrive quanto segue:
«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato
membro e soggetto, in quanto prodotto fitosanitario, prima
dell’immissione in commercio, ad una procedura di autorizzazione
amministrativa ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 91/414/CEE (...)
- o in base ad una disposizione equivalente di diritto nazionale se si
tratta di un prodotto fitosanitario per il quale la domanda di
autorizzazione è stata depositata prima della attuazione della direttiva
91/414/CEE (...) da parte del rispettivo Stato membro -, può formare
oggetto di un certificato, alle condizioni e secondo le modalità
previste nel presente regolamento».
12 L’art. 3 di tale regolamento, recante il titolo «Condizioni di
rilascio del certificato», prevede quanto segue:
«1. Il certificato viene rilasciato se, nello Stato membro nel quale è
presentata la domanda di cui all’articolo 7, e alla data di tale
domanda:
a) il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;
b) per il prodotto, in quanto prodotto fitosanitario, è stata rilasciata
un’autorizzazione, in vigore, di immissione in commercio a norma
dell’articolo 4 della direttiva 91/414 (...) o di una disposizione
equivalente di diritto nazionale;
c) il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;
d) l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di
immissione in commercio del prodotto, in quanto prodotto fitosanitario.
(...)».
13 L’art. 5 del regolamento n. 1610/96, dal titolo «Effetti del
certificato», così recita:
«Fatto salvo l’articolo 4, il certificato conferisce gli stessi diritti
che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse
limitazioni ed agli stessi obblighi».
14 L’art. 13 di detto regolamento, intitolato «Durata del certificato»,
è così formulato:
«1. Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del
brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data
del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima
autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di
cinque anni.
2. Nonostante il paragrafo 1, la durata del certificato non può essere
superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il certificato
acquista efficacia.
3. Per il calcolo della durata del certificato si tiene conto di una
prima autorizzazione provvisoria di immissione in commercio soltanto se
essa è direttamente seguita da un’autorizzazione definitiva relativa
allo stesso prodotto».
15 Ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 1610/96:
«1. Il certificato è nullo:
a) se è stato rilasciato in contrasto con le disposizioni dell’articolo
3;
(...)
2. Chiunque può depositare una domanda o intentare un’azione di nullità
del certificato presso l’organo competente, in virtù delle disposizioni
della legislazione nazionale, per fare dichiarare nullo il brevetto di
base corrispondente».
Causa principale e questione pregiudiziale
16 La Bayer è titolare di un brevetto europeo riguardante, in
particolare, lo iodosulfuron, una sostanza erbicida. Tale brevetto è
stato depositato il 12 febbraio 1992 e rilasciato l’11 novembre 1998.
Esso scade il 13 febbraio 2012.
17 Il 13 dicembre 1998 un’impresa i cui diritti sono stati
successivamente rilevati dalla Bayer presentava dinanzi alle autorità
tedesche una domanda di inserimento dello iodosulfuron nell’allegato I
della direttiva 91/414.
18 Il 9 marzo 2000 l’autorità tedesca competente rilasciava alla Bayer
un’autorizzazione di immissione in commercio (in prosieguo: un’«AIC»)
per un prodotto erbicida a base di tale sostanza, commercializzato sotto
la denominazione «Husar». Secondo le precisazioni fornite dal giudice
del rinvio si tratta di un’AIC rilasciata sul fondamento di una
disposizione del diritto nazionale destinata ad assicurare la
trasposizione dell’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414 (in prosieguo:
un’«AIC provvisoria»). Al fine di tener conto della decisione della
Commissione 21 maggio 2003, 2003/370/CE, che consente agli Stati membri
di prorogare le autorizzazioni provvisorie concesse per le nuove
sostanze attive iodosulfuron-methyl-sodium, indoxacarb, S-metolachlor,
virus della poliedrosi nucleare di Spodoptera exigua, tepraloxydim e
dimetenamid-P (GU L 127, pag. 58), il termine di tale AIC provvisoria,
inizialmente fissato all’8 marzo 2003, veniva prorogato al 21 maggio
2005.
19 Il 17 luglio 2003, il Bundespatentgericht rilasciava alla Bayer un
certificato protettivo complementare per lo iodosulfuron e taluni dei
suoi sali e esteri, per il periodo compreso tra il 13 febbraio 2012,
data della scadenza del brevetto europeo, e il 9 marzo 2015. Per
calcolare la durata di tale certificato, il Bundespatentgericht
considerava che l’AIC provvisoria del 9 marzo 2000 fosse la prima AIC.
20 Il 25 settembre 2003 la Commissione iscriveva lo iodosulfuron
nell’allegato I della direttiva 91/414, tramite la direttiva della
Commissione 2003/84/CE (GU L 247, pag. 20).
21 Il 13 gennaio 2005 l’autorità tedesca competente rilasciava alla
Bayer un’AIC per il prodotto «Husar» sulla base delle disposizioni del
diritto nazionale che avevano trasposto l’art. 4 della direttiva 91/414
(in prosieguo: un’«AIC definitiva»). La scadenza di tale AIC è fissata
al 31 dicembre 2015.
22 La Lovells adiva il Bundespatentgericht per ottenere l’annullamento
del certificato protettivo complementare del 17 luglio 2003. La Lovells
fa essenzialmente valere che tale certificato è invalido con riferimento
al regolamento n. 1610/96. L’art. 3, n. 1, lett. b), di tale regolamento
contemplerebbe il rilascio di un certificato protettivo complementare
solo dopo l’ottenimento di un’AIC definitiva alle condizioni previste
dall’art. 4 della direttiva 91/414. Orbene, nella fattispecie, l’AIC del
9 marzo 2000 sarebbe un’AIC provvisoria, rientrante nell’ambito di
applicazione dell’art. 8, n. 1, di tale direttiva.
23 La Bayer contesta tale interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. b),
del regolamento n. 1610/96, che considera contraria all’impianto
complessivo di tale regolamento e alla prassi delle autorità nazionali
competenti.
24 In tali circostanze, il Bundespatentgericht sospendeva la decisione e
sottoponeva alla Corte la questione pregiudiziale seguente:
«Se, ai fini dell’applicazione dell’art. 3, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 1610/96, rilevi esclusivamente un’[AIC] a norma dell’art.
4 della direttiva 91/414 (...), o se un certificato possa essere
rilasciato anche sulla base di un’[AIC] ai sensi dell’art. 8, n. 1,
della direttiva 91/414 (...)».
Sulla domanda diretta alla riapertura della fase orale del procedimento
25 Con lettera in data 14 luglio 2010 la Bayer ha chiesto la riapertura
della fase orale sostenendo, in sostanza, che la posizione adottata
dall’avvocato generale nelle sue conclusioni è erronea. A sostegno della
sua domanda la Bayer invoca il principio del contraddittorio in quanto
le conclusioni consacrano ampie riflessioni all’interpretazione del
regolamento (CEE) del Consiglio 18 giugno 1992, n. 1768,
sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i
medicinali (GU L 182, pag. 1), allorché tale punto non era stato
affrontato nella fase orale del procedimento.
26 In forza dell’art. 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha
il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in
piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente
allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il
suo intervento. Nell’esercizio di tale funzione egli può certamente, se
del caso, analizzare una domanda di pronuncia pregiudiziale
ricollocandola in un contesto più ampio rispetto a quello strettamente
definito dal giudice del rinvio o dalle parti della causa principale. La
Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né
dalla motivazione in base alla quale egli vi perviene.
27 In considerazione della finalità stessa del contraddittorio, cioè di
evitare che la Corte possa essere influenzata da argomenti che
potrebbero non essere stati discussi tra le parti, la Corte può,
d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale ovvero su domanda delle
parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61
del proprio regolamento di procedura, qualora ritenga di non essere
sufficientemente istruita ovvero che la causa debba essere decisa sulla
base di un argomento che non sia stato oggetto di discussione tra le
parti (v., segnatamente, ordinanza 4 febbraio 2000, causa C-17/98, Emesa
Sugar, Racc. pag. I-665, punto 18, nonché sentenza 8 settembre 2009,
causa C-42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin
International, Racc. pag. I-7633, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).
28 Nel caso di specie, la Corte ritiene di essere sufficientemente
informata per decidere e, dal momento che la controversia non deve
essere risolta sulla base di argomenti non dibattuti tra le parti, non
occorre accogliere la domanda di riapertura della fase orale del
procedimento.
29 Di conseguenza, si deve respingere la domanda diretta alla riapertura
della fase orale del procedimento.
Sulla questione pregiudiziale
30 Con la sua questione il giudice remittente chiede, in sostanza, se
l’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1610/96 debba essere
interpretato nel senso che osta al rilascio di un certificato protettivo
complementare per un prodotto fitosanitario corredato di un’AIC
provvisoria concessa sulla base dell’art. 8, n. 1, della direttiva
91/414.
31 L’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1610/96 si riferisce ad
un’AIC rilasciata «a norma dell’articolo 4 della direttiva 91/414». Tale
formulazione potrebbe indurre a pensare, a contrario, che i prodotti che
hanno ottenuto un’AIC provvisoria sul fondamento giuridico dell’art. 8,
n. 1, di tale direttiva non possono dar luogo all’emissione di un
certificato protettivo complementare, poiché tale facoltà non è
espressamente prevista.
32 Occorre rilevare che l’art. 3 del regolamento n. 1610/96 non dev’essere
interpretato esclusivamente alla luce del suo tenore letterale, ma anche
in considerazione dell’economia generale e degli obiettivi del sistema
del quale fa parte (v., in tal senso, sentenza 3 settembre 2009, causa
C-482/07, AHP Manufacturing, Racc. pag. I-7295, punto 27).
33 Per interpretare l’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n.
1610/96, secondo cui un prodotto fitosanitario deve aver ottenuto un’AIC
«a norma dell’articolo 4 della direttiva 91/414», occorre riferirsi in
particolare alle disposizioni della detta direttiva che disciplinano le
condizioni di rilascio di un’AIC per i prodotti fitosanitari.
34 In tali disposizioni viene operata una distinzione tra, da un lato,
l’autorizzazione di una sostanza attiva, rilasciata a livello
dell’Unione europea e, dall’altro lato, le autorizzazioni dei prodotti
contenenti sostanze attive, che sono di competenza degli Stati membri,
come risulta in particolare dagli artt. 3-6 e 8 della direttiva 91/414.
35 Ai sensi dell’art. 3, n. 1, della direttiva 91/414, un prodotto
fitosanitario può essere immesso sul mercato e utilizzato in uno Stato
membro solo qualora le autorità competenti di quest’ultimo lo abbiano
autorizzato conformemente alle disposizioni di tale direttiva.
Quest’ultima prevede, all’art. 4, n. 1, lett. a), che uno Stato membro
può autorizzare un prodotto fitosanitario solo se le sostanze attive che
contiene sono state ammesse a livello dell’Unione e inserite
nell’allegato I di detta direttiva. Le condizioni richieste per
l’iscrizione di dette sostanze in tale allegato sono descritte all’art.
5 della stessa direttiva e devono essere oggetto di un fascicolo
conformemente all’allegato II di quest’ultima.
36 I criteri scientifici a cui un prodotto fitosanitario deve rispondere
per poter beneficiare di un’AIC sono enunciati all’art. 4, n. 1, lett.
b)-f), della direttiva 91/414 e le condizioni da soddisfare per
presentare il fascicolo di autorizzazione sono precisate nell’allegato
III di tale direttiva.
37 L’art. 8 della direttiva 91/414, intitolato «Misure transitorie e
derogatorie», consente tuttavia agli Stati membri, in tre fattispecie,
di concedere un’AIC provvisoria per un prodotto fitosanitario le cui
sostanze attive non siano ancora state inserite nell’allegato I della
direttiva 91/414. Di queste tre fattispecie solo quella prevista in
detto art. 8, n. 1, è utile a rispondere alla questione posta dal
giudice del rinvio.
38 Tale disposizione riguarda l’immissione in commercio di un prodotto
fitosanitario riguardante una sostanza attiva non ancora contenuta
nell’allegato I della direttiva 91/414 e che non è ancora sul mercato
due anni dopo la notifica di tale direttiva (in prosieguo: una «sostanza
attiva nuova»). La ragione di tale disposizione è esposta al
quattordicesimo ‘considerando’ di detta direttiva, secondo cui «la
procedura comunitaria non dovrebbe impedire ad uno Stato membro di
autorizzare, per un periodo di tempo limitato, l’utilizzazione nel suo
territorio dei prodotti fitosanitari contenenti una sostanza attiva non
ancora iscritta nell’elenco comunitario, sempreché l’interessato abbia
presentato la documentazione conforme ai requisiti comunitari e lo Stato
membro interessato sia giunto alla conclusione che la sostanza attiva ed
i prodotti fitosanitari rispondono presumibilmente alle condizioni
comunitarie fissate in materia».
39 L’art. 8, n. 1, primo comma, della direttiva 91/414 specifica le
condizioni richieste per il rilascio di un’AIC provvisoria, la cui
durata, in linea di principio, non può superare tre anni, per un
prodotto fitosanitario che contiene una sostanza attiva nuova.
40 Per quanto riguarda la valutazione di tale sostanza attiva nuova,
l’art. 8, n. 1, primo comma, lett. a), della direttiva 91/414 richiede
anzitutto che «sia constatato che il fascicolo relativo alla sostanza
attiva risponde ai requisiti degli allegati II e III per quanto riguarda
gli usi previsti». Detto art. 8, n. 1, primo comma, lett. b), impone
inoltre allo Stato membro di accertare che la sostanza attiva può
rispondere ai requisiti di cui all’articolo 5, n. 1, di tale direttiva e
che infine si può «ritenere che il prodotto fitosanitario risponda ai
requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere da b) a f)».
41 In forza di queste ultime disposizioni, è compito dello Stato membro
interessato accertare, tenuto conto delle conoscenze scientifiche e
tecniche, che detto prodotto è efficace e sicuro. Tale Stato membro è
quindi tenuto a verificare l’assenza di effetti inaccettabili o nocivi
sui vegetali, la salute umana o animale, le acque sotterranee e
l’ambiente. Inoltre, tale Stato membro deve verificare che il prodotto
summenzionato non provochi sofferenze o dolori inaccettabili ai
vertebrati da combattere.
42 Inoltre, è compito di tale Stato stabilire:
- se la natura e la quantità delle sostanze attive del prodotto di cui
trattasi e, se del caso, le sue impurezze e gli altri componenti
significativi dal punto di vista tossicologico ed ecotossicologico,
possono essere determinate con metodi adeguati, armonizzati o, in caso
contrario, riconosciuti dalle autorità nazionali competenti;
- se i suoi residui, provenienti da un impiego autorizzato e che
assumono un significato tossicologico o ambientale, possono essere
determinati con metodi adeguati di uso corrente;
- se le sue proprietà fisico-chimiche sono state determinate e giudicate
accettabili per garantire una utilizzazione e un magazzinaggio adeguati,
e
- ove opportuno, se i livelli massimi di residui che sono stati
stabiliti per i prodotti agricoli interessati dall’uso di cui
all’autorizzazione sono rispettati.
43 Occorre aggiungere che le disposizioni dell’art. 4, nn. 2, 3, 5 e 6,
della direttiva 91/414 si applicano altresì alle AIC provvisorie, come
risulta espressamente dall’art. 8, n. 1, parte finale, di tale
direttiva. Tale rinvio consente quindi di assicurarsi che le AIC
provvisorie rilasciate dagli Stati membri per prodotti contenenti
sostanze nuove rispondono alle stesse esigenze scientifiche di
affidabilità e possono essere riesaminate o annullate alle stesse
condizioni delle AIC definitive rilasciate sulla base di tale art. 4.
44 Le domande di AIC provvisorie presentate sul fondamento dell’art. 8,
n. 1, della direttiva 91/414 devono essere quindi esaminate
conformemente ai criteri scientifici applicabili alle domande di AIC
definitive disciplinate dall’art. 4 della summenzionata direttiva. Le
condizioni in cui uno Stato membro può essere indotto, in forza
dell’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414, ad autorizzare l’immissione
in commercio, a titolo provvisorio, di un prodotto fitosanitario
contenente una sostanza nuova in corso di esame per essere inserita
nell’allegato I della direttiva 91/414 sono quelle enunciate all’art. 4,
n. 1, lett. b)-f), di tale direttiva (v., in tal senso, sentenza 3
maggio 2001, causa C-306/98, Monsanto, Racc. pag. I-3279, punti 30 e
32).
45 È vero che la valutazione effettuata dallo Stato membro in sede di
esame di una domanda di AIC provvisoria è, per sua natura, di tipo
previsionale, implicando necessariamente un margine di incertezza
maggiore di quello della valutazione per il rilascio di un’AIC
definitiva. Tuttavia, l’art. 8, n. 1, di detta direttiva mira ad
ottenere che le condizioni in presenza delle quali un prodotto può
beneficiare di un’AIC provvisoria siano quelle del rilascio di un’AIC
definitiva, e ciò conformemente all’obiettivo ricordato al nono
‘considerando’ della direttiva 91/414 consistente nel «garantire un
elevato livello di protezione onde evitare soprattutto che vengano
autorizzati prodotti fitosanitari i cui rischi per la salute, le acque
sotterranee e l’ambiente non siano stati adeguatamente studiati».
46 A causa di questo nesso di equivalenza funzionale che esiste tra i
criteri enunciati all’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414 e quelli
previsti all’art. 4 di tale direttiva, non si deve quindi interpretare
l’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1610/96 in modo tale da
escludere che esso si applichi a prodotti che beneficiano di un’AIC
provvisoria ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414.
47 Inoltre, tale interpretazione è corroborata dal testo e dallo scopo
del regolamento n. 1610/96.
48 Occorre ricordare che il regolamento n. 1610/96 ha lo scopo, come
sottolinea il suo sedicesimo ‘considerando’, di assicurare una tutela
sufficiente dell’innovazione fitofarmaceutica, pur garantendo un
adeguato funzionamento del mercato interno dei prodotti fitosanitari.
Secondo l’undicesimo ‘considerando’ di tale regolamento, il certificato
protettivo complementare deve permettere di assicurare una tutela
effettiva sufficiente del brevetto, consentendo al suo titolare di
godere di un periodo di esclusiva non superiore complessivamente a
quindici anni, a partire dalla prima AIC nell’Unione del prodotto
fitosanitario di cui trattasi.
49 Il regolamento n. 1610/96 è diretto a limitare l’erosione della
tutela effettiva accordata alle invenzioni brevettate nel settore
fitosanitario, a causa, in particolare, dei tempi di ottenimento delle
AIC. Il quinto ‘considerando’ di tale regolamento enuncia, in proposito,
che il periodo che trascorre tra il deposito di una domanda di brevetto
per il nuovo prodotto fitosanitario e l’AIC del detto prodotto riduce la
tutela effettiva conferita dal brevetto ad una durata insufficiente ad
ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca e a generare le
risorse necessarie al mantenimento di una ricerca efficiente.
50 Il certificato protettivo complementare è diretto a ristabilire una
durata di tutela effettiva sufficiente del brevetto, permettendo al suo
titolare di beneficiare di un periodo di esclusiva aggiuntivo alla
scadenza del brevetto di base destinato a compensare, almeno
parzialmente, il ritardo accumulato nello sfruttamento commerciale della
sua invenzione a causa del lasso di tempo che è trascorso tra la data
del deposito della domanda di brevetto e quella dell’ottenimento della
prima AIC nell’Unione.
51 Il certificato complementare stabilisce un collegamento tra il
brevetto di base e la prima AIC del prodotto fitosanitario, che segna il
momento a partire dal quale può cominciare lo sfruttamento commerciale
di tale prodotto. È così che l’ottenimento di tale certificato richiede
che siano riunite le quattro condizioni cumulative elencate all’art. 3,
n. 1, del regolamento n. 1610/96. Tale disposizione prevede, in
sostanza, che un certificato protettivo complementare possa essere
rilasciato solo se, alla data della domanda, il prodotto fitosanitario è
protetto da un brevetto di base in vigore e non è già stato oggetto di
un certificato. Inoltre, occorre che tale prodotto abbia ottenuto un’AIC
in corso di validità «a norma dell’art. 4 della direttiva 91/414 o di
una disposizione equivalente di diritto nazionale» e infine che tale AIC
sia la prima del prodotto in quanto prodotto fitosanitario.
52 Se l’art. 3, n. 1, del regolamento n. 1610/96 dovesse essere
interpretato nel senso che un certificato protettivo complementare può
essere emesso solo sulla base di un’AIC definitiva, tale interpretazione
potrebbe far sorgere difficoltà, nel caso in cui si prendessero in
considerazione altre disposizioni di tale regolamento e del suo
preambolo. Infatti, risulta da una lettura congiunta dell’undicesimo
‘considerando’ e degli artt. 3, n. 1, lett. c), 13 e 19 di detto
regolamento che, ai fini del rilascio di un certificato protettivo
complementare, l’AIC pertinente deve essere la prima AIC del prodotto
nell’Unione in quanto prodotto fitosanitario.
53 D’altronde, l’interpretazione dell’art. 3, n. 1, lett. b), del
regolamento n. 1610/96 secondo cui un certificato protettivo
complementare può essere emesso per un prodotto corredato di un’AIC
provvisoria ai sensi dell’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414 è
confermata dalla formulazione dell’art. 13 di tale regolamento.
54 Tale art. 13 precisa, al suo n. 1, che la durata del certificato è
«uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del
brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in
commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni». Ai sensi di detto
art. 13, n. 3, «per il calcolo della durata del certificato si tiene
conto di una prima [AIC] provvisoria soltanto se essa è direttamente
seguita da un’autorizzazione definitiva relativa allo stesso prodotto».
Così tale disposizione non consente di escludere che un certificato
protettivo complementare possa essere emesso per un prodotto corredato
di un’AIC provvisoria.
55 Tenuto conto dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve
risolvere la questione sottoposta dichiarando che l’art. 3, n. 1, lett.
b), del regolametno n. 1610/96 deve essere interpretato nel senso che
non osta a che un certificato protettivo complementare sia rilasciato
per un prodotto fitosanitario che ha ottenuto un’AIC in corso di
validità conformemente all’art. 8, n. 1, della direttiva 91/414.
Sulle spese
56 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’art. 3, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Parlamento europeo e
del Consiglio 23 luglio 1996, n. 1610, sull’istituzione di un
certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari, deve
essere interpretato nel senso che non osta a che un certificato
protettivo complementare sia rilasciato per un prodotto fitosanitario
che ha ottenuto un’autorizzazione di immissione in commercio in corso di
validità conformemente all’art. 8, n. 1, della direttiva del Consiglio
15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei
prodotti fitosanitari, come modificata dal regolamento (CE) del
Parlamento europeo e del Consiglio 23 febbraio 2005, n. 396.
Firme
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