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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. II, 02/09/2010, Sentenza C-453/08
PESCA - Pesca nel Mediterraneo - Misure tecniche per la conservazione
delle risorse - Divieto di impiego di taluni tipi di reti da pesca - Misure
supplementari o che vanno al là delle esigenze minime di detto regolamento,
adottate anteriormente all’entrata in vigore del medesimo - Condizioni di
validità - Art. 1, nn. 2 e 3 Reg. (CE) n. 1626/94. L’art. 1, nn. 2 e 3,
del regolamento (CE) del Consiglio 27 giugno 1994, n. 1626, che istituisce
misure tecniche per la conservazione delle risorse della pesca nel
Mediterraneo, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 17 novembre
2000, n. 2550, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, l’entrata
in vigore di tale regolamento non influisce sulla validità di una misura
nazionale supplementare di divieto adottata anteriormente a tale entrata in
vigore e, dall’altro lato, che esso non osta a siffatta misura purché detto
divieto sia conforme alla politica comune della pesca, tale misura non vada
oltre quanto necessario alla realizzazione dello scopo perseguito e non
violi il principio di parità di trattamento, cosa che deve essere valutata
dal giudice del rinvio. Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias (Grecia) -
Panagiotis I. Karanikolas e a. c. Ypourgos Agrotikis Anaptyxis kai Trofimon
ed altri. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez. II, 02/09/2010, Sentenza C-453/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
2 settembre 2010
«Politica comune della pesca - Pesca nel Mediterraneo - Regolamento
(CE) n. 1626/94 - Art. 1, nn. 2 e 3 - Divieto di impiego di taluni tipi
di reti da pesca - Misure supplementari o che vanno al là delle esigenze
minime di detto regolamento, adottate anteriormente all’entrata in
vigore del medesimo - Condizioni di validità»
Nel procedimento C-453/08,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla
Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Symvoulio tis Epikrateias
(Grecia), con decisione 3 settembre 2008, pervenuta in cancelleria il 17
ottobre 2008, nella causa
Panagiotis I. Karanikolas e a.
contro
Ypourgos Agrotikis Anaptyxis kai Trofimon,
Nomarchiaki Aftodioikisi Dramas, Kavalas, Xanthis,
con l’intervento di:
Alieftikos Agrotikos Synetairismos gri-gri nomou Kavalas (MAKEDONIA),
Panellinia Enosi Ploioktiton Mesis Alieias (PEPMA),
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. J.N. Cunha Rodrigues, presidente di sezione, dalla
sig.ra P. Lindh (relatore), dai sigg. A. Rosas, A. Ó Caoimh e A.
Arabadjiev, giudici,
avvocato generale: sig. J. Mazák
cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19
novembre 2009,
considerate le osservazioni presentate:
- per il sig. Karanikolas e a., dall’avv. A. Charokopou, dikigoros,
- per l’Alieftikos Agrotikos Synetairismos gri-gri nomou Kavalas (MAKEDONIA),
dall’avv. M. Filippidou, dikigoros,
- per il governo ellenico, dal sig. I. Chalkias e dalla sig.ra A.
Vasilopoulou, in qualità di agenti,
- per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente,
assistita dal sig. F. Arena, avvocato dello Stato,
- per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re E.
Tserepa-Lacombe e A. Szmytkowska, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 29 aprile 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione
dell’art. 1, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) del Consiglio 27 giugno
1994, n. 1626, che istituisce misure tecniche per la conservazione delle
risorse della pesca nel Mediterraneo (GU L 171, pag. 1), come modificato
dal regolamento (CE) del Consiglio 17 novembre 2000, n. 2550 (GU L 292,
pag. 7; in prosieguo: il «regolamento n. 1626/94»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che
vede opposti il sig. Karanikolas e altri 18 pescatori, nonché la
cooperativa dei pescatori costieri di Kavala, all’Ypourgos Agrotikis
Anaptyxis kai Trofimon (Ministero dello Sviluppo agricolo e degli
Alimenti) e alla Nomarchiaki Aftodioikisi Dramas, Kavalas, Xanthis
(amministrazione provinciale di Drama-Kavala-Xanthi) in merito al
diniego di rilascio di licenze di pesca, fondato su una normativa
nazionale che vieta il rilascio di licenze di pesca con piccole reti da
circuizione.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
Il regolamento (CE) n. 2371/2002
3 L’art. 1 del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 2002, n. 2371,
relativo alla conservazione e allo sfruttamento sostenibile delle
risorse della pesca nell’ambito della politica comune della pesca (GU L
358, pag. 59), intitolato «Campo di applicazione», dispone quanto segue:
«1. La politica comune della pesca riguarda la conservazione, gestione e
sfruttamento delle risorse acquatiche vive, l’acquacoltura, nonché la
trasformazione e la commercializzazione dei prodotti della pesca e
dell’acquacoltura laddove tali attività sono realizzate nel territorio
degli Stati membri o nelle acque comunitarie ovvero da parte di
pescherecci comunitari o di cittadini degli Stati membri, fatta salva la
responsabilità primaria dello Stato di bandiera.
2. La politica comune della pesca stabilisce misure coerenti che
riguardano:
a) la conservazione, la gestione e lo sfruttamento delle risorse
acquatiche vive;
b) il contenimento dell’impatto ambientale della pesca;
c) le condizioni di accesso alle acque e alle risorse;
d) la politica strutturale e la gestione della capacità della flotta;
e) il controllo e l’esecuzione;
f) l’acquacoltura;
g) l’organizzazione comune dei mercati;
h) le relazioni internazionali».
4 L’art. 2 di tale regolamento, intitolato «Obiettivi», dispone quanto
segue:
«1. La politica comune della pesca garantisce lo sfruttamento delle
risorse acquatiche vive in condizioni sostenibili dal punto di vista sia
economico che ambientale e sociale.
A tal fine la Comunità applica l’approccio precauzionale adottando le
misure intese a proteggere e conservare le risorse acquatiche vive, a
garantirne uno sfruttamento sostenibile e a ridurre al minimo l’impatto
delle attività di pesca sui sistemi ecomarini. L’obiettivo è di attuare
progressivamente una gestione della pesca basata sugli ecosistemi. Si
intende inoltre contribuire a promuovere un’attività di pesca efficiente
nell’ambito di un settore della pesca e dell’acquacoltura economicamente
redditizio e competitivo, garantendo un equo tenore di vita a coloro che
dipendono dalle attività di pesca e tenendo conto degli interessi dei
consumatori.
2. La politica comune della pesca si ispira ai seguenti principi di
buona “governance”:
a) chiara definizione delle competenze a livello comunitario, nazionale
e locale;
b) procedure decisionali basate su pareri scientifici attendibili che
forniscano risultati tempestivi;
c) ampio coinvolgimento dei diretti interessati in tutte le fasi di
questa politica, dalla sua elaborazione fino all’attuazione;
d) coerenza con le altre politiche comunitarie, in particolare la
politica ambientale, sociale, regionale, di sviluppo, di tutela
sanitaria e di protezione dei consumatori».
5 L’art. 4, n. 1, del summenzionato regolamento è così formulato:
«Per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 2, paragrafo 1, il
Consiglio stabilisce misure comunitarie che disciplinano l’accesso alle
acque e alle risorse e l’esercizio sostenibile delle attività di pesca».
Il regolamento n. 1626/94
6 Il secondo, quarto e ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 1626/94
dispongono quanto segue:
«considerando, tuttavia, che è ora giunto il momento di ovviare ai
problemi attuali delle risorse del Mediterraneo, istituendo un sistema
di gestione armonizzata adatto alla realtà mediterranea, tenendo conto
delle disposizioni nazionali già in vigore nella regione, ma
apportandovi, in modo equilibrato ed eventualmente progressivo, gli
adeguamenti necessari ai fini della tutela degli stock;
(...)
considerando che occorre vietare gli attrezzi il cui impiego nel
Mediterraneo contribuisce in misura eccessiva al degrado dell’ambiente
marino od a quello dello stato delle popolazioni ittiche; che occorre
riservare una parte della fascia costiera agli attrezzi più selettivi
utilizzati dai piccoli pescatori; (…)
(…)
considerando che, a complemento del presente regolamento, deve essere
possibile l’applicazione sia di misure nazionali supplementari o che
vadano al di là delle esigenze minime del regime da esso istituito, sia
di misure intese a disciplinare le relazioni tra i vari operatori
impegnati nel settore della pesca; che dette misure possono essere
mantenute o adottate previo esame, da parte della Commissione, della
loro compatibilità con il diritto comunitario e della loro conformità
con la politica comune della pesca».
7 L’art. 1 di tale regolamento dispone quanto segue:
«1. Il presente regolamento si applica a qualsiasi attività di pesca o
qualsiasi attività connessa esercitata nel territorio e nelle acque
marittime del Mediterraneo ad est del meridiano 5° 36’ ovest soggetti
alla sovranità o alla giurisdizione degli Stati membri, ad eccezione
della lagune e degli stagni. Esso è del pari applicabile alle attività
suddette esercitate nel Mediterraneo al di fuori di tali acque dalle
navi comunitarie.
2. Gli Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo possono
legiferare nei settori contemplati dal paragrafo 1, anche in materia di
pesca non commerciale, adottando misure supplementari o che vadano al di
là delle esigenze minime del regime istituito dal presente regolamento,
che siano compatibili con il diritto comunitario e conformi alla
politica comune della pesca.
Adottando queste misure gli Stati membri provvedono alla conservazione
delle specie e degli habitat fragili o minacciati (...).
3. La Commissione è informata (…) riguardo a qualsiasi piano inteso a
introdurre o modificare misure nazionali di conservazione e di gestione
delle risorse».
8 L’art. 2, n. 3, di detto regolamento precisa quanto segue:
«Dal 1° gennaio 2002 è vietato l’impiego di reti da circuizione e da
traino, calate per mezzo di un’imbarcazione e manovrate dalla riva
(sciabiche da spiaggia), fatta salva diversa decisione del Consiglio,
che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione,
sulla scorta di dati scientifici che dimostrino che l’impiego di tali
reti non incide negativamente sulle risorse».
9 L’art. 3, nn. 1, 1 bis e 4, del medesimo regolamento così recita:
«1. È vietato l’impiego di reti da traino, sciabiche o reti analoghe
entro il limite delle tre miglia nautiche dalla costa o dell’isobata di
50 m, qualora tale profondità sia raggiunta a una distanza minore,
indipendentemente dal sistema di traino o di alaggio, salvo deroghe
previste dalla normativa nazionale qualora la fascia costiera delle 3
miglia nautiche non sia compresa all’interno delle acque territoriali
degli Stati membri.
Tuttavia, qualsiasi attrezzo di pesca utilizzato ad una distanza dalla
costa inferiore a quella stabilita nel precedente paragrafo ed il cui
uso sia conforme alla legislazione nazionale vigente alla data del 1°
gennaio 1994, può essere utilizzato fino al 31 dicembre 2002, fatta
salva diversa decisione del Consiglio, che delibera a maggioranza
qualificata su proposta della Commissione, sulla scorta di dati
scientifici che dimostrino che l’impiego di tali reti non incide
negativamente sulle risorse.
1 bis. È vietato l’impiego di attrezzi di pesca, ad eccezione della
pesca effettuata con l’attrezzo denominato in Francia ‘gangui’, alle
condizioni di cui al secondo comma del paragrafo 1, a meno che lo Stato
membro interessato abbia attuato misure volte a garantire che, per tali
attività di pesca,
- non sia compromesso il divieto di cui al paragrafo 3,
- la pesca non interferisca con le attività di imbarcazioni che
utilizzano attrezzi diversi dalle reti da traino, dalle sciabiche o da
reti trainanti analoghe,
- la pesca sia limitata a specie bersaglio non soggette a taglie minime
di sbarco a norma dell’articolo 8,
- la pesca sia limitata in modo che le catture di specie di cui
all’allegato IV siano minime,
- i pescherecci siano soggetti a permessi speciali di pesca rilasciati
ai sensi del regolamento (CE) n. 1627/94 del Consiglio, del 27 giugno
1994, che stabilisce le disposizioni generali relative ai permessi di
pesca speciali [GU L 171, pag. 7].
Tali misure devono essere comunicate alla Commissione anteriormente al
31 dicembre 2000.
(...)
È vietato calare qualsiasi tipo di rete da circuizione a meno di 300 m
dalle coste o dall’isobata di 30 m qualora tale profondità sia raggiunta
ad una distanza inferiore».
10 L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 1626/94 precisa quanto segue:
«Gli Stati membri fissano le restrizioni relative alle caratteristiche
tecniche dei principali tipi di attrezzi da pesca, attenendosi ai
requisiti minimi precisati nell’allegato II».
11 Ai sensi dell’allegato II di detto regolamento la lunghezza della
pezza delle reti da circuizione è limitata a 800 m e l’altezza massima a
120 m.
12 L’art. 6, n. 1, di detto regolamento stabilisce:
«È vietato l’impiego e la detenzione a bordo di reti da traino o di reti
analoghe, di reti da imbrocco o di reti da circuizione salvo che la
dimensione delle maglie nella parte della rete che reca le maglie più
piccole sia uguale o superiore ad una delle dimensioni minime fissate
nell’allegato III.
(...)».
13 L’allegato III del medesimo regolamento fissa le dimensioni minime
delle maglie delle reti da circuizione a 14 mm.
14 Il regolamento n. 1626/94 è stato abrogato dal regolamento (CE) del
Consiglio 21 dicembre 2006, n. 1967 (GU L 409, pag. 9).
La normativa nazionale
15 Secondo il giudice del rinvio, la normativa nazionale di cui trattasi
nella causa principale è stata elaborata in più fasi successive.
16 Il regio decreto 15 agosto 1958, relativo alla regolamentazione della
pesca effettuata mediante piccole reti da circuizione (FEK A’ 132)
autorizzava la pesca di tutte le specie con piccole reti da circuizione,
fissando dimensioni massime in lunghezza e in altezza per tali reti
nonché dimensioni minime per le loro maglie. Tale decreto delimitava
anche i periodi dell’anno e le ore in cui dette reti potevano essere
utilizzate.
17 Il decreto presidenziale n. 587/1984 (FEK A’ 210) ha previsto che
tutte le licenze di pesca rilasciate a battelli utilizzanti piccole reti
da circuizione cessavano di essere valide il 31 dicembre 1986.
18 Il decreto presidenziale n. 542/1985 (FEK A’ 191) ha abrogato il
decreto presidenziale n. 587/1984 ed ha confermato la cessazione della
validità delle licenze di pesca con piccole reti da circuizione dopo il
31 dicembre 1986. Inoltre, il decreto presidenziale n. 542/1985 ha
vietato per il futuro il rilascio di licenze di pesca alle imbarcazioni
che utilizzano piccole reti da circuizione.
19 Tale misura di divieto è stata oggetto di un’eccezione temporanea.
Infatti, il decreto presidenziale n. 526/1988 (FEK A’ 237) ha escluso
dalle disposizioni del decreto presidenziale n. 542/1985 le licenze di
pesca con agugliare (Belone belone). Tali licenze erano rilasciate
esclusivamente per la pesca di aguglie e di costardelle (Scomberesox
saurus saurus) e continuavano ad essere assoggettate al rispetto di
condizioni riguardanti le caratteristiche della rete e ai periodi di
pesca. In seguito, il decreto presidenziale n. 320/1997 (FEK A’ 224) ha
abrogato il decreto presidenziale n. 526/1988 a partire dal 31 dicembre
1998 e ha stabilito che da quel momento era vietato rilasciare licenze
di pesca mediante agugliare e che tutte le licenze rilasciate a tale
titolo cessavano di essere valide dopo tale data.
20 Secondo il giudice del rinvio, da tale normativa risulta che il
rilascio di licenze per l’utilizzazione di piccole reti da circuizione è
vietato dal 1°gennaio 1987 per qualsiasi specie di pesce e che il
rilascio di licenze era stato autorizzato solo per le aguglie e le
costardelle e limitatamente al periodo compreso tra il 26 ottobre 1988 e
il 31 dicembre 1998.
Causa principale e questioni pregiudiziali
21 L’attrezzo da pesca oggetto della normativa nazionale è una piccola
rete da circuizione. Tale tipo di rete è utilizzata da pescatori di
piccole specie pelagiche come gli sgombri o le sardine. La tecnica
consiste nel circondare il banco di pesce con la rete che si chiude
nella parte inferiore attraverso un cavo scorrevole per trasformarla in
un sacco e catturare tutti i pesci circondati. Pare che in Grecia i
pescatori impieghino diversi tipi di reti da circuizione, cioè quelle
per sardine e alose e quelle per le aguglie e le costardelle. Queste
ultime sono meno lunghe, meno alte e hanno maglie più piccole. Peraltro,
esistono grandi sciabiche impiegate per pescare la sardina, denominate «gri-gri»,
che non sono interessate dalla misura di divieto.
22 Il 20 maggio 2003, il sig. Karanikolas e 18 altri pescatori
professionisti e proprietari di battelli da pesca residenti in Kavala,
nonché la cooperativa dei pescatori costieri di Kavala, di cui sono
membri, hanno chiesto che venisse loro rilasciata una licenza per la
pesca della sardina mediante piccole reti da circuizione, con le
limitazioni e le caratteristiche tecniche previste dal regolamento n.
1626/94.
23 Tale domanda è stata trasmessa alla Nomarchiaki Aftodioikisi Dramas,
Kavalas, Xanthis, che si informava presso l’Ypourgos Agrotikis Anaptyxis
kai Trofimon in merito alla possibilità di rilasciare detta licenza. Con
atto n. 172603 in data 8 agosto 2003, la Direzione della Pesca Marittima
di tale Ministero ha risposto che non era possibile accogliere tale
domanda a causa della misura di divieto di cui alla causa principale,
che costituiva una misura supplementare relativa alla pesca
nell’accezione di cui al regolamento n. 1626/1994.
24 Tale atto è stato notificato ai ricorrenti nella causa principale
tramite atto della summenzionata amministrazione provinciale, in data 29
agosto 2003.
25 I ricorrenti nella causa principale hanno chiesto al giudice del
rinvio l’annullamento degli atti nn. 172603 e 19/760.
26 L’Alieftikos Agrotikos Synetairismos gri-gri nomou Kavalas (MAKEDONIA)
(Cooperativa agricola di pescatori del distretto di Kavala, proprietari
di imbarcazioni denominate «gri-gri») e la Panellinia Enosi Ploioktiton
Mesis Alieias (PEPMA) (Unione panellenica degli armatori di pesca
costiera) sono intervenuti nel giudizio.
27 Il Symvoulio tis Epikrateias considera che gli Stati membri possono
imporre misure supplementari più rigorose di quelle previste dal
regolamento n. 1626/94 nelle zone marittime rientranti nella loro
sovranità, per proteggere le specie sensibili o minacciate della fauna
marina. Tali misure non si limitano alla determinazione di
specificazioni tecniche più rigorose di quelle che riguardano gli
attrezzi da pesca o i periodi di pesca, ma possono comprendere anche il
divieto assoluto di impiegare taluni attrezzi da pesca. Tale giudice
ritiene d’altronde che i divieti di impiegare taluni attrezzi da pesca
imposti da norme nazionali adottate prima dell’entrata in vigore del
regolamento n. 1626/94 non siano rimessi in discussione dalle
disposizioni successive di tale regolamento e che tali divieti restino
validi anche se l’utilizzazione di tali attrezzi non è vietata da detto
regolamento.
28 Il Symvoulio tis Epikrateias, nutrendo comunque dubbi
sull’interpretazione del regolamento n. 1626/94, ha deciso di sospendere
il giudizio e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali
seguenti:
«1) Se, ai sensi dell’art. 1, n. 2, del regolamento n. 1626/94 (...),
uno Stato membro possa adottare misure supplementari consistenti nel
divieto assoluto di impiegare attrezzi da pesca, il cui impiego è
consentito, in linea di principio, conformemente alle disposizioni di
tale regolamento (...);
2) se, ai sensi delle disposizioni del regolamento n. 1626/94, sia
consentito l’impiego nel mare territoriale di uno Stato membro che si
affaccia sul Mediterraneo di attrezzi da pesca non compresi tra quelli
indicati come vietati, in linea di principio, dagli artt. 2, n. 3, e 3,
nn. 1 e 1 bis di tale regolamento e il cui impiego era stato vietato
prima dell’entrata in vigore del regolamento da una disposizione
nazionale».
Sulle questioni pregiudiziali
29 Con le sue questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il
giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 1, nn. 2 e 3, del
regolamento n. 1626/94 debba essere interpretato nel senso che osta ad
una misura nazionale che, come quella di cui alla causa principale,
vieta l’impiego di piccole reti da circuizione, allorché, da un lato,
tale misura è stata adottata anteriormente all’entrata in vigore di tale
regolamento e, dall’altro lato, detto regolamento non vieta l’impiego di
tale tipo di reti.
30 Per risolvere tali questioni occorre verificare, in primo luogo, se
le disposizioni del regolamento n. 1626/94 consentano di mantenere in
vigore «misure supplementari o che vadano al di là delle esigenze minime
del regime», introdotte da tale regolamento, ai sensi dell’art. 1, n. 2,
del medesimo. In secondo luogo, e in caso di soluzione affermativa,
occorrerà appurare se la misura nazionale di cui trattasi nella causa
principale soddisfi le condizioni enumerate nell’art. 1, n. 2.
31 Per quanto riguarda anzitutto la possibilità di mantenere misure
supplementari dopo l’entrata in vigore del regolamento n. 1626/94,
l’art. 1, n. 3, di detto regolamento precisa che la Commissione è
informata riguardo a qualsiasi piano inteso a introdurre o modificare
misure nazionali di conservazione e di gestione delle risorse.
Dall’interpretazione letterale di tale disposizione risulta che
l’obbligo di informare la Commissione riguarda esclusivamente le misure
nazionali adottate o modificate dopo l’entrata in vigore di detto
regolamento e non quelle già esistenti in quel momento.
32 Tale interpretazione è suffragata, come ha rilevato l’avvocato
generale al paragrafo 31 delle sue conclusioni, dal fatto che il secondo
‘considerando’ del regolamento n. 1626/94 precisa che è giunto il
momento di introdurre «un sistema di gestione armonizzata adatto alla
realtà mediterranea, tenendo conto delle disposizioni nazionali già in
vigore nella regione».
33 È certamente vero che dall’ottavo ‘considerando’ di tale regolamento
risulta che tali misure nazionali che completano o travalicano le
esigenze minime del regime istituito possono essere mantenute previo
esame, da parte della Commissione, della loro compatibilità con il
diritto dell’Unione e della loro conformità con la politica comune della
pesca.
34 Tuttavia risulta dalle osservazioni della Commissione che, da un
lato, nell’elaborazione del regolamento n. 1626/94, essa ha preso in
considerazione le misure nazionali esistenti e, dall’altro lato, che
l’entrata in vigore di tale regolamento non ha compromesso
l’applicazione della misura di divieto di cui alla causa principale.
Come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 32 delle sue
conclusioni, dalla relazione che accompagna la proposta di regolamento
(CEE) del Consiglio 11 dicembre 1992, che armonizza talune misure
tecniche in vigore nel Mediterraneo [COM (92) 533 def., GU 1993, C 5,
pag. 6], conclusasi con l’adozione del regolamento n. 1626/94, risulta
che «sulla base dei circa 400 testi legislativi notificati dai quattro
Stati membri con sbocco sul Mediterraneo, essa ha proceduto ad uno
studio comparato sulle disposizioni vigenti in materia di pesca
mediterranea, al fine di ricavarne una struttura regolamentare
applicabile sul piano comunitario».
35 L’art. 1, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1626/94 deve quindi essere
interpretato nel senso che l’entrata in vigore di tale regolamento non
influisce sulla validità di una misura nazionale supplementare adottata
prima di tale entrata in vigore. Tuttavia, è necessario che le misure di
cui trattasi siano conformi alle esigenze enunciate nel summenzionato
art. 1, n. 2.
36 Per quanto riguarda poi la qualificazione di una misura nazionale
come «misura supplementare» nel senso dell’art. 1, n. 2, del regolamento
n. 1626/94, dalla formulazione di tale disposizione risulta che gli
Stati membri che si affacciano sul Mediterraneo possono adottare misure
supplementari o che vadano al di là delle esigenze minime del regime
istituito dal presente regolamento, che siano compatibili con il diritto
comunitario e conformi alla politica comune della pesca. Adottando tali
misure detti Stati membri provvedono alla conservazione delle specie e
degli habitat fragili e minacciati.
37 Per stabilire se le misure di divieto delle piccole reti da
circuizione di cui trattasi nella causa principale siano conformi ai
requisiti dell’art. 1, n. 2, del regolamento n. 1626/94, occorre
anzitutto accertare se tale tipo di rete sia o meno compreso tra quelle
vietate dal regolamento in parola. In caso di risultato negativo
occorrerà poi accertare se tale misura di divieto costituisca una misura
che va al di là delle esigenze stabilite da detto regolamento. Se questo
è il caso, sarà necessario, in conformità di quanto previsto dall’art.
1, n. 2, esaminare se la misura sia compatibile con il diritto
dell’Unione, se sia conforme alla politica comune della pesca e se,
nell’adottarla, la Repubblica ellenica abbia provveduto alla
conservazione delle specie e degli habitat fragili e minacciati.
38 Per quanto riguarda la questione se le piccole reti da circuizione
siano o meno comprese tra gli attrezzi da pesca il cui impiego è vietato
dal regolamento n. 1626/94, dal testo degli artt. 3, 5 e 6 di detto
regolamento, leggendo questi ultimi due articoli in combinato disposto
con gli allegati II e III del medesimo regolamento, si ricava che le
reti da circuizione non sono oggetto di un divieto assoluto, ma di mere
restrizioni alla loro utilizzazione. Ne consegue che le piccole reti da
circuizione non rientrano tra gli attrezzi da pesca il cui impiego è
vietato dal regolamento n. 1626/94.
39 In merito alla questione se il divieto di impiegare la piccola rete
da circuizione costituisca una misura che va al di là delle esigenze
minime del regime istituito dal regolamento n. 1626/94, occorre rilevare
che dall’art. 3, n. 4, di tale regolamento risulta che l’impiego delle
reti da circuizione è vietato entro il limite di 300 m dalle coste o
dell’isobata di 30 m, qualora tale profondità sia raggiunta a una
distanza minore. D’altra parte l’art. 5, n. 1, del medesimo regolamento,
letto in combinato disposto con l’allegato II dello stesso, precisa che,
per quanto riguarda le reti da circuizione, la lunghezza della pezza
delle reti da circuizione è limitata a 800 m e l’altezza massima a 120
m. Infine, l’art. 6, n. 1, del regolamento n. 1626/94, letto in
combinato disposto con l’allegato III dello stesso, vieta l’impiego o la
conservazione a bordo di reti da circuizione le cui maglie siano
inferiori a 14 mm.
40 Risulta dall’insieme di tali considerazioni che, in applicazione del
regolamento n. 1626/94, l’impiego delle reti da circuizione è
autorizzato purché tale attrezzo sia impiegato oltre 300 m dalle coste o
oltre l’isobata di 30 m, qualora tale profondità sia raggiunta ad una
distanza minore, purché la lunghezza massima della pezza sia di 800 m,
l’altezza massima sia di 120 m e le dimensioni delle maglie superiori a
14 mm. Di conseguenza, il divieto di rilasciare licenze per l’impiego di
piccole reti da circuizione, a prescindere dal luogo in cui vengono
impiegate, dalla lunghezza della loro pezza, dalla loro altezza o dalle
dimensioni delle loro maglie, costituisce una misura che va al di là
delle esigenze stabilite dal regolamento n. 1626/94, nel senso dell’art.
1, n. 2, di tale regolamento.
41 Per quanto riguarda la compatibilità tra la misura di divieto di cui
alla causa principale con il diritto dell’Unione e, in particolare,
della sua conformità alla politica comune della pesca, i ricorrenti
nella causa principale espongono una serie di argomenti. Anzitutto, essi
affermano che le sardine pescate per mezzo delle piccole reti da
circuizione hanno rappresentato solo una quantità compresa tra il 6 e il
9% di tutte le sardine pescate nella regione di Kavala e che soltanto 30
imbarcazioni impiegavano reti di quel tipo nella regione summenzionata.
Inoltre, tale divieto di impiego delle piccole reti da circuizione
sarebbe applicabile solo alle piccole imbarcazioni e non alle grandi,
cioè a quelle che misurano più di 14 m. Orbene, poiché le piccole
imbarcazioni possono utilizzare solo piccole reti da circuizione, tale
misura di divieto le priverebbe di qualsiasi possibilità di pesca. Il
quarto ‘considerando’ del regolamento n. 1626/94 stabilisce che occorre
riservare una parte della fascia costiera agli attrezzi più selettivi
utilizzati dai piccoli pescatori, tra i quali sarebbe compresa la
piccola rete da circuizione. Sarebbero state preferibili semplici misure
di restrizione del loro impiego. Infine, questa stessa misura non
sarebbe limitata nel tempo, sarebbe discriminatoria rispetto ai
pescatori che impiegano piccole reti da circuizione e produrrebbe
ricadute negative sulla loro attività.
42 Il governo greco sostiene che le piccole reti da circuizione sono
utilizzate in una zona costiera che è zona di riproduzione e sviluppo di
taluni organismi acquatici e nella quale taluni pesci, comprese le
sardine, trascorrono l’inverno. Orbene, le piccole reti da circuizione
avrebbero l’effetto di distruggere tale spazio marino e i luoghi di
riproduzione, il che comprometterebbe le risorse alieutiche. Se le
sardine non sono minacciate di estinzione, lo sarebbero però alcune
specie che vivono nelle zone descritte. Il detto governo precisa che il
divieto di pesca per mezzo di piccole reti da circuizione non ostacola
lo sviluppo dell’attività di pesca, giacché quest’ultima continua ad
essere possibile se praticata con altri attrezzi per cui vengono
rilasciate licenze. La misura di divieto in esame nella causa principale
sarebbe quindi giustificata, adeguata e proporzionata.
43 La Commissione sostiene che, per assicurarsi che la misura di divieto
di cui alla causa principale sia compatibile con la politica comune
della pesca nel Mediterraneo, è necessario accertare se tale misura, in
quanto di carattere assoluto, sia proporzionata ed efficace
all’obiettivo di conservazione e di gestione delle risorse acquatiche
vive. A tale scopo, occorrerebbe ponderare gli aspetti economici,
sociali e ambientali. Sarebbe opportuno accertare se sia stata rilevata
una grave penuria di pesce costiero al momento dell’adozione della
misura di divieto di cui alla causa principale, se il divieto assoluto
rappresentasse l’unica possibilità o se altre misure come la prevenzione
della pesca di frodo o la limitazione delle catture sarebbero state
anch’esse efficaci. Infine, occorrerebbe appurare se gli operatori
economici, cioè i piccoli pescatori costieri e gli utilizzatori di «gri-gri»,
siano stati trattati allo stesso modo. Sarebbe compito del giudice
nazionale procedere a tali accertamenti alla luce degli elementi di cui
dispone.
44 Nel corso dell’udienza la Commissione ha affermato che il divieto
assoluto le sembrava sproporzionato in considerazione dello scarso
numero di imbarcazioni che utilizzano le piccole reti da circuizione e
della percentuale irrisoria di catture ottenute con tali reti. Essa
ritiene che sarebbe sufficiente limitare l’impiego di questo tipo di
rete ad un numero circoscritto di imbarcazioni e durante un periodo
determinato dell’anno. Sembrerebbe accertato che lo stock di sardine non
sia in pericolo, ma la Commissione non disporrebbe di informazioni in
merito a rischi per le altre specie ittiche dovuti alla pesca per mezzo
di piccole reti da circuizione. Infine, la Commissione rileva che le
misure di divieto di cui alla causa principale risalgono all’anno 1985 e
che la situazione dovrebbe essere riesaminata con l’ausilio di un parere
scientifico.
45 Occorre rammentare che, ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento
n. 2371/2002, la «politica comune della pesca garantisce lo sfruttamento
delle risorse acquatiche vive in condizioni sostenibili dal punto di
vista sia economico che ambientale e sociale. A tal fine la Comunità
applica l’approccio precauzionale adottando le misure intese a
proteggere e conservare le risorse acquatiche vive, a garantirne uno
sfruttamento sostenibile e a ridurre al minimo l’impatto delle attività
di pesca sui sistemi ecomarini».
46 Secondo il giudice del rinvio, il decreto presidenziale n. 587/1984 è
stato adottato sulla base del parere del Consiglio della Pesca del 12
aprile 1984, n. 75. Tale parere evidenzierebbe la circostanza che il
divieto di piccole reti da circuizione è stato giudicato necessario in
quanto tali attrezzi da pesca erano impiegati in una zona di una o due
miglia a partire dalla costa, cioè in un’area che costituisce uno spazio
in cui si sviluppano e si riproducono taluni organismi acquatici e in
cui sono impiegati altri attrezzi da pesca, con il risultato che gli
stock erano diminuiti. Del pari, secondo le osservazioni presentate dal
governo greco nel corso dell’udienza, proprio in questa zona si
riproducono e si sviluppano taluni organismi acquatici e svernano taluni
pesci, come la sardina. Orbene, le piccole reti da circuizione erano
impiegate per la pesca di tale specie in quella zona e tale
utilizzazione avrebbe avuto l’effetto di distruggere la specie marina
summenzionata. Il divieto di tali attrezzi avrebbe quindi avuto
l’obiettivo di prevenire la distruzione e persino l’estinzione delle
risorse della regione costiera interessata.
47 Da tali chiarimenti risulta che le misure di divieto di cui alla
causa principale sono state adottate non per proteggere lo stock di
sardine, ma al fine di preservare un habitat fragile e un ecosistema
marino. La circostanza che solo una percentuale minima di tutte le
sardine catturate nella regione di Kavala sia stata pescata per mezzo di
piccole reti da circuizione non è quindi rilevante per valutare la
validità di tale misura di divieto.
48 Di conseguenza, risulta che la misura di divieto di cui alla causa
principale è conforme all’approccio precauzionale che l’Unione e gli
Stati membri devono applicare quando adottano misure destinate a
proteggere e conservare le risorse acquatiche vive, a consentire il loro
sfruttamento sostenibile o a ridurre le ripercussioni delle attività di
pesca sugli ecosistemi marini.
49 Tuttavia, tale misura di divieto, per essere compatibile con il
diritto dell’Unione e conforme alla politica comune della pesca, doveva
rispettare i principi di proporzionalità e di non discriminazione, che
fanno parte dei principi generali del diritto comunitario e trovano la
loro espressione nel settore dell’agricoltura, ivi compresa la pesca,
nell’ambito dell’art. 34, n. 2, secondo comma, CE (v. sentenza 23 marzo
2006, causa C-535/03, Unitymark e North Sea Fishermen’s Organisation,
Racc. pag. I-2689, punto 53).
50 Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, è necessario che
la misura di divieto sia idonea a realizzare lo scopo perseguito e non
vada oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v. sentenza Unitymark e
North Sea Fishermen’s Organisation, cit., punto 56).
51 È compito del giudice nazionale accertare se le misure di divieto di
cui alla causa principale non vadano oltre quanto necessario per
realizzare lo scopo perseguito. Poiché tale misura sancisce un divieto
assoluto, occorrerà valutare se misure come, in particolare, restrizioni
all’impiego delle piccole reti da circuizione durante talune stagioni o
a talune ore del giorno e la limitazione del numero di licenze
rilasciate non sarebbero state sufficienti a garantire che l’ecosistema
della zona costiera fosse preservato.
52 Per quanto riguarda il principio di non discriminazione, occorre
ricordare che esso impone che situazioni analoghe non siano trattate in
maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera
uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato
(v. sentenza 17 ottobre 1995, causa C-44/94, Fishermen’s Organisations e
a., Racc. pag. I-3115, punto 46).
53 Occorre rilevare che la misura di divieto di cui alla causa
principale riguarda le licenze di pesca con un certo tipo di rete e non
distingue tra le diverse categorie di utilizzatori di tale attrezzo da
pesca. Sotto questo profilo, tale misura non sembra comportare una
disposizione direttamente discriminatoria.
54 Nel corso dell’udienza è stato sostenuto che le piccole imbarcazioni
da pesca costiera non impiegano alcun attrezzo da pesca oltre le piccole
reti da circuizione e che tale misura di divieto le priva, di fatto, di
qualsiasi possibilità di pesca.
55 Tuttavia, il fatto che uno specifico gruppo venga maggiormente
danneggiato da una misura normativa rispetto ad un altro non implica
necessariamente che quest’ultima sia sproporzionata o discriminatoria,
qualora essa sia intesa a disciplinare in modo complessivo un problema
di interesse generale (v. sentenza Unitymark e North Sea Fishermen’s
Organisation, cit., punto 63).
56 A tale proposito, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo
47 delle sue conclusioni, sebbene il quarto ‘considerando’ del
regolamento n. 1626/94, disponga che occorre riservare la fascia
costiera agli attrezzi più selettivi utilizzati dai piccoli pescatori,
ciò non impedisce, in conformità del medesimo ‘considerando’, di vietare
gli attrezzi da pesca il cui impiego contribuisce notevolmente al
degrado dell’ambiente marino.
57 Qualora il divieto di cui alla causa principale fosse tale da
impedire ad una categoria di pescatori di svolgere la loro attività,
sarebbe compito del giudice nazionale verificare se esistano differenze
oggettive, tra i «gri-gri» e le piccole reti da circuizione,
relativamente alle loro caratteristiche e al loro impiego, e se tali
differenze abbiano giustificato il divieto delle piccole reti da
circuizione, ma non dei «gri-gri».
58 Dall’insieme delle considerazioni suesposte risulta che occorre
risolvere le questioni poste dichiarando che l’art. 1, nn. 2 e 3, del
regolamento n. 1626/94 deve essere interpretato nel senso che, da un
lato, l’entrata in vigore di tale regolamento non influisce sulla
validità di una misura nazionale supplementare di divieto adottata
anteriormente a tale entrata in vigore e, dall’altro lato, che esso non
osta a siffatta misura purché detto divieto sia conforme alla politica
comune della pesca, tale misura non vada oltre quanto necessario alla
realizzazione dello scopo perseguito e non violi il principio di parità
di trattamento, cosa che deve essere valutata dal giudice del rinvio.
Sulle spese
59 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente
procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
L’art. 1, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) del Consiglio 27 giugno 1994,
n. 1626, che istituisce misure tecniche per la conservazione delle
risorse della pesca nel Mediterraneo, come modificato dal regolamento
(CE) del Consiglio 17 novembre 2000, n. 2550, deve essere interpretato
nel senso che, da un lato, l’entrata in vigore di tale regolamento non
influisce sulla validità di una misura nazionale supplementare di
divieto adottata anteriormente a tale entrata in vigore e, dall’altro
lato, che esso non osta a siffatta misura purché detto divieto sia
conforme alla politica comune della pesca, tale misura non vada oltre
quanto necessario alla realizzazione dello scopo perseguito e non violi
il principio di parità di trattamento, cosa che deve essere valutata dal
giudice del rinvio.
Firme
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