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TRIBUNALE
DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. VI, 3/03/2010, Sentenze T-429/05
DIRITTO SANITARIO - TUTELA DELLA SALUTE - Medicinali per uso umano (amfepramone)
- Rapporto rischi/benefici di un medicinale - Sospensione o revoca AIC di un
medicinale - Fattispecie: medicinali nel trattamento dell’obesità - Art. 11,
c. 1°, Direttiva 65/65. In tema di tutela della salute, risulta
espressamente dall’art. 11, primo comma, della direttiva 65/65 che
l’autorità competente deve sospendere o revocare l’AIC di un medicinale
allorché risulti che quest’ultimo sia nocivo nelle normali condizioni
d’impiego o sia inefficace o non abbia la composizione qualitativa e
quantitativa dichiarata. Al momento dell’attuazione di tale articolo, devono
essere prese in considerazione soltanto le esigenze legate alla tutela della
salute. Pres./Rel. Meij - Artegodan GmbH c. Commissione europea.
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. VI, 3/03/2010, Sentenze T-429/05
DIRITTO SANITARIO - TUTELA DELLA SALUTE - Principi di preminenza della
tutela della salute e di precauzione - Titolare di un’AIC di un medicinale -
Decisione di revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio (Amfepramone)
- Principio della certezza del diritto - Artt. 11 e 10 Direttiva 65/65/CEE.
Alla luce del principio generale secondo cui la tutela della salute deve
incontestabilmente assumere un’importanza preponderante rispetto a
considerazioni di ordine economico, il titolare di un’AIC di un medicinale -
la quale è valida cinque anni ed è rinnovabile per periodi quinquennali ai
sensi dell’art. 10 della direttiva 65/65 - non può pretendere, in forza del
principio della certezza del diritto, una tutela specifica dei suoi
interessi durante il periodo di validità dell’AIC, se l’autorità competente
dia piena prova, ai sensi dell’art. 11 di tale direttiva, che tale
medicinale non soddisfa più il criterio dell’innocuità o il criterio
dell’efficacia, tenuto conto dei progressi delle conoscenze scientifiche e
dei nuovi dati raccolti in particolare nell’ambito della farmacovigilanza.
Pertanto, il sistema di autorizzazione preventiva consente di desumere,
durante il periodo di validità dell’AIC, che il medicinale in parola offre,
in assenza di seri indizi contrari, un rapporto rischi/benefici favorevole,
fatta salva la possibilità di sospendere l’AIC in caso di urgenza. In
mancanza di siffatti indizi contrari, l’esigenza di non ridurre il ventaglio
di medicinali disponibili per il trattamento di una data malattia depone a
favore del mantenimento del medicinale sul mercato, per consentire, in ogni
situazione, che venga prescritto il medicinale più appropriato. Di
conseguenza, se l’autorità competente non fornisce indizi seri e concludenti
che consentano ragionevolmente di dubitare dell’innocuità o dell’efficacia
del medicinale interessato, l’AIC deve essere mantenuta per tutta la durata
della sua validità, nei limiti in cui la composizione qualitativa e
quantitativa del medicinale sia quella dichiarata. E se è vero che la
Commissione dispone di un ampio potere discrezionale in sede di applicazione
dell’art. 11 della direttiva 65/65 allorché essa è chiamata a compiere
valutazioni complesse, segnatamente in presenza di incertezze di ordine
scientifico, nel rispetto dei principi di preminenza della tutela della
salute e di precauzione, essa è invece vincolata dalle condizioni di
sospensione o di revoca di un’AIC, quali definite dall’art. 11 di cui sopra.
Infatti, se si verifica una di tali condizioni alternative, essa è tenuta
sospendere o a revocare l’AIC. Al contrario, se la Commissione non dimostra
che si sia verificata una di tali condizioni, l’AIC deve essere mantenuta.
Pres./Rel. Meij - Artegodan GmbH c. Commissione europea. TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. VI, 3/03/2010, Sentenze T-429/05
DIRITTO SANITARIO - TUTELA DELLA SALUTE - Efficacia dei medicinali nel
trattamento dell’obesità - Revoca delle autorizzazioni all’immissione in
commercio (Amfepramone) - Annullamento della decisione con sentenza del
Tribunale - Responsabilità extracontrattuale - Esclusione - Direttiva
65/65/CEE - Direttiva 75/318/CEE - Direttiva 75/319/CEE. Il principio
generale della preminenza della tutela della salute, attuato nelle
disposizioni sostanziali della direttiva 65/65, comporta vincoli specifici
per l’autorità competente nell’ambito del rilascio e della gestione delle
AIC dei medicinali. Esso le impone, in primo luogo, che siano prese in
considerazione esclusivamente le esigenze di tutela della salute, in secondo
luogo, la nuova valutazione del rapporto rischi/benefici di un medicinale
quando nuovi dati suscitino dubbi sulla sua efficacia o la sua sicurezza e,
in terzo luogo, l’attuazione del regime di prova conformemente al principio
di precauzione. In tale contesto, benché la violazione dell’art. 11 della
direttiva 65/65 sia chiaramente dimostrata e abbia giustificato
l’annullamento della Decisione, occorre prendere in considerazione le
particolari difficoltà di interpretazione ed applicazione, nel caso di
specie, di tale articolo. Infatti, considerata l’imprecisione dell’art. 11
della direttiva 65/65, le difficoltà legate all’interpretazione sistematica
delle condizioni di revoca o di sospensione di un’AIC elencate da tale
articolo, alla luce di tutto il sistema comunitario di autorizzazione
preventiva dei medicinali, potevano ragionevolmente spiegare, in mancanza di
precedenti, l’errore di diritto che ha commesso la Commissione nel
riconoscere la rilevanza giuridica del nuovo criterio scientifico applicato
dal CPMP, benché esso non fosse corroborato da alcun nuovo dato scientifico
o informazione nuova. In tale contesto, si deve considerare che alla luce,
da un lato, della complessità delle valutazioni di diritto e di fatto
richieste ai fini dell’applicazione dell’art. 11 della direttiva 65/65,
nelle circostanze della fattispecie e in mancanza di precedenti simili, e,
dall’altro lato, del principio della preminenza delle esigenze connesse alla
tutela della salute, la violazione da parte della Commissione dell’art. 11
della direttiva 65/65 troverebbe una giustificazione nei vincoli particolari
che gravavano nel caso di specie su tale istituzione nel perseguimento della
finalità essenziale di tutela della salute di cui alla direttiva 65/65. In
tali condizioni, la violazione, nel caso di specie, dell’art. 11 della
direttiva 65/65 non può essere ritenuta come una violazione sufficientemente
qualificata del diritto comunitario tale da far sorgere la responsabilità
extracontrattuale della Comunità. Pres./Rel. Meij - Artegodan GmbH c.
Commissione europea. TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. VI,
3/03/2010, Sentenze T-429/05
DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO
- Responsabilità extracontrattuale - Violazione sufficientemente qualificata
di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli - Art. 288, c. 2°,
CE. Il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità, ai
sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, è subordinato alla compresenza di un
insieme di condizioni, riguardanti l’illiceità del comportamento contestato
alle istituzioni, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di
causalità fra tale comportamento e il danno lamentato (v. C.G.sentenza del
9/09/2008, cause riunite C-120/06 P e C-121/06 P, FIAMM e FIAMM
Technologies/Consiglio e Commissione, nonché sentenza del Tribunale
11/07/2007, causa T-351/03, Schneider Electric/Commissione). Il carattere
cumulativo di dette condizioni implica che, nel caso in cui una di esse non
sia soddisfatta, il ricorso per risarcimento danni deve essere respinto nel
suo insieme senza che si renda necessario esaminare le altre condizioni
(sentenza della Corte 8 maggio 2003, causa C-122/01 P, T. Port/Commissione,
Racc. pag. I-4261, punto 30, e sentenza Schneider Electric/Commissione,
cit., punto 120). Pres./Rel. Meij - Artegodan GmbH c. Commissione europea.
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T-429/05
DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Illegittimità di un atto giuridico -
Responsabilità extracontrattuale - Ricorso per risarcimento di un danno -
Presupposti e limiti - Fattispecie - Art. 11, dir. 65/65. In tema di
diritto processuale europeo, l’accertamento dell’illegittimità di un atto
giuridico - quale, nel caso di specie, l’illegittimità della Decisione tanto
per incompetenza della Commissione quanto per violazione delle condizioni di
revoca dell’AIC di cui all’art. 11 della direttiva 65/65 - non è
sufficiente, per quanto sia censurabile tale illegittimità, a ritenere che
sia soddisfatta la condizione per far sorgere la responsabilità della
Comunità relativa all’illegittimità del comportamento censurato alle
istituzioni comunitarie [v., in tal senso, sentenza della Corte 19/04/2007,
causa C-282/05 P, Holcim (Deutschland)/Commissione, confermativa della
sentenza del Tribunale 21/04/2005, causa T-28/03, Holcim (Deutschland)/Commissione,
e sentenze del Tribunale 6/03/2003, causa T-56/00, Dole Fresh Fruit
International/Consiglio e Commissione e 9/09/2008, causa T-212/03, MyTravel/Commissione].
Pertanto, il ricorso per risarcimento è stato istituito come un rimedio
autonomo, dotato di una particolare funzione nell’ambito del sistema dei
mezzi di tutela giurisdizionale e subordinato, quanto al suo esercizio, a
condizioni attinenti al suo specifico oggetto (sentenza della Corte
17/12/1981, cause riunite da 197/80 a 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80,
Ludwigshafener Walzmühle Erling e a./Consiglio e Commissione, in tal senso,
sentenza della Corte 26/02/1986, causa 175/84, Krohn
Import-Export/Commissione). Mentre i ricorsi di annullamento e quelli per
carenza sono diretti a sanzionare l’illegittimità di un atto giuridicamente
vincolante ovvero la sua mancata adozione, l’azione risarcitoria ha per
oggetto la richiesta di risarcimento di un danno derivato da un atto oppure
da un comportamento illecito imputabile ad un’istituzione (sentenza del
Tribunale 27/11/2007, cause riunite T-3/00 e T-337/04, Pitsiorlas/Consiglio
e BCE). Pres./Rel. Meij - Artegodan GmbH c. Commissione europea.
TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. VI, 3/03/2010, Sentenze T-429/05
DIRITTO PROCESSUALE COMUNITARIO - Responsabilità extracontrattuale della
Comunità - Violazione qualificata di una norma giuridica - Legittimazione
processuale - Presupposti - Valutazione e poteri del giudice comunitario.
Per il riconoscimento dell’illegittimità del comportamento ascritto alle
istituzioni quale condizione per far sorgere la responsabilità
extracontrattuale della Comunità, è necessario che venga accertata una
violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a
conferire diritti ai singoli [sentenze della Corte 4/07/2000, causa C-352/98
P, Bergaderm e Goupil/Commissione e 19/04/2007, Holcim (Deutschland)/Commissione].
Per quanto riguarda il presupposto secondo cui la violazione del diritto
comunitario deve essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo
per considerarlo soddisfatto è quello della violazione grave e manifesta, da
parte dell’istituzione interessata, dei limiti posti al suo potere
discrezionale. Pertanto, il criterio determinante per stabilire se si sia in
presenza di una violazione di tal genere è il margine di discrezionalità di
cui disponeva l’istituzione in questione (v. sentenza della Corte
12/07/2005, causa C-198/03 P, Commissione/CEVA e Pfizer). Il presupposto
della violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario è
diretto, indipendentemente dalla natura dell’atto illecito in questione, ad
evitare che il rischio di dover risarcire i danni addotti dalle imprese
interessate non ostacoli la capacità dell’istituzione interessata di
esercitare pienamente le sue funzioni nell’interesse generale, tanto
nell’ambito della sua attività normativa o implicante scelte di politica
economica che nell’ambito della propria competenza amministrativa, senza per
questo lasciare a carico dei singoli l’onere delle conseguenze di violazioni
flagranti e inescusabili. Qualora l’istituzione interessata disponga
solamente di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non
addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario
può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione
sufficientemente qualificata (sentenza del Tribunale 12/07/2001, cause
riunite T-198/95, T-171/96, T-230/97, T-174/98 e T-225/99, Comafrica e Dole
Fresh Fruit Europe/Commissione). Ne deriva che soltanto la constatazione di
un’irregolarità che, in circostanze analoghe, non sarebbe stata commessa da
un’amministrazione normalmente prudente e diligente consente il sorgere
della responsabilità della Comunità. Spetta pertanto al giudice comunitario,
dopo aver stabilito, dapprima, se l’istituzione interessata disponesse di un
margine discrezionale, prendere in considerazione, in un secondo tempo, la
complessità della situazione da disciplinare, le difficoltà di applicazione
o di interpretazione dei testi, il grado di chiarezza e di precisione della
norma violata e l’intenzionalità o l’inescusabilità dell’errore commesso.
Pres./Rel. Meij - Artegodan GmbH c. Commissione europea. TRIBUNALE DI
PRIMO GRADO DELLE C.E., Sez. VI, 3/03/2010, Sentenze T-429/05
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CORTE DI GIUSTIZIA
delle Comunità Europee,
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
3 marzo 2010
«Responsabilità extracontrattuale - Medicinali per uso umano - Decisione
che impone la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio -
Annullamento della decisione con sentenza del Tribunale - Violazione
sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce
diritti ai singoli»
Nella causa T-429/05,
Artegodan GmbH, con sede in Lüchow (Germania), rappresentata
inizialmente dall’avv. U. Doepner, successivamente dall’avv. A.
Lensing-Kramer, e infine dagli avv.ti U. Reese e A. Sandrock,
ricorrente,
contro
Commissione europea, rappresentata dal sig. B. Stromsky e dalla sig.ra
M. Heller, in qualità di agenti,
convenuta,
sostenuta da
Repubblica federale di Germania, rappresentata dai sigg. M. Lumma e U.
Forsthoff, in qualità di agenti,
interveniente,
avente ad oggetto un ricorso per risarcimento ai sensi degli artt. 235
CE e 288, secondo comma, CE, inteso ad ottenere il risarcimento del
danno asseritamente subito dalla ricorrente a causa dell’adozione della
decisione della Commissione 9 marzo 2000, C (2000) 453, relativa alla
revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio dei medicinali
per uso umano contenenti amfepramone,
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),
composto dai sigg. A. W. H. Meij (relatore), presidente, V. Vadapalas e
T. Tchipev, giudici,
cancelliere: sig.ra C. Kantza, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16
settembre 2009,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Contesto normativo
Direttiva 65/65/CEE
1 Il 26 gennaio 1965 il Consiglio ha adottato la direttiva 65/65/CEE per
il riavvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative relative alle specialità medicinali (GU 22, pag. 369).
Tale direttiva è stata modificata a più riprese, in particolare dalle
direttive del Consiglio 26 ottobre 1983, 83/570/CEE (GU L 332, pag. 1),
e 14 giugno 1993, 93/39/CEE (GU L 214, pag. 22) (in prosieguo: la
«direttiva 65/65», come modificata). L’art. 3 della direttiva 65/65
sancisce il principio secondo cui nessun medicinale può essere immesso
in commercio in uno Stato membro senza aver ottenuto un’autorizzazione
dall’autorità competente di tale Stato membro ai sensi della stessa
direttiva oppure un’autorizzazione concessa a norma del regolamento
(CEE) del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure
comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso
umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione
dei medicinali (GU L 214, pag. 1).
2 L’art. 10, n. 1, della direttiva 65/65 dispone che l’autorizzazione ha
una validità di cinque anni ed è rinnovabile per periodi quinquennali
dopo l’esame, da parte dell’autorità competente, di un fascicolo in cui
figura, in particolare, lo stato dei dati della farmacovigilanza e le
altre informazioni pertinenti per la sorveglianza del medicinale.
3 L’art. 11, primo comma, della direttiva 65/65 dispone quanto segue:
«Le autorità competenti degli Stati membri sospendono o revocano
l’autorizzazione all’immissione in commercio della specialità
medicinale, allorché risulti che la specialità medicinale è nociva nelle
normali condizioni d’impiego, allorché manchi l’effetto terapeutico, o
allorché la specialità non abbia la composizione qualitativa e
quantitativa dichiarata. L’effetto terapeutico manca quando risulta che
la specialità medicinale non permette di ottenere risultati
terapeutici».
4 Ai sensi dell’art. 21 della direttiva 65/65, l’autorizzazione
all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») può essere
rifiutata, sospesa o revocata solamente per i motivi elencati nella
direttiva stessa.
Direttiva 75/318/CEE
5 La direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, 75/318/CEE, relativa al
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti le
norme ed i protocolli analitici, tossico-farmacologici e clinici in
materia di sperimentazione delle specialità medicinali (GU L 147, pag.
1), come modificata a più riprese, in particolare dalle direttive 83/570
e 93/39, stabilisce le regole comuni per la sperimentazione di cui
all’art. 4, secondo comma, punto 8, della direttiva 65/65 e precisa le
informazioni che devono essere presentate a corredo della domanda di AIC
di un medicinale ai sensi dei punti 3, 4, 6 e 7 del medesimo comma.
6 Il settimo e l’ottavo ‘considerando’di tale direttiva recitano come
segue:
«considerando che i concetti di “nocività” e di “effetto terapeutico” di
cui all’articolo 5 della direttiva 65/65 (…) possono essere esaminati
solo in relazione reciproca e hanno soltanto un significato relativo, da
valutare in base al grado di sviluppo della scienza e tenendo conto
della destinazione del medicinale; che dai documenti e dalle
informazioni che debbono essere uniti alla domanda d’[AIC] deve
risultare l’aspetto favorevole dell’equilibrio tra efficacia e rischi
potenziali; che, in mancanza di ciò, la domanda deve essere respinta;
considerando che la valutazione della nocività e dell’effetto
terapeutico può evolvere in seguito a nuove scoperte e che le norme e
protocolli dovranno essere adattati al progresso scientifico».
Direttiva 75/319/CEE
7 La seconda direttiva del Consiglio 20 maggio 1975, 75/319/CEE,
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (GU
L 147, pag. 13), modificata a più riprese, in particolare dalle
direttive 83/570 e 93/39 (in prosieguo: la «direttiva 75/319», come
modificata), istituisce, al capitolo III (artt. 8-15 quater), una
procedura di mutuo riconoscimento delle AIC nazionali (art. 9),
integrata da procedure arbitrali comunitarie.
8 Tale direttiva prevede espressamente il deferimento al Comitato per le
specialità medicinali [Committee for Proprietary Medicinal Products] (in
prosieguo: il «CPMP») da parte dell’Agenzia europea di valutazione dei
medicinali (EMEA), ai fini dell’applicazione della procedura di cui
all’art. 13 (v. infra punto 9), qualora uno Stato membro ritenga,
nell’ambito della procedura di mutuo riconoscimento istituita all’art.
9, che vi sia motivo di presumere che l’autorizzazione del medicinale in
questione possa comportare un rischio per la salute e che gli Stati
membri non pervengano a un accordo nel termine prescritto (art. 10), in
caso di decisioni divergenti degli Stati membri in merito alla
concessione, alla sospensione o alla revoca delle autorizzazioni
nazionali (art. 11) nonché in casi particolari aventi interesse
comunitario (art. 12).
9 L’art. 13 della direttiva 75/319 disciplina la procedura innanzi al
CPMP, il quale emette un parere motivato. Il n. 5 di tale articolo
dispone che l’EMEA trasmetta il parere definitivo del CPMP agli Stati
membri, alla Commissione e al responsabile dell’immissione in commercio
unitamente ad una relazione contenente la valutazione del medicinale e
la motivazione delle conclusioni raggiunte. L’art. 14 della medesima
direttiva disciplina la procedura decisionale comunitaria. Ai sensi del
n. 1, primo comma, di tale articolo, entro trenta giorni dalla ricezione
del parere del CPMP la Commissione elabora un progetto di decisione
riguardante la domanda, tenendo conto della normativa comunitaria. Il n.
1, terzo comma, del medesimo articolo, prevede che qualora
eccezionalmente il progetto di decisione si discosti dal parere dell’EMEA,
la Commissione alleghi le precise motivazioni delle differenze. La
decisione definitiva è adottata conformemente alla procedura di
regolamentazione di cui all’art. 37 ter della direttiva 75/319.
Codice comunitario dei medicinali per uso umano
10 Tutte le direttive relative ai medicinali per uso umano che
disciplinano la procedura comunitaria decentrata di un’AIC, in
particolare le direttive 65/65, 75/318 e 75/319, sono state codificate
dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001,
2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso
umano (GU L 311, pag. 67; in prosieguo: il «codice»).
Fatti
11 La ricorrente, l’Artegodan GmbH, è titolare di un’AIC, inizialmente
rilasciata dall’autorità nazionale competente, per il Tenuate retard, un
medicinale contenente amfepramone, sostanza anoressizzante anfetaminica.
Essa ha ripreso tale AIC e la commercializzazione del Tenuate retard in
Germania nel settembre del 1998.
12 L’amfepramone nonché altre sostanze anoressizzanti sono state oggetto
della decisione della Commissione 9 dicembre 1996, C (96) 3608 def./1,
concernente l’AIC dei medicinali per uso umano contenenti le seguenti
sostanze: clobenzorex, norpseudoefedrina, fentermina, fenproporex,
mazindolo, amfepramone, fendimetrazina, fenmetrazina, mefenorex. In tale
decisione, adottata in seguito al parere del CPMP adito ai sensi
dell’art. 12 della direttiva 75/319, la Commissione ha ingiunto agli
Stati membri interessati di modificare determinati dati clinici
figuranti nei riassunti delle caratteristiche del prodotto approvati al
momento del rilascio delle AIC in questione.
13 In seguito a una nuova valutazione dell’amfepramone su richiesta di
uno Stato membro, il 9 marzo 2000 la Commissione ha adottato a norma
dell’art. 15 bis della direttiva 75/319 la decisione C (2000) 453
concernente la revoca delle AIC dei medicinali per uso umano contenenti
amfepramone (in prosieguo: la «Decisione»). All’art. 1 della Decisione,
la Commissione ha ingiunto agli Stati membri di revocare «le
autorizzazioni nazionali di immissione in commercio di cui all’art. 3,
primo comma, della direttiva 65/65, che si riferiscono ai medicinali
[contenenti amfepramone], elencati all’allegato I». All’art. 2 della
Decisione, essa ha motivato tale revoca rinviando alle conclusioni
scientifiche, allegate al parere definitivo del CPMP del 31 agosto 1999
relativo a tale sostanza (in prosieguo: il «parere definitivo»), e,
all’art. 3 della Decisione, ha imposto agli Stati membri interessati di
dare esecuzione alla stessa entro un termine di 30 giorni a decorrere
dalla sua notifica.
14 Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale il 30 marzo 2000, la
ricorrente ha chiesto l’annullamento della Decisione (causa T-74/00). In
particolare, essa ha dedotto l’incompetenza della Commissione, nonché la
violazione degli artt. 11 e 21 della direttiva 65/65 e dell’art. 15 bis
della direttiva 75/319.
15 Con decisione 11 aprile 2000 del Bundesinstitut für Arzneimittel und
Medizinprodukte (Istituto federale per i prodotti farmaceutici e
medicinali) la Repubblica federale di Germania, in esecuzione della
Decisione, ha revocato l’AIC del Tenuate retard sul fondamento dell’art.
30, n. 1a, dell’Arzneimittelgesetz (Legge tedesca sui medicinali),
secondo il quale l’AIC deve essere revocata quando ciò sia necessario
per conformarsi a una decisione adottata dalla Commissione ai sensi, in
particolare, dell’art. 37 ter della direttiva 75/319.
16 Tuttavia, tale decisione nazionale di revoca dell’11 aprile 2000 non
ha trovato immediata attuazione. Infatti, con ordinanza di pari data, il
presidente del Tribunale ha ordinato la sospensione dell’esecuzione
della Decisione fino alla pronuncia dell’ordinanza che poneva fine al
procedimento sommario. Con ordinanza 28 giugno 2000, causa T-74/00 R,
Artegodan/Commissione (Racc. pag. II-2583), egli ha disposto la
sospensione dell’esecuzione della Decisione per quanto riguarda la
ricorrente. Tale ordinanza non è stata impugnata.
17 Peraltro, in sette cause collegate, altri titolari di AIC di
medicinali contenenti amfepramone o altre sostanze anoressizzanti
anfetaminiche, vale a dire la norpseudoefedrina, il clobenzorex, il
fenproporex e la fentermina, hanno chiesto, da un lato, l’annullamento
e, dall’altro, con atti separati, la sospensione dell’esecuzione della
Decisione (cause T-76/00 e T-141/00) nonché delle decisioni della
Commissione 9 marzo 2000, C (2000) 608 e C (2000) 452, concernenti
rispettivamente la revoca delle AIC dei medicinali contenenti in
particolare norpseudoefedrina, clobenzorex, fenproporex (cause riunite
da T-83/00 a T-85/00) e fentermina (cause T-132/00 e T-137/00).
18 Con ordinanza 19 ottobre 2000, causa T-141/00 R, Trenker/Commissione
(Racc. pag. II-3313), e con altre sei ordinanze 31 ottobre 2000, causa
T-76/00 R, Bruno Farmaceutici e a./Commissione (Racc. pag. II-3557,
pubblicazione sommaria), causa T-83/00 R II, Schuck/Commissione (Racc.
pag. II-3585, pubblicazione sommaria), causa T-84/00 R, Roussel e
Roussel Diamant/Commissione (Racc. pag. II-3591), causa T-85/00 R,
Roussel e Roussel Iberica/Commissione (Racc. pag. II-3613), causa
T-132/00 R, Gerot Pharmazeutika/Commissione (Racc. pag. II-3635), e
causa T-137/00 R, Cambridge Healthcare Supplies/Commissione (Racc. pag.
II-3653, pubblicazione sommaria), il presidente del Tribunale ha accolto
tali domande di sospensione dell’esecuzione delle tre decisioni della
Commissione per quanto riguarda le ricorrenti nelle sette cause di cui
al precedente punto 17. Tali sette ordinanze sono state impugnate dalla
Commissione. Con ordinanze 11 aprile 2001, causa C-459/00 P(R),
Commissione/Trenker (Racc. pag. I-2823), causa C-471/00 P(R),
Commissione/Cambridge Healthcare Supplies (Racc. pag. I-2865), causa
C-474/00 P(R), Commissione/Bruno Farmaceutici e a. (Racc. pag. I-2909),
causa C-476/00 P(R), Commissione/Schuck (Racc. pag. I-2995), causa
C-477/00 P(R), Commissione/Roussel e Roussel Diamant (Racc. pag.
I-3037), causa C-478/00 P(R), Commissione/Roussel e Roussel Iberica
(Racc. pag. I-3079), e causa C-479/00 P(R), Commissione/Gerot
Pharmazeutika, (Racc. pag. I-3121), il presidente della Corte ha
annullato le ordinanze del presidente del Tribunale e ha respinto le
domande di provvedimenti provvisori.
19 Nella causa T-74/00 R, Artegodan/Commissione, con domanda registrata
presso la cancelleria del Tribunale il 20 aprile 2001, la Commissione ha
chiesto la revoca dell’ordinanza del presidente del Tribunale 28 giugno
2000, Artegodan/Commissione, citata, ai sensi dell’art. 108 del
regolamento di procedura del Tribunale. Con ordinanza 5 settembre 2001,
causa T-74/00 R, Artegodan/Commissione (Racc. pag. II-2367), il
presidente del Tribunale ha respinto tale domanda. Il 13 novembre 2001
la Commissione ha impugnato tale ordinanza. Con ordinanza 14 febbraio
2002, causa C-440/01 P(R), Commissione/Artegodan, (Racc. pag. I-1489),
la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata e ha revocato l’ordinanza 28
giugno 2000, Artegodan/Commissione, citata, ponendo così fine alla
sospensione dell’esecuzione della Decisione per quanto riguarda l’Artegodan.
20 Di conseguenza, il 7 marzo 2002 il Bundesinstitut für Arzneimittel
und Medizinprodukte ha disposto l’immediata esecuzione della sua
decisione 11 aprile 2000. Tale decisione ha determinato, per la
ricorrente, l’entrata in vigore del divieto di vendita del Tenuate
retard a metà marzo 2002.
21 Con ordinanza 23 luglio 2001, dopo aver sentito tutte le parti, il
presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha disposto la riunione,
ai fini della trattazione orale e della sentenza, delle cause T-74/00,
T-76/00, da T-83/00 a T-85/00, T-132/00, T-137/00 e T-141/00.
22 Con sentenza 26 novembre 2002, cause riunite T-74/00, T-76/00, da
T-83/00 a T-85/00, T-132/00, T-137/00 e T-141/00, Artegodan e
a./Commissione (Racc. pag. II-4945), in particolare il Tribunale ha
annullato la Decisione nella parte in cui riguardava i medicinali
commercializzati dalla ricorrente, accogliendo il motivo fondato
sull’incompetenza della Commissione. Inoltre, il Tribunale ha dichiarato
che, anche supponendo che la Commissione fosse stata competente ad
adottare la Decisione, quest’ultima sarebbe comunque viziata da
illegittimità per violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65.
23 Il divieto di vendita del Tenuate retard, entrato in vigore nel marzo
2002, non è stato rimosso in seguito a tale sentenza.
24 La Commissione ha presentato un’impugnazione contro la sentenza
Artegodan e a./Commissione, citata, deducendo motivi relativi, da un
lato, al ragionamento del Tribunale sulla mancanza di competenza della
Commissione e, dall’altro lato, all’interpretazione da parte del
Tribunale delle condizioni - quali definite dall’art. 11, primo comma,
della direttiva 65/65 - di revoca delle AIC.
25 Inoltre, con atti separati la Commissione ha chiesto che la causa
fosse sottoposta a procedimento accelerato e che venisse sospesa
l’esecuzione della sentenza del Tribunale. Il presidente della Corte ha
deciso di sottoporre la causa a procedimento accelerato e con ordinanza
8 maggio 2003, causa C-39/03 P-R, Commissione/Artegodan e a. (Racc. pag.
I-4485), ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione.
26 Con sentenza 24 luglio 2003, causa C-39/03 P, Commissione/Artegodan e
a. (Racc. pag. I-7885), la Corte ha respinto l’impugnazione sulla base
del rilievo che, senza necessità di pronunciarsi sugli altri motivi
addotti dalla Commissione, si doveva constatare che il Tribunale aveva
giustamente dichiarato che quest’ultima era incompetente ad adottare, in
particolare, la Decisione e che pertanto quest’ultima doveva essere
annullata.
27 Il 6 ottobre 2003 le autorità tedesche competenti hanno comunicato
alla ricorrente la revoca della succitata decisione 11 aprile 2000. A
partire da metà novembre 2003 la ricorrente ha reimmesso in commercio il
Tenuate retard.
28 Con lettera del 9 giugno 2004 la ricorrente ha chiesto alla
Commissione il risarcimento dei danni, stimati in EUR 1 652 926,19, che
essa avrebbe subito a causa della Decisione.
29 Con lettera del 9 novembre 2004 la Commissione ha respinto tale
domanda, facendo valere che le condizioni della responsabilità
extracontrattuale della Comunità non erano soddisfatte, in mancanza di
una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario. In
risposta a una lettera della ricorrente del 10 marzo 2005 che reiterava
la sua domanda, la Commissione ha confermato la propria posizione in una
lettera del 20 aprile 2005.
Procedimento e conclusioni delle parti
30 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale
il 7 dicembre 2005, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.
31 Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste
all’art. 64 del regolamento di procedura, su richiesta della
Commissione, sentita la ricorrente, con lettera della cancelleria del 27
marzo 2006 il Tribunale ha invitato le parti a limitare le loro
osservazioni alla questione relativa alla sussistenza della
responsabilità extracontrattuale della Comunità, atteso che la questione
concernente la stima del danno invocato era riservata, eventualmente, ad
una fase ulteriore del procedimento.
32 Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 aprile
2006 la Repubblica federale di Germania ha chiesto di essere autorizzata
a intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione. Con
ordinanza 10 maggio 2006 il presidente della Seconda Sezione ha accolto
tale domanda.
33 Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata
modificata, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione,
alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.
34 Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha
deciso di avviare la fase orale.
35 Le parti principali hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti
formulati dal Tribunale all’udienza del 16 settembre 2009.
L’interveniente ha rinunciato a partecipare all’udienza.
36 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
- condannare la Commissione a versarle la somma di EUR 1 430 821,36,
maggiorata degli interessi fissati forfetariamente all’8% per il periodo
compreso tra il giorno di pronuncia della sentenza e l’integrale
versamento;
- dichiarare che la Commissione è tenuta a risarcire tutti i danni che
essa subirà ancora in futuro a causa delle spese di marketing necessarie
a che il Tenuate retard recuperi la posizione sul mercato detenuta prima
che la Commissione ritirasse l’AIC di tale medicinale;
- condannare la Commissione alle spese.
37 La Commissione, sostenuta dall’interveniente, chiede che il Tribunale
voglia:
- respingere il ricorso;
- condannare la ricorrente alle spese.
In diritto
Osservazioni preliminari sulle condizioni cui è subordinata la
responsabilità extracontrattuale della Comunità e sulla portata della
sentenza del Tribunale che annulla la Decisione
38 Secondo costante giurisprudenza, il sorgere della responsabilità
extracontrattuale della Comunità, ai sensi dell’art. 288, secondo comma,
CE, è subordinato alla compresenza di un insieme di condizioni,
riguardanti l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni,
la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra tale
comportamento e il danno lamentato (v. sentenza della Corte 9 settembre
2008, cause riunite C-120/06 P e C-121/06 P, FIAMM e FIAMM
Technologies/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I-6513, punto 106, e
giurisprudenza ivi citata, nonché sentenza del Tribunale 11 luglio 2007,
causa T-351/03, Schneider Electric/Commissione, Racc. pag. II-2237,
punto 113).
39 Il carattere cumulativo di dette condizioni implica che, nel caso in
cui una di esse non sia soddisfatta, il ricorso per risarcimento danni
deve essere respinto nel suo insieme senza che si renda necessario
esaminare le altre condizioni (sentenza della Corte 8 maggio 2003, causa
C-122/01 P, T. Port/Commissione, Racc. pag. I-4261, punto 30, e sentenza
Schneider Electric/Commissione, cit., punto 120).
40 Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che sono soddisfatte le
tre condizioni che determinano il sorgere della responsabilità
extracontrattuale della Comunità, vale a dire l’illegittimità della
Decisione, l’effettività del danno fatto valere e l’esistenza di un
nesso di causalità tra la Decisione e tale danno.
41 Il Tribunale ritiene opportuno esaminare anzitutto se sia soddisfatta
la condizione relativa all’illegittimità cui è subordinato il sorgere
della responsabilità extracontrattuale della Comunità.
42 A tal riguardo la ricorrente deduce, in primo luogo, l’incompetenza
della Commissione ad adottare la Decisione, in secondo luogo,
l’inosservanza da parte di tale istituzione delle condizioni - quali
definite dall’art. 11, della direttiva 65/65 - di revoca di un’AIC, in
terzo luogo, la violazione del principio di proporzionalità, in quarto
luogo, la violazione del principio di buona amministrazione e, in quinto
luogo, in subordine, il cumulo delle irregolarità summenzionate.
43 La Commissione ritiene che la Decisione non sia viziata da alcuna
illegittimità tale da far sorgere la responsabilità della Comunità.
44 In primo luogo, prima di affrontare l’esame in successione dei
summenzionati motivi, si deve rilevare che i primi due motivi, relativi,
rispettivamente, all’incompetenza della Commissione e alla violazione
delle condizioni di revoca di un’AIC di medicinali previste dall’art. 11
della direttiva 65/65, sono stati accolti dal Tribunale nella sentenza
Artegodan e a./Commissione, citata, confermata dalla Corte nella
sentenza Commissione/Artegodan e a., citata.
45 Pertanto, l’incompetenza della Commissione ad adottare la Decisione
nonché la violazione da parte di tale istituzione delle condizioni di
revoca di un’AIC indicate all’art. 11 della direttiva 65/65 devono
essere date per acquisite, come sostenuto dalla ricorrente.
46 Tuttavia, la Commissione e la Repubblica federale di Germania
sostengono che la Decisione non viola l’art. 11 della direttiva 65/65.
In questo modo, esse mettono in discussione la soluzione elaborata dal
Tribunale in merito all’interpretazione e all’applicazione delle
condizioni di revoca dell’AIC di cui all’art. 11 della direttiva 65/65,
facendo valere che la Corte non si è pronunciata sulla questione.
47 Tale motivo dedotto a difesa, relativo alla presunta assenza di
violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65, deve essere direttamente
dichiarato irricevibile dal momento che esso è in contrasto con
l’autorità di cosa giudicata della sentenza Artegodan e a./Commissione,
citata.
48 Infatti, nella sentenza Commissione/Artegodan e a., citata, in
seguito al rigetto da parte della Corte dell’impugnazione che era stata
proposta dalla Commissione contro la sentenza Artegodan e
a./Commissione, citata, quest’ultima ha acquisito l’autorità di cosa
giudicata relativamente a tutti i punti di fatto e di diritto che sono
stati effettivamente o necessariamente risolti dal Tribunale (v., in tal
senso, sentenze della Corte 30 aprile 2009, causa C-497/06 P, CAS Succhi
di Frutta/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 33, e
giurisprudenza ivi citata, e 16 luglio 2009, causa C-440/07 P,
Commissione/Schneider Electric, non ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 102). La Commissione non è pertanto legittimata a rimettere in
discussione gli accertamenti di fatto e di diritto effettuati dal
Tribunale nella sentenza Artegodan e a./Commissione, citata,
relativamente alla violazione delle condizioni di revoca dell’AIC di cui
all’art. 11 della direttiva 65/65. A tal riguardo, è del tutto
irrilevante la circostanza invocata dalla Commissione secondo la quale
la Corte non ha ritenuto necessario esaminare il motivo relativo alla
violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 da parte del Tribunale,
che era stato altresì dedotto a sostegno dell’impugnazione.
49 In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza
consolidata, l’accertamento dell’illegittimità di un atto giuridico -
quale, nel caso di specie, l’illegittimità della Decisione tanto per
incompetenza della Commissione quanto per violazione delle condizioni di
revoca dell’AIC di cui all’art. 11 della direttiva 65/65 - non è
sufficiente, per quanto sia censurabile tale illegittimità, a ritenere
che sia soddisfatta la condizione per far sorgere la responsabilità
della Comunità relativa all’illegittimità del comportamento censurato
alle istituzioni comunitarie [v., in tal senso, sentenza della Corte 19
aprile 2007, causa C-282/05 P, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc.
pag. I-2941, punto 47, confermativa della sentenza del Tribunale 21
aprile 2005, causa T-28/03, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag.
II-1357, punto 87, e sentenze del Tribunale 6 marzo 2003, causa T-56/00,
Dole Fresh Fruit International/Consiglio e Commissione, Racc. pag.
II-577, punti 72-75, e 9 settembre 2008, causa T-212/03, MyTravel/Commissione,
Racc. pag. II-1967, punti 43 e 85].
50 Infatti, secondo la giurisprudenza, il ricorso per risarcimento è
stato istituito come un rimedio autonomo, dotato di una particolare
funzione nell’ambito del sistema dei mezzi di tutela giurisdizionale e
subordinato, quanto al suo esercizio, a condizioni attinenti al suo
specifico oggetto (sentenza della Corte 17 dicembre 1981, cause riunite
da 197/80 a 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, Ludwigshafener Walzmühle
Erling e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3211, punto 4; v., in
particolare, in tal senso, sentenza della Corte 26 febbraio 1986, causa
175/84, Krohn Import-Export/Commissione, Racc. pag. 753, punto 32 ).
Mentre i ricorsi di annullamento e quelli per carenza sono diretti a
sanzionare l’illegittimità di un atto giuridicamente vincolante ovvero
la sua mancata adozione, l’azione risarcitoria ha per oggetto la
richiesta di risarcimento di un danno derivato da un atto oppure da un
comportamento illecito imputabile ad un’istituzione (sentenza del
Tribunale 27 novembre 2007, cause riunite T-3/00 e T-337/04, Pitsiorlas/Consiglio
e BCE, Racc. pag. II-4779, punto 283).
51 In tale contesto, tenuto conto dell’autonomia del ricorso per
risarcimento, e contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, le
condizioni di una siffatta responsabilità devono parimenti essere
interpretate indipendentemente dai presupposti per concedere la
sospensione dell’esecuzione nell’ambito di un ricorso di annullamento.
Infatti, il procedimento sommario, proposto parallelamente a un ricorso
di annullamento, mira esclusivamente ad evitare che la decisione
impugnata causi un danno grave e irreparabile, prima della decisione del
Tribunale nella causa principale, quando i motivi dedotti a sostegno del
ricorso principale appaiano, prima facie, fondati (ordinanza del
Presidente del Tribunale 28 aprile 2009, causa T-95/09 R, United
Phosphorus/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 18 e 21).
Invece, il ricorso per risarcimento, diretto non all’annullamento di un
atto giuridico illegittimo, bensì al risarcimento del danno causato
dalle istituzioni, è soggetto a condizioni specifiche definite in
maniera autonoma in funzione del suo specifico oggetto (v. supra punto
50). Pertanto, esso non è diretto a garantire il risarcimento del danno
causato da qualsiasi comportamento illecito.
52 Per il riconoscimento dell’illegittimità del comportamento ascritto
alle istituzioni quale condizione per far sorgere la responsabilità
extracontrattuale della Comunità, la giurisprudenza richiede che venga
accertata una violazione sufficientemente qualificata di una norma
giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli [sentenze della
Corte 4 luglio 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione,
Racc. pag. I-5291, punto 42, e 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,
cit., punto 47].
53 Per quanto riguarda il presupposto secondo cui la violazione del
diritto comunitario deve essere sufficientemente qualificata, il
criterio decisivo per considerarlo soddisfatto è quello della violazione
grave e manifesta, da parte dell’istituzione interessata, dei limiti
posti al suo potere discrezionale [sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione,
cit., punto 43, e 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,
cit., punto 47]. Pertanto, il criterio determinante per stabilire se si
sia in presenza di una violazione di tal genere è il margine di
discrezionalità di cui disponeva l’istituzione in questione (v. sentenza
della Corte 12 luglio 2005, causa C-198/03 P, Commissione/CEVA e Pfizer,
Racc. pag. I-6357, punto 66, e giurisprudenza ivi citata).
54 Ne deriva che la natura generale o individuale di un atto è
irrilevante in sede di esame della condizione relativa all’illegittimità
del comportamento contestato all’istituzione interessata. Infatti, la
natura dell’atto non è determinante per individuare i limiti del potere
discrezionale di cui dispone l’istituzione in questione [v., in tal
senso, sentenze della Corte Bergaderm/Commissione, cit., punto 46; 10
dicembre 2002, causa C-312/00 P, Commissione/Camar e Tico, Racc. pag.
I-11355, punto 55; 10 luglio 2003, causa C-472/00 P, Commissione/Fresh
Marine, Racc. pag. I-7541, punto 27, e 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,
cit., punto 48; sentenza del Tribunale 23 ottobre 2001, causa T-155/99,
Dieckmann & Hansen/Commissione, Racc. pag. II-3143, punto 45].
55 A tal riguardo, si deve ricordare che il presupposto della violazione
sufficientemente qualificata del diritto comunitario, ai sensi della
sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione, citata, è diretto,
indipendentemente dalla natura dell’atto illecito in questione, ad
evitare che il rischio di dover risarcire i danni addotti dalle imprese
interessate non ostacoli la capacità dell’istituzione interessata di
esercitare pienamente le sue funzioni nell’interesse generale, tanto
nell’ambito della sua attività normativa o implicante scelte di politica
economica che nell’ambito della propria competenza amministrativa, senza
per questo lasciare a carico dei singoli l’onere delle conseguenze di
violazioni flagranti e inescusabili (v., in tal senso, sentenze
Schneider Electric/Commissione, cit., punto 125, e MyTravel
Group/Commissione, cit., punto 42).
56 Nel caso di specie, tenuto conto della giurisprudenza summenzionata,
occorre subito respingere l’argomento della ricorrente, fondato in
particolare sul punto 11 della sentenza della Corte 4 ottobre 1979,
causa 238/78, Ireks-Arkady/CEE (Racc. pag. 2955), secondo cui il
criterio relativo a una violazione sufficientemente qualificata del
diritto comunitario non dovrebbe essere applicato rigorosamente sulla
base del rilievo, da un lato, che la Decisione costituirebbe un atto le
cui ripercussioni sarebbero limitate a una cerchia ristretta di
interessati, e non un atto normativo le cui conseguenze dannose
potrebbero essere incalcolabili, e, dall’altro lato, che il danno
addotto eccederebbe l’ambito dei rischi economici inerenti alle attività
nel settore interessato. Infatti, tali circostanze sono irrilevanti al
fine di valutare se le asserite violazioni del diritto comunitario siano
sufficientemente qualificate, ai sensi della sentenza Bergaderm e Goupil/Commissione,
citata.
57 Del resto, anche ammesso che, in presenza di un danno anomalo e
speciale, possa sorgere la responsabilità della Comunità per un atto
rientrante nella sfera amministrativa che non configurerebbe una
violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario, ciò che
non è desunto dalla giurisprudenza (sentenza FIAMM e FIAMM
Technologies/Consiglio e Commissione, cit., punto 168), è giocoforza
constatare che, in ogni caso, la condizione relativa all’esistenza di un
danno anormale non è soddisfatta nel caso di specie. Infatti,
contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, nel sistema di
gestione delle AIC istituito dalla direttiva 65/65, nel quale il
rapporto rischi/benefici di un medicinale è soggetto a un controllo
costante, segnatamente nell’ambito della farmacovigilanza (sentenza
Artegodan e a./Commissione, cit., punti 177-180), il rischio di revoca
di una siffatta AIC, a seguito di un riesame di tale rapporto, è
inerente all’esercizio di un’attività nel settore interessato e, di
conseguenza, non può essere considerato imprevedibile.
58 La ricorrente ha invero giustamente ricordato che dai criteri
elaborati dalla giurisprudenza deriva che, qualora l’istituzione
interessata disponga solamente di un margine di discrezionalità
considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice
trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per
accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata
(sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione, cit., punto 44; Commissione/Camar
e Tico, cit., punto 54, e Commissione/Schneider Electric, cit., punto
160; sentenza del Tribunale 12 luglio 2001, cause riunite T-198/95,
T-171/96, T-230/97, T-174/98 e T-225/99, Comafrica e Dole Fresh Fruit
Europe/Commissione, Racc. pag. II-1975, punto 134).
59 Tuttavia, contrariamente all’interpretazione sostenuta dalla
ricorrente, tale giurisprudenza non stabilisce alcun nesso automatico
tra, da un lato, la mancanza di potere discrezionale dell’istituzione
interessata e, dall’altro, la qualificazione dell’infrazione come
violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario.
60 Infatti, la portata del potere discrezionale dell’istituzione
interessata - quantunque presenti un carattere determinante - non
costituisce un criterio esclusivo. A tal proposito, la Corte ha
costantemente ricordato che il regime che essa ha sviluppato ai sensi
dell’art. 288, secondo comma, CE, tiene segnatamente conto, inoltre,
della complessità delle situazioni da disciplinare e delle difficoltà di
applicazione o di interpretazione dei testi [sentenze Bergaderm e Goupil/Commissione,
cit., punto 40; Commissione/Camar e Tico, cit., punto 52; Commissione/CEVA
Santé Animale e Pfizer, cit., punto 62; 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,
cit., punto 50; Schneider Electric/Commissione, cit., punto 116, e
MyTravel Group/Commissione, cit., punto 38].
61 In particolare, in presenza di un potere discrezionale della
Commissione ridotto (sentenza 21 aprile 2005, Holcim (Deutschland)/Commissione,
cit., punto 100), ovvero considerevolmente ridotto, se non addirittura
inesistente (sentenza Commissione/Schneider Electric, cit., punto 166),
la Corte ha confermato la fondatezza dell’esame, effettuato dal
Tribunale, della complessità delle situazioni da disciplinare allo scopo
di valutare se l’addotta violazione del diritto comunitario fosse
sufficientemente qualificata [sentenza 19 aprile 2007, Holcim (Deutschland)/Commissione,
cit., punto 51, e sentenza Commissione/Schneider Electric, cit., punto
161].
62 Ne deriva che soltanto la constatazione di un’irregolarità che, in
circostanze analoghe, non sarebbe stata commessa da un’amministrazione
normalmente prudente e diligente consente il sorgere della
responsabilità della Comunità. Spetta pertanto al giudice comunitario,
dopo aver stabilito, dapprima, se l’istituzione interessata disponesse
di un margine discrezionale, prendere in considerazione, in un secondo
tempo, la complessità della situazione da disciplinare, le difficoltà di
applicazione o di interpretazione dei testi, il grado di chiarezza e di
precisione della norma violata e l’intenzionalità o l’inescusabilità
dell’errore commesso (v., in tal senso, sentenze del Tribunale Comafrica
e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, cit., punti 138 e 149, nonché 26
gennaio 2006, causa T-364/03, Medici Grimm/Consiglio, Racc. pag. II-79,
punti 79 e 87; v. parimenti, per analogia, per quanto riguarda la
responsabilità extracontrattuale di uno Stato membro per violazione del
diritto comunitario, sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C-424/97,
Haim, Racc. pag. I-5123, punti 41-43).
63 Nel caso di specie si deve verificare se, alla luce dei criteri
giurisprudenziali esposti, la Commissione, non osservando, da un lato,
le norme in materia di competenza e, dall’altro, le condizioni
sostanziali di revoca di un’AIC previste dall’art. 11 della direttiva
65/65, abbia violato in modo sufficientemente qualificato norme
giuridiche preordinate a conferire diritti ai singoli.
64 Quanto ai due motivi relativi, rispettivamente, alla violazione del
principio di proporzionalità e alla violazione del principio di buona
amministrazione, data la similarità dell’argomentazione sulla quale essi
essenzialmente si fondano, risulta opportuno esaminarli congiuntamente,
al fine di verificare se dette violazioni siano tali da far sorgere la
responsabilità extracontrattuale della Comunità, alla luce dei
summenzionati criteri giurisprudenziali. Infine, il Tribunale prenderà
in esame il motivo relativo al cumulo delle irregolarità addotte dalla
ricorrente.
Sul motivo relativo all’incompetenza della Commissione
Argomenti delle parti
65 In primo luogo, la ricorrente contesta l’argomento della Commissione
secondo cui le norme relative alla delimitazione delle competenze fra
gli Stati membri e le istituzioni non riguarderebbero la tutela dei
singoli. Essa afferma che un interesse individuale è tutelato anche
qualora la norma giuridica violata tuteli anzitutto l’interesse generale
e, soltanto di riflesso, gli interessi particolari (sentenza della Corte
14 luglio 1967, cause riunite 5/66, 7/66 e da 13/66 a 24/66, Kampffmeyer
e a./Commissione, Racc. pag. 288). Inoltre, il requisito relativo al
fine garantista della norma giuridica violata servirebbe anzitutto a
limitare la responsabilità della Comunità per un atto che pregiudica un
numero indeterminato di persone.
66 La sentenza della Corte 13 marzo 1992, causa C-282/90, Vreugdenhil/Commissione
(Racc. pag. I-1937), invocata dalla Commissione, non sarebbe pertinente
nel caso di specie, poiché essa farebbe riferimento alla delimitazione
delle competenze fra le istituzioni. Nel caso di specie, in forza del
principio di sussidiarietà e dell’art. 5 CE, le norme in materia di
ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri
rivestirebbero particolare importanza. Inoltre, una decisione che
comporti una grave violazione dei diritti del singolo potrebbe
determinare la sussistenza della responsabilità extracontrattuale della
Comunità anche in caso di semplice violazione delle norme in materia di
competenza. Orbene, la Decisione avrebbe violato il diritto fondamentale
della ricorrente di creare ed esercitare attività d’impresa.
67 In secondo luogo, la ricorrente afferma che, nel caso di specie, non
è necessaria una violazione sufficientemente qualificata delle norme in
materia di competenza. Infatti, la delimitazione della competenza di
un’istituzione rispetto a quella degli Stati membri sarebbe disciplinata
esclusivamente dal diritto applicabile, dal momento che, a tal riguardo,
l’istituzione interessata non dispone di alcun potere discrezionale.
Pertanto, la Commissione, considerandosi illegittimamente competente,
avrebbe manifestamente ecceduto i poteri conferitile dalla direttiva
75/319.
68 Inoltre, la ricorrente contesta l’argomentazione della Commissione
secondo la quale non vi sarebbe stata violazione sufficientemente
qualificata del diritto comunitario in ragione delle difficoltà
sollevate dall’interpretazione delle norme pertinenti. Tale
argomentazione sarebbe del resto in contrasto con quella dedotta dalla
Commissione nei procedimenti di liquidazione delle spese tra le parti
della presente controversia.
69 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica federale di Germania, che
concorda con la sua argomentazione, ritiene che, nel caso di specie, la
violazione delle norme sulla competenza non costituisca una violazione
sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a
conferire diritti ai singoli.
70 In particolare, la Commissione sostiene che la soluzione accolta
dalla Corte ai punti 20 e 21 della sentenza Vreugdenhil/Commissione,
citata, secondo la quale il sistema di ripartizione delle competenze fra
le istituzioni della Comunità mira a garantire il rispetto
dell’equilibrio istituzionale contemplato dal Trattato e non la tutela
dei singoli, sarebbe applicabile al caso di specie per quanto riguarda
la ripartizione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri.
Giudizio del Tribunale
71 Al fine di stabilire se l’incompetenza della Commissione ad adottare
la Decisione, accertata nella sentenza Artegodan e a./Commissione,
citata, sia tale da far sorgere la responsabilità della Comunità, il
Tribunale ritiene opportuno verificare anzitutto se, come esige la
giurisprudenza (v. supra punto 52), le norme giuridiche violate siano
preordinate a conferire diritti ai singoli.
72 Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la
citata giurisprudenza ha sancito il requisito relativo al fine
garantista della norma giuridica violata, indipendentemente dalla natura
e dalla portata dell’atto di cui è dedotta l’illegittimità e, in
particolare, dalla questione se tale atto pregiudichi un circolo chiuso,
ovvero un numero indeterminato di persone.
73 Nella fattispecie, è giocoforza constatare che le disposizioni
pertinenti della direttiva 75/519 che definisce i rispettivi settori di
competenza della Commissione e degli Stati membri non sono preordinate a
conferire diritti ai singoli.
74 Infatti, tali disposizioni sono dirette specificamente ad organizzare
la ripartizione delle competenze fra le autorità nazionali e la
Commissione per quanto attiene alla procedura di mutuo riconoscimento
delle AIC nazionali, integrata da procedure arbitrali comunitarie,
istituita dalla direttiva 75/319 nell’ambito della progressiva
armonizzazione delle normative nazionali relative alle AIC di
medicinali.
75 In tale contesto, il fatto che il principio di attribuzione delle
competenze, sancito dall’art. 5 CE, nonché il principio di sussidiarietà
rivestano particolare importanza, come sostenuto dalla ricorrente, non
significa che le norme sulla ripartizione delle competenze fra la
Comunità e gli Stati membri possano essere considerate come norme
preordinate a conferire diritti ai singoli, ai sensi della
giurisprudenza. In particolare, contrariamente a quanto affermato dalla
ricorrente in udienza, la circostanza che la Decisione sia priva di ogni
fondamento giuridico a causa dell’incompetenza della Comunità e che la
ricorrente abbia ottenuto, proprio per tale ragione, il suo annullamento
non basta a ritenere che le norme in materia di concorrenza violate
siano preordinate a conferire diritti ai singoli, di modo che una
violazione di tali norme sarebbe idonea a determinare il sorgere della
responsabilità della Comunità.
76 Inoltre, la sentenza Kampffmeyer e a./Commissione, citata, dedotta
dalla ricorrente, è irrilevante ai fini della valutazione del carattere
garantista delle norme sulla competenza violate nel caso di specie.
Infatti, la norma giuridica la cui violazione è stata oggetto di esame
in tale sentenza sarebbe diretta segnatamente a rendere possibile lo
sviluppo della libera circolazione delle merci. Pertanto, la Corte ha
rilevato che il carattere generale degli interessi connessi alla tutela
della libera circolazione delle merci non escludeva il fatto che essi
comprendano gli interessi di singole imprese quali le ricorrenti, che
partecipavano agli scambi intercomunitari in qualità di importatori di
cereali. Al contrario, nel caso di specie, le norme relative alla
delimitazione delle competenze fra la Comunità e gli Stati membri
nell’ambito della procedura di mutuo riconoscimento delle AIC nazionali
integrata da procedure arbitrali, istituita dalla direttiva 75/319, non
possono essere intese come dirette a garantire altresì la tutela di
interessi individuali. A tal riguardo la ricorrente non adduce alcun
argomento concreto per dimostrare che le norme sulla competenza violate
fossero altresì preordinate a conferire diritti ai singoli.
77 Peraltro, l’argomento della ricorrente, fondato su una presunta
violazione del suo diritto di creare ed esercitare attività d’impresa, è
inconferente al fine di stabilire se le norme sulla competenza esaminate
siano anche preordinate a conferire diritti ai singoli. Infatti, come
sostiene la Commissione, la questione relativa all’asserita violazione
di diritti fondamentali è completamente diversa dalla questione se norme
relative alla ripartizione delle competenze, la cui violazione è
accertata, siano preordinate a conferire diritti ai singoli.
78 In tale contesto, il motivo relativo al fatto che la circostanza che
la Commissione abbia oltrepassato la propria competenza sia idonea a far
sorgere la responsabilità della Comunità deve essere respinto in quanto
infondato, sulla base del rilievo che le norme sulla competenza violate
non sono preordinate a conferire diritti ai singoli, senza che si renda
pertanto necessario esaminare se l’inosservanza di tali norme
costituisca una violazione sufficientemente qualificata del diritto
comunitario.
Sul motivo relativo all’inosservanza delle condizioni di revoca di un’AIC
quali definite dall’art. 11 della direttiva 65/65
Argomenti delle parti
79 La ricorrente sostiene che, contravvenendo a quanto disposto
dall’art. 11 della direttiva 65/65, la Commissione ha violato una norma
diretta a tutelare gli interessi dei titolari di AIC.
80 Inoltre, essa sostiene che la violazione dell’art. 11 della direttiva
65/65 costituisce una violazione sufficientemente qualificata del
diritto comunitario. Infatti, contrariamente a quanto afferma la
Commissione, tale violazione non sarebbe scusabile in ragione dei rischi
presentati dal Tenuate retard.
81 L’argomento della Commissione secondo cui il Tenuate retard sarebbe
un medicinale pericoloso, se non addirittura mortale, che genererebbe
inoltre rischi di dipendenza, risulterebbe confutato in particolare da
una lettera, datata 4 agosto 2003, del Bundesinstitut für Arzneimittel
und Medizinprodukte al Bundesministerium für Gesundheit (Ministero
federale della salute), la quale così recitava: «La situazione di
rischio resta pressoché invariata dal 1996, anno nel quale la prima
procedura europea per la valutazione del rischio si è conclusa con esito
favorevole, e si colloca complessivamente a un livello basso. I rischi
[segnatamente cardiovascolari, di dipendenza (…)] sono adeguatamente
indicati nel foglietto illustrativo e sono considerati come tollerabili
in tali condizioni». Inoltre, per quanto riguarda il potenziale di abuso
o di dipendenza fisica, l’amfepramone sarebbe stato classificato
dall’Organizzazione mondiale della sanità nel livello di rischio più
basso, vale a dire nella tabella IV.
82 Peraltro, la ricorrente ritiene che, in caso di violazione dell’art.
11 della direttiva 65/65, non sia necessaria una violazione
sufficientemente qualificata per la sussistenza della responsabilità
della Comunità dal momento che la Commissione non dispone di alcun
potere discrezionale. Essa fa valere che, nel caso di specie, qualora le
condizioni definite in maniera precisa da tale articolo non fossero
soddisfatte, in assenza di nuovi dati o informazioni scientifiche nuove
riguardanti l’efficacia dell’amfepramone, la Commissione non sarebbe
chiamata ad esercitare un potere discrezionale. La ricorrente contesta
inoltre che l’art. 11 della direttiva 65/65 abbia sollevato difficoltà
di interpretazione.
83 In ogni caso, nella Decisione la violazione dell’art. 11 della
direttiva 65/65 sarebbe grave e manifesta. La gravità di tale violazione
del diritto comunitario deriverebbe dal fatto che la Decisione incide su
un gruppo ristretto e delimitato di operatori economici e che il danno
eccede i limiti dei rischi economici inerenti all’esercizio di
un’attività nel settore interessato. Dal momento che la Commissione
poteva facilmente prevedere le conseguenze della Decisione, tenuto conto
del numero limitato di titolari di AIC interessati, il rischio di revoca
arbitraria di tali AIC non dovrebbe essere sopportato da tali imprese.
84 Quanto al carattere manifesto della violazione dell’art. 11 della
direttiva 65/65, esso deriverebbe dal fatto che la Commissione avrebbe
facilmente potuto adottare una decisione legittima facendo prova della
necessaria diligenza. Tenuto conto, in particolare, dell’opinione
divergente allegata al parere finale, alla quale fa riferimento il punto
45 della sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, la Commissione
avrebbe dovuto procedere a una valutazione obiettiva di tale parere. In
ogni caso, alla Commissione sarebbe imputabile la raccomandazione
manifestamente erronea formulata in tale parere, alla quale essa si è
conformata.
85 Da parte sua, in primo luogo, la Commissione, sostenuta dalla
Repubblica federale di Germania, che concorda con la sua argomentazione,
contesta l’interpretazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 adottata
dal Tribunale nella citata sentenza Artegodan e a./Commissione.
86 In secondo luogo, la Commissione fa valere che l’asserita violazione
dell’art. 11 della direttiva 65/65 non costituisce una violazione
sufficientemente qualificata del diritto comunitario, in ragione del
carattere scusabile dell’errore di diritto constatato nella sentenza
Artegodan e a./Commissione.
Giudizio del Tribunale
87 In via preliminare va ricordato che il motivo dedotto a difesa
relativo all’assenza di violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 da
parte della Commissione deve essere dichiarato irricevibile, in quanto
esso è in contrasto con l’autorità del giudicato (v. supra punto 47).
88 Occorre pertanto verificare se, nella Decisione, la violazione
dell’art. 11 della direttiva 65/65 è tale da far sorgere la
responsabilità della Comunità, conformemente alla giurisprudenza (v.
supra punto 52). A tal fine, in primo luogo, occorre esaminare se tale
articolo sia preordinato a conferire diritti ai singoli.
89 Si ricava dalla giurisprudenza che tale condizione è soddisfatta
quando la norma giuridica violata, pur riferendosi per sua natura ad
interessi generali, garantisce anche la tutela degli interessi
particolari delle imprese interessate (v., in tal senso, sentenza
Kampffmeyer e a./Commissione, cit., pag. 340).
90 Nel caso di specie, risulta espressamente dall’art. 11, primo comma,
della direttiva 65/65 che l’autorità competente deve sospendere o
revocare l’AIC di un medicinale allorché risulti che quest’ultimo sia
nocivo nelle normali condizioni d’impiego o sia inefficace o non abbia
la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata (sentenza
Artegodan e a./Commissione, cit., punto 172). Al momento dell’attuazione
di tale articolo, devono essere prese in considerazione soltanto le
esigenze legate alla tutela della salute (sentenza Artegodan e
a./Commissione, cit., punto 176).
91 Alla luce del principio generale secondo cui la tutela della salute
deve incontestabilmente assumere un’importanza preponderante rispetto a
considerazioni di ordine economico, il titolare di un’AIC di un
medicinale - la quale è valida cinque anni ed è rinnovabile per periodi
quinquennali ai sensi dell’art. 10 della direttiva 65/65 - non può
pretendere, in forza del principio della certezza del diritto, una
tutela specifica dei suoi interessi durante il periodo di validità dell’AIC,
se l’autorità competente dia piena prova, ai sensi dell’art. 11 di tale
direttiva, che tale medicinale non soddisfa più il criterio
dell’innocuità o il criterio dell’efficacia, tenuto conto dei progressi
delle conoscenze scientifiche e dei nuovi dati raccolti in particolare
nell’ambito della farmacovigilanza (sentenza Artegodan e a./Commissione,
cit., punti 173 e 177).
92 Tuttavia, sempre dall’art. 11 della direttiva 65/65 deriva che,
nonostante il fatto che gli interessi economici del titolare di un’AIC
non possono essere presi in considerazione al momento della sua
applicazione, il titolare di una tale autorizzazione in linea di
principio è esposto a una sospensione o a una revoca di tale AIC
soltanto se è soddisfatta una delle condizioni alternative di
sospensione o di revoca di cui al detto articolo. Infatti, l’AIC può
essere sospesa o revocata soltanto se l’autorità competente stabilisce
che una di tali condizioni è soddisfatta (sentenza Artegodan e
a./Commissione, cit., punti 171 e 191). Il sistema di autorizzazione
preventiva consente di desumere, durante il periodo di validità dell’AIC,
che il medicinale in parola offre, in assenza di seri indizi contrari,
un rapporto rischi/benefici favorevole, fatta salva la possibilità di
sospendere l’AIC in caso di urgenza. In mancanza di siffatti indizi
contrari, l’esigenza di non ridurre il ventaglio di medicinali
disponibili per il trattamento di una data malattia depone a favore del
mantenimento del medicinale sul mercato, per consentire, in ogni
situazione, che venga prescritto il medicinale più appropriato (sentenza
Artegodan e a./Commissione, cit., punto 195).
93 Di conseguenza, se l’autorità competente non fornisce indizi seri e
concludenti che consentano ragionevolmente di dubitare dell’innocuità o
dell’efficacia del medicinale interessato, l’AIC deve essere mantenuta
per tutta la durata della sua validità, nei limiti in cui la
composizione qualitativa e quantitativa del medicinale sia quella
dichiarata.
94 Pertanto, nel caso di specie la ricorrente sostiene giustamente che
l’art. 11 della direttiva 65/65, diretto essenzialmente a tutelare la
salute, conferisce parimenti diritti ai titolari delle AIC in questione.
Del resto nelle proprie memorie la Commissione non smentisce che l’art.
11 presenti anche la «natura di norma di tutela».
95 Ne deriva che l’art. 11, primo comma, della direttiva 65/65 deve
essere considerato come preordinato a conferire diritti alle imprese
interessate da una decisione di revoca o di sospensione di un’AIC.
96 In secondo luogo, per quanto attiene alla condizione relativa alla
violazione sufficientemente qualificata, occorre anzitutto stabilire la
portata del potere discrezionale del quale disponeva la Commissione nel
caso di specie.
97 A tal riguardo è giocoforza osservare che, se è vero che la
Commissione dispone di un ampio potere discrezionale in sede di
applicazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 allorché essa è chiamata
a compiere valutazioni complesse, segnatamente in presenza di incertezze
di ordine scientifico, nel rispetto dei principi di preminenza della
tutela della salute e di precauzione - come sottolineato dal Tribunale
al punto 201 della sentenza Artegodan e a./Commissione, citata, letto in
combinato disposto con i punti 181 e 186 di tale sentenza -, essa è
invece vincolata dalle condizioni di sospensione o di revoca di un’AIC,
quali definite dall’art. 11 di cui sopra. Infatti, se si verifica una di
tali condizioni alternative, essa è tenuta sospendere o a revocare l’AIC
(v. supra punto 90). Al contrario, se la Commissione non dimostra che si
sia verificata una di tali condizioni, l’AIC deve essere mantenuta (v.
supra punto 93).
98 Orbene, nel caso di specie, la Commissione non ha dimostrato il
verificarsi di una delle condizioni alternative di sospensione o di
revoca di un’AIC.
99 A tal riguardo occorre ricordare che, nel suo parere definitivo, sul
quale la Commissione si è fondata nell’adottare la Decisione, il CPMP
aveva emesso un giudizio negativo del rapporto rischi/benefici
presentato dall’amfepramone, a seguito di una nuova valutazione della
sua efficacia secondo un criterio scientifico diverso da quello che
aveva applicato nel suo parere del 1996 relativo alla stessa sostanza.
Infatti, fondandosi sull’asserita evoluzione di un «consenso»
all’interno della comunità medica circa il criterio di valutazione
dell’efficacia dei medicinali nel trattamento dell’obesità, il CPMP
aveva applicato il criterio dell’efficacia a lungo termine, mentre nel
1996 esso aveva applicato quello dell’efficacia a breve termine. Per
contro, per quanto concerne la sicurezza, nel suo parere definitivo il
CPMP aveva ritenuto che i rischi presentati dalla sostanza in parola non
fossero cambiati dal 1996 (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit.,
punti 202, 203 e 210).
100 Il parere definitivo del CPMP e la Decisione, pur riconsiderando la
valutazione positiva dell’efficacia emessa nel 1996, si basavano su dati
medici e scientifici del tutto identici a quelli presi in considerazione
nel 1996 per quanto concerne gli effetti terapeutici della sostanza
considerata, come del resto confermato dalla Commissione (sentenza
Artegodan e a./Commissione, cit., punti 204 e 210). Del resto, nessun
elemento del fascicolo faceva supporre che l’eventuale esistenza di
sostanze sostitutive - le quali alla luce dei dati disponibili nel 1999
avrebbero potuto presentare eventualmente un rapporto rischi /benefici
più favorevole rispetto a quello dell’amfepramone - avesse influito
sull’applicazione, nella fattispecie, di un nuovo criterio di
valutazione dell’efficacia (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit.,
punto 208).
101 In tale contesto, il Tribunale ha dichiarato, nella sentenza
Artegodan e a./Commissione, citata (punti 211 e 220), che la Commissione
aveva violato l’art. 11 della direttiva 65/65 fondandosi sulla semplice
evoluzione di un criterio scientifico, o, più concretamente, sulla
evoluzione delle buone pratiche cliniche - cioè delle pratiche
terapeutiche riconosciute come le più adeguate alla luce delle attuali
conoscenze scientifiche -, che non si basava su alcun dato scientifico
nuovo o informazione nuova. Infatti, nel caso di specie, in mancanza di
nuovi dati scientifici o di nuove informazioni che potessero suscitare
dubbi in merito all’efficacia della sostanza considerata, tale articolo
ostava a che l’autorità competente riconsiderasse la valutazione
positiva dell’efficacia dell’amfepramone emessa nel 1996.
102 Per di più e in ogni caso, nell’ambito del suo controllo sulla
legittimità estrinseca del parere definitivo (sentenza Artegodan e
a./Commissione, cit., punti 199 e 200), il Tribunale ha constatato
(punti 212-219) che l’esame degli orientamenti sugli studi clinici di
medicinali utilizzati nell’ambito del controllo del peso approvati dal
CPMP nel dicembre 1997 (in prosieguo: gli «orientamenti del CPMP»)
nonché delle linee guida nazionali relative al trattamento dell’obesità,
sulle quali il CPMP si era basato nel suo parere definitivo per
giustificare l’applicazione di un criterio scientifico diverso da quello
seguito nel 1996 (v. supra punto 99), non permetterebbe di mettere in
evidenza l’asserita evoluzione delle buone pratiche cliniche.
103 Quindi risulta, in primo luogo, che, nel caso di specie,
l’applicazione di un nuovo criterio scientifico di valutazione
dell’efficacia della sostanza di cui trattasi non si basava su alcun
dato scientifico nuovo o informazione nuova. Ciò considerato e in
mancanza peraltro di individuazione di un nuovo rischio potenziale,
l’art. 11 della direttiva 65/65 non autorizzava la Commissione a imporre
la revoca delle AIC di cui trattasi (v. supra punti 97 e 101). In
secondo luogo, occorre osservare che la constatazione di fatto che il
nuovo criterio scientifico applicato nel parere definitivo non si
fondava sull’individuazione di dati scientifici nuovi o informazioni
nuove discendeva necessariamente dall’esame del parere definitivo e
delle varie relazioni e documenti scientifici pertinenti a disposizione
della Commissione (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punti 209
e 210). Tale constatazione non implicava quindi, nonostante la
complessità di un siffatto esame, alcun potere discrezionale. Lo stesso
vale per la constatazione secondo cui l’asserita evoluzione del criterio
scientifico succitato non risulterebbe dagli orientamenti invocati dal
CPMP (v. supra punto 102).
104 Ne deriva che, nel caso di specie e in tale contesto specifico, in
ogni caso la Commissione non disponeva di alcun potere discrezionale in
sede di applicazione dei criteri sostanziali di sospensione o di revoca
di un’AIC quali definiti dall’art. 11 della direttiva 65/65.
105 Tuttavia, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente,
soltanto tale circostanza non basta a ritenere che la violazione
dell’art. 11 della direttiva 65/65 sia sufficientemente qualificata per
determinare la sussistenza della responsabilità della Comunità. Infatti,
come già ricordato (v. supra punti 60-62), spetta al giudice comunitario
prendere altresì in considerazione, in particolare, la complessità in
diritto e in fatto della situazione da disciplinare.
106 Nella fattispecie, occorre rilevare che il principio generale della
preminenza della tutela della salute, attuato nelle disposizioni
sostanziali della direttiva 65/65, comporta vincoli specifici per
l’autorità competente nell’ambito del rilascio e della gestione delle
AIC dei medicinali. Esso le impone, in primo luogo, che siano prese in
considerazione esclusivamente le esigenze di tutela della salute, in
secondo luogo, la nuova valutazione del rapporto rischi/benefici di un
medicinale quando nuovi dati suscitino dubbi sulla sua efficacia o la
sua sicurezza e, in terzo luogo, l’attuazione del regime di prova
conformemente al principio di precauzione (sentenza Artegodan e
a./Commissione, cit., punto 174).
107 Nella fattispecie, spetta quindi al Tribunale esaminare la
complessità in diritto e in fatto della situazione, tenendo conto, in
particolare, della preminenza degli obiettivi di salute perseguiti, al
fine di accertare se l’errore di diritto di cui si è resa colpevole la
Commissione costituisca un’irregolarità che un’amministrazione
normalmente prudente e diligente non avrebbe commesso in una situazione
analoga (v. supra punto 62).
108 In tale contesto, benché la violazione dell’art. 11 della direttiva
65/65 sia chiaramente dimostrata e abbia giustificato l’annullamento
della Decisione, occorre prendere in considerazione le particolari
difficoltà di interpretazione ed applicazione, nel caso di specie, di
tale articolo. Infatti, considerata l’imprecisione dell’art. 11 della
direttiva 65/65, le difficoltà legate all’interpretazione sistematica
delle condizioni di revoca o di sospensione di un’AIC elencate da tale
articolo, alla luce di tutto il sistema comunitario di autorizzazione
preventiva dei medicinali (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit.,
punti 187-195), potevano ragionevolmente spiegare, in mancanza di
precedenti, l’errore di diritto che ha commesso la Commissione nel
riconoscere la rilevanza giuridica del nuovo criterio scientifico
applicato dal CPMP, benché esso non fosse corroborato da alcun nuovo
dato scientifico o informazione nuova.
109 Inoltre, occorre in ogni caso prendere in considerazione altresì la
complessità, nel caso di specie, dell’esame della motivazione del parere
definitivo, sul quale si fonda la Decisione, che la Commissione avrebbe
dovuto effettuare al fine di poter verificare l’esistenza di un nesso
tra l’applicazione del nuovo criterio scientifico e gli orientamenti sui
quali il CPMP si era fondato nel motivare tale applicazione.
110 Infatti, le constatazioni relative al fatto che, negli orientamenti
del CPMP e nelle linee guida nazionali, non sia stata evidenziata
l’asserita evoluzione del criterio scientifico di cui sopra (v. supra
punto 101) potevano essere effettuate dalla Commissione soltanto sulla
base di un complesso esame delle relazioni scientifiche preparatorie
successive elaborate nell’ambito della procedura di analisi conclusasi
con il parere definitivo relativo all’amfepramone, nonché degli
orientamenti richiamati in tale parere definitivo (v. supra punto 103).
111 In tale contesto, si deve considerare che alla luce, da un lato,
della complessità delle valutazioni di diritto e di fatto richieste ai
fini dell’applicazione dell’art. 11 della direttiva 65/65, nelle
circostanze della fattispecie e in mancanza di precedenti simili, e,
dall’altro lato, del principio della preminenza delle esigenze connesse
alla tutela della salute, la violazione da parte della Commissione
dell’art. 11 della direttiva 65/65 troverebbe una giustificazione nei
vincoli particolari che gravavano nel caso di specie su tale istituzione
nel perseguimento della finalità essenziale di tutela della salute di
cui alla direttiva 65/65.
112 In tali condizioni, la violazione, nel caso di specie, dell’art. 11
della direttiva 65/65 non può essere ritenuta come una violazione
sufficientemente qualificata del diritto comunitario tale da far sorgere
la responsabilità extracontrattuale della Comunità.
Sui motivi relativi alla violazione dei principi di proporzionalità e di
buona amministrazione
Argomenti delle parti
113 Secondo la ricorrente, la Decisione viola il principio di
proporzionalità, in quanto la revoca dell’AIC eccede quanto era
necessario alla luce degli obiettivi di tutela della salute.
114 La tutela della salute non godrebbe di un primato assoluto, ma
dovrebbe essere bilanciata con gli interessi giuridicamente protetti dei
titolari di AIC nell’ambito del controllo di proporzionalità, tenendo
conto di tutte le circostanze del caso di specie. Infatti, la primaria
importanza occupata dalla tutela della salute e della vita delle persone
non dispenserebbe la Commissione dal valutare concretamente i rischi per
la salute, dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo, e dal
ponderarli con i diritti dei titolari di AIC di medicinali, al fine di
prendere i provvedimenti necessari e proporzionati tenendo presente il
rischio per la salute. Il principio di proporzionalità imporrebbe di
scegliere, tra i provvedimenti parimenti idonei a tutelare la salute,
quello meno pregiudizievole per gli interessi dei titolari di AIC.
Questi ultimi sarebbero infatti tutelati dal diritto di proprietà e
dalla libertà di impresa, i quali costituirebbero dei principi generali
del diritto comunitario.
115 Il rifiuto della Commissione di prendere in considerazione gli
interessi dei titolari di AIC sarebbe in contraddizione con la sua
interpretazione dell’art. 30 CE. Infatti, in virtù di tale disposizione,
gli interessi della salute e gli interessi di natura economica connessi
al funzionamento del mercato interno sarebbero ponderati nell’ambito di
un controllo di proporzionalità. Un’interpretazione coerente del
principio di proporzionalità supporrebbe l’applicazione di un criterio
unico: che i provvedimenti in questione provengono da istituzioni
comunitarie o nazionali.
116 Nel caso di specie, pertanto, la Commissione avrebbe dovuto prendere
in considerazione anche il rischio di danno irreparabile per la
ricorrente in caso di revoca della sua AIC, causato dalla lesione alla
sua reputazione e dalla perdita duratura di quote di mercato.
117 La ricorrente ritiene che lo scopo perseguito dalla Commissione,
vale a dire proteggere i pazienti dagli asseriti effetti nocivi del
Tenuate retard, sarebbe stato conseguito anche se l’AIC fosse stata
sospesa. Del resto, un provvedimento del genere sarebbe stato proposto
nell’opinione divergente allegata al parere definitivo (sentenza
Artegodan e a./Commissione, cit., punto 45).
118 Inoltre, la ricorrente ricorda che il CPMP non ha constatato un
rischio supplementare per la salute connesso all’assunzione di
medicinali contenenti amfepramone, ma ha adottato unicamente il nuovo
criterio dell’efficacia a lungo termine dei medicinali dimagranti. Nel
suo parere definitivo, esso avrebbe constatato la necessità di provare,
mediante nuovi studi clinici, che l’amfepramone fosse efficace a lungo
termine e che il possibile impiego abusivo di medicinali contenenti tale
sostanza non pregiudicasse la sua utilità terapeutica. Pertanto, la
Commissione avrebbe potuto limitarsi a imporre alla ricorrente la
realizzazione, entro un termine ragionevole, di studi clinici
sull’efficacia a lungo termine del Tenuate retard e sull’eventuale
rischio di impiego abusivo di tale medicinale. Tale obbligo avrebbe
potuto essere associato, all’occorrenza, a obblighi temporanei di
marcatura supplementari.
119 Ciò premesso, violando in modo grave e manifesto il principio di
proporzionalità, destinato a tutelare i singoli, la Commissione avrebbe
commesso una violazione sufficientemente qualificata del diritto
comunitario.
120 Inoltre, la Commissione avrebbe violato il principio di buona
amministrazione non ponderando le esigenze connesse alla tutela della
salute e gli interessi delle imprese interessate in sede di valutazione
del parere definitivo. Essa avrebbe dovuto verificare la logica
intrinseca di tale parere prima di adottare la Decisione. Se la
Commissione avesse effettuato un siffatto controllo, essa avrebbe
constatato che il parere definitivo non conteneva alcuna nuova
conclusione relativamente a un nuovo rischio potenziale.
121 Tale violazione del principio di buona amministrazione
rappresenterebbe altresì una violazione sufficientemente qualificata di
una norma destinata a tutelare i singoli.
122 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica federale di Germania, che
aderisce ai suoi argomenti, contesta in toto tale argomentazione.
Giudizio del Tribunale
123 A sostegno dei presenti motivi, la ricorrente si fonda
essenzialmente sull’idea che la tutela della salute non godrebbe di un
primato assoluto, ma dovrebbe essere bilanciata con gli interessi
giuridicamente protetti dei titolari di AIC nell’ambito del controllo di
proporzionalità e conformemente al principio di buona amministrazione,
tenendo conto di tutte le circostanze del caso di specie.
124 Tale argomentazione non può essere accolta. Infatti, coma ha
rilevato il Tribunale nella sentenza Artegodan e a./Commissione, citata
(punti 175 e 176), si evince dal primo ‘considerando’ della direttiva
65/65 e, ormai, dal punto 2 del preambolo del codice nonché dal terzo
‘considerando’ della direttiva 93/39 - il quale dispone che,
nell’interesse della salute e del consumatore, le decisioni sull’AIC di
un medicinale devono basarsi esclusivamente sui criteri di qualità,
sicurezza ed efficacia ampiamente armonizzati dalla direttiva 65/65 -,
che, conformemente al principio generale della preminenza della tutela
della salute, vanno prese in considerazione soltanto le esigenze
connesse alla tutela della salute al momento del rilascio di un’AIC, del
rinnovo di una tale autorizzazione, e nell’ambito della gestione delle
AIC in attuazione dell’art. 11 della direttiva 65/65.
125 Ne consegue che, in sede di applicazione dell’art. 11 della
direttiva 65/65, spetta all’autorità competente ponderare, alla luce di
eventuali nuovi dati scientifici o informazioni nuove, i benefici e i
rischi per la salute presentati dalla sostanza interessata, escludendo
ogni altra considerazione. In particolare, anche qualora, se del caso,
in ragione di un’incertezza di ordine scientifico, l’autorità competente
disponga di un potere discrezionale al momento di tale ponderazione,
tuttavia essa è vincolata al principio di precauzione, il quale
rappresenta il corollario del principio della preminenza della tutela
della salute (sentenza Artegodan e a./Commissione, cit., punti 184-186).
126 Se il rapporto rischi/benefici risulta sfavorevole, l’art. 11 della
direttiva 65/65 impone la revoca o la sospensione delle AIC in questione
(v. supra punti 90 e 97). Tuttavia, in linea di principio l’autorità
competente dispone di un potere discrezionale per stabilire la misura
più appropriata alla luce degli obiettivi di tutela della salute
perseguiti (v. supra punto 97). Nell’ambito di tale valutazione essa non
è comunque legittimata a prendere in considerazione gli interessi dei
titolari di AIC interessati.
127 In particolare, per quanto attiene innanzitutto al motivo relativo
alla violazione del principio di proporzionalità, occorre sottolineare
che, alla luce dell’oggetto specifico della direttiva 65/65 - diretta ad
armonizzare le condizioni relative al rilascio e alla gestione delle AIC
di medicinali sancendo, conformemente al principio della preminenza
della tutela della salute, criteri sostanziali di sicurezza, efficacia e
qualità escludendo la considerazione di ogni altro interesse nell’ambito
del rilascio e della gestione di dette AIC (v. supra punto 124) -
nell’ambito di un controllo di proporzionalità, la gravità e la portata
dei rischi per la salute non possono essere ponderati, come suggerisce
la ricorrente, con gli interessi dei titolari di AIC interessati.
128 Infatti, considerato precisamente il carattere esclusivo dei criteri
di sicurezza, efficacia e qualità sanciti nell’ambito del sistema
comunitario di armonizzazione del rilascio e della gestione delle AIC di
medicinali, è soltanto con riferimento a tali criteri che si valuta il
carattere proporzionale di un provvedimento di sospensione o di revoca
di un’AIC. Ne deriva che gli interessi rilevanti nell’ambito del
sindacato sulla proporzionalità coincidono con gli interessi connessi
alla tutela della salute presi in considerazione in sede di applicazione
dell’art. 11 della direttiva 65/65.
129 Nello specifico contesto normativo definito dalla direttiva 65/65 -
il quale si caratterizza per il fatto di sancire criteri esclusivi di
qualità, sicurezza ed efficacia che ostacolano anzitutto qualunque
considerazione di interessi diversi da quelli legati alla tutela della
salute - è irrilevante, in ogni caso, il parallelismo effettuato dalla
ricorrente con la ponderazione, da un lato, degli interessi connessi
alla tutela della salute, e, dall’altro, degli interessi connessi al
funzionamento del mercato interno, nell’ambito dell’art. 30 CE.
130 Del resto, occorre ricordare che, nel caso di specie, non essendosi
verificata nessuna delle condizioni alternative indicate dall’art. 11
della direttiva 65/65, la Commissione non era legittimata né a ritirare
né a sospendere l’AIC in parola. Il motivo relativo alla violazione del
principio di proporzionalità è quindi assorbito da quello relativo alla
violazione dell’art. 11 di tale direttiva. Infatti, non soltanto la
revoca ma anche un’eventuale sospensione dell’AIC in parola presentavano
necessariamente un carattere sproporzionato, poiché, in mancanza di un
rapporto rischi/benefici sfavorevole (v.supra punto 125), nessuna di
tali misure era appropriata e necessaria per il raggiungimento
dell’obiettivo di tutela della salute perseguito dall’art. 11 della
direttiva 65/65 (v. supra punto 128).
131 Ciò premesso, occorre stabilire se la revoca dell’AIC in questione
integri una violazione sufficientemente qualificata del principio di
proporzionalità, come sostenuto dalla ricorrente.
132 A tal riguardo, occorre constatare che, per motivi analoghi a quelli
che avevano indotto il Tribunale a constatare l’assenza di violazione
sufficientemente qualificata dell’art. 11 della direttiva 65/65 (v.
supra punti 111 e 112), non si deve ritenere che la Commissione,
imponendo la revoca dell’AIC in questione piuttosto che una misura meno
gravosa, abbia ecceduto in modo manifesto e grave i limiti del proprio
potere discrezionale, alla luce degli obiettivi di tutela della salute
perseguiti.
133 Va aggiunto che la sospensione dell’AIC di cui trattasi, al fine di
dare alla ricorrente la possibilità di svolgere studi complementari,
come era stato proposto nell’opinione divergente allegata al parere
definitivo, avrebbe comportato per la ricorrente la necessità di
realizzare un programma di ricerca di durata pluriennale e dal risultato
incerto. Nel frattempo il Tenuate retard sarebbe stato parimenti
ritirato dal mercato.
134 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il motivo relativo
alla violazione sufficientemente qualificata del principio di
proporzionalità deve essere respinto in quanto infondato.
135 Per quanto attiene poi al motivo relativo alla violazione del
principio di buona amministrazione, occorre osservare che tale principio
non imponeva nel caso di specie la presa in considerazione degli
interessi della ricorrente e la loro ponderazione con le esigenze
connesse alla tutela della salute, dal momento che gli interessi dei
titolari di AIC non costituiscono elementi rilevanti che l’autorità
competente è legittimata a prendere in considerazione al momento del
rilascio o della gestione di un’AIC (v. supra punti 124-126).
136 Inoltre, va ricordato che, nel caso di specie, la non osservanza
delle condizioni di sospensione o di revoca delle AIC, quali definite
dall’art. 11 della direttiva 65/65, non costituisce una violazione
sufficientemente qualificata del diritto comunitario (v. supra punto
112). Ne deriva che, per gli stessi motivi relativi alla complessità
delle varie relazioni e documenti scientifici da esaminare (v. supra
punti 109-111), l’asserita violazione del principio di buona
amministrazione - consistente nel fatto che la Commissione non avrebbe
esaminato con la dovuta diligenza la motivazione del parere definitivo
sul quale si fonda la Decisione - ammesso che sia dimostrata, non è in
ogni caso idonea a determinare la sussistenza della responsabilità
extracontrattuale della Comunità.
137 Ne deriva che il motivo relativo a una violazione sufficientemente
qualificata del principio di buona amministrazione deve essere respinto
in quanto infondato.
Sulla combinazione delle asserite irregolarità
- Argomenti delle parti
138 In subordine, la ricorrente fa valere che la combinazione di tutte
le irregolarità che inficiano la Decisione deve essere considerata come
una violazione manifesta e grave del diritto comunitario che fa sorgere
la responsabilità della Comunità, anche nel caso in cui si dovesse
ritenere che nessuna di tali irregolarità, presa singolarmente, sia tale
da determinare la sussistenza della responsabilità della Comunità. Essa
ricorda che la Commissione non soltanto ha agito al di fuori del proprio
ambito di competenza, ma ha parimenti agito in modo sproporzionato
ignorando in modo manifestamente intenzionale gli effetti sulla propria
«sopravvivenza». Inoltre, la Commissione sarebbe venuta meno ai suoi
obblighi riguardanti la determinazione e la valutazione degli elementi
di fatto rilevanti ai fini dell’applicazione dell’art. 11 della
direttiva 65/65.
139 La Commissione, sostenuta dalla Repubblica federale di Germania, che
aderisce ai suoi argomenti, contesta tale argomentazione.
- Giudizio del Tribunale
140 Occorre ricordare che, considerate singolarmente, le violazioni del
diritto comunitario invocate dalla ricorrente non sono atte a far
sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità, in quanto
esse non costituiscono violazioni sufficientemente qualificate di norme
destinate a conferire diritti ai singoli (v. supra punti 78, 112, 134 e
137).
141 Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, tale analisi non
è rimessa in discussione dall’effetto cumulativo di tali irregolarità
(v., in tal senso, sentenza MyTravel Group/Commissione, cit., punto 94).
142 Infatti, è giocoforza constatare che l’insieme delle asserite
irregolarità non è costitutivo di una violazione sufficientemente
qualificata di norme di diritto comunitario preordinate a conferire
diritti ai singoli. A tal riguardo, occorre ricordare che le norme in
materia di competenza violate dalla Decisione non sono preordinate a
conferire diritti ai singoli (v. supra punto 78) e che la violazione del
principio di buona amministrazione non è stata dimostrata (v. supra
punto 135). Occorre peraltro rilevare che i motivi relativi alla
violazione dell’art. 11 della direttiva 65/65 e al principio di
proporzionalità in gran parte si sovrappongono (v. supra punto 130) e
che il Tribunale ha dichiarato per gli stessi motivi esposti al
precedente punto 111, che né la violazione dell’art. 11 di tale
direttiva né quella del principio di proporzionalità erano
sufficientemente qualificate per far sorgere la responsabilità della
Comunità. Tali motivi devono essere presi in considerazione tanto nel
singolo esame delle violazioni del diritto comunitario constatate quanto
nel loro esame complessivo. Ciò considerato, la violazione cumulativa
dell’art. 11 della direttiva 65/65 e del principio di proporzionalità
non può essere ritenuta idonea a determinare la sussistenza della
responsabilità della Comunità.
143 Da tutte le considerazioni suesposte deriva che la condizione
rilevante ai fini della sussistenza della responsabilità
extracontrattuale della Comunità connessa al comportamento illecito
addebitato alla Commissione non è soddisfatta nel caso di specie.
144 Pertanto, il ricorso deve essere respinto, senza che occorra
procedere all’esame delle altre condizioni cui è subordinata la
responsabilità extracontrattuale della Comunità.
Sulle spese
145 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte
soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Di
conseguenza, la ricorrente sopporterà le proprie spese e quelle
sostenute dalla Commissione.
146 Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di
procedura, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le
proprie spese. Pertanto, la Repubblica federale di Germania sopporterà
le proprie spese.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) L’Artegodan GmbH sopporterà le proprie spese, nonché quelle sostenute
dalla Commissione europea.
3) La Repubblica federale di Germania sopporterà le proprie spese.
A.W.H. Meij
V. Vadapalas
T. Tchipev
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 marzo 2010.
Firme
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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562