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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. II, 04/03/2010, Sentenza C-241/08
DIRITTO VENATORIO E DELLA PESCA - VIA - Trasposizione non corretta - Zone
speciali di conservazione - Conseguenze significative di un progetto
sull’ambiente - Carattere “non perturbatorio” di talune attività -
Valutazione delle incidenze sull’ambiente - Contratti Natura 2000 -
Inadempimento di uno Stato (Francia) - Art. 6, nn. 2 e 3, Direttiva
92/43/CEE. La Repubblica francese, prevedendo da un lato, in termini
generali, che la pesca, le attività acquicole, la caccia e le altre attività
venatorie praticate nelle condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi
e dai regolamenti in vigore non costituiscono attività perturbatorie o
aventi conseguenze analoghe, e, dall’altro, esentando sistematicamente dalla
procedura di valutazione delle incidenze sul sito i lavori, le opere e le
realizzazioni previsti dai contratti Natura 2000, e esentando
sistematicamente da tale procedura i programmi e i progetti di lavori, di
opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo, è venuta meno agli
obblighi ad essa incombenti in forza, rispettivamente, dell’art. 6, n. 2,
della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della
fauna selvatiche, e dell’art. 6, n. 3, della direttiva medesima. Pres.
Bonichot - Rel. Bay Larsen - Commissione europea c. Repubblica francese.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 04/03/2010, Sentenza C-241/08
FAUNA E FLORA - VIA - Direttiva “habitat” - Valutazione delle incidenze -
Necessità - Codice dell’ambiente - Inadempimento di uno Stato (Francia) -
Art. 6, nn. 2 e 3, Direttiva 92/43/CEE. Ai sensi dell’art. 6, n. 3,
della direttiva «habitat», la possibilità di esentare, in termini generali,
talune attività, conformemente alla normativa in vigore, dalla necessità di
una valutazione delle incidenze sul sito interessato non è conforme a tale
disposizione. Pertanto, una siffatta esenzione non è idonea a garantire che
tali attività non pregiudichino l’integrità del sito protetto (v., in tal
senso, sentenza 10/01/2006, causa C-98/03, Commissione/Germania).
Conseguentemente, tenuto conto del livello di analoga protezione previsto
dal n. 2 dell’art. 6 della direttiva «habitat» e dal successivo n. 3, l’art.
L. 414-1, n. 5, terzo comma, quarto periodo, del Codice dell’ambiente,
laddove dichiara in termini generali che talune attività, come la caccia e
la pesca, non sono fonte di perturbazioni, può essere considerato conforme
all’art. 6, n. 2, della detta direttiva solamente qualora sia garantito che
tali attività non generino alcuna perturbazione idonea ad incidere in modo
significativo sugli obiettivi della detta direttiva. Sicché, ai sensi
dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», qualsiasi piano o progetto non
direttamente connesso o necessario alla gestione del sito ma idoneo a
incidere sul sito medesimo in modo significativo deve costituire oggetto di
opportuna valutazione delle sue incidenze su tale sito alla luce degli
obiettivi di conservazione del medesimo. Pres. Bonichot - Rel. Bay Larsen -
Commissione europea c. Repubblica francese. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez.
II, 04/03/2010, Sentenza C-241/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
4 marzo 2010
«Inadempimento di uno Stato - Direttiva 92/43/CEE - Art. 6, nn. 2 e 3
- Trasposizione non corretta - Zone speciali di conservazione -
Conseguenze significative di un progetto sull’ambiente - Carattere “non perturbatorio” di talune attività
- Valutazione delle incidenze
sull’ambiente»
Nella causa C-241/08,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 2 giugno 2008,
Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra D. Recchia e dal sig.
J.-B. Laignelot, in qualità di agenti, con domicilio eletto in
Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra
A.-L. During, in qualità di agenti,
convenuta,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente della Quarta Sezione,
facente funzione di presidente della Seconda Sezione, dai sigg. C.W.A.
Timmermans, K. Schiemann, P. Kuris e L. Bay Larsen (relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 25 giugno 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il proprio ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di
dichiarare che, non avendo adottato tutte le misure legislative e
regolamentarie necessarie ai fini della corretta trasposizione dell’art.
6, nn. 2 e 3, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE,
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e
della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7; in prosieguo: la
«direttiva habitat»), la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi
ad essa incombenti a norma di tale direttiva.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
2 L’art. 2, n. 3, della direttiva «habitat» dispone che le misure
adottate a norma della direttiva medesima tengono conto delle esigenze
economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e
locali.
3 L’art. 6, nn. 2-4, della direttiva «habitat» così recita:
«2. Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone
speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli
habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone
sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe
avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della
presente direttiva.
3. Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario
alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su
tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti,
forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul
sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla
luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto
salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro
accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza
che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso,
previo parere dell’opinione pubblica.
4. Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione
dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano
o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante
interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo
Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire
che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro
informa la Commissione delle misure compensative adottate.
(…)».
La normativa nazionale
4 L’art. L. 414-1, n. 5, del Codice dell’ambiente (Code de l’environnement)
così dispone:
«I siti Natura 2000 costituiscono oggetto di misure destinate a
conservare o a ripristinare in uno stato favorevole al loro mantenimento
a lungo termine gli habitat naturali e le popolazioni delle specie di
fauna e di flora selvatiche che hanno giustificato la loro
delimitazione. I siti Natura 2000 costituiscono parimenti oggetto di
opportune misure di prevenzione al fine di evitare il degrado dei
medesimi habitat naturali e le perturbazioni idonee ad incidere in modo
significativo sulle stesse specie.
Tali misure sono definite di concerto, segnatamente, con le
amministrazioni territoriali competenti e i relativi gruppi di interesse
nonché con i rappresentanti dei proprietari, gestori e utenti dei
terreni e delle aree compresi nel sito.
Esse tengono conto delle esigenze economiche, sociali, culturali e di
difesa, nonché delle particolarità regionali e locali. Esse sono
adeguate alle specifiche minacce gravanti su tali habitat naturali e
sulle dette specie. Esse non comportano il divieto di attività
antropiche qualora queste non abbiano conseguenze significative sul
mantenimento o sul ripristino di uno stato di conservazione
soddisfacente di questi habitat naturali e di queste specie. La pesca,
le attività acquicole, la caccia e le altre attività venatorie praticate
alle condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi e dai
regolamenti in vigore non costituiscono attività che perturbano o che
hanno conseguenze analoghe.
Le misure vengono adottate nell’ambito delle convenzioni o degli statuti
previsti dall’art. L. 414-3 ovvero in applicazione delle disposizioni
legislative o regolamentari, segnatamente di quelle relative ai parchi
nazionali, ai parchi naturali marini, alle riserve naturali, ai biotipi
o ai siti protetti».
5 L’art. L. 414-2, n. 1, primo comma, del Codice dell’ambiente prevede
che, per ogni singolo sito Natura 2000, un documento degli obiettivi
definisca gli orientamenti di gestione, le misure previste dall’art. L.
414-1, le modalità di loro attuazione e le disposizioni finanziarie di
accompagnamento.
6 L’art. L. 414-3, n. 1, del detto codice così recita:
«Ai fini dell’applicazione del documento degli obiettivi, i titolari di
diritti reali e personali aventi ad oggetto terreni ricompresi nel sito
nonché i lavoratori e utenti delle aree marine situate nel sito stesso
possono concludere contratti con l’autorità amministrativa, denominati
“contratti Natura 2000”. (…)
Il contratto Natura 2000 comporta un insieme di impegni conformi agli
orientamenti e alle misure definiti dal documento degli obiettivi,
relativo alla conservazione e, eventualmente, al ripristino degli
habitat naturali e delle specie che hanno giustificato l’istituzione del
sito Natura 2000. (…)
(…)».
7 A termini dell’art. L. 414-4, n. 1, del detto codice:
«I programmi o i progetti relativi a lavori, opere o realizzazioni
soggetti ad un regime di autorizzazione o di approvazione amministrativa
e la cui esecuzione sia tale da incidere in modo notevole su un sito
Natura 2000, sono oggetto di una valutazione della loro incidenza
relativamente agli obiettivi di conservazione del sito. Nel caso di
programmi previsti da disposizioni legislative e regolamentari e per i
quali non sia necessario uno studio di impatto ambientale, la
valutazione è effettuata secondo la procedura di cui agli artt. L 122-4
e segg. del presente codice.
I lavori, le opere e le realizzazioni previsti dai contratti Natura 2000
sono dispensati dalla procedura di valutazione menzionata al comma
precedente».
8 A norma dell’art. R 414-21, n. 3, punto 1, del Codice dell’ambiente,
il richiedente deve indicare i motivi per i quali non esiste un’altra
soluzione soddisfacente ai fini della realizzazione del piano del
progetto quando questo possa produrre effetti dannosi notevoli sullo
stato di conservazione degli habitat naturali e delle specie.
La fase precontenziosa del procedimento
9 Il 18 ottobre 2005, la Commissione trasmetteva alla Repubblica
francese una lettera di diffida in cui esprimeva le proprie perplessità
quanto alla conformità della normativa francese con l’art. 6, nn. 2 e 3,
della direttiva «habitat».
10 La Commissione, non ritenendo convincente la risposta delle autorità
francesi del 7 febbraio 2006, trasmetteva alla Repubblica francese, in
data 15 dicembre 2006, un parere motivato, invitando il detto Stato
membro ad adottare le misure necessarie a conformarvisi entro il termine
di due mesi a decorrere dalla sua ricezione. Le autorità francesi
rispondevano al detto parere motivato con lettera 28 febbraio 2007.
11 Il 2 giugno 2008, la Commissione ha proposto il presente ricorso.
Sul ricorso
Quanto all’art. 6, n. 2, della direttiva habitat
Sulla ricevibilità
12 Si deve rilevare che, se è pur vero che la legge 30 dicembre 2006, n.
2006-1772, sulle acque e sugli ambienti acquatici (GURF del 31 dicembre
2006, pag. 20285), ha modificato le disposizioni nazionali di cui
trattasi, le modifiche introdotte, come sottolineato dalla Commissione
senza essere contraddetta in merito dalla Repubblica francese, non
cambiano sostanzialmente le dette disposizioni e restano irrilevanti con
riguardo agli addebiti formulati dalla Commissione nella lettera di
diffida e nel parere motivato.
13 Ne consegue che gli addebiti relativi alla non conformità dell’art.
L. 414-1, n. 5, terzo comma, terzo e quarto periodo, del Codice
dell’ambiente sono ricevibili.
Sul primo addebito, attinente all’applicazione non differenziata del
criterio relativo alle «conseguenze significative» sul degrado degli
habitat e alla perturbazione delle specie
- Argomenti delle parti
14 La Commissione sostiene che l’art. L. 414-1, n. 5, terzo comma, terzo
periodo, del Codice dell’ambiente, laddove dispone che le attività
antropiche sono vietate nei siti Natura 2000 solamente qualora abbiano
conseguenze significative sul mantenimento o sul ripristino di uno stato
di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie,
applichi il criterio relativo alle «conseguenze significative»
indistintamente tanto al degrado degli habitat quanto alla perturbazione
delle specie risultando, conseguentemente, impreciso e meno restrittivo
rispetto al dettato dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».
Infatti, quest’ultima disposizione esigerebbe che gli Stati membri
adottino opportune misure al fine di evitare, nelle zone speciali di
conservazione, da un lato, il degrado degli habitat naturali e degli
habitat delle specie e, dall’altro, le perturbazioni delle specie
laddove presentino conseguenze significative con riguardo agli obiettivi
della direttiva stessa. In altri termini, le perturbazioni delle specie
che, nella maggior parte dei casi, sono limitate nel tempo potrebbero
essere tollerate sino ad un certo livello, a differenza del degrado
degli habitat, che può essere definito quale degrado fisico incidente
sugli habitat medesimi e che sarebbe sistematicamente vietato, atteso
che l’esposizione di un habitat a pericoli sarebbe più grave rispetto
alla perturbazione di una specie.
15 Ancorché la Commissione riconosca che l’art. L. 414-1, n. 5, primo
comma, del Codice dell’ambiente operi, conformemente all’art. 6, n. 2,
della direttiva «habitat», la distinzione tra la necessità di evitare il
degrado degli habitat e quella di evitare le perturbazioni nei confronti
delle specie, atteso che il criterio relativo alle «conseguenze
significative» è previsto unicamente per queste ultime, l’istituzione
contesta tuttavia alla normativa francese di cui trattasi di non operare
tale distinzione nella parte in cui disciplina specificamente, all’art.
L. 414-1, n. 5, terzo comma, del Codice dell’ambiente, le attività
antropiche, le quali possono essere vietate dalle autorità competenti
solamente qualora producano conseguenze significative.
16 La Repubblica francese fa valere che, a norma dell’art. L. 414-1, n.
5, primo comma, del Codice dell’ambiente, dev’essere evitato, in ogni
caso, il degrado degli habitat, conformemente alle esigenze fissate
dall’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat». Tuttavia, l’art. L. 414-1,
n. 5, terzo comma, del detto Codice consentirebbe di non opporre un
divieto puro e semplice ad attività antropiche che non producano
conseguenze significative sulla conservazione degli habitat. Tali
attività, in virtù dell’art. L. 414-1, n. 5, primo comma, del menzionato
Codice potrebbero costituire oggetto di misure intese ad evitare degradi
degli habitat nonché perturbazioni nei confronti delle specie.
17 Secondo la Repubblica francese, conciliando l’esigenza di
conservazione degli habitat e delle specie con il mantenimento di
attività antropiche che rispettino tale esigenza, l’art. L. 414-1, n. 5,
terzo comma, del Codice dell’ambiente risulterebbe conforme agli
obiettivi perseguiti dalla direttiva «habitat», nonché all’art. 2, n. 3,
della medesima, a termini del quale le misure adottate devono tener
conto delle esigenze economiche, sociali e culturali nonché delle
particolarità regionali e locali. Per contro, la posizione della
Commissione non sarebbe compatibile con le esigenze della detta
direttiva.
- Giudizio della Corte
18 L’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» detta l’obbligo generale di
adottare opportune misure di protezione, consistenti nell’evitare che si
producano deterioramenti degli habitat nonché perturbazioni delle specie
che possano avere conseguenze significative, con riguardo agli obiettivi
della direttiva medesima.
19 Si deve rilevare, a tal riguardo, che l’art. L. 414-1, n. 5, primo
comma, del Codice dell’ambiente prevede che i siti Natura 2000
costituiscano oggetto di opportune misure di prevenzione per evitare il
degrado degli habitat naturali e le perturbazioni idonee ad incidere in
modo significativo sulle popolazioni delle specie di fauna e di flora
selvatiche che hanno giustificato la delimitazione dei siti.
20 Per quanto attiene alle attività antropiche, l’art. L. 414-1, n. 5,
terzo comma, del Codice dell’ambiente precisa che tali misure non devono
comportare il divieto delle attività antropiche qualora queste non
abbiano conseguenze significative sul mantenimento o sul ripristino di
uno stato di conservazione soddisfacente di tali habitat naturali e di
tali specie.
21 A tal riguardo, si deve rilevare che il terzo comma del n. 5
dell’art. L. 414-1 del Codice dell’ambiente dev’essere letto in
combinato disposto con il primo comma di tale n. 5 ed alla luce di
quest’ultimo.
22 Al fine di poter stabilire se l’addebito formulato dalla Commissione
sia fondato, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza,
incombe alla Commissione provare la sussistenza dell’asserito
inadempimento. Spetta, infatti, all’istituzione fornire alla Corte tutti
gli elementi necessari affinché quest’ultima accerti l’esistenza
dell’inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione (v.,
segnatamente, sentenza 11 dicembre 2008, causa C-293/07,
Commissione/Grecia, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
23 Orbene, nella specie, la Commissione si è limitata, in sostanza, a
dedurre che, per garantire una trasposizione conforme all’art. 6, n. 2,
della direttiva «habitat», l’art. L. 414-1, n. 5, terzo comma, del
Codice dell’ambiente deve vietare tutti i degradi, ancorché questi non
producano conseguenze significative. Enucleando in tal modo la detta
disposizione e non tenendo sufficientemente conto del contesto normativo
immediato nel quale essa si colloca, la Commissione ha, segnatamente,
omesso di dimostrare che le opportune misure adottate a norma dell’art.
L. 414-1, n. 5, primo comma, del detto Codice non consentano di evitare
effettivamente il degrado degli habitat ai sensi dell’art. 6, n. 2,
della detta direttiva.
24 Ciò premesso, non risulta provato che l’art. L. 414-1, n. 5, del
Codice dell’ambiente, complessivamente considerato, non costituisca
trasposizione conforme dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat», nel
senso prospettato dal primo addebito.
25 Conseguentemente, il primo addebito dev’essere respinto.
Sul secondo addebito, relativo all’affermazione generale del carattere
non perturbatorio di talune attività
- Argomenti delle parti
26 La Commissione sostiene che l’art. L. 414-1, n. 5, terzo comma,
quarto periodo, del Codice dell’ambiente, che prevede che la pesca, le
attività acquicole, la caccia e le altre attività venatorie praticate
alle condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi e dai
regolamenti in vigore non costituiscono attività che perturbano o che
hanno conseguenze analoghe, non garantisca una trasposizione chiara,
precisa e completa dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat».
Infatti, la conformità ad una normativa, senza che sia fornita la
garanzia che essa tenga conto delle esigenze specifiche di un
determinato sito, non potrebbe legittimare a priori l’affermazione
generale che tali attività non presentano effetti perturbatori.
27 La Commissione ritiene, in particolare, che il documento degli
obiettivi, al quale il potere regolamentare fa rinvio, non sia idoneo a
tener conto delle esigenze specifiche di un determinato sito,
considerato che tale documento, redatto su base contrattuale, non è
volto a disciplinare attività quali la caccia o la pesca e non presenta
alcun carattere vincolante, non essendo accompagnato da nessuna
sanzione.
28 La Repubblica francese sostiene di aver correttamente trasposto
l’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» sancendo il principio secondo
il quale le attività acquicole e venatorie, laddove siano praticate in
conformità alle leggi e regolamenti in vigore, non producono effetti
perturbatori e, conseguentemente, si presume che esse siano compatibili
con gli obiettivi di conservazione perseguiti nell’ambito della rete
ecologica europea Natura 2000.
29 La Repubblica francese, pur riconoscendo che il documento degli
obiettivi non comporta misure regolamentari direttamente applicabili,
sottolinea che le misure regolamentari necessarie, specifiche per un
determinato sito, vengono successivamente approvate con decisione delle
autorità competenti, ad integrazione della normativa generale esistente.
Essa indica, inoltre, che la normativa generale delle attività di pesca
e venatoria può riguardare territori circoscritti e delimitati secondo
criteri ecologici e dar luogo alla fissazione di quote di prelievi.
- Giudizio della Corte
30 Si deve rammentare, in primo luogo, che, secondo la giurisprudenza
della Corte, il n. 2 dell’art. 6 della direttiva «habitat» ed il
successivo n. 3 mirano a garantire lo stesso livello di protezione (v.,
in tal senso, sentenze 7 settembre 2004, causa C-127/02,
Waddenvereniging e Vogelsbeschermingsvereniging, Racc. pag. I-7405,
punto 36, nonché 13 dicembre 2007, causa C-418/04, Commissione/Irlanda,
Racc. pag. I-10947, punto 263).
31 Occorre rilevare, in secondo luogo, che, per quanto attiene all’art.
6, n. 3, della direttiva «habitat», la Corte ha già avuto modo di
affermare che la possibilità di esentare, in termini generali, talune
attività, conformemente alla normativa in vigore, dalla necessità di una
valutazione delle incidenze sul sito interessato non è conforme a tale
disposizione. Infatti, una siffatta esenzione non è idonea a garantire
che tali attività non pregiudichino l’integrità del sito protetto (v.,
in tal senso, sentenza 10 gennaio 2006, causa C-98/03,
Commissione/Germania, Racc. pag. I-53, punti 43 e 44).
32 Conseguentemente, tenuto conto del livello di analoga protezione
previsto dal n. 2 dell’art. 6 della direttiva «habitat» e dal successivo
n. 3, l’art. L. 414-1, n. 5, terzo comma, quarto periodo, del Codice
dell’ambiente, laddove dichiara in termini generali che talune attività,
come la caccia e la pesca, non sono fonte di perturbazioni, può essere
considerato conforme all’art. 6, n. 2, della detta direttiva solamente
qualora sia garantito che tali attività non generino alcuna
perturbazione idonea ad incidere in modo significativo sugli obiettivi
della detta direttiva.
33 La Repubblica francese afferma, a tal riguardo, che per ogni sito
viene sviluppato un documento degli obiettivi che serve da fondamento ai
fini dell’adozione di misure specifiche volte a tener conto delle
esigenze ecologiche proprie del sito medesimo. Essa aggiunge, inoltre,
che l’esercizio delle attività in questione conformemente alla normativa
generale ad esse applicabile consentirebbe di tener conto dei territori
circoscritti e delimitati secondo criteri ecologici o di fissare quote
di prelievi.
34 Occorre conseguentemente esaminare se siffatte misure o norme
consentano effettivamente di garantire che le attività di cui trattasi
non generino alcuna perturbazione idonea a produrre conseguenze
significative.
35 Per quanto attiene al documento degli obiettivi, la Repubblica
francese fa presente che esso non contiene misure regolamentari
direttamente applicabili e che si tratta di uno strumento diagnostico
che consente, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, di
proporre alle autorità competenti le misure che consentano il
raggiungimento degli obiettivi di conservazione previsti dalla direttiva
«habitat». Essa aggiunge parimenti che, attualmente, solamente la metà
dei siti è dotata di tale documento degli obiettivi.
36 Ne consegue che il documento degli obiettivi non può garantire
sistematicamente e in ogni caso che le attività di cui trattasi non
creino perturbazioni idonee ad incidere in modo significativo su detti
obiettivi di conservazione.
37 Tale conclusione si impone, a fortiori, per quanto attiene alle
misure specifiche volte a tener conto delle particolari esigenze
ecologiche di un sito determinato, atteso che la loro adozione si fonda
sul documento degli obiettivi.
38 Quanto alle norme generali applicabili alle attività in questione, si
deve rilevare che, se è pur vero che tali norme possono certamente
diminuire il rischio di perturbazioni significative, esse possono
tuttavia escludere totalmente tale rischio solamente qualora prevedano
imperativamente il rispetto dell’art. 6, n. 2, della direttiva
«habitat». Orbene, la Repubblica francese non afferma che ciò sia
avvenuto nella specie.
39 Da tutte le suesposte considerazioni emerge che, prevedendo in
termini generali che la pesca, le attività acquicole, la caccia e le
altre attività venatorie praticate alle condizioni e sui territori
autorizzati dalle leggi e regolamenti vigenti non costituiscono attività
perturbatrici o aventi effetti analoghi, la Repubblica francese è venuta
meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 6, n. 2, della
direttiva «habitat».
Quanto all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat»
Sul primo addebito, relativo all’esenzione dei lavori, delle opere o
delle realizzazioni previste dai contratti Natura 2000 dalla procedura
di valutazione delle incidenze sul sito
- Argomenti delle parti
40 La Commissione contesta all’art. L. 414-4, n. 1, secondo comma, del
Codice dell’ambiente di non costituire corretta trasposizione dell’art.
6, n. 3, della direttiva «habitat» nella parte in cui esonererebbe
sistematicamente i lavori, le opere o le realizzazioni previste dai
contratti Natura 2000 dalla procedura di valutazione delle incidenze sul
sito prevista dal detto art. 6, n. 3.
41 Secondo la normativa francese, i contratti Natura 2000 verrebbero
conclusi «ai fini dell’applicazione del documento degli obiettivi», il
quale conterrebbe, in particolare, uno o più capitolati-tipo applicabili
ai contratti Natura 2000, precisando le corrette prassi da rispettare
nell’esecuzione delle misure contrattuali, l’obiettivo perseguito e le
specie e gli habitat interessati. Se è pur vero che tali contratti
devono essere conformi al documento degli obiettivi, nulla lascia
intendere, a parere della Commissione, che essi contengano
esclusivamente misure direttamente connesse o necessarie alla gestione
del sito.
42 La Repubblica francese riconosce che i lavori, le opere e le
realizzazioni previsti dai contratti Natura 2000 sono esentati dalla
procedura di valutazione delle incidenze sui siti e ritiene che l’art.
6, n. 3, della direttiva «habitat» non imponga di sottoporre tali
lavori, opere o realizzazioni alla detta procedura di valutazione atteso
che, a suo parere, essi non pregiudicano in modo significativo il sito.
43 Infatti, i contratti Natura 2000 verrebbero conclusi, a termini
dell’art. L. 414-3 del Codice dell’ambiente, ai fini dell’applicazione
del documento degli obiettivi e resterebbe escluso che essi possano
contravvenire agli obiettivi di conservazione degli habitat e delle
specie ovvero prevedere azioni non necessarie al soddisfacente stato di
conservazione del sito.
- Giudizio della Corte
44 Si deve rammentare che, ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva
«habitat», qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso o
necessario alla gestione del sito ma idoneo a incidere sul sito medesimo
in modo significativo deve costituire oggetto di opportuna valutazione
delle sue incidenze su tale sito alla luce degli obiettivi di
conservazione del medesimo.
45 A tal riguardo non è contestato che i lavori, le opere o le
realizzazioni previsti dai contratti Natura 2000 possano essere
qualificati come piani o progetti ai sensi del detto art. 6, n. 3.
46 Occorre quindi esaminare se i lavori, le opere o le realizzazioni
previsti dai contratti Natura 2000 siano direttamente connessi o
necessari alla gestione del sito in modo tale che la loro autorizzazione
non sia soggetta all’obbligo di effettuare la valutazione delle
incidenze prevista dall’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».
47 Dall’art. L. 414-3, n. 1, del Codice dell’ambiente emerge che il
contratto Natura 2000 è concluso ai fini dell’«applicazione del
documento degli obiettivi» e che esso contiene «un insieme di impegni
conformi agli orientamenti e alle misure definiti dal documento degli
obiettivi, relativo alla conservazione e, eventualmente, al ripristino
degli habitat naturali e delle specie che hanno giustificato
l’istituzione del sito Natura 2000».
48 A termini dell’art. L. 414-2, n. 1, primo comma, del detto Codice, il
documento degli obiettivi definisce, segnatamente, gli orientamenti di
gestione nonché le misure di conservazione o di ripristino.
49 A parere della Repubblica francese, l’esenzione sistematica dei
lavori, delle opere o delle realizzazioni previsti dal contratto Natura
2000 dall’obbligo di procedere alla valutazione delle incidenze sul
sito, di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», è giustificata
dall’idea che tali contratti, considerato che essi hanno ad oggetto la
realizzazione degli obiettivi di conservazione e di ripristino previsti
per il sito, sono direttamente connessi o necessari alla gestione del
sito medesimo.
50 Una siffatta impostazione presupporrebbe, dunque, che le misure
previste dai contratti Natura 2000, volte a realizzare gli obiettivi di
conservazione e di ripristino, costituiscano parimenti, in ogni caso,
misure direttamente connesse o necessarie alla gestione del sito.
51 Tuttavia, non può escludersi che lavori, opere o realizzazioni
previsti da tali contratti, pur perseguendo l’obiettivo di conservazione
o di ripristino di un sito, non siano peraltro direttamente connessi o
necessari alla gestione del medesimo.
52 La Repubblica francese riconosce d’altronde, a tal riguardo,
nell’ambito dell’addebito relativo all’applicazione indifferenziata del
criterio relativo alle «conseguenze significative», che misure di
conservazione di habitat possono rivelarsi favorevoli in taluni habitat
interessati, ma comportare un degrado in altri tipi di habitat. Essa
cita, a titolo di esempio, la salicultura, per le cui esigenze la
creazione di bacini chiamati «occhielli» ai fini dell’attività
industriale di produzione di sale comporta il degrado dell’habitat
costituito dalle lagune, ancorché tale attività possa peraltro produrre
effetti benefici per rigenerare l’ambiente grazie al mantenimento di
taluni tipi di bacini.
53 Ne consegue che la determinazione degli obiettivi di conservazione e
di rispristino nell’ambito di Natura 2000 può richiedere la necessità,
come correttamente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle
conclusioni, di dirimere conflitti tra finalità diverse.
54 Affinché la realizzazione degli obiettivi di conservazione previsti
dalla direttiva «habitat» sia pienamente garantita, è quindi necessario
che, a termini dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», ogni piano
o progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del
sito, idoneo ad incidere sul medesimo in maniera significativa,
costituisca oggetto di valutazione individuale delle sue incidenze sul
sito di cui trattasi alla luce degli obiettivi di conservazione del
medesimo.
55 Ne consegue che la sola conformità dei contratti Natura 2000 agli
obiettivi di conservazione del sito non può essere considerata
sufficiente, alla luce dell’art. 6, n., 3, della direttiva «habitat», al
fine di dispensare sistematicamente i lavori, le opere e le
realizzazioni previsti dai detti contratti dalla valutazione delle
incidenze sui siti.
56 Conseguentemente, esentando sistematicamente dalla procedura di
valutazione delle incidenze sul sito i lavori, le opere e le
realizzazioni previsti dai contratti Natura 2000, la Repubblica francese
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’art. 6, n.
3, della direttiva «habitat».
Sul secondo addebito, relativo all’esistenza di attività non soggette ad
autorizzazione
- Argomenti delle parti
57 La Commissione sostiene che l’art. L. 414-4, n. 1, primo comma, del
Codice dell’ambiente non sia conforme all’art. 6, n. 3, della direttiva
«habitat» nella parte in cui assoggetta alla procedura di valutazione
delle incidenze sul sito, prevista da quest’ultima disposizione,
unicamente le operazioni che costituiscano oggetto di autorizzazione o
approvazione amministrativa. I programmi o progetti soggetti a un regime
dichiarativo ne resterebbero esclusi. Orbene, questi ultimi
produrrebbero conseguenze significative sul sito con riguardo agli
obiettivi di conservazione, criterio determinante ai fini
dell’applicazione dell’art. 6, n. 3, della detta direttiva.
58 La Repubblica francese non contesta la fondatezza di tale addebito e
si limita ad invocare le modifiche legislative da essa attuate al fine
di conformarsi con la normativa comunitaria, modifiche introdotte per
mezzo della legge 1° agosto 2008, n. 2008-757, relativa alla
responsabilità ambientale e a diverse disposizioni di adeguamento al
diritto comunitario nel settore dell’ambiente (GURF del 2 agosto 2008,
pag. 12361).
- Giudizio della Corte
59 Si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, l’esistenza
di un inadempimento deve essere valutata in base alla situazione dello
Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel
parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi
(v. sentenza 25 luglio 2008, causa C-504/06, Commissione/Italia, punto
24 e giurisprudenza ivi citata).
60 Nella specie, la Repubblica francese non contesta che la disposizione
nazionale di cui trattasi non costituisca corretta trasposizione
dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat», alla scadenza, il 15
febbraio 2007, del termine fissato nel parere motivato, ovvero
anteriormente all’adozione della legge n. 2008-757.
61 Ciò premesso, senza che occorra esaminare la conformità della legge
n. 2008-757 con la direttiva «habitat», è sufficiente rilevare che detta
legge è stata emanata successivamente alla scadenza del termine fissato
nel parere motivato.
62 Conseguentemente, esentando sistematicamente dalla procedura di
valutazione delle incidenze sul sito i programmi e i progetti di lavori,
di opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo, la
Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in
forza dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».
Sul terzo addebito, relativo all’assenza di esame di soluzioni
alternative
- Argomenti delle parti
63 La Commissione contesta all’art. R. 414-21, n. 3, punto 1, del Codice
dell’ambiente di non imporre al richiedente, nell’ambito dell’opportuna
valutazione delle incidenze sul sito prevista dall’art. 6, n. 3, della
direttiva «habitat», una descrizione delle varie soluzioni alternative
che potrebbero essere prese in considerazione ai fini della
realizzazione del piano o del progetto. Infatti, tale valutazione
imporrebbe, da un lato, di procedere ad una descrizione delle varie
soluzioni alternative esaminate e all’analisi del loro impatto sul sito
e, dall’altro, che le pubbliche autorità, prima di potersi pronunciare
sul fondamento del detto art. 6, n. 3, studino tali soluzioni, e ciò
anche in assenza di pericolo per l’integrità del sito.
64 La Commissione ritiene che il solo obbligo imposto al richiedente di
indicare i motivi per i quali non sussisterebbero altre soluzioni
soddisfacenti non sia sufficiente a garantire l’esame di soluzione
alternative nell’ambito della valutazione delle incidenze sul sito. La
normativa francese non sarebbe, pertanto, conforme all’obbligo di
verificare l’assenza di soluzioni alternative, risultante dall’art. 6,
n. 3, della direttiva «habitat».
65 La Repubblica francese deduce che la disposizione contestata
costituisce corretta trasposizione dell’art. 6, n. 3, della direttiva
«habitat». Inoltre, la normativa francese indurrebbe, in realtà, il
richiedente a studiare, descrivere e cartografare le soluzioni
alternative e ad illustrare i vantaggi e gli inconvenienti di ogni
singola soluzione, alla luce degli obiettivi di conservazione del sito.
66 La Repubblica francese precisa che, in ogni caso, al fine di
eliminare qualsivoglia ambiguità al riguardo, i decreti di applicazione
della legge n. 2008-757 prevedono espressamente l’obbligo per il
richiedente di descrivere le soluzioni alternative.
- Giudizio della Corte
67 Con l’addebito in esame la Commissione sostiene che l’opportuna
valutazione che deve essere effettuata ai sensi dell’art. 6, n. 3, della
direttiva «habitat» debba parimenti contenere un esame delle soluzioni
alternative.
68 Si deve rilevare, a tal riguardo, che tale addebito scaturisce da
un’erronea lettura dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» per
quanto attiene sia alla nozione di opportuna valutazione sia alla fase
procedurale nell’ambito della quale l’esame delle soluzioni alternative
deve aver luogo.
69 Infatti, da un lato, secondo costante giurisprudenza, l’opportuna
valutazione delle incidenze sul sito, che dev’essere effettuata a norma
dell’art. 6, n. 3, implica che siano individuati, alla luce delle
migliori conoscenze scientifiche in materia, tutti gli aspetti del piano
o progetto che possano, da soli o in combinazione con altri piani o
progetti, pregiudicare gli obiettivi di conservazione di tale sito
(sentenze Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, citata supra,
punto 54, nonché Commissione/Irlanda, citata supra, punto 243). Tale
valutazione non implica, quindi, un esame delle alternative ad un
determinato piano o progetto.
70 Dall’altro, si deve rilevare che l’obbligo di esaminare le soluzioni
alternative ad un piano o ad un progetto ricade nell’applicazione non
del n. 3 dell’art. 6 della direttiva «habitat», bensì del n. 4 del
medesimo articolo (v., in tal senso, sentenza 14 aprile 2005, causa
C-441/03, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-3043, punti 27 e segg.).
71 Infatti, conformemente all’art. 6, n. 4, della direttiva «habitat»,
l’esame previsto da tale disposizione, vertente, segnatamente,
sull’assenza di soluzioni alternative, può essere effettuato solamente
qualora le conclusioni risultanti dalla valutazione delle incidenze
effettuata ai sensi del n. 3 dello stesso art. 6 siano negative e
nell’ipotesi in cui il piano o il progetto debba essere nondimeno
realizzato per ragioni imperative di rilevante interesse pubblico (v.,
in tal senso, sentenza Commissione/Paesi Bassi, citata supra, punti 26 e
27).
72 In tal senso, in esito alla valutazione delle incidenze effettuata ai
sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat» e in caso di
risultato negativo di tale valutazione, le autorità competenti possono
scegliere di negare l’autorizzazione per realizzare tale progetto ovvero
concederla ai sensi del successivo n. 4, purché sussistano le condizioni
ivi previste (v. sentenza 26 ottobre 2006, causa C-239/04,
Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-10183, punto 25, nonché, in tal
senso, sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit.,
punti 57 e 60).
73 Ciò premesso, l’esame delle soluzioni alternative, esigenza enunciata
all’art. 6, n. 4, della direttiva «habitat», non può costituire un
elemento che le competenti autorità nazionali sono tenute a prendere in
considerazione quando effettuano l’opportuna valutazione prevista
dall’art. 6, n. 3 della direttiva medesima (v., in tal senso, sentenza
Commissione/Paesi Bassi, citata supra, punto 28).
74 Ne consegue che la Commissione non può fondamentalmente sostenere la
non conformità, sotto tal profilo, dell’art. R.414-21, n. 3, punto 1,
del Codice dell’ambiente con l’art. 6, n. 3, della direttiva «habitat».
75 Conseguentemente, l’addebito in esame non può essere accolto.
76 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve dichiarare
che,
- da un lato, prevedendo, in termini generali, che la pesca, le attività
acquicole, la caccia e le altre attività venatorie praticate nelle
condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi e dai regolamenti in
vigore non costituiscono attività perturbatorie o aventi conseguenze
analoghe, e
- dall’altro, esentando sistematicamente dalla procedura di valutazione
delle incidenze sul sito i lavori, le opere e le realizzazioni previsti
dai contratti Natura 2000, e
- esentando sistematicamente da tale procedura i programmi e i progetti
di lavori, di opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo,
la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in
forza, rispettivamente, dell’art. 6, n. 2, della direttiva «habitat» e
dell’art. 6, n. 3, della direttiva medesima.
Sulle spese
77 Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai
sensi dell’art. 69, n. 3, dello stesso regolamento, se le parti
soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi
eccezionali, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna
parte sopporti le proprie spese.
78 Nella specie, occorre tener conto del fatto che talune censure della
Commissione non hanno trovato accoglimento.
79 La Repubblica francese dev’essere conseguentemente condannata a
sopportare i due terzi delle spese e la Commissione è condannata a
sopportare un terzo di esse.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:
1) La Repubblica francese,
- da un lato, prevedendo, in termini generali, che la pesca, le attività
acquicole, la caccia e le altre attività venatorie praticate nelle
condizioni e sui territori autorizzati dalle leggi e dai regolamenti in
vigore non costituiscono attività perturbatorie o aventi conseguenze
analoghe, e,
- dall’altro, esentando sistematicamente dalla procedura di valutazione
delle incidenze sul sito i lavori, le opere e le realizzazioni previsti
dai contratti Natura 2000, e
- esentando sistematicamente da tale procedura i programmi e i progetti
di lavori, di opere o di realizzazioni soggetti a regime dichiarativo,
è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza,
rispettivamente, dell’art. 6, n. 2, della direttiva del Consiglio 21
maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, e
dell’art. 6, n. 3, della direttiva medesima.
2) Il ricorso è respinto quanto al resto.
3) La Repubblica francese è condannata a sopportare due terzi delle
spese. La Commissione europea è condannata a sopportare un terzo di
esse.
Firme
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