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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/03/2010 (Ud. 03/02/2010), Sentenza n. 10381


 
CACCIA - Uccellagione e attività venatoria - Differenza - Fattispecie: impiego di due gabbie trappola di rete metallica - Uccellagione - Configurabilità - Esclusione - Artt. 3, 12, 13 e 30 c.1 lett. e) L. n.157/1992. Costituisce uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie, ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili, mentre, costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di singoli esemplari di fauna selvatica. L'elemento che distingue l'uccellagione, sempre vietata, dall'esercizio venatorio con strumenti non consentiti, è costituito dall'uso e dalla particolare offensività degli strumenti usati, nel senso che l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari con possibilità di colpire ogni specie di volatile e quindi anche quella specie per la quale la cattura non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con mezzo vietato di volatili è diretta alla cattura di singoli esemplari. E' quindi la maggiore offensività del mezzo illecito adoperato che distingue le due ipotesi (cfr Cass n. 9607 del 1999; 6343 del 2006. nn 17272 e 35630 del 2007). Nella specie, l'utilizzazione di una trappola di dimensioni minime (due gabbiette di rete metallica), non in grado di riarmarsi da sole per una successiva azione di cattura non può configurare l’esercizio dell’uccellagione posto che il mezzo usato non può considerarsi particolarmente offensivo e quindi idoneo a dar luogo a tale attività. Pres. Lupo, Est. Petti, Ric. Cipriani. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 16/03/2010 (Ud. 03/02/2010), Sentenza n. 10381


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UDIENZA del 3.2.2010

SENTENZA N. 238

REG. GENERALE N. 30468/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale


Composta dai sigg. magistrati:


Dott. Ernesto Lupo                                 presidente
Dott. Ciro Petti                                       consigliere
Dott. Mario Gentile                                 consigliere
Dott Margherita Marmo                           consigliere
Dott Silvio Amoresano                            Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da Cipriani Franco, nato a Strigno il xx/xx/xxxx, avverso la sentenza del giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Trento del 20 novembre del 2008;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il Procuratore generale nella persona del dott Vito D'Ambrosio, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- Letti il ricorso e la sentenza denunciata, osserva quanto segue:


IN FATTO


Il Giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale di Trento condannava Cipriani Franco alla pena di euro 800 di ammenda, quale responsabile del reato di cui all'articolo 30 comma 1 lettera e ) della legge n 157 del 1992, per avere esercitato l'uccellagione mediante l'impiego di due gabbie trappola di rete metallica. Fatto commesso in Roncegno il 29 luglio del 20071.


Ricorre per cassazione l'imputato deducendo:
- l'erronea applicazione della norma poiché il fatto ascrittogli doveva essere inquadrato nella fattispecie di cui alla lettera h) dell'articolo 30 della legge n 157 del 1992 (caccia con mezzi vietati), in quanto l'uso di due semplici gabbie non può costituire in sistema di cattura indiscriminata come ritenuto dal giudice di prime cure;
- mancanza e manifesta illogicità della motivazione per avere il giudice omesso di indicare i motivi che lo avevano indotto a considerare le due gabbie strumenti idonei alla cattura indiscriminata.


Sulla base di tali censure si chiede l'annullamento della decisione impugnata.


IN DIRITTO


Il ricorso è fondato.


La legge n. 157 del 1992 distingue l'uccellagione, che a norma dell'articolo 3 è sempre vietata, dall'attività venatoria che è consentita se esercitata nei tempi e nei modi previsti dalla legge (artt. 12 e 13), ma non contiene una definizione precisa delle due attività. Secondo l'orientamento di questa corte, costituisce uccellagione qualsiasi sistema di cattura degli uccelli con mezzi fissi, di impiego non momentaneo, e comunque diversi da armi da sparo (reti, panie, ecc.), diretto alla cattura di un numero indiscriminato di volatili. Costituisce esercizio venatorio ogni atto diretto alla cattura di singoli esemplari di fauna selvatica. L'elemento che distingue l'uccellagione, sempre vietata, dall'esercizio venatorio con strumenti non consentiti, è costituito dall'uso e dalla particolare offensività degli strumenti usati, nel senso che l'uccellagione è diretta alla cattura di un numero indiscriminato di esemplari con possibilità di colpire ogni specie di volatile e quindi anche quella specie per la quale la cattura non è in alcun modo consentita, mentre la caccia con mezzo vietato di volatili è diretta alla cattura di singoli esemplari. E' quindi la maggiore offensività del mezzo illecito adoperato che distingue le due ipotesi ( cfr Cass n. 9607 del 1999; 6343 del 2006. nn 17272 e 35630 del 2007).


Nella specie, è stato accertato in punto di fatto che ci si trovava di fronte a due gabbiette - trappola di dimensioni minime, non in grado di riarmarsi da sole per una successiva azione di cattura.


Questa corte nella decisione n 35630 del 2007 ha già ritenuto che una sola gabbietta non possa configurare l'esercizio dell'uccellagione. La situazione non cambia sostanzialmente se anziché di una sola gabbietta si tratta di due gabbiette che non si armavano automaticamente, posto che il mezzo usato non può considerarsi particolarmente offensivo e quindi idoneo a dar luogo all'attività di uccellagione,
 

La sentenza di questa corte citata nel provvedimento impugnato non è conferente perché in quella fattispecie si trattava di reti, le quali per la loro caratteristica o per le dimensioni, possono anche dare luogo ad una cattura indiscriminata e quindi configurare il reato di uccellagione.


Alla stregua delle considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata con rinvio.


Il giudice del rinvio dovrà rivalutare il fatto applicando il principio prima esposto e, ove escluda l'uccellagione, ritenere la meno grave ipotesi della caccia con mezzi vietati, applicando la relativa sanzione, se nel frattempo il reato non si sarà prescritto.


P.Q.M.


La Corte
Letto l'articolo 623 c.p.p.


Annulla
La sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Trento


Così deciso in Roma il 3 febbraio del 2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA 16 MAR. 2010


 


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