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CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 16/12/2010, Sentenza C-266/09


INQUINAMENTO ALIMENTI - Prodotti fitosanitari - Quantità massima di un antiparassitario contenuta in cibi e bevande - Nozione di “informazione ambientale” - Riservatezza delle informazioni commerciali e industriali - Accesso del pubblico all’informazione - Applicazione nel tempo - Direttiva 91/414/CEE - Direttive 90/313/CEE e 2003/4/CE. La nozione di «informazione ambientale» di cui all’art. 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, deve essere interpretata nel senso che essa ricomprende l’informazione prodotta nell’ambito di un procedimento nazionale di autorizzazione o di estensione dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, di un suo elemento costitutivo o di suoi prodotti di trasformazione, contenuta in cibi e bevande. Fatto salvo il caso in cui una situazione non rientri in quelle elencate all’art. 14, secondo comma, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, le disposizioni del primo comma di detto articolo 14 devono essere interpretate nel senso che esse possono applicarsi solo a condizione che non vengano pregiudicati gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva 2003/4. Inoltre, l’art. 4 della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la ponderazione da esso prescritta dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione ambientale e dell’interesse specifico tutelato dal rifiuto di divulgare deve essere effettuata in ciascun caso particolare sottoposto alle autorità competenti, anche qualora il legislatore nazionale dovesse determinare con una disposizione a carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi contrapposti. (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE) Pres./Rel. Bonichot - Stichting ed altri c. College voor de toelating van gewasbeschermingsmiddelen en biociden. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. IV, 16/12/2010, Sentenza C-266/09


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CORTE DI GIUSTIZIA

delle Comunità Europee,


SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 dicembre 2010

«Ambiente - Prodotti fitosanitari - Direttiva 91/414/CEE - Accesso del pubblico all’informazione - Direttive 90/313/CEE e 2003/4/CE - Applicazione nel tempo - Nozione di “informazione ambientale” - Riservatezza delle informazioni commerciali e industriali»



Nel procedimento C-266/09,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Paesi Bassi), con decisione 29 maggio 2009, pervenuta in cancelleria il 10 giugno 2009, nella causa

Stichting Natuur en Milieu,

Vereniging Milieudefensie,

Vereniging Goede Waar & Co.

contro

College voor de toelating van gewasbeschermingsmiddelen en biociden, già College voor de toelating van bestrijdingsmiddelen,

con l’intervento di:

Bayer CropScience BV,

Nederlandse Stichting voor Fytofarmacie,


LA CORTE (Quarta Sezione)

composta dal sig. J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen, dalle sig.re C. Toader e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 settembre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

- per la Stichting Natuur en Milieu, dal sig. J. Rutteman, assistito dall’avv. B.N. Kloostra, advocaat,

- per la Vereniging Milieudefensie, dall’avv. B.N. Kloostra, advocaat,

- per il Vereniging Goede Waar & Co., dall’avv. B.N. Kloostra, advocaat,

- per il College voor de toelating van gewasbeschermingsmiddelen en biociden, già College voor de toelating van bestrijdingsmiddelen, dalla sig.ra I.L. Rol, assistita dall’avv. R. van den Tweel, advocaat,

- per la Bayer CropScience BV, dagli avv.ti D. Waelbroeck, E. Antypas e E. Broeren, advocaten,

- per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra C. Wissels e dal sig. Y. de Vries, in qualità di agenti,

- per il governo greco, dalla sig.ra S. Papaïoannou e dal sig. I. Chalkias, in qualità di agenti,

- per la Commissione europea, dai sigg. P. Oliver e B. Burggraaf, in qualità di agenti;

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 settembre 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza


1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1) e della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto dalla Stichting Natuur en Milieu, dalla Vereniging Milieudefensie e dalla Vereniging Goede Waar & Co. contro la decisione con cui il College voor de toelating van gewasbeschermingsmiddelen en biociden, già College voor de toelating van bestrijdingsmiddelen, (in prosieguo: il «CTB») ha negato loro l’accesso a taluni studi e protocolli sulle sperimentazioni sul terreno concernenti i residui e l’efficacia della sostanza attiva propamocarb sull’insalata e nell’insalata (in prosieguo: la «decisione controversa»).

Contesto normativo

Il diritto dell’Unione

La direttiva 90/313/CEE

3 Ai sensi dell’art. 3 della direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente (GU L 158, pag. 56):

«1. Fatte salve le disposizioni del presente articolo, gli Stati membri provvedono a che le autorità pubbliche siano tenute a rendere disponibili le informazioni relative all’ambiente a qualsiasi persona, fisica o giuridica, che ne faccia richiesta, senza che questa debba dimostrare il proprio interesse.

Gli Stati membri definiscono le modalità pratiche secondo le quali dette informazioni sono rese effettivamente disponibili.

2. Gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazioni di tal genere sia respinta ove riguardi:

(...)

- la riservatezza commerciale ed industriale, ivi compresa la proprietà intellettuale;

- la riservatezza dei dati e/o schedari personali;

- il materiale fornito da terzi senza che questi siano giuridicamente tenuti a fornirlo;

(...)

Le informazioni in possesso delle autorità pubbliche formano oggetto di comunicazione parziale quando è possibile estrapolare le informazioni relative a dati riguardanti gli interessi di cui sopra.

(...)».

La direttiva 90/642/CEE

4 Ai sensi dell’art. 5 ter, n. 2, della direttiva del Consiglio 27 novembre 1990, 90/642/CEE, che fissa le percentuali massime di residui di antiparassitari su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli (GU L 350, pag. 71), come modificata dalla direttiva del Consiglio 25 giugno 1997, 97/41/CE (GU L 184, pag. 33):

«Gli Stati membri istituiscono un regime che consenta di fissare le quantità massime di residui, di tipo permanente o temporaneo, per i prodotti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, introdotti nel loro territorio in provenienza dallo Stato membro di origine, tenendo conto della buona pratica agricola dello stesso e fatte salve le condizioni necessarie per la tutela della salute dei consumatori, nel caso in cui non siano state fissate quantità massime di residui per questi prodotti in base alle disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 1 o dell’articolo 5 bis».

La direttiva 91/414

5 Ai termini dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414:

«In base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche una sostanza attiva viene iscritta nell’allegato I per un periodo iniziale non superiore a dieci anni se si può supporre che prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva soddisfino alle seguenti condizioni:

a) che i loro residui derivanti da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbiano effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile sull’ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di applicazione corrente,

b) che il loro impiego derivante da un’applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbia effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali né un influsso inaccettabile sull’ambiente, come stabilito dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punti iv) e v)».

6 L’art. 14 della direttiva 91/414 dispone quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni della direttiva del Consiglio 90/313(...), gli Stati membri e la Commissione provvedono affinché le informazioni fornite dai richiedenti riguardanti segreti industriali o commerciali, vengano considerate riservate su domanda del richiedente interessato all’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I o del richiedente dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario e previa accettazione da parte dello Stato membro o della Commissione della motivazione addotta dal richiedente».

La riservatezza non si applica:

(...)

- alla sintesi dei risultati delle prove per accertare l’efficacia e l’innocuità nei confronti dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente;

(...)»

La direttiva 2003/4

7 Il quinto ‘considerando’ della direttiva 2003/4 così recita:

«Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha firmato la Convenzione ONU/[CEE] sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (“la Convenzione di Aarhus”). Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con quelle di tale convenzione in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea».

8 Ai termini dell’art. 2 della direttiva 2003/4:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1. “informazione ambientale”: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:

a) lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;

b) fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, (...) le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a);

c) le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi;

(...)

f) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c);

(...)»

9 L’art. 4 della direttiva 2003/4, intitolato «Eccezioni», enuncia, al suo n. 2:

«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

(...)

d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali qualora la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale;

(...)

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

(...)»

10 L’art. 11 della direttiva 2003/4 dispone quanto segue:

«La direttiva 90/313/CEE è abrogata con effetto a decorrere dal 14 febbraio 2005.

I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e sono interpretati secondo la tabella di corrispondenza in allegato».

La decisione 2005/370/CE

11 Con la decisione 17 febbraio 2005, 2005/370/CE, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124, pag. 1), il Consiglio dell’Unione europea ha approvato tale convenzione.

La normativa nazionale

12 Ai termini dell’art. 22, della legge sugli antiparassitari del 1962 (Bestrijdingsmiddelenwet del 1962):

«1. L’obbligo di riservatezza in forza dell’art. 2:5 della legge generale sul diritto amministrativo (Algemene wet bestuursrecht) non vale nei confronti delle componenti di un antiparassitario dannose per l’uomo o per gli animali o le piante di cui si desidera la conservazione.

2. Se in un documento prodotto al nostro Ministro interessato, o al College, oppure ad un altra persona od ente, ai sensi o in forza del disposto della presente legge, figurano dati, o se da siffatto documento possono essere desunti dati, la cui riservatezza è giustificata in considerazione del segreto industriale, il nostro Ministro interessato, oppure il College, previa apposita richiesta scritta della parte che produce il documento, dispone che tali dati vengano tenuti riservati. Siffatta richiesta deve essere motivata.

3. Il nostro Ministro interessato adotta norme relativamente ai dati per cui non vale l’obbligo di riservatezza».

13 Con un regolamento ministeriale del 19 ottobre 1999, il Ministro della Sanità, del Benessere e dello Sport, sentito il segretario di Stato dell’Agricoltura, del Patrimonio naturale e della Pesca, ha modificato il regolamento sui residui degli antiparassitari. Con tale modifica viene fissata, tra l’altro, a 15 mg/kg la quantità massima autorizzata di residui (in prosieguo: la «QMR») dell’antiparassitario propamocarb sull’insalata e nell’insalata.

Causa principale e questioni pregiudiziali

14 La modifica della QMR per il propamocarb sull’insalata e nell’insalata è avvenuta su istanza del titolare del prodotto Previcur N. La Bayer CropScience BV (in prosieguo: la «Bayer») è l’avente causa di tale titolare.

15 Con lettera 31 gennaio 2005, le ricorrenti nella causa principale hanno chiesto in particolare al CTB di fornire loro tutte le informazioni sulla base delle quali era stata adottata la decisione relativa alla determinazione della QMR soprammenzionata.

16 Con decisione 8 marzo 2005, il CTB ha respinto la domanda delle ricorrenti nella causa principale, in base all’art. 22 della legge sugli antiparassitari del 1962. Queste ultime hanno presentato reclamo avverso tale decisione, con una lettera 14 aprile 2005.

17 Il 31 maggio 2005, il CTB ha trasmesso alla Bayer la richiesta di informazioni delle ricorrenti nella causa principale. Esso offriva alla Bayer la facoltà di presentare una richiesta di riservatezza di determinate informazioni contenute nei documenti interessati.

18 Con lettera 13 luglio 2005, la Bayer ha indicato in particolare i documenti che, a suo avviso, contenevano segreti industriali. Si trattava soprattutto di studi sui residui e di relazioni sulle sperimentazioni sul terreno. Per questi documenti essa chiedeva la riservatezza.

19 Il 22 giugno 2007, il CTB ha rifiutato la divulgazione degli studi sui residui e delle relazioni sulle sperimentazioni sul terreno, ai fini della tutela di segreti industriali. Esso ha fornito l’elenco dei documenti la cui copia poteva essere fornita. Tale elenco è stato completato con decisione di rettifica 17 luglio 2007.

20 È avverso tale decisione 22 giugno 2007 e la decisione di rettifica 17 luglio 2007 che è diretto il ricorso presentato dalle ricorrenti nella causa principale dinanzi al giudice del rinvio. Tali due atti costituiscono, congiuntamente, la decisione controversa.

21 Il giudice del rinvio si chiede, in sostanza, se la legge nazionale in base alla quale era stata rifiutata la divulgazione di talune informazioni e l’applicazione che ne è stata fatta nella fattispecie siano compatibili con gli obblighi derivanti dalla direttiva 2003/4.

22 Più precisamente esso si interroga, oltre che sull’applicazione ratione temporis della direttiva 2003/4 ai fatti della presente controversia, sulla nozione stessa di informazione ambientale disciplinata da tale direttiva. Innanzitutto, esso si chiede infatti se i dati alla base della definizione di una QMR di un prodotto fitosanitario costituiscano una tale informazione ambientale e rientrino quindi nell’ambito di applicazione ratione materiae di detta direttiva.

23 Constatando poi che l’articolo 14 della direttiva 91/414 prevede una riservatezza incondizionata dell’informazione industriale e commerciale, il giudice del rinvio si interroga sulla portata di detto articolo, in quanto esso precisa che si applica « [f]atte salve le disposizioni della direttiva 2003/4». Quest’ultima, al suo art. 4, farebbe prevalere l’informazione sulla riservatezza legata ai segreti industriali o richiederebbe perlomeno che le autorità nazionali procedano alla ponderazione degli interessi contrapposti.

24 Infine, il giudice del rinvio si chiede se tale ponderazione degli interessi possa essere realizzata in via generale e una volta per tutte mediante le disposizioni adottate dal legislatore o dall’autorità amministrativa competente oppure se essa debba essere effettuata caso per caso.

25 Tanto premesso, il College van Beroep voor het bedrijfsleven ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se la nozione di “informazione ambientale” di cui all’art. 2 della direttiva 2003/4[...] debba essere interpretata in modo da ricomprendere anche le informazioni fornite nell’ambito di una procedura nazionale di (estensione dell’) autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, o di un suo componente o di un suo prodotto di trasformazione, contenuta in cibi o bevande.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, quale rapporto sussista tra l’art. 14 della direttiva 91/414[...] e la direttiva 2003/4[...] in relazione alle informazioni di cui alla prima questione e, in particolare, se l’art. 14 della direttiva 91/414[...] possa essere applicato solo se la sua applicazione non pregiudichi gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva 2003/4[...].

3) Qualora dalla soluzione della prima e della seconda questione dovesse risultare che il convenuto nel caso in esame è tenuto ad applicare l’art. 4 della direttiva 2003/4[...], se l’art. 4 della medesima comporti che la ponderazione, ivi prevista, dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse specifico tutelato dal rifiuto della divulgazione debba aver luogo in fase applicativa, oppure possa intervenire anche in fase di legislazione nazionale».

Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

26 Con lettera 7 ottobre 2010, la Bayer e la Nederlandse Stichting voor Fytofarmacie hanno chiesto la riapertura della fase orale del procedimento facendo valere, in sostanza, che occorre assoggettare a discussione in contraddittorio la questione se le informazioni di cui trattasi nella causa principale riguardino emissioni ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva 2003/4. Infatti, secondo le interessate, tale nozione di emissioni è stata esaminata dall’avvocato generale nelle sue conclusioni mentre, da una parte, il giudice del rinvio non aveva proposto alcuna questione a tal riguardo e dall’altra, alcune delle parti non hanno elaborato alcun argomento riferito a tale nozione e quelle che l’hanno affrontata nelle loro osservazioni hanno fornito un’interpretazione del tutto opposta a quella adottata in dette conclusioni.

27 A tal proposito va ricordato che la Corte può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale ovvero su domanda delle parti, riaprire la fase orale del procedimento, ai sensi dell’art. 61 del proprio regolamento di procedura, qualora ritenga di non essere sufficientemente informata ovvero che la causa debba essere decisa sulla base di un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti (v., in particolare, sentenza 8 settembre 2009, causa C-42/07, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, Racc. pag. I-7633, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata).

28 Per contro, né lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea né il suo regolamento di procedura prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (v. sentenza Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, cit., punto 32).

29 La Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di avere a disposizione, nella fattispecie, tutti gli elementi necessari per risolvere le questioni proposte dal giudice del rinvio e che la causa non debba essere esaminata in base ad un argomento che non è stato discusso dinanzi ad essa.

30 Di conseguenza, occorre respingere la domanda diretta alla riapertura della fase orale del procedimento.


Sulle questioni pregiudiziali


Osservazioni preliminari

31 Occorre rilevare che il giudice del rinvio ritiene che i fatti di cui trattasi nella causa principale debbano essere valutati con riferimento al diritto applicabile nel momento in cui è stata adottata la decisione controversa. Esso chiede di conseguenza alla Corte un’interpretazione della direttiva 2003/4, applicabile in tale momento. Il governo olandese e la Commissione sostengono invece che tale interpretazione deve vertere sulle disposizioni della direttiva 90/313 che, essendo stata abrogata dalla direttiva 2003/4 solo in data 14 febbraio 2005, era in vigore sia nel momento in cui le informazioni di cui è stata chiesta la divulgazione sono state fornite all’amministrazione competente sia nel momento in cui a quest’ultima è stata per la prima volta presentata una richiesta di divulgazione di informazioni.

32 A tal riguardo, occorre ricordare che, in linea di principio, una nuova norma giuridica si applica a partire dall’entrata in vigore dell’atto recante la medesima. Sebbene essa non si applichi alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, essa si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove (v., in tal senso, sentenza 6 luglio 2010, causa C-428/08, Monsanto Technology, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 66) a meno che, fatto salvo il principio di irretroattività degli atti giuridici, la nuova norma sia accompagnata da disposizioni particolari che determinano specificamente le proprie condizioni di applicazione nel tempo.

33 Nella fattispecie, occorre constatare che la direttiva 2003/4 che abroga la direttiva 90/313 non contiene, a tal riguardo, alcuna disposizione particolare.

34 Peraltro, il diritto di accesso a informazioni ambientali può concretizzarsi solo nel momento in cui le autorità competenti sono chiamate a pronunciarsi sulla domanda ad esse sottoposta. Infatti, è solo in tale momento che, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 28 delle proprie conclusioni, le autorità nazionali sono tenute a valutare, alla luce di tutte le circostanze di fatto e di diritto del procedimento, se le informazioni richieste debbano essere fornite oppure no.

35 Nella fattispecie, poiché la decisione controversa è stata adottata dopo la scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2003/4, è, ad ogni modo, con riferimento al diritto di accesso alle informazioni ambientali, come definito da tale direttiva, che devono essere valutati i fatti di cui trattasi nella causa principale, in assenza di qualsiasi disposizione contraria di detta direttiva, la quale, al suo art. 3, non opera peraltro alcuna distinzione, a seconda della natura delle informazioni la cui divulgazione essa disciplina, tra quelle che sarebbero state in possesso delle autorità competenti prima del 14 febbraio 2005 e quelle che lo sarebbero state solo successivamente a tale data.

36 La Corte deve pertanto risolvere le questioni proposte alla luce della direttiva 2003/4, come richiesto dal giudice del rinvio.

Sulla prima questione

37 L’art. 2 della direttiva 2003/4 elenca le diverse categorie di informazioni rientranti nell’informazione ambientale che il diritto dell’Unione assoggetta al regime di divulgazione definito da detta direttiva. La prima questione proposta dal giudice del rinvio è diretta di conseguenza a determinare, in sostanza, se informazioni come quelle di cui trattasi nella causa principale rientrino in una di tali categorie.

38 A tal riguardo, occorre rilevare che la decisione controversa nega la divulgazione degli studi sui residui e dei protocolli sulle sperimentazioni sul terreno, forniti nell’ambito di una procedura di estensione dell’autorizzazione di un prodotto rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 91/414. Per adottare quest’ultima direttiva, il legislatore dell’Unione ha segnatamente constatato, come emerge dal quarto ‘considerando’ di detta direttiva, che i prodotti fitosanitari non hanno soltanto effetti favorevoli sulla produzione vegetale, ma che possono comportare anche rischi e pericoli per l’uomo, gli animali e l’ambiente, in particolare se sono immessi in commercio senza essere stati esaminati ed autorizzati ufficialmente e se sono impiegati in modo scorretto.

39 Non può dunque essere contestato che le informazioni a cui si riferisce la decisione controversa e relative ai residui di un prodotto fitosanitario su alimenti rientrino in una procedura di autorizzazione avente ad oggetto proprio la prevenzione dei rischi e pericoli per l’uomo, gli animali e l’ambiente. A tale titolo, tali informazioni possono, di per sé, riguardare, come emerge dall’art. 2, punto 1, lett. f), della direttiva 2003/4, lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente.

40 Tuttavia, secondo il medesimo art. 2, punto 1, lett. f), informazioni di tale natura rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/4 solo purché lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare a cui esse si riferiscono, sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui al detto art. 2, punto 1, lett. a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore, misura o attività di cui al medesimo art. 2, punto 1, lett. b) e c).

41 L’art. 2, punto 1, lett. a), della direttiva 2003/4 si riferisce agli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi. Quanto a tale art. 2, punto 1, lett. b), esso si riferisce a fattori quali in particolare le sostanze, i rifiuti, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui al detto art. 2, punto 1, lett. a).

42 Nella fattispecie, la fornitura di informazioni sulla presenza di residui di prodotti fitosanitari in o su vegetali quali, come nella causa principale, l’insalata, è diretta quindi, consentendo di verificare il livello a cui è stata fissata la QMR, a limitare il rischio di alterazione di uno degli elementi costitutivi della diversità biologica ed il rischio di dispersione di tali residui in particolare sul suolo o nelle acque sotterranee. Informazioni del genere, benché non costituiscano esse stesse direttamente valutazioni sulle conseguenze di tali residui sulla salute umana, riguardano elementi dell’ambiente che rischiano di alterare il medesimo in caso di presenza eccessiva di tali residui, circostanza che tali informazioni sono appunto dirette a verificare.

43 Ciò premesso, occorre risolvere la prima questione dichiarando che la nozione di «informazione ambientale» di cui all’art. 2 della direttiva 2003/4 deve essere interpretata nel senso che essa ricomprende l’informazione prodotta nell’ambito di un procedimento nazionale di autorizzazione o di estensione dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, di un suo elemento costitutivo o di suoi prodotti di trasformazione, contenuta in cibi e bevande.

Sulla seconda questione

44 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni dell’art. 14 della direttiva 91/414 debbano essere interpretate nel senso che esse possono applicarsi solo purché non sia arrecato pregiudizio agli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva 2003/4.

45 Occorre rilevare, in via preliminare, che l’art. 14, secondo comma, della direttiva 91/414 contiene un elenco di documenti e di informazioni che non possono essere sottoposti a trattamento riservato. Tra questi figurano, al quinto trattino «[le] sintesi dei risultati delle prove per accertare l’efficacia e l’innocuità [del prodotto] nei confronti dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente». Di conseguenza, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, prima di determinare quale sia la portata della tutela della riservatezza richiesta dalla Bayer a titolo dell’art. 14, primo comma, della direttiva 91/414, spetta alle autorità nazionali competenti verificare se le informazioni e i documenti interessati rientrino nell’elenco contenuto in tale art. 14, secondo comma.

46 Al fine di risolvere la questione proposta dal giudice del rinvio, occorre ricordare che le condizioni dell’accesso all’informazione ambientale sono state poste, in un primo tempo dalla direttiva 90/313, che è stata abrogata dalla direttiva 2003/4 a decorrere dal 14 febbraio 2005.

47 L’art. 14 della direttiva 91/414 ha posto il principio secondo cui i richiedenti delle autorizzazioni di immissione in commercio possono chiedere che le informazioni che essi forniscono e che costituiscono un segreto industriale o commerciale restino riservate, a patto che siano «[f]atte salve le disposizioni della direttiva del Consiglio 90/313». L’art. 3 di quest’ultima direttiva prevedeva che gli Stati membri potevano rifiutare l’accesso ad un’informazione in materia ambientale ove quest’ultima riguardasse un segreto commerciale ed industriale.

48 La direttiva 90/313 è stata sostituita dalla direttiva 2003/4 il cui art. 4 prevede una tutela dei segreti industriali e commerciali meno restrittiva di quella risultante dal combinato di dette disposizioni delle direttive 91/414 e 90/313, poiché richiede che, per decidere sul rifiuto o meno di divulgare un’informazione ambientale, l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgazione sia ponderato con l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.

49 In tale contesto, occorre rilevare che, a partire dal 14 febbraio 2005, in virtù delle disposizioni esplicite dell’art. 11 della direttiva 2003/4, l’art. 14 della direttiva 91/414 deve essere inteso come operante un rinvio non più alla direttiva 90/313 ma alla direttiva 2003/4. Infatti, poiché la direttiva 2003/4 non contiene alcuna disposizione contraria a tal proposito, deve essere conferita piena efficacia al riferimento così fatto ormai, dall’art. 14 della direttiva 91/414, alla direttiva 2003/4.

50 Di conseguenza, detto articolo 14 deve essere inteso nel senso che è sempre facendo salve le disposizioni della direttiva 2003/4 che gli Stati membri e la Commissione si adoperano affinché le indicazioni che sono state fornite dai richiedenti dell’autorizzazione di immissione in commercio di prodotti fitosanitari e che costituiscono un segreto industriale o commercial, restino riservate, ove tali richiedenti ne facciano domanda e lo Stato membro, o la Commissione, accetti la motivazione fornita dagli interessati.

51 Di conseguenza, in una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale, spetta alle autorità competenti dello Stato membro interessato, cui venga presentata una domanda di riservatezza delle indicazioni fornite, trattare la medesima nel rispetto delle condizioni previste al detto art. 14, sempre che tale trattamento non conduca dette autorità, ove alle medesime venga sottoposta peraltro una domanda di accesso alle medesime informazioni, a violare gli obblighi ad esse ormai incombenti in applicazione della direttiva 2003/4.

52 Detti obblighi risultano dalle disposizioni dell’art. 4 della direttiva 2003/4. Tali disposizioni consentono agli Stati membri di prevedere che una domanda di informazioni ambientali, a meno che queste ultime si riferiscano ad emissioni nell’ambiente, possa essere respinta qualora la divulgazione di tali informazioni rechi pregiudizio alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, nel caso in cui tale riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o dal diritto dell’Unione. Tuttavia esse richiedono anche che un tale motivo di rifiuto sia interpretato in maniera restrittiva, tenendo conto dell’interesse che presenterebbe per il pubblico la divulgazione delle informazioni, e che, in ciascun caso particolare, l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione sia ponderato con l’interesse pubblico tutelato dal rifiuto di divulgare.

53 Ciò premesso, quando alle autorità competenti viene sottoposta una domanda di accesso a informazioni ambientali che sono state fornite dal richiedente di un’autorizzazione di immissione in commercio di prodotti fitosanitari e per le quali la domanda di tutela in quanto segreto industriale o commerciale ai sensi dell’art. 14 della direttiva 91/414 appare loro motivata, tali autorità sono tuttavia tenute ad accogliere la domanda di accesso a tali informazioni ove queste ultime si riferiscano ad immissioni nell’ambiente o se, negli altri casi, l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione appaia superiore all’interesse tutelato dal rifiuto di divulgare.

54 Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che, fatto salvo il caso in cui una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale non rientri in quelle elencate all’art. 14, secondo comma, della direttiva 91/414, le disposizioni di detto art. 14, primo comma, devono essere interpretate nel senso che esse possono applicarsi solo a condizione che non vengano pregiudicati gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva 2003/4.

Sulla terza questione

55 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se l’art. 4 della direttiva 2003/4 debba essere interpretato nel senso che la ponderazione dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione ambientale e dell’interesse particolare tutelato dal rifiuto di divulgare va effettuata in ciascun caso particolare sottoposto alle autorità competenti o può essere definita mediante una misura generale adottata dal legislatore nazionale.

56 A tal riguardo, occorre constatare che dalla formulazione stessa dell’art. 4 della direttiva 2003/4 emerge che il legislatore dell’Unione ha previsto che la ponderazione degli interessi contrapposti doveva essere effettuata in ciascun caso particolare.

57 Né le disposizioni dell’art. 14 della direttiva 91/414 né alcuna altra disposizione della direttiva 2003/4 consentono di ritenere che alla ponderazione degli interessi contrapposti, come prescritta all’art. 4 di quest’ultima direttiva, possa supplire una misura diversa da un esame di tali interessi in ciascun caso particolare.

58 Tale circostanza non osta tuttavia a che il legislatore nazionale determini con una disposizione di carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi contrapposti, a condizione però che tale disposizione non dispensi le autorità competenti dal procedere effettivamente ad un esame particolare di ciascuna situazione loro sottoposta nell’ambito di una domanda di accesso ad un’informazione ambientale presentata in base alla direttiva 2003/4.

59 Come risulta dalle considerazioni che precedono, occorre risolvere la terza questione dichiarando che l’art. 4 della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la ponderazione da esso prescritta dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione ambientale e dell’interesse specifico tutelato dal rifiuto di divulgare deve essere effettuata in ciascun caso particolare sottoposto alle autorità competenti, anche qualora il legislatore nazionale dovesse determinare con una disposizione di carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi contrapposti.

Sulle spese

60 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.


Per questi motivi la Corte (Quarta Sezione) dichiara:


1) La nozione di «informazione ambientale» di cui all’art. 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, deve essere interpretata nel senso che essa ricomprende l’informazione prodotta nell’ambito di un procedimento nazionale di autorizzazione o di estensione dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, di un suo elemento costitutivo o di suoi prodotti di trasformazione, contenuta in cibi e bevande.

2) Fatto salvo il caso in cui una situazione come quella di cui trattasi nella causa principale non rientri in quelle elencate all’art. 14, secondo comma, della direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, le disposizioni del primo comma di detto articolo 14 devono essere interpretate nel senso che esse possono applicarsi solo a condizione che non vengano pregiudicati gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva 2003/4.

3) L’art. 4 della direttiva 2003/4 deve essere interpretato nel senso che la ponderazione da esso prescritta dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione ambientale e dell’interesse specifico tutelato dal rifiuto di divulgare deve essere effettuata in ciascun caso particolare sottoposto alle autorità competenti, anche qualora il legislatore nazionale dovesse determinare con una disposizione a carattere generale criteri che consentano di facilitare tale valutazione comparata degli interessi contrapposti.

Firme



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