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Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Grande Sez., 29/06/2010, Sentenza C-526/08
DIRITTO DELLE ACQUE - DIRITTO AGRARIO - Protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole -
Difformità delle misure nazionali rispetto alle norme disciplinanti i tempi,
le condizioni e le tecniche di applicazione dei fertilizzanti ai terreni -
Capacità minima di immagazzinamento dei liquami - Divieto di applicazione
dei fertilizzanti ai terreni in pendenza ripida - Tecniche idonee a
garantire un’applicazione uniforme ed efficace dei concimi - Inadempimento
di uno Stato - Ricevibilità - Ne bis in idem - Autorità di
cosa giudicata - Artt. 226 CE e 228 CE - Art. 29 del regolamento di
procedura - Lingua processuale - Direttiva 91/676/CEE. Non avendo
adottato tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed amministrativi
necessari per conformarsi agli artt. 4 e 5 della direttiva del Consiglio 12
dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle acque
dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole, letti
in combinato disposto con gli allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III,
n. 1, punti 1 e 2, della medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è
venuto meno agli obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima. Pres.
Skouris - Rel. Juhász - Commissione europea c. Granducato di Lussemburgo.
CORTE DI GIUSTIZIA CE, Grande Sez., 29/06/2010, Sentenza C-526/08
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
29 giugno 2010 (*)
«Inadempimento di uno Stato - Ricevibilità - Ne bis in idem - Autorità
di cosa giudicata - Artt. 226 CE e 228 CE - Art. 29 del regolamento di
procedura - Lingua processuale - Direttiva 91/676/CEE - Protezione delle
acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti
agricole - Difformità delle misure nazionali rispetto alle norme
disciplinanti i tempi, le condizioni e le tecniche di applicazione dei
fertilizzanti ai terreni - Capacità minima di immagazzinamento dei
liquami - Divieto di applicazione dei fertilizzanti ai terreni in
pendenza ripida - Tecniche idonee a garantire un’applicazione uniforme
ed efficace dei concimi»
Nella causa C-526/08,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 2 dicembre 2008,
Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra S. Pardo Quintillán,
nonché dai sigg. N. von Lingen e B. Smulders, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Granducato di Lussemburgo, rappresentato dal sig. C. Schiltz, in qualità
di agente, assistito dal sig. P. Kinsch, avocat,
convenuto,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. J.N. Cunha Rodrigues,
K. Lenaerts, J.-C. Bonichot e E. Levits, presidenti di sezione, dai
sigg. A. Rosas, E. Juhász (relatore), J. Malenovský, U. Lõhmus, A. Ó
Caoimh, nonché dalla sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig.ra J. Kokott
cancelliere: sig.ra R. Seres, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2
dicembre 2009,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza
del 28 gennaio 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il suo ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di
constatare che, avendo omesso di adottare tutti i provvedimenti
legislativi, regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi
interamente e correttamente agli artt. 4 e 5 della direttiva del
Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa alla protezione delle
acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti
agricole (GU L 375, pag. 1), letti in combinato disposto con gli
allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della
medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli
obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
2 L’art. 1 della direttiva 91/676 così dispone:
«La presente direttiva mira a:
- ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o
indirettamente dai nitrati di origine agricola;
- prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo».
3 L’art. 4 di tale direttiva dispone:
«1. Al fine di stabilire un livello generale di protezione
dall’inquinamento per tutti i tipi di acque, gli Stati membri
provvedono, entro due anni dalla notifica della presente direttiva, a:
a) fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili
a discrezione degli agricoltori, il quale includa disposizioni
pertinenti per lo meno agli elementi contemplati nell’allegato II [parte
A];
b) predisporre, se necessario, un programma comprensivo di disposizioni
per la formazione e l’informazione degli agricoltori, per promuovere
l’applicazione del codice ovvero dei codici di buona pratica agricola.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni dettagliate
sui propri codici di buona pratica agricola. La Commissione include
nella relazione di cui all’articolo 11 informazioni relative a tali
codici. In base alle informazioni ricevute, la Commissione, qualora lo
ritenga necessario, può presentare al Consiglio proposte appropriate».
4 L’art. 5 della citata direttiva stabilisce quanto segue:
«1. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla prima designazione di
cui all’articolo 3, paragrafo 2, o di un anno dopo ogni nuova
designazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, gli Stati membri,
per il conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 1, fissano
programmi d’azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate.
2. Un programma d’azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel
territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica
opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone
vulnerabili o parti di zone.
3. I programmi d’azione tengono conto:
a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento
principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola
o di altra origine;
b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato
membro di cui trattasi.
4. I programmi d’azione sono attuati entro quattro anni dalla loro
fissazione e comprendono le misure vincolanti seguenti:
a) le misure di cui all’allegato III;
b) le misure che gli Stati membri hanno prescritto nel codice o nei
codici di buona pratica agricola fissati ai sensi dell’articolo 4, a
meno che non siano state sostituite da quelle di cui all’allegato III.
5. Nel quadro dei programmi d’azione gli Stati membri prendono inoltre
le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie
se, dall’inizio o alla luce dell’esperienza tratta dall’attuazione dei
programmi d’azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4
non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all’articolo 1.
Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono
conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure
possibili di prevenzione.
6. Gli Stati membri elaborano ed applicano opportuni programmi di
controllo al fine di valutare l’efficacia dei programmi d’azione fissati
ai sensi del presente articolo.
Gli Stati membri che applicano l’articolo 5 in tutto il territorio
nazionale controllano il contenuto di nitrati delle acque (superficiali
e sotterranee) in punti di controllo prescelti, onde poter stabilire
l’entità dell’inquinamento nelle acque da nitrati di origine agricola.
7. Gli Stati membri riesaminano e, se del caso, rivedono i propri
programmi d’azione, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai
sensi del paragrafo 5, per lo meno ogni quattro anni. Essi informano la
Commissione di qualsiasi modifica dei propri programmi d’azione».
5 L’allegato II della direttiva 91/676, intitolato «Codice (codici) di
buona pratica agricola», prevede quanto segue:
«A. Un codice o dei codici di buona pratica agricola intesi a ridurre
l’inquinamento da nitrati tenendo conto delle condizioni esistenti nelle
varie regioni della Comunità, dovrebbero contenere disposizioni
concernenti gli elementi seguenti, ove detti elementi siano pertinenti:
1) i periodi in cui l’applicazione al terreno di fertilizzanti non è
opportuna;
2) l’applicazione di fertilizzante al terreno in pendenza ripida;
(...)
5) la capacità e la costruzione dei depositi per effluenti da
allevamento, incluse le misure destinate a prevenire l’inquinamento
idrico causato da scorrimento e infiltrazione nelle acque sotterranee e
superficiali di liquidi contenenti effluenti da allevamento ed effluenti
provenienti da materiale vegetale come i foraggi insilati;
6) procedure di applicazione al terreno - comprese percentuali e
uniformità di applicazione - sia di concimi chimici che di effluenti di
allevamento, in modo da mantenere le dispersioni di nutrienti nell’acqua
ad un livello accettabile.
(...)».
6 L’allegato III della direttiva 91/676, intitolato «Misure da inserire
nei programmi d’azione conformemente all’articolo 5, paragrafo 4, punto
a)», così dispone:
«1. Le misure in questione comprendono norme concernenti:
1) i periodi in cui è proibita l’applicazione al terreno di determinati
tipi di fertilizzanti;
2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità
deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento nel periodo più
lungo, durante cui è proibita l’applicazione al terreno di effluenti
nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all’autorità
competente che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore
all’effettiva capacità d’immagazzinamento sarà smaltito in un modo che
non causerà danno all’ambiente;
(…)
2. Tali misure garantiranno che, per ciascuna azienda o allevamento, il
quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno,
compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un
determinato quantitativo per ettaro.
Il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di
effluente contenente 170 kg di azoto. (...)
(...)».
Il diritto nazionale
7 L’art. 6 del regolamento granducale 24 novembre 2000, relativo all’uso
dei fertilizzanti azotati nell’agricoltura (Mémorial A 2000, pag. 2856;
in prosieguo: il «regolamento granducale»), intitolato «Divieti e
restrizioni», è così formulato:
«A. Divieti e restrizioni applicabili all’intero territorio
1) È vietata l’applicazione di fertilizzanti azotati:
- su maggesi neri;
- su maggesi poliennali;
- su maggesi spontanei;
- sui terreni gelati in profondità che possono generare scorrimenti
superficiali al di fuori della zona di applicazione prima del disgelo;
- sui terreni saturi d’acqua, inondati o innevati, segnatamente in caso
di superamento della loro capacità di assorbimento;
- ad una distanza inferiore a 50 metri dai pozzi, dalle captazioni e dai
serbatoi di acqua potabile, per quanto riguarda i fertilizzanti
organici, ed inferiore a 10 metri dai pozzi e dalle captazioni di acqua
potabile, per quanto concerne i fertilizzanti minerali azotati;
- ad una distanza inferiore a 10 metri dai corsi d’acqua e dagli specchi
d’acqua, relativamente ai fertilizzanti organici. Per i fertilizzanti
minerali azotati, l’applicazione deve essere fatta in modo che essi si
dirigano in senso opposto alla riva del corso d’acqua. È vietata
qualsiasi dispersione di fertilizzanti azotati nel corso d’acqua.
2) Durante il periodo dal 15 ottobre al 1° marzo è vietata
l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi
sui terreni non vegetati.
3) Durante il periodo dal 15 ottobre al 15 febbraio è vietata
l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione liquidi
sui terreni vegetati diversi dai prati e dai pascoli. I prati e i
pascoli trattati con fertilizzanti organici durante il periodo dal 15
ottobre al 15 febbraio non possono essere arati prima del 15 febbraio
dell’anno corrente.
4) La quantità totale di liquame, di purino e di fanghi di depurazione
liquidi applicata al terreno durante il periodo dal 1° settembre al 1°
marzo non deve rappresentare più di 80 kg di azoto per ettaro.
5) L’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di depurazione
liquidi sui terreni in pendenza deve essere realizzata in modo che non
vi sia ruscellamento al di fuori dell’area di applicazione, tenendo
conto in particolare:
- della natura e della lavorazione del terreno;
- della direzione di innesto della copertura vegetale;
- delle condizioni climatiche corrispondenti ai periodi di applicazione
possibili;
- della natura dei fertilizzanti.
Sui terreni con pendenza media superiore all’8% e non coperti da
vegetazione, l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di
depurazione liquidi è vietata, salvo che sia seguita da
un’incorporazione quanto prima possibile ed al più tardi 48 ore dopo
l’applicazione.
6) Le applicazioni di fertilizzanti azotati sono consentite soltanto per
coprire i bisogni fisiologici dei vegetali, avendo cura di limitare le
perdite di elementi nutritivi e tenendo conto delle disponibilità di
azoto presenti nel terreno.
La quantità di fertilizzanti organici applicata per anno e per ettaro
non deve rappresentare più di 170 kg di azoto, salvo per le colture
proteaginose e le coltivazioni pure di leguminose per le quali il limite
è di 85 kg di azoto.
Il quantitativo di fertilizzanti minerali azotati applicati per anno e
per ettaro non deve superare le quantità massime di concime azotato
quali definite nella tabella di cui all’allegato I, in base alla natura
ed alla resa delle coltivazioni e tenendo conto delle specificità locali
e delle condizioni agroclimatiche dell’anno.
In caso di combinazione di fertilizzanti organici e minerali, il
quantitativo massimo di concime azotato minerale deve essere ridotto in
base alla quantità di fertilizzanti organici applicati, tenendo conto
della natura del fertilizzante organico, del modo di applicazione, del
tipo di coltivazione e del periodo di applicazione, quali descritti
nella guida delle buone pratiche agricole.
Se il coltivatore non ha a disposizione sufficienti terreni nei quali è
consentita l’applicazione di fertilizzanti organici, dovrà procurarsi la
disponibilità di campi appartenenti ad altri coltivatori, a condizione
che tali campi si prestino alla concimazione.
B. Divieti e restrizioni speciali applicabili nelle zone di protezione
delle acque destinate all’alimentazione umana
1) Nelle zone di protezione immediata è vietata l’applicazione di
fertilizzanti azotati.
2) Nelle zone di protezione ravvicinata e distanziata, è vietata
l’applicazione:
- di letame, di compost e di fanghi di depurazione disidratati durante
il periodo dal 1° agosto al 1° febbraio. Sui terreni vegetati tale
divieto si applica dal 1° ottobre al 1° febbraio.
- di qualsiasi altro fertilizzante organico durante il periodo dal 1°
agosto al 1° marzo. Sui terreni vegetati, ad eccezione delle
coltivazioni di grano invernale, di triticale invernale e di segale
invernale, tale divieto si applica dal 1° ottobre al 1° marzo.
3) È vietato procedere all’applicazione di fertilizzanti organici in
occasione del cambio di destinazione di pascoli e prati permanenti o
temporanei oppure in occasione dell’avvicendamento di coltivazioni pure
di leguminose.
4) La quantità totale di liquame, di purino e di fanghi di depurazione
liquidi applicata ai terreni durante il periodo dal 1° agosto al 1°
ottobre non deve rappresentare più di 80 kg di azoto per ettaro.
5) I terreni vegetati cui siano stati applicati fertilizzanti organici
durante il periodo dal 1° agosto al 1° ottobre non possono essere arati
prima del 1° dicembre dell’anno corrente.
6) La quantità di fertilizzanti organici applicati al terreno per anno e
per ettaro non deve rappresentare più di 130 kg di azoto, salvo per le
colture proteaginose e le coltivazioni pure di leguminose per le quali
l’applicazione di fertilizzanti organici è vietata.
Il quantitativo di fertilizzanti minerali azotati applicati per anno e
per ettaro non deve superare le quantità massime di concime azotato
quali definite nella tabella di cui all’allegato II, in base alla natura
e alla resa delle coltivazioni e tenendo conto delle specificità locali
e delle condizioni agroclimatiche dell’anno.
In caso di combinazione di fertilizzanti organici e minerali, il
quantitativo massimo di concime azotato minerale deve essere ridotto in
base alla quantità di fertilizzanti organici applicati, tenendo conto
della natura del fertilizzante organico, del modo di applicazione, del
tipo di coltivazione e del periodo di applicazione, quali descritti
nella guida delle buone pratiche agricole».
8 L’art. 7 del regolamento granducale, intitolato «Deroghe», così
dispone:
«1) In caso di situazione climatica eccezionale, i ministri competenti
per l’agricoltura e l’ambiente possono derogare ai periodi di divieto di
applicazione di fertilizzanti previsti all’art. 6 e dettare le opportune
prescrizioni per l’applicazione di questi ultimi.
2) In caso di eventi straordinari che colpiscano un’azienda agricola, i
ministri competenti per l’agricoltura e l’ambiente o i loro delegati
possono, dietro specifica istanza dell’imprenditore agricolo
interessato, derogare ai periodi di divieto di applicazione di
fertilizzanti previsti all’art. 6 e dettare le condizioni e le modalità
secondo cui l’applicazione ai terreni potrà essere effettuata».
9 L’art. 8 del regolamento granducale, intitolato «Immagazzinamento»,
enuncia quanto segue:
«Gli imprenditori agricoli devono disporre per loro stessi o garantirsi
la disponibilità di attrezzature appropriate destinate
all’immagazzinamento e all’applicazione ai terreni degli effluenti di
allevamento.
Le attrezzature nuove o da ammodernare devono garantire
l’immagazzinamento di liquame e di purino per un periodo minimo di 6
mesi consecutivi».
Procedimento precontenzioso
10 Ritenendo che gli artt. 4 e 5 della direttiva 91/676, nonché gli
allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, di
quest’ultima, non fossero stati correttamente trasposti dal Granducato
di Lussemburgo, la Commissione ha avviato la procedura di infrazione
prevista dall’art. 226 CE.
11 Dopo aver invitato il Granducato di Lussemburgo a presentare le
proprie osservazioni, la Commissione, ritenendo che queste ultime non
fossero soddisfacenti riguardo ad alcuni profili evidenziati, ha emesso,
il 27 giugno 2007, un parere motivato, invitando lo Stato suddetto ad
adottare i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro
un termine di due mesi a decorrere dal suo ricevimento.
12 Con lettera in data 29 maggio 2008, il Granducato di Lussemburgo ha
difeso il proprio operato.
13 Sulla scorta di tali circostanze, la Commissione ha deciso di
proporre il presente ricorso.
Sul ricorso
Sulla ricevibilità del ricorso
Sulla violazione delle norme riguardanti la determinazione della lingua
processuale
14 Il Granducato di Lussemburgo chiede di dichiarare nullo o
irricevibile il ricorso della Commissione per violazione dell’art. 29,
nn. 2, lett. a), e 3, secondo comma, del regolamento di procedura della
Corte, in quanto l’istituzione ricorrente non avrebbe rispettato le
norme riguardanti la determinazione della lingua processuale. Il
suddetto Stato membro rileva che il ricorso è stato presentato in lingua
francese, in quanto lingua ritenuta quale lingua processuale. Gli
allegati V e VII del ricorso sono però stati redatti in lingua inglese.
15 Al riguardo, la Commissione fa valere che l’art. 29, n. 3, terzo
comma, del regolamento di procedura prevede una deroga, in virtù della
quale essa ha potuto ritenere che - dato il carattere voluminoso
dell’allegato V del ricorso, e poiché ai due allegati in questione viene
fatto riferimento in un’unica occasione nell’ambito del ricorso stesso e
quest’ultimo contiene una traduzione integrale dei passaggi rilevanti
dei detti allegati - non fosse indispensabile fornire una traduzione
integrale di questi ultimi. La Commissione ricorda che, in ogni caso,
essa si è pienamente conformata alle disposizioni dell’art. 29 del
regolamento di procedura, trasmettendo alla cancelleria, a seguito di
richiesta, una versione in lingua francese degli allegati in questione.
16 A questo proposito, occorre constatare che, ai sensi dell’art. 29, nn.
2, lett. a), e 3, primo e secondo comma, del regolamento di procedura,
la lingua del presente procedimento è quella francese e che pertanto,
stante l’obbligo di depositare le memorie difensive e i relativi
allegati in tale lingua, i documenti redatti in una lingua diversa
devono essere accompagnati da una traduzione in lingua francese.
17 Orbene, nel caso di specie l’atto di ricorso è interamente redatto in
lingua francese. Inoltre, anche se due documenti a questo allegati sono
stati prodotti in un’altra lingua, i passaggi rilevanti degli stessi
sono stati tradotti e riportati nell’atto di ricorso medesimo.
18 Alla luce di tali circostanze, il ricorso non può essere considerato
irricevibile e la questione che si pone è unicamente se i due allegati
controversi debbano essere esclusi dal fascicolo.
19 A questo proposito, occorre ricordare che, a norma dell’art. 29, n.
3, terzo comma, del regolamento di procedura, quando trattasi di atti o
documenti voluminosi, è ammessa la presentazione di traduzioni per
estratto. Inoltre, la Corte può in qualunque momento ordinare, d’ufficio
o ad istanza di parte, una traduzione più completa od integrale. Orbene,
nella fattispecie, le traduzioni in lingua francese dei due allegati in
questione sono state fornite dalla Commissione così come richiesto dalla
cancelleria della Corte.
20 Pertanto, non vi è luogo per un’esclusione dal fascicolo dei due
allegati controversi, prodotti al momento del deposito del presente
ricorso in una lingua diversa da quella processuale, e la cui traduzione
in tale lingua è stata presentata, in un momento successivo, a norma
dell’art. 29, n. 3, terzo comma, del regolamento di procedura.
Sulla violazione del principio dell’autorità di cosa giudicata e del
principio ne bis in idem
21 Il Granducato di Lussemburgo sostiene che il ricorso è irricevibile
per violazione dell’art. 226 CE, in quanto esso, relativamente alla
prima parte della prima censura ed alla terza censura, lede il principio
dell’autorità di cosa giudicata nonché il principio ne bis in idem. Lo
Stato convenuto fa valere che la prima parte della prima censura,
relativa all’assenza di un divieto di applicazione riguardante i concimi
chimici, corrisponde alla prima censura sollevata nella causa decisa
dalla sentenza 8 marzo 2001, causa C-266/00, Commissione/Lussemburgo
(Racc. pag. I-2073), e che anche la terza censura, relativa alle
condizioni di applicazione ai terreni in pendenza ripida, era stata
formulata nell’ambito di quella causa, dove costituiva il secondo
addebito contestato. Secondo il Granducato di Lussemburgo, la
Commissione, ove ritenga che esso non abbia preso le misure che
l’esecuzione dell’anzidetta sentenza comporta, dovrebbe procedere a
norma dell’art. 228, n. 2, CE, e non avviare un nuovo procedimento ex
art. 226 CE.
22 La Commissione fa valere che il presente procedimento, pur
ispirandosi ai principi enunciati nella citata sentenza
Commissione/Lussemburgo, riguarda una nuova normativa nazionale e
addebiti differenti. Per quanto concerne il principio ne bis in idem, la
Commissione sostiene che questo non si applica alla presente causa, dal
momento che non si tratta qui di un procedimento sanzionatorio di natura
amministrativa o penale. A suo avviso, anche a supporre che tale
principio possa applicarsi ai ricorsi per inadempimento, i presupposti
per la sua applicazione non risultano soddisfatti nel caso di specie,
dato che tale applicazione è subordinata ad una triplice condizione,
ossia l’identità dei fatti, l’unicità del soggetto trasgressore e la
medesimezza del bene giuridico tutelato.
23 Anzitutto, occorre notare che la Commissione ha avviato il presente
procedimento a norma dell’art. 226 CE. La questione dell’applicabilità
dell’art. 228 CE si pone soltanto nell’ipotesi in cui risultasse che gli
addebiti sollevati in questa sede sono identici sotto il profilo di
fatto e di diritto a quelli formulati nella causa decisa dalla citata
sentenza Commissione/Lussemburgo.
24 Quanto al principio dell’autorità di cosa giudicata, sia le parti sia
gli Stati membri che hanno presentato osservazioni nonché il Parlamento
europeo hanno sostenuto che tale principio è applicabile ai procedimenti
per inadempimento.
25 Nel presente procedimento si tratta di stabilire se il principio
dell’autorità di cosa giudicata osti alla proposizione, da parte della
Commissione, dell’odierno ricorso a norma dell’art. 226 CE, tenuto conto
della citata sentenza Commissione/Lussemburgo, pronunciata a seguito di
un ricorso proposto dalla detta istituzione ai sensi di questo stesso
articolo.
26 In varie occasioni la Corte ha ricordato l’importanza che il
principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento
giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali
(sentenze 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler, Racc. pag. I-10239,
punto 38; 16 marzo 2006, causa C-234/04, Kapferer, Racc. pag. I-2585,
punto 20, e 3 settembre 2009, causa C-2/08, Fallimento Olimpiclub, non
ancora pubblicata nella Raccolta, punto 22).
27 Risulta dalla giurisprudenza che tale principio è applicabile anche
ai procedimenti per inadempimento e che l’autorità di cosa giudicata
riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati
effettivamente o necessariamente decisi dalla pronuncia giudiziale di
cui trattasi (sentenza 12 giugno 2008, causa C-462/05,
Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-4183, punto 23 e giurisprudenza ivi
citata).
28 Dato che tanto il procedimento conclusosi con la citata sentenza
Commissione/Lussemburgo, quanto il presente procedimento sono stati
iniziati dalla Commissione sul fondamento dell’art. 226 CE, occorre
esaminare il contesto fattuale e giuridico di tali due procedimenti al
fine di verificare se tra essi sussista in sostanza un’identità di fatto
e di diritto.
29 L’esame delle censure dedotte dalla Commissione in un procedimento
conclusosi con una sentenza presuppone un’analisi del dispositivo di
quest’ultima alla luce delle constatazioni e delle motivazioni ad esso
sottese.
30 Pertanto, riguardo alla prima censura nella causa decisa dalla citata
sentenza Commissione/Lussemburgo, il dispositivo di tale pronuncia deve
essere analizzato alla luce dei punti 22 e 29-31 di quest’ultima. Da
tali punti risulta che, nella causa suddetta, venivano in questione gli
obblighi stabiliti dagli allegati II, parte A, punto 4, e III, n. 1,
punto 3, della direttiva 91/676. Tali obblighi riguardavano, da un lato,
le condizioni per l’applicazione dei concimi chimici presso i corsi
d’acqua e, dall’altro, la realizzazione di un equilibrio tra il
fabbisogno prevedibile di azoto delle colture e l’azoto apportato alle
colture stesse, segnatamente mediante aggiunta di composti azotati
provenienti da fertilizzanti chimici.
31 Per contro, la prima parte della prima censura nel presente
procedimento si riferisce all’allegato II, parte A, punto 1, della
direttiva 91/676. Tale disposizione prevede l’obbligo di includere, nei
codici di buona pratica agricola, i periodi durante i quali
l’applicazione di fertilizzanti ai terreni non è opportuna.
32 Per quanto concerne la seconda censura nella causa decisa dalla
citata sentenza Commissione/Lussemburgo, risulta dal dispositivo nonché
dai punti 23 e 33 di tale pronuncia che la Commissione, mediante
l’addebito in questione, ha imputato al Granducato di Lussemburgo il
fatto di aver disciplinato le condizioni per l’applicazione dei
fertilizzanti ai terreni in pendenza ripida soltanto con riguardo al
caso di saturazione idrica, inondazione, innevamento di durata superiore
alle 24 ore o gelo dei terreni stessi, malgrado che fosse necessaria
l’adozione di una regolamentazione indipendente dalle condizioni
climatiche.
33 Tuttavia, mediante la terza censura sollevata nel presente
procedimento, la Commissione critica il fatto che le disposizioni del
regolamento granducale riferentisi ai terreni in pendenza riguardano
unicamente i concimi organici liquidi, nonché il fatto che non esiste
alcuna disciplina relativa all’applicazione di concimi chimici su tali
terreni.
34 Occorre dunque rilevare che, tenuto conto, da un lato, dell’oggetto
della prima e della seconda censura formulate nella causa decisa dalla
citata sentenza Commissione/Lussemburgo e, dall’altro, della prima parte
della prima censura e della terza censura dedotte dalla Commissione nel
presente procedimento, non sussiste in sostanza un’identità di fatto e
di diritto tra queste due cause.
35 Alla luce di tali circostanze, la Commissione, mediante la
presentazione dell’odierno ricorso, non ha violato il principio
dell’autorità di cosa giudicata.
36 Per quanto riguarda il principio ne bis in idem, ed anche supponendo
che questo sia invocabile nel caso di specie, la sua applicazione è
comunque esclusa nel presente procedimento a motivo della mancanza di
identità sotto il profilo di fatto e di diritto tra la causa odierna e
quella decisa dalla citata sentenza Commissione/Lussemburgo.
37 Inoltre, mancando una simile identità tra tali due cause, la
questione dell’applicabilità dell’art. 228 CE non si pone.
38 Da quanto precede risulta che il ricorso della Commissione è
ricevibile.
Sul merito del ricorso
39 A sostegno del suo ricorso, la Commissione deduce quattro censure.
40 Con la sua prima censura, suddivisa in tre parti, la Commissione
addebita al Granducato di Lussemburgo il fatto che il regolamento
granducale che stabilisce i periodi durante i quali i fertilizzanti non
possono essere utilizzati sui terreni agricoli non contempla i concimi
chimici, non prevede un periodo di divieto totale per i prati e
definisce insufficientemente il regime delle deroghe.
41 La Commissione, nell’ambito della prima parte di tale censura,
ricorda che, a norma dell’allegato II, parte A, punto 1, della direttiva
91/676, la normativa nazionale dovrebbe contenere delle norme che
vietino, durante determinati periodi, l’applicazione al terreno di
«fertilizzanti», senza fare distinzione tra i concimi organici e quelli
chimici. Orbene, a suo avviso, i periodi di divieto di applicazione di
fertilizzanti previsti all’art. 6 del regolamento granducale riguardano
unicamente i concimi organici e non i concimi chimici, e ciò malgrado
che nessuna disposizione della direttiva 91/676 preveda o autorizzi
l’esclusione di questi ultimi. La Commissione sostiene dunque che la
normativa lussemburghese non è compatibile con la definizione del
termine «fertilizzante» fornita all’art. 2, lett. e), della citata
direttiva.
42 Con la seconda parte della sua prima censura, la Commissione afferma
che il regolamento granducale non contiene alcuna prescrizione che
stabilisca i periodi nei quali l’applicazione dei fertilizzanti ai prati
è vietata, malgrado che l’art. 5 e l’allegato III, n. 1, punto 1, della
direttiva 91/676 non consentano l’esclusione di alcuna superficie
agricola. L’istituzione suddetta aggiunge, fondandosi su studi
scientifici, da un lato, che i rischi di lisciviazione dei nitrati nel
terreno in autunno e in inverno sono particolarmente elevati, non
soltanto per le terre arabili ma anche per i prati, e, dall’altro, che
le temperature medie lussemburghesi alla fine dell’autunno e in inverno
non sono idonee a consentire un assorbimento sufficiente e ad evitare i
notevoli rischi di lisciviazione. Inoltre, secondo la Commissione, la
limitazione prevista all’art. 6, parte A, punto 4, del regolamento
granducale è insufficiente per evitare i rischi di inquinamento, dato
che tale regolamento non contempla i concimi chimici, che non esiste
alcun periodo di divieto assoluto e che il limite di 80 chilogrammi di
azoto per ettaro rappresenta quasi la metà del valore limite annuo
consentito dall’allegato III, n. 2, della direttiva 91/676.
43 Per quanto riguarda la terza parte della prima censura, la
Commissione afferma che la normativa lussemburghese dovrebbe definire in
maniera più precisa i casi nei quali può essere concessa una deroga al
divieto di applicazione dei fertilizzanti in certi periodi dell’anno.
L’istituzione ricorrente ritiene che l’art. 7 del regolamento granducale
manchi di precisione, in quanto tale norma prevede che, in caso di
«situazione climatica eccezionale» o di «eventi straordinari che
colpiscano un’azienda agricola», il ministro competente possa
autorizzare l’applicazione di fertilizzanti durante i periodi di
divieto, senza però che il regolamento precisi tali nozioni. La
Commissione aggiunge che il divieto di applicazione di fertilizzanti in
taluni periodi dell’anno è una disposizione essenziale della direttiva
91/676, che quest’ultima non prevede una simile deroga e che la
trasposizione chiara e precisa di tale direttiva è indispensabile al
fine di soddisfare l’imperativo della certezza del diritto e di
garantire l’applicazione piena e integrale della direttiva medesima.
44 Con la sua seconda censura, la Commissione fa valere che il
regolamento granducale impone una capacità minima di immagazzinamento
degli effluenti di allevamento pari ad almeno sei mesi soltanto per gli
impianti nuovi, ma non per quelli esistenti. L’istituzione ricorrente
rileva che, sebbene la direttiva 91/676 non faccia alcuna distinzione
tra impianti nuovi e impianti esistenti, il regolamento granducale
prevede, all’art. 8, che le attrezzature nuove o da ammodernare debbono
garantire la possibilità di immagazzinare liquame e purino per un
periodo minimo di sei mesi consecutivi.
45 Con la sua terza censura, la Commissione ricorda che, a norma
dell’allegato II, parte A, punto 2, della direttiva 91/676, una
normativa nazionale deve recare norme riguardanti «l’applicazione di
fertilizzante al terreno in pendenza ripida» e che la Corte ha statuito
che l’allegato II, parte A, della citata direttiva riguarda l’insieme
dei fertilizzanti e non solo quelli che, come gli effluenti
d’allevamento, sono di origine organica (sentenza 2 ottobre 2003, causa
C-322/00, Commissione/Paesi Bassi, Racc. pag. I-11267, punto 134).
Orbene, il regolamento granducale stabilisce, all’art. 6, parte A, punto
5, che, «[s]ui terreni con pendenza media superiore all’8% e non coperti
da vegetazione, l’applicazione di liquame, di purino e di fanghi di
depurazione liquidi è vietata», senza estendere tale divieto ai concimi
chimici.
46 Con la sua quarta censura, la Commissione sostiene che le misure
adottate dal Granducato di Lussemburgo sono insufficienti, a motivo del
fatto che, a termini dell’allegato II, parte A, punto 6, della direttiva
91/676, le normative nazionali devono contenere regole riguardanti le
«procedure di applicazione al terreno - comprese percentuali e
uniformità di applicazione - sia di concimi chimici che di effluenti di
allevamento, in modo da mantenere le dispersioni di nutrienti nell’acqua
ad un livello accettabile». Tuttavia, secondo l’istituzione ricorrente,
la normativa lussemburghese non reca alcuna disciplina riguardante le
procedure di applicazione ai terreni, segnatamente per quanto riguarda
le tecniche atte a garantire un’applicazione uniforme ed efficace dei
concimi. La Commissione reputa che il carattere moderno dell’agricoltura
lussemburghese e l’efficienza delle macchine agricole non siano
sufficienti per dimostrare che l’adozione di norme riguardanti le
procedure di applicazione ai terreni dei concimi chimici e degli
effluenti di allevamento non sia pertinente. La direttiva 91/676 non
dispenserebbe gli Stati membri dal prevedere procedure di applicazione
di tali fertilizzanti neppure nel caso in cui l’agricoltura di tali
Stati sia tecnicamente sviluppata.
47 Il ricorso proposto dalla Commissione viene contestato dal Granducato
di Lussemburgo sotto il profilo del merito unicamente nell’ambito della
sua memoria di controreplica.
Giudizio della Corte
48 Per quanto riguarda le difese nel merito avanzate dal Granducato di
Lussemburgo, occorre rilevare che, a norma dell’art. 42, n. 2, del
regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in
corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di
fatto emersi durante il procedimento.
49 Orbene, nella specie è pacifico che le difese nel merito proposte per
la prima volta nella controreplica erano state in sostanza fatte valere
nella risposta del Granducato di Lussemburgo al parere motivato. A
seguito di tale risposta, la Commissione ha proposto il proprio ricorso
rinunciando a quattro degli otto addebiti formulati nel parere motivato
e mantenendo gli altri quattro. Nel suo controricorso, il Granducato di
Lussemburgo non ha né preso posizione in merito alla fondatezza del
ricorso della Commissione, né concluso per il rigetto di quest’ultimo in
quanto infondato, limitando le proprie difese alla semplice eccezione di
irricevibilità del ricorso stesso.
50 Stanti tali circostanze, le conclusioni dello Stato convenuto intese
al rigetto del ricorso nel merito, nonché i motivi difensivi a loro
sostegno, presentati per la prima volta nella controreplica, devono
essere considerati tardivi e, di conseguenza, irricevibili (v., in tal
senso, sentenza 5 novembre 2002, causa C-471/98, Commissione/Belgio,
Racc. pag. I-9681, punti 41-43).
51 Pertanto, è sufficiente esaminare se l’inadempimento risulti
dimostrato sulla sola base delle censure formulate dalla Commissione.
52 Per quanto riguarda la prima parte della prima censura, occorre
ricordare come l’allegato II, parte A, punto 1, della direttiva 91/676
preveda l’obbligo di includere, nei codici di buona pratica agricola, i
periodi durante i quali l’applicazione di fertilizzanti ai terreni non è
opportuna.
53 Occorre altresì ricordare, da un lato, che l’art. 2, lett. e), di
tale direttiva definisce il «fertilizzante» come qualsiasi sostanza
contenente uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare
la crescita della vegetazione, ivi compresi gli effluenti di
allevamento. D’altro lato, l’art. 2, lett. f), della medesima direttiva
definisce il «concime chimico» come qualsiasi fertilizzante prodotto
mediante procedimento industriale. Ne consegue che il termine
«fertilizzante» include, ai sensi della direttiva 91/676, i concimi
chimici.
54 Ciò premesso, considerato che la direttiva 91/676 obbliga gli Stati
membri, senza previsione di alcuna deroga, a stabilire periodi nei quali
è vietata l’applicazione di tutti i tipi di fertilizzanti, occorre
constatare che il Granducato di Lussemburgo è venuto meno a tale obbligo
per quanto riguarda i concimi chimici.
55 Per quanto riguarda la seconda parte della prima censura, occorre
constatare, anzitutto, che le prescrizioni della normativa
lussemburghese relative ai periodi nei quali è vietata l’applicazione ai
terreni di taluni tipi di fertilizzanti non si applicano ai prati,
malgrado che la direttiva 91/676 non preveda alcuna deroga espressa per
questo tipo di superfici.
56 Ad ogni modo, anche supponendo che i prati assorbano una quantità
considerevole di azoto, una simile circostanza non può giustificare il
fatto che, secondo quanto previsto dall’art. 6, parte A, punto 4, del
regolamento granducale, è consentita l’applicazione al terreno di una
quantità complessiva di liquame, di purino e di fanghi di depurazione
liquidi che può arrivare fino a 80 chilogrammi di azoto per ettaro nel
periodo dal 1° settembre al 1° marzo. Come rilevato dall’avvocato
generale al paragrafo 93 delle sue conclusioni, tale quantitativo è
eccessivo, dato che l’allegato III, n. 2, della direttiva 91/676
consente l’applicazione al terreno di 170 chilogrammi di azoto nel corso
di tutto l’anno. Orbene, autorizzare poco meno della metà di
quest’ultimo quantitativo nel corso del semestre invernale implicherebbe
che la vegetazione assorba e trasformi durante tale periodo quasi
altrettanto azoto che nel semestre estivo. Per giunta, mentre il tetto
massimo previsto dall’allegato III, n. 2, della direttiva suddetta si
applica al quantitativo di azoto risultante dallo spargimento sui
terreni di tutti gli effluenti di allevamento, il limite previsto
dall’art. 6, parte A, punto 4, del regolamento granducale riguarda la
quantità di azoto proveniente esclusivamente dall’applicazione al
terreno di liquame, purino e fanghi di depurazione liquidi.
57 Quanto alla terza parte della prima censura, la Commissione fa valere
giustamente che il divieto di applicazione di fertilizzanti in taluni
periodi dell’anno costituisce una disposizione essenziale della
direttiva 91/676 e che quest’ultima non prevede alcuna deroga.
58 Orbene, l’art. 7 del regolamento granducale consente ai ministri
competenti, in caso di situazione climatica eccezionale o di eventi
straordinari che colpiscano un’azienda agricola, di derogare ai periodi
di divieto di applicazione dei fertilizzanti.
59 Anche supponendo che uno Stato membro sia legittimato a prevedere,
nella propria normativa nazionale, alcune deroghe ai periodi di divieto
di applicazione dei fertilizzanti, in caso di situazione climatica
eccezionale o di eventi straordinari che colpiscano un’azienda agricola,
tali deroghe debbono comunque essere sufficientemente circoscritte
nell’ambito della disciplina di recepimento della direttiva 91/676.
60 Ora, una normativa nazionale che conferisce un potere discrezionale
ai ministri competenti quanto alla sorte da riservare alle domande
individuali di deroga non soddisfa il requisito suddetto.
61 Per quanto riguarda la capacità di immagazzinamento oggetto della
seconda censura della Commissione, occorre constatare come la sola
disposizione determinante al riguardo sia contenuta nell’allegato III,
n. 1, punto 2, della direttiva 91/676.
62 Secondo tale norma, i programmi di azione recano norme disciplinanti
la capacità dei depositi per effluenti di allevamento e tale capacità
deve superare quella necessaria per l’immagazzinamento durante il più
lungo dei periodi nei quali è proibita l’applicazione di effluenti nella
zona vulnerabile.
63 L’unica deroga prevista da questa stessa disposizione riguarda il
caso in cui sia dimostrato che qualsiasi quantitativo di effluenti
superiore all’effettiva capacità d’immagazzinamento sarà smaltito in un
modo innocuo per l’ambiente.
64 Orbene, l’art. 8 del regolamento granducale non impone una condizione
siffatta.
65 Stanti tali circostanze, occorre constatare che il regolamento
granducale, omettendo di imporre l’obbligo previsto dall’allegato III,
n. 1, punto 2, della direttiva 91/676 relativamente agli impianti
esistenti non sottoposti ad ammodernamento, non è conforme a tale
direttiva.
66 Quanto alla terza censura della Commissione, occorre notare che, a
termini dell’allegato II, parte A, punto 2, della direttiva 91/676, i
codici di buona pratica agricola devono contenere norme riguardanti le
modalità di applicazione dei fertilizzanti sui terreni in pendenza
ripida, ove tale elemento sia pertinente.
67 La Corte ha già statuito che l’allegato II, parte A, della direttiva
91/676 riguarda l’insieme dei fertilizzanti e non solo quelli di origine
organica (sentenza Commissione/Paesi Bassi, cit., punto 134).
68 Orbene, l’art. 6, parte A, punto 5, del regolamento granducale vieta
unicamente l’applicazione al terreno di liquame, di purino e di fanghi
di depurazione liquidi, che sono concimi organici, ma non contiene
alcuna disposizione riguardante lo spargimento di concimi chimici.
69 Occorre dunque constatare che, sotto tale aspetto, la direttiva
91/676 non è stata correttamente trasposta dal Granducato di
Lussemburgo.
70 Quanto alla quarta censura della Commissione, bisogna rilevare che
l’allegato II, parte A, punto 6, della direttiva 91/676 stabilisce che i
codici di buona pratica agricola dovrebbero contenere - ove tale
elemento sia pertinente - norme disciplinanti le procedure di
applicazione al terreno sia di concimi chimici che di effluenti di
allevamento, comprese percentuali e uniformità di tale applicazione, in
modo da mantenere le dispersioni di nutrienti nell’acqua ad un livello
accettabile.
71 Dal momento che nel Granducato di Lussemburgo mancano norme siffatte,
occorre constatare la violazione di tale disposizione.
72 Di conseguenza, l’inadempimento deve ritenersi provato sulla sola
base delle censure formulate dalla Commissione.
73 Alla luce di tali circostanze, occorre constatare che, avendo omesso
di adottare tutti i provvedimenti legislativi, regolamentari ed
amministrativi necessari per conformarsi agli artt. 4 e 5 della
direttiva 91/676, letti in combinato disposto con gli allegati II, parte
A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della medesima
direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli obblighi che
gli incombono in forza di quest’ultima.
Sulle spese
74 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ha concluso per la condanna del Granducato di Lussemburgo
e quest’ultimo è rimasto soccombente nei motivi proposti, tale Stato
deve essere condannato alle spese.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:
1) Avendo omesso di adottare tutti i provvedimenti legislativi,
regolamentari ed amministrativi necessari per conformarsi agli artt. 4 e
5 della direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, relativa
alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati
provenienti da fonti agricole, letti in combinato disposto con gli
allegati II, parte A, punti 1, 2, 5 e 6, e III, n. 1, punti 1 e 2, della
medesima direttiva, il Granducato di Lussemburgo è venuto meno agli
obblighi che gli incombono in forza di quest’ultima.
2) Il Granducato di Lussemburgo è condannato alle spese.
Firme
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