AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. III, 15/07/2010, Sentenza C-573/08
FAUNA E FLORA - Conservazione degli uccelli selvatici - Provvedimenti di
trasposizione - Inadempimento di uno Stato (Italia) - Direttiva 79/409/CEE.
Poiché la normativa di trasposizione nell’ordinamento italiano della
direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici, non è completamente conforme a tale
direttiva e il sistema di recepimento dell’art. 9 di quest’ultima non
garantisce che le deroghe adottate dalle autorità italiane competenti
rispettino le condizioni e i requisiti previsti da tale articolo, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza
degli artt. 2-7, 9-11, 13 e 18 della citata direttiva. Pres. Lenaerts - Rel.
Šváby - Commissione europea c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA
CE, Sez. III, 15/07/2010, Sentenza C-573/08
FAUNA E FLORA - Conservazione degli uccelli selvatici - Obiettivo di
proteggere gli habitat al di fuori delle zone di protezione speciale -
Direttiva 79/409/CEE. Sebbene l’art. 4, n. 4, seconda frase, della
direttiva 79/409 non imponga obbligatoriamente che si ottengano taluni
risultati, cionondimeno gli Stati membri devono porsi seriamente l’obiettivo
di proteggere gli habitat al di fuori delle zone di protezione speciale (v.
sentenza 13 dicembre 2007, causa C-418/04, Commissione/Irlanda, Racc. pag.
I-10947, punto 179 e giurisprudenza ivi citata). Pres. Lenaerts - Rel. Šváby
- Commissione europea c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA CE, Sez.
III, 15/07/2010, Sentenza C-573/08
FAUNA E FLORA - Conservazione degli uccelli selvatici - Protezione
transfrontaliera - Obbligo degli Stati membri - Art. 1 Dir. 79/409.
L’art. 1 la direttiva 79/409, mira alla conservazione di tutte le specie di
uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo
degli Stati membri e si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione
di tali specie e, dall’altro, che l’efficace protezione degli uccelli
costituisce un problema ambientale tipicamente transfrontaliero, che implica
responsabilità comuni degli Stati membri (C.G.CE sentenza 12/07/2007, causa
C-507/04, Commissione/Austria). Occorre poi ricordare che, secondo una
giurisprudenza costante, ciascuno degli Stati membri destinatari di una
direttiva ha l’obbligo di adottare, nell’ambito del proprio ordinamento
giuridico, tutti i provvedimenti necessari a garantire la piena efficacia
della direttiva, conformemente allo scopo che essa persegue (C.G.CE,
sentenza 24/06/2003, causa C-72/02, Commissione/Portogallo). Pres. Lenaerts
- Rel. Šváby - Commissione europea c. Repubblica italiana. CORTE DI
GIUSTIZIA CE, Sez. III, 15/07/2010, Sentenza C-573/08
DIRITTO PROCESSUALE EUROPEO - Attuazione di direttive - Obblighi
derivanti dal diritto comunitario - Inosservanza degli obblighi e termini -
Giustificazioni - Limiti - Giurisprudenza CE - Art. 258 TFUE. La
circostanza che uno Stato membro abbia affidato alle proprie regioni
l’attuazione di direttive non può avere alcuna influenza sull’applicazione
dell’art. 258 TFUE. Infatti, sebbene ogni Stato membro sia libero di
ripartire come crede opportuno le competenze normative sul piano interno,
tuttavia, a norma dell’art. 258 TFUE, esso resta il solo responsabile, nei
confronti dell’Unione, del rispetto degli obblighi derivanti dal diritto
dell’Unione (C.G.CE sentenza 10/06/2004, causa C-87/02, Commissione/Italia).
Pertanto, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o
situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare
l’inosservanza degli obblighi e termini imposti dal diritto dell’Unione (C.G.CE,
sentenza 15/12/2005, causa C-67/05, Commissione/Germania). Peraltro, la
sussistenza di un inadempimento dev’essere valutata alla luce della
situazione esistente nello Stato membro interessato alla scadenza del
termine fissato nel parere motivato (C.G.CE, sentenze 23/04/2009, causa
C-493/08, Commissione/Grecia; 4/06/2009, causa C-555/08, Commissione/Svezia
e 26/11/2009, causa C-211/09, Commissione/Grecia). Pres. Lenaerts - Rel.
Šváby - Commissione europea c. Repubblica italiana. CORTE DI GIUSTIZIA
CE, Sez. III, 15/07/2010, Sentenza C-573/08
www.AmbienteDiritto.it
CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
15 luglio 2010
«Inadempimento di uno Stato - Direttiva 79/409/CEE - Conservazione degli
uccelli selvatici - Provvedimenti di trasposizione»
Nella causa C-573/08,
avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226
CE, proposto il 22 dicembre 2008,
Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra D. Recchia, in qualità
di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità
di agente, assistita dal sig. G. Fiengo, avvocato dello Stato,
convenuta,
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dalla sig.ra R.
Silva de Lapuerta, dai sigg. G. Arestis, J. Malenovský e D. Šváby
(relatore), giudici,
avvocato generale: sig.ra E. Sharpston
cancelliere: sig.ra R. Seres, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25
marzo 2010,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di
giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede
alla Corte di dichiarare che, poiché la normativa di trasposizione
nell’ordinamento italiano della direttiva del Consiglio 2 aprile 1979,
79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L
103, pag. 1), non è completamente conforme a tale direttiva e il sistema
di recepimento dell’art. 9 di quest’ultima non garantisce che le deroghe
adottate dalle autorità italiane competenti rispettino le condizioni e i
requisiti previsti da tale articolo, la Repubblica italiana è venuta
meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 2-7, 9-11, 13
e 18 della citata direttiva.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
2 Ai sensi dell’art. 1 della direttiva 79/409, essa si prefigge la
protezione, la gestione e la regolazione di tutte le specie di uccelli
viventi naturalmente allo stato selvatico ed è volta a disciplinarne lo
sfruttamento.
3 L’art. 2 di tale direttiva dispone che gli Stati membri adottano le
misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le
specie di uccelli di cui all’art. 1 di quest’ultima ad un livello che
corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e
culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
4 In forza dell’art. 3 della direttiva 79/409, tenuto conto delle
esigenze di cui all’art. 2 di tale direttiva, gli Stati membri adottano
le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte
le specie di uccelli di cui all’art. 1 della medesima direttiva, una
varietà e una superficie di habitat.
5 Ai sensi dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409
«[a]l di fuori [delle] zone di protezione [speciale], gli Stati membri
cercheranno inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento
degli habitat».
6 L’art. 5 della citata direttiva impone altresì agli Stati membri di
instaurare un regime generale di protezione che comprenda in particolare
il divieto di uccidere, catturare o disturbare gli uccelli di cui
all’art. 1 di quest’ultima e di distruggere i nidi.
7 L’art. 6 della direttiva 79/409 vieta, fatte salve alcune deroghe, di
porre in commercio le specie di uccelli tutelate dalla direttiva.
8 In forza dell’art. 7, n. 1, della direttiva 79/409, le specie elencate
nell’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro
della legislazione nazionale. L’art. 7, n. 4, di tale direttiva dispone,
in particolare, che «gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte
le informazioni utili sull’applicazione pratica della loro legislazione
[...] sulla caccia».
9 Conformemente all’art. 9 della direttiva 79/409, gli Stati membri
possono, sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, derogare
a tale regime restrittivo per la caccia nonché alle altre restrizioni e
divieti di cui agli artt. 5, 6 e 8 della direttiva, per le ragioni
elencate nel citato art. 9, n. 1, lett. a)-c), e cioè, in primo luogo,
nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica nonché della
sicurezza aerea, per prevenire gravi danni all’agricoltura, per la
protezione della flora e della fauna, in secondo luogo, ai fini della
ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione
nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni e, in terzo luogo,
per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo
la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati
uccelli in piccole quantità. Ai sensi dell’art. 9, n. 2, della citata
direttiva, le deroghe dovranno menzionare le specie che formano oggetto
delle medesime, i mezzi, gli impianti e i metodi di cattura o di
uccisione autorizzata, le condizioni di rischio e le circostanze di
tempo e di luogo in cui esse possono esser compiute, l’autorità
abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono realizzate e a
decidere quali mezzi, impianti e metodi possano essere utilizzati, entro
quali limiti, da quali persone, nonché i controlli che saranno
effettuati.
10 In forza dell’art. 10, n. 2, della direttiva 79/409, gli Stati membri
trasmettono alla Commissione tutte le informazioni necessarie
relativamente alle ricerche e ai lavori necessari per la protezione, la
gestione e l’utilizzazione della popolazione di tutte le specie di
uccelli di cui all’art. 1 di tale direttiva.
11 Conformemente all’art. 11 della citata direttiva, gli Stati membri
consultano la Commissione in merito all’introduzione di specie di
uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio
europeo degli Stati membri.
12 Ai sensi dell’art. 13 della direttiva 79/409, l’applicazione delle
misure adottate in forza di tale direttiva non deve provocare un
deterioramento della situazione per quanto riguarda la conservazione
delle specie di uccelli di cui all’art. 1 della citata direttiva.
13 L’art. 18, n. 2, della direttiva 79/409 esige che il testo delle
disposizioni essenziali di diritto interno adottate nel settore
disciplinato da tale direttiva sia comunicato alla Commissione.
La normativa nazionale
14 In forza dell’art. 1, n. 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157,
recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio (Supplemento ordinario alla GURI n. 46 del 25
febbraio 1992; in prosieguo: la «legge n. 157/1992»), le regioni e le
province provvedono ad istituire lungo le rotte di migrazione
dell’avifauna, segnalate dall’Istituto nazionale per la fauna selvatica,
zone di protezione finalizzate al mantenimento ed alla sistemazione,
conforme alle esigenze ecologiche, degli habitat interni a tali zone e
ad esse limitrofi e provvedono al ripristino dei biotopi distrutti e
alla creazione dei biotopi.
15 Le specie menzionate all’art. 2, n. 1, lett. b) e c), della legge n.
157/1992 sono particolarmente protette.
16 In forza dell’art. 3 di tale legge, è vietata ogni forma di
uccellagione e di cattura di uccelli e di mammiferi selvatici, nonché il
prelievo di uova, nidi e piccoli nati.
17 Conformemente all’art. 10 della legge citata, tutto il territorio
agro-silvo-pastorale nazionale è soggetto, per le regioni e le province,
a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata alla conservazione
delle specie mediante la destinazione differenziata del territorio.
18 In forza dell’art. 16 della legge n. 157/1992, le regioni possono
autorizzare l’istituzione di aziende faunistico-venatorie al fine di
garantire l’obiettivo naturalistico e faunistico.
19 L’art. 18 della legge n. 157/1992 indica i periodi nel corso dei
quali è consentito abbattere talune specie e autorizza le regioni a
modificarne i termini per determinate specie in relazione alle
situazioni ambientali delle diverse realtà territoriali.
20 Conformemente all’art. 19 bis, n. 1, della legge n. 157/1992, le
regioni disciplinano l’esercizio delle deroghe previste dalla direttiva
79/409. In forza di tale art. 19 bis, n. 4, il Presidente del Consiglio
dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di
concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio,
previa delibera del Consiglio dei Ministri, può annullare, dopo aver
diffidato la regione interessata, i provvedimenti di deroga da questa
posti in essere in violazione delle disposizioni della legge citata e
della direttiva 79/409.
21 Conformemente all’art. 20 della legge n. 157/1992, il Ministro
dell’agricoltura e delle foreste autorizza l’introduzione dall’estero di
fauna selvatica viva, purché appartenente alle specie autoctone, a scopo
di ripopolamento e di miglioramento genetico.
22 Ai sensi dell’art. 21, n. 1, della legge n. 157/1992, in linea di
principio è vietato a chiunque:
«(...)
prendere e detenere uova, nidi e piccoli nati di mammiferi e uccelli
appartenenti alla fauna selvatica (...);
(...)
bb) vendere, detenere per vendere, acquistare uccelli vivi o morti,
nonché loro parti o prodotti derivati facilmente riconoscibili,
appartenenti alla fauna selvatica (...);
(...)
ee) detenere, acquistare e vendere esemplari di fauna selvatica (...);
(...)».
23 L’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre
1997, n. 357, regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali,
nonché della flora e della fauna selvatiche (Supplemento ordinario alla
GURI n. 248 del 23 ottobre 1997; in prosieguo: il «decreto n.
357/1997»), dispone che le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano assicurano per i proposti siti di importanza comunitaria
opportune misure per evitare il degrado degli habitat naturali e degli
habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone
sono state designate e adottano per le zone speciali di conservazione le
misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza
appropriati piani di gestione specifici od integrati ad altri piani di
sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o
contrattuali.
24 In forza dell’art. 6 del decreto n. 357/1997, la rete «Natura 2000»
comprende le zone di protezione speciale previste dalla direttiva 79/409
e dall’art. 1, n. 5, della legge n. 157/1992, alle quali si applicano
gli obblighi derivanti, segnatamente, dall’art. 4 di tale decreto.
25 Conformemente all’art. 1, nn. 1 e 2, della legge 6 dicembre 1991, n.
394, legge quadro sulle aree protette (Supplemento ordinario alla GURI
n. 292 del 13 dicembre 1991; in prosieguo: la «legge n. 394/1991»), tale
legge detta principi fondamentali per l’istituzione e la gestione delle
aree naturali protette, al fine di garantire e di promuovere, in forma
coordinata, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale
del paese, vale a dire le formazioni fisiche, geologiche,
geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante
valore naturalistico e ambientale.
26 In forza dell’art. 1, n. 3, di tale legge, i territori nei quali
siano presenti i valori di cui al comma 2 di tale articolo sono
sottoposti ad uno speciale regime di tutela e di gestione, allo scopo di
perseguire, in particolare, le seguenti finalità:
- conservazione di specie animali o vegetali, di associazioni vegetali o
forestali, di singolarità geologiche, di formazioni paleontologiche, di
comunità biologiche, di biotopi, di valori scenici e panoramici, di
processi naturali, di equilibri idraulici e idrogeologici, di equilibri
ecologici;
- applicazione di metodi di gestione o di restauro ambientale idonei a
realizzare una integrazione tra uomo e ambiente naturale, anche mediante
la salvaguardia dei valori antropologici, archeologici, storici e
architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali,
nonché
- promozione di attività di educazione, di formazione e di ricerca
scientifica, anche interdisciplinare, nonché di attività ricreative
compatibili e difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e
idrogeologici.
Fase precontenziosa del procedimento e ricorso
27 Con lettera di diffida inviata alla Repubblica italiana il 10 aprile
2006, la Commissione invitava tale Stato membro a comunicarle le sue
osservazioni in merito alla normativa italiana di trasposizione della
direttiva 79/409 entro un termine di due mesi dalla ricezione di detta
lettera. La Repubblica italiana richiedeva una proroga di due mesi di
tale termine, che veniva negata dalla Commissione in considerazione
dell’imminente apertura della stagione venatoria e della necessità di
rendere la legislazione italiana conforme alla direttiva 79/409 senza
ulteriore indugio.
28 Ritenendo che la Repubblica italiana non avesse contestato gli
addebiti formulati in tale lettera di diffida né posto rimedio alla
situazione ivi denunciata, la Commissione ha emesso, il 28 giugno 2006,
un parere motivato invitando tale Stato membro a prendere i
provvedimenti necessari per conformarsi al citato parere motivato nel
termine di due mesi dal ricevimento di quest’ultimo.
29 La Repubblica italiana, mediante comunicazioni del 31 agosto e 24
novembre 2006, 31 luglio, 27 settembre, 24 ottobre e 26 novembre 2007,
21 marzo 2008, nonché in occasione di vari contatti con la Commissione,
ha annunciato modifiche legislative e regolamentari dirette a porre
rimedio agli addebiti formulati dalla Commissione nel parere motivato.
30 Ritenendo che la Repubblica italiana non avesse rispettato gli
impegni da essa assunti al fine di modificare la normativa di cui è
causa e che non fosse stato posto fine all’inadempimento addebitatole
allo spirare del termine impartito nel parere motivato, la Commissione
ha proposto il presente ricorso.
31 Con ordinanza 10 dicembre 2009, causa C-573/08 R, Commissione/Italia,
il presidente della Corte ha ingiunto alla Repubblica italiana di
sospendere l’applicazione dell’art. 4, n. 1, della legge regionale della
Regione Lombardia 30 luglio 2008, n. 24, recante disciplina del regime
di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE del
Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli
selvatici, in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, come
modificata per la stagione venatoria 2009/2010 dalla legge regionale
della Regione Lombardia 16 settembre 2009, n. 21.
Sul ricorso
32 A sostegno del ricorso, la Commissione deduce undici motivi attinenti
agli inadempimenti della Repubblica italiana a taluni obblighi che ad
essa incombono in forza degli artt. 2-7, 9-11, 13 e 18 della direttiva
79/409. Occorre rilevare che il motivo attinente all’art. 4 di tale
direttiva si riferisce unicamente al n. 4, seconda frase, di detto
articolo.
33 Occorre esaminare, anzitutto, il motivo attinente alla violazione
dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409, poi quello
relativo alla violazione dell’art. 9 di tale direttiva e, infine, i
motivi attinenti alla violazione degli artt. 2, 3, 5-7, 10, 11, 13 e 18
della citata direttiva.
Sul motivo attinente alla violazione dell’art. 4, n. 4, seconda frase,
della direttiva 79/409
Argomenti delle parti
34 La Commissione sostiene che l’art. 4, n. 4, seconda frase, della
direttiva 79/409 non è stato trasposto nell’ordinamento giuridico
italiano.
35 A tale proposito essa afferma che la normativa di trasposizione
dell’art. 4, n. 4, della direttiva 79/409 - e cioè gli artt. 4 e 6 del
decreto n. 357/1997 - predispone idonee misure di prevenzione atte ad
impedire l’inquinamento e il deterioramento degli habitat riguardo alle
zone di protezione speciale e non nei confronti degli habitat esterni a
tali zone.
36 Inoltre, la Commissione contesta le affermazioni contenute nel
controricorso della Repubblica italiana, secondo le quali l’art. 4, n.
4, seconda frase, della direttiva 79/409 è stato recepito, in realtà,
con le leggi nn. 394/1991 e 157/1992. Secondo la Commissione, le
disposizioni delle due leggi invocate dalla Repubblica italiana non
presentano alcun contenuto specificamente ornitologico e hanno una
portata più limitata di quella dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della
direttiva 79/409.
37 La Repubblica italiana afferma che diverse disposizioni delle leggi
nn. 394/1991 e 157/1992 garantiscono la protezione degli habitat fuori
delle zone di protezione speciale di cui all’art. 4, n. 4, seconda
frase, della direttiva 79/409.
38 Anzitutto, la Repubblica italiana osserva che l’art. 1, n. 1, della
legge n. 394/1991 prevede varie zone protette finalizzate alla
conservazione e alla valorizzazione del patrimonio naturale del paese,
fermo restando che, a suo parere, esse sono in parte esterne alle zone
di protezione speciale. Tale Stato membro rileva poi che, ai sensi
dell’art. 1, n. 3, della legge citata, i territori sui quali insistono
dette aree sono sottoposti, nel loro complesso, ad uno speciale regime
di tutela e di gestione, allo scopo, in primo luogo, di perseguire, in
particolare, la conservazione di specie animali o vegetali e, in secondo
luogo, l’applicazione di metodi di gestione e di restauro ambientale.
39 Inoltre, la Repubblica italiana afferma che, conformemente all’art.
10 della legge n. 157/1992, tutto il territorio agro-silvo-pastorale
nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria, nell’ambito
della quale le amministrazioni provinciali devono provvedere ad attuare,
da una parte, programmi volti al ripristino ed alla tutela degli habitat
e dall’altra, azioni mirate volte a tutelare l’avifauna migratoria lungo
le rotte di migrazione. Infine, tale Stato membro rileva che, in forza
dell’art. 16 della legge n. 157/1992, le regioni possono autorizzare
l’istituzione di aziende faunistico-venatorie per prevalenti finalità
naturalistiche e faunistiche e che, in base ai regolamenti regionali ed
ai disciplinari provinciali, il rilascio della concessione aziendale è
subordinato alla presentazione di programmi di conservazione e di
ripristino ambientale al fine di garantire l’obiettivo naturalistico e
faunistico.
Giudizio della Corte
40 Sebbene l’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409 non
imponga obbligatoriamente che si ottengano taluni risultati,
cionondimeno gli Stati membri devono porsi seriamente l’obiettivo di
proteggere gli habitat al di fuori delle zone di protezione speciale (v.
sentenza 13 dicembre 2007, causa C-418/04, Commissione/Irlanda, Racc.
pag. I-10947, punto 179 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, è
giocoforza rilevare che, nel caso di specie, la Repubblica italiana deve
adoperarsi per adottare le misure adeguate al fine di evitare
l’inquinamento o la perturbazione degli habitat.
41 Come sostiene la Commissione, la Repubblica italiana, avendo
riconosciuto che il decreto n. 357/1997 non costituisce una
trasposizione dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409,
afferma che le leggi nn. 394/1991 e 157/1992 consentono di garantire il
rispetto dell’obbligo risultante da tale disposizione della citata
direttiva.
42 Occorre esaminare, pertanto, se può ritenersi che le disposizioni
delle leggi nn. 394/1991 e 157/1992, invocate dalla Repubblica italiana,
consentano di garantire la protezione degli habitat degli uccelli
selvatici al di fuori delle zone di protezione.
43 Al riguardo, occorre rilevare che l’art. 1 della legge n. 394/1991
verte esclusivamente sull’istituzione e la gestione delle aree naturali
protette ai fini della conservazione e della valorizzazione del
patrimonio naturale del paese e non contiene alcun riferimento specifico
alle considerazioni ornitologiche previste dall’art. 4 della direttiva
79/409. La circostanza che tali zone siano assoggettate ad un regime
speciale di protezione e di gestione ai fini della conservazione, in
particolare, di specie animali non consente di ritenere che gli
interessi ornitologici siano specificamente protetti. Pertanto, è
giocoforza rilevare che la legge n. 394/1991 non prevede misure adeguate
per prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat di cui è
causa al di fuori delle zone di protezione speciale (v., in tal senso,
sentenza Commissione/Irlanda, cit., punto 182).
44 Quanto alle disposizioni della legge n. 157/1992 invocate dalla
Repubblica italiana, nemmeno tali disposizioni prevedono misure idonee
ai fini del conseguimento dell’obiettivo previsto dall’art. 4, n. 4,
seconda frase, della direttiva 79/409. Si deve rilevare, infatti,
anzitutto, che l’art. 10 di tale legge, in forza del quale le province
elaborano una pianificazione faunistico-venatoria nonché piani di
miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale di
fauna selvatica nonché piani di immissione di fauna selvatica, ha una
portata più limitata di quella dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della
direttiva 79/409 e non contiene alcun riferimento specifico alle
considerazioni di ordine ornitologico. In particolare, se è pur vero che
il soggiorno della fauna migratoria, conformemente all’art. 10 della
legge n. 157/1992, deve essere tutelato in taluni territori, occorre
rilevare che l’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409, mira
alla tutela degli habitat di tutte le specie di uccelli viventi
naturalmente allo stato selvatico ai sensi dell’art. 1 di tale
direttiva. Del pari, l’obbligo, legato all’istituzione di aziende
faunistico-venatorie, di elaborare programmi di conservazione e di
ripristino ambientale, previsto dall’art. 16 della legge n. 157/1992,
non consente di ritenere che gli interessi ornitologici saranno
specificamente e sistematicamente protetti.
45 Ciò premesso, si deve concludere che le disposizioni delle leggi nn.
394/1991 e 157/1992 non possono ritenersi costitutive di un’adeguata
trasposizione dell’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva 79/409.
Pertanto, si deve dichiarare che la censura della Commissione relativa
alla violazione di quest’ultima disposizione è fondata.
Sulla censura relativa alla violazione dell’art. 9 della direttiva
79/409
Argomenti delle parti
46 La Commissione sostiene, in primo luogo, che la normativa di
attuazione dell’art. 9 della direttiva 79/409, e cioè l’art. 19 bis
della legge n. 157/1992, istituisce un procedimento di controllo di
legittimità delle deroghe a livello regionale «sostanzialmente
inefficace e intempestivo».
47 In secondo luogo, la Commissione afferma che la normativa relativa ai
prelievi venatori nelle regioni Abruzzo, Lazio, Lombardia nonché Toscana
e i singoli provvedimenti che autorizzano i prelievi in dette regioni e
nelle regioni Emilia Romagna, Marche, Calabria e Puglia non soddisfano i
requisiti di cui all’art. 9 della direttiva 79/409 o, quantomeno, non li
soddisfac0evano alla scadenza del termine impartito nel parere motivato.
48 Per quanto riguarda la Regione Abruzzo, la Commissione rileva che
l’art. 59 della legge regionale 28 gennaio 2004, n. 10, relativa
all’esercizio delle deroghe previste dall’art. 9 della direttiva
79/409/CEE, consente in maniera generale la caccia di due specie
protette, cioè il passero e lo storno, senza che siano rispettate le
esigenze di cui all’art. 9 della direttiva 79/409, considerato che tali
due specie sono menzionate in una legge la cui applicazione non è
limitata a specifiche stagioni venatorie e che non indica i motivi per
cui il prelievo di tali due specie rappresenterebbe l’unica soluzione
possibile al fine di prevenire rilevanti danni alle colture.
49 Inoltre, essa ritiene che la citata normativa della Regione Abruzzo
lasci un ampio margine alla Giunta regionale per disciplinare il
prelievo venatorio in deroga delle specie interessate dalla direttiva
79/409 al fine di tutelare l’agricoltura, l’allevamento, la flora e la
fauna.
50 La Commissione aggiunge che vari provvedimenti di attuazione
evidenziano che la Regione Abruzzo ricorre al prelievo venatorio in
deroga facendo applicazione della citata normativa.
51 Per quanto riguarda la regione Lazio, la Commissione osserva che
l’art. 35 bis della legge regionale 2 maggio 1995, n. 17, introdotto
dalla legge 20 gennaio 2002, n. 3, consente in maniera generale la
caccia di tre specie protette, vale a dire passero, storno e passera
mattugia, senza menzionare le ragioni astratte, né tantomeno i motivi
concreti che giustificano l’autorizzazione del prelievo di dette specie
protette. A suo parere, tale normativa non indica né i mezzi né gli
impianti e tantomeno i metodi di cattura e di uccisione autorizzati.
52 La Commissione aggiunge che, sebbene la citata normativa sia stata
modificata dall’art. 81 della legge regionale 28 dicembre 2007, n. 26,
recante legge finanziaria regionale per l’esercizio 2008 (art. 11 della
legge regionale 20 novembre 2001, n. 25) e le specie oggetto della
deroga non siano più menzionate, non per questo essa soddisfa i
requisiti di cui all’art. 9 della direttiva 79/409, in quanto non è
necessario che i singoli atti menzionino le ragioni che giustificano la
deroga, i motivi precisi che costituiscono il nesso di casualità tra il
prelievo e l’esigenza che esso è inteso a soddisfare, né che il criterio
attinente all’assenza di altre soluzioni soddisfacenti sia soddisfatto.
53 La Commissione rileva inoltre che provvedimenti concreti adottati al
fine di autorizzare il prelievo venatorio in deroga contravvengono
parimenti l’art. 9.
54 Quanto alla regione Lombardia, la Commissione osserva che il prelievo
venatorio in deroga di varie specie protette è stato autorizzato senza
rispettare l’art. 9 della direttiva 79/409. Infatti, le leggi regionali
2 agosto 2004, n. 18 (stagione venatoria 2004/2005) e 3 agosto 2005, n.
13 (stagione venatoria 2005/2006) non riportano motivazioni sufficienti
per spiegare le ragioni dei prelievi venatori in deroga di esemplari
appartenenti alle specie fringuello e peppola autorizzati ai sensi
dell’art. 9, n. 1, lett. c), di tale direttiva e di esemplari
appartenenti alle specie passero d’Italia, passera mattugia e storno
autorizzati in forza dell’art. 9, n. 1, lett. a), della direttiva
medesima.
55 La Commissione osserva inoltre che il prelievo per le specie
fringuello, peppola e storno è stato successivamente autorizzato dalla
legge regionale 6 agosto 2007, n. 20 (stagione venatoria 2007/2008),
senza tuttavia fornire alcuna indicazione sulle ragioni astratte e sui
motivi concreti che renderebbero necessario il prelievo di alcuni
esemplari di tali specie, né sull’assenza di altre soluzioni
soddisfacenti.
56 La Commissione aggiunge che varie delibere dimostrano che la
normativa della Regione Lombardia non è conforme all’art. 9 della
direttiva 79/409.
57 Per quanto riguarda la Regione Toscana, la Commissione osserva che
l’art. 37 bis della legge regionale 11 ottobre 2002, n. 36, recante
modifica alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (recepimento della
legge 11 febbraio 1992, n. 157, recante norme per la protezione della
fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) non richiede che
le singole deroghe indichino le ragioni e i motivi che giustifichino
tali deroghe, informino circa l’esame concreto delle altre possibili
soluzioni e menzionino l’autorità abilitata a dichiarare che le
condizioni stabilite sono realizzate.
58 Secondo la Commissione, le leggi regionali 5 dicembre 2003, n. 57, 8
ottobre 2004, n. 51, e 30 settembre 2005, n. 57, nonché le delibere di
applicazione delle medesime, presentano gli stessi vizi.
59 Per quanto riguarda le regioni Emilia Romagna, Marche, Calabria e
Puglia, la Commissione sostiene che gli atti applicativi che autorizzano
il prelievo in deroga siano in contrasto con l’art. 9 della direttiva
79/409.
60 La Commissione ne conclude che dalla trasposizione e attuazione
dell’art. 9 della direttiva 79/409 nell’ordinamento giuridico italiano
consegue l’autorizzazione di un regime semi-permanente di caccia agli
uccelli rispetto ai quali la caccia è vietata.
61 La Repubblica italiana afferma che il Ministero dell’Ambiente si
impegna a porre in essere qualsiasi iniziativa affinché le regioni
coinvolte adeguino la loro legislazione e indica, quindi, di aver
comunicato alla Corte le osservazioni che le sono state trasmesse da
alcune delle regioni interessate. Tale Stato membro ha precisato,
all’udienza, che la posizione delle regioni era stata esposta dal
momento che la caccia ricade nella loro competenza esclusiva, pur
riconoscendo che la normativa in materia di caccia non è adeguata ai
fini del conseguimento degli obiettivi previsti dalla direttiva 79/409.
Giudizio della Corte
62 Si deve osservare anzitutto, da un lato, che la direttiva 79/409,
come emerge dal suo art. 1, mira alla conservazione di tutte le specie
di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio
europeo degli Stati membri e si prefigge la protezione, la gestione e la
regolazione di tali specie e, dall’altro, che l’efficace protezione
degli uccelli costituisce un problema ambientale tipicamente
transfrontaliero, che implica responsabilità comuni degli Stati membri
(sentenza 12 luglio 2007, causa C-507/04, Commissione/Austria, Racc.
pag. I-5939, punto 87 e giurisprudenza ivi citata).
63 Occorre poi ricordare che, secondo una giurisprudenza costante,
ciascuno degli Stati membri destinatari di una direttiva ha l’obbligo di
adottare, nell’ambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i
provvedimenti necessari a garantire la piena efficacia della direttiva,
conformemente allo scopo che essa persegue (v., in particolare, sentenza
24 giugno 2003, causa C-72/02, Commissione/Portogallo, Racc. pag.
I-6597, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).
64 Peraltro, sempre secondo giurisprudenza costante, la sussistenza di
un inadempimento dev’essere valutata alla luce della situazione
esistente nello Stato membro interessato alla scadenza del termine
fissato nel parere motivato (v., in particolare, sentenze 23 aprile
2009, causa C-493/08, Commissione/Grecia, punto 8; 4 giugno 2009, causa
C-555/08, Commissione/Svezia, punto 10, e 26 novembre 2009, causa
C-211/09, Commissione/Grecia, punto 7).
65 Ora, nel caso di specie è assodato che, alla scadenza del termine
fissato nel parere motivato, la Repubblica italiana non aveva adottato i
provvedimenti atti a garantire la corretta trasposizione dell’art. 9
della direttiva 79/409.
66 Inoltre, la Corte ha già dichiarato che la circostanza che uno Stato
membro abbia affidato alle proprie regioni l’attuazione di direttive non
può avere alcuna influenza sull’applicazione dell’art. 258 TFUE.
Infatti, sebbene ogni Stato membro sia libero di ripartire come crede
opportuno le competenze normative sul piano interno, tuttavia, a norma
dell’art. 258 TFUE, esso resta il solo responsabile, nei confronti
dell’Unione, del rispetto degli obblighi derivanti dal diritto
dell’Unione (v. sentenza 10 giugno 2004, causa C-87/02,
Commissione/Italia, Racc. pag. I-5975, punto 38 e giurisprudenza ivi
citata). Pertanto, uno Stato membro non può eccepire disposizioni,
prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per
giustificare l’inosservanza degli obblighi e termini imposti dal diritto
dell’Unione (v., in tal senso, sentenza 15 dicembre 2005, causa C-67/05,
Commissione/Germania, punto 9, e giurisprudenza ivi citata).
67 Ciò premesso, la circostanza che la caccia ricada nella competenza
esclusiva delle regioni non può dispensare la Repubblica italiana
dall’obbligo di garantire che le deroghe al regime restrittivo della
caccia adottate dalle autorità competenti rispettino i requisiti e le
esigenze posti dall’art. 9 della direttiva 79/409.
68 Conseguentemente, si deve dichiarare che la censura della Commissione
attinente alla violazione di detto art. 9 è fondata.
Sulle censure relative alla violazione degli artt. 2, 3, 5-7, 10, 11, 13
e 18 della direttiva 79/409
Argomenti delle parti
69 In primo luogo, la Commissione afferma di non aver rinvenuto
nell’ordinamento giuridico italiano alcuna disposizione di trasposizione
degli artt. 2, 10, n. 2, e 13 della direttiva 79/409. Essa ne deduce che
le disposizioni citate non sono state trasposte in tale ordinamento
giuridico.
70 In secondo luogo, la Commissione sostiene che la normativa di
trasposizione dell’art. 3 della direttiva 79/409, e cioè l’art. 1, n. 5,
della legge n. 157/1992, non prevede che, all’atto dell’emanazione dei
provvedimenti di cui all’art. 3 della direttiva 79/409, le autorità
competenti debbano tener conto dei requisiti menzionati all’art. 2 di
quest’ultima.
71 In terzo luogo, la Commissione afferma che la normativa di
trasposizione dell’art. 5 della direttiva 79/409, e cioè gli artt. 2, n.
1, lett. b) e c), 3 e 21, n. 1, lett. o)(1) e ee), della legge n.
157/1992, non prevede alcun divieto di distruzione e danneggiamento
deliberato delle specie di uccelli tutelate da tale direttiva.
72 In quarto luogo, la Commissione osserva che l’art. 21, n. 1, lett. bb),
della legge n. 157/1992, che traspone nell’ordinamento giuridico
italiano l’art. 6 della direttiva 79/409, non vieta il trasporto per la
vendita degli uccelli menzionati all’art. 1 di tale direttiva.
73 In quinto luogo, la Commissione sostiene che l’art. 18 della legge n.
157/1992, con cui è stato trasposto nell’ordinamento giuridico italiano
l’art. 7 della direttiva 79/409, non richiede espressamente che i
periodi di caccia rispettino il divieto di caccia durante il periodo
della nidificazione o durante le varie fasi della riproduzione e della
dipendenza. Essa deduce inoltre l’assenza di una disposizione di diritto
interno che preveda modalità adeguate di informazione sull’applicazione
concreta della legislazione sulla caccia.
74 In sesto luogo, la Commissione osserva che la normativa di
trasposizione dell’art. 11 della direttiva 79/409, cioè l’art. 20 della
legge n. 157/1992, non prevede che la Commissione sia consultata nei
casi di eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono
naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo.
75 In settimo luogo, la Commissione afferma che, non avendo comunicato i
testi delle leggi regionali emanate dalle regioni Lazio, Lombardia,
Toscana e Puglia, la Repubblica italiana ha violato l’obbligo di
cooperazione e di aggiornamento della situazione normativa interna in
relazione al recepimento e all’applicazione della direttiva 79/409,
sancito dall’art. 18, n. 2, di quest’ultima.
76 La Repubblica italiana riconosce la mancata trasposizione delle
summenzionate disposizioni e afferma che il governo italiano ha
sottoposto all’esame del Senato un disegno di legge che tiene conto
delle osservazioni della Commissione.
Giudizio della Corte
77 A tal riguardo, è giocoforza rilevare che dalla giurisprudenza citata
al punto 64 della presente sentenza emerge che la sussistenza di un
inadempimento dev’essere valutata alla luce della situazione esistente
nello Stato membro interessato alla scadenza del termine fissato nel
parere motivato.
78 Orbene, nel caso di specie è assodato che alla scadenza del termine
fissato nel parere motivato i provvedimenti necessari per la corretta
trasposizione della direttiva 79/409 sotto questi diversi profili non
erano stati emanati.
79 Si devono pertanto ritenere fondate le censure della Commissione
relative alla violazione degli artt. 2, 3, 5-7, 10, 11, 13 e 18 della
direttiva 79/409.
80 Alla luce del complesso delle considerazioni sin qui svolte si deve
dichiarare che, poiché la normativa di trasposizione nell’ordinamento
italiano della direttiva 79/409 non è completamente conforme a tale
direttiva e il sistema di recepimento dell’art. 9 di quest’ultima non
garantisce che le deroghe adottate dalle autorità italiane competenti
rispettino le condizioni e i requisiti previsti da tale articolo, la
Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in
forza degli artt. 2-7, 9-11, 13 e 18 della citata direttiva.
Sulle spese
81 A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché
la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta
soccombente, dev’essere condannata alle spese, ivi comprese quelle
relative al procedimento sommario.
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) Poiché la normativa di trasposizione nell’ordinamento italiano della
direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici, non è completamente conforme a
tale direttiva e il sistema di recepimento dell’art. 9 di quest’ultima
non garantisce che le deroghe adottate dalle autorità italiane
competenti rispettino le condizioni e i requisiti previsti da tale
articolo, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa
incombenti in forza degli artt. 2-7, 9-11, 13 e 18 della citata
direttiva.
2) La Repubblica italiana è condannata alle spese, ivi comprese quelle
relative al procedimento sommario.
Firme
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562