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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2010 (Ud. 11/02/2010), Sentenza n. 12453
RIFIUTI - Abbandono dei rifiuti - Configurabilità - Presupposti - Art. 256
D.Lvo 152/06. In tema di rifiuti, la violazione dell’art. 256 D.Lvo 152/06
ricorre anche nel caso in cui l’attività di abbandono dei rifiuti non sia
abituale né protratta per lungo tempo. (Cass. Sez. III, 16.1.04, Fiato).
(Conferma sentenza del Tribunale di Taranto, del 22.6.09) Pres. Onorato Est.
Mulliri Ric. Pellegrini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2010 (Ud.
11/02/2010), Sentenza n. 12453
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Superfluità delle prove già ammesse - Potere
giudiziale di revoca nel corso del dibattimento. Il potere giudiziale di
revoca, per superfluità delle prove già ammesse, nel corso del dibattimento, é
"più ampio di quello esercitabile all'inizio del dibattimento stesso, momento in
cui il giudice può non ammettere soltanto le prove vietate dalla legge o quelle
manifestamente superflue o irrilevanti'. (Cass. Sez. Il, 21.1.09, Zerabib).
(Conferma sentenza del Tribunale di Taranto, del 22.6.09) Pres. Onorato Est.
Mulliri Ric. Pellegrini. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 30/03/2010 (Ud.
11/02/2010), Sentenza n. 12453
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UDIENZA del 11.2.2010
SENTENZA N.327
REG. GENERALE N. 34144/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai Signori:
1. dr. Pierluigi Onorato
Presidente
2. dr.ssa Claudia Squassoni
Consigliere
3. dr. Alfredo Maria Lombardi
Consigliere
4. dr. Giovanni Amoroso
Consigliere
5. dr.ssa Guida Mulliri
Consigliere rel.
all'esito dell'udienza pubblica dell' 11 febbraio 2010 ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da: Pellegrini Francesco Paolo, nato a Foggia l'xx.xx.xxxxx,
imputato art. 51, co. 2, D.L.vo 22/97
- avverso la sentenza del Tribunale di Taranto, in data 22.6.09
- Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri
- Sentito il P.M. nella persona del P.G. dr. Francesco Salzano, che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
osserva
1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso - L'imputato è stato
condannato per avere, quale a.u. della Nuova Estrazione Succhi S.r.l.,
abbandonato sul terreno rifiuti speciali liquidi consistenti in acque reflue
industriali prodotti dall'estrazione di succhi ottenuti dalla spremitura di uve
da tavola.
Avverso tale decisione, l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso
deducendo:
1) violazione di legge da ravvisarsi nel fatto che, nella decisione
impugnata, sia stata ritenuta sussistente la fattispecie criminosa ipotizzata
sebbene si fosse in presenza di un evento occasionale verificatosi per cause
fortuite. Le stesse dichiarazioni del sovr. Netti sono, infatti, nel senso che
"in un'unica occasione", quella, appunto, del 6.11.06 il Corpo Forestale ha
rilevato liquidi fuoriuscire dallo stabilimento condotto in locazione
dall'imputato;
2) violazione di legge (segnatamente dell'art. 2 D.L.vo 152/99) posto che
tale norma prevede che "il punto di prelievo per i controlli è immediatamente a
monte del punto di scarico sul suolo", nella specie, il prelievo è, invece
avvenuto dal "pozzetto d'ispezione" laddove, invece, sarebbe dovuto avvenire ove
si trovava il "filtro rotativo" da cui - per ammissione dello stesso teste -
"percolava l'acqua". Tra l'altro, i verbalizzanti non hanno neanche precisato da
quale dei due pozzetti abbiano effettuato il prelievo del liquido poi analizzato
dall'A.R.P.A..
La norma sopra citata è stata violata anche sotto un altro profilo, essendo
stato fatto trascorrere un lasso ti tempo maggiore di quello previsto (tre ore)
fra l'accertamento dell'infrazione ed il prelievo. Nella specie, risulta che i
verbalizzanti si erano accorti del riversamento del liquido alle ore 08.30 e
che, invece la campionatura è avvenuta alle ore 16.00 dello stesso giorno
(6.11.06);
3) violazione di legge per mancato rispetto del diritto di difesa dal
momento che il Tribunale, dopo l'escussione del primo teste ammesso tra quelli
indicati dal P.M. (il sovr. Netti), ha dichiarato la superfluità dell'audizione
degli altri, in tal modo, precludendo alla difesa di confrontarsi con gli
accusatori;
4) violazione di legge per insussistenza del fatto reato dal momento che,
dalle dichiarazioni del teste Maraglino, è emerso che lo scoppio delle cisterne,
con conseguente versamento di ettolitri di vino nelle condotte di raccolta delle
acque pluvie, era avvenuto a seguito di un atto di sabotaggio; pertanto l'acqua
contenuta nella cisterna - la cui tubazione si ruppe accidentalmente - era stata
attinta dal pozzo artesiano ivi esistente e, pertanto, del tutto inquinata e
inquinante per i campi limitrofi (donde la morte di una serie di alberi della
zona come da foto in atti). Se, però, i verbalizzanti avessero prelevato il
campione direttamente dalla tubazione, non avrebbero trovato i cloruri in
percentuale così elevata emersi dall'attività inquinante dei pozzetti rimasti
inutilizzati per lungo tempo, ove erano finiti altri elementi chimici
trasportati dai mezzi o dalle merce di passaggio.
Il ricorrente conclude invocando l'annullamento della sentenza impugnata.
2. Motivi della decisione - Il ricorso è infondato.
In replica alle argomentazioni poste a sostegno del primo motivo, vale, in primo
luogo, il rilievo che questa S.C. (Sez. III, 16.1.04, Fiato, Rv. 227951) ha già
avuto modo di affermare che ricorre la violazione dell'art. 51 D.L.vo 22/97 (ora
art. 256 D.Lvo 152/06) anche nel caso in cui l'attività di abbandono dei rifiuti
"non sia abituale né protratta per lungo tempo". Assorbente, tuttavia, è la
considerazione che l'argomento secondo cui si sarebbe in presenza di un evento
"occasionale" passa attraverso un accertamento fattuale che, non solo, non
compete in questa sede ma, che, in ogni caso, è stato già vagliato dai giudici
di merito quando hanno evidenziato come, dagli accertamenti di p.g., sia emersa
la presenza di un "bocchettone creato appositamente lungo il perimetro
dell'azienda, dal quale fuoriusciva il liquido immettendosi nel canale
artificiale dell'Anas (cfr. dossier fotografico agli atti". Il tutto venne
constatato dalla Guardia Forestale che "durante un normale controllo sul
territorio, era stata attirata dalla presenza di liquido maleodorante, di colore
nerastro, in copiosa quantità che si riversava sulla s.s. Appia, al'altezza del
km. 4,650" sì che quegli operanti "operarono un accertamento a ritroso per
risalire dal luogo in cui avevano notato il riversamento di liquami, sino alla
fonte" (f. 2).
A tale stregua, viene implicitamente esclusa ogni occasionalità nell'evento.
Irrilevante è il rilievo mosso con il secondo motivo dal momento che la presente
contestazione è solo di avere "abbandonato" rifiuti non di averli "prodotti" ed
eventuali analisi sono, quindi, del tutto ininfluenti e non necessarie (come già
affermato da questa S.C., Sez. III, 18.10.06, Marelli, Rv. 235078).
E', addirittura, manifestamente infondata la questione che il ricorrente solleva
con il terzo motivo essendosi in presenza del preciso esercizio di una facoltà
riservata dal legislatore al giudice che (art. 495 co. 4 c.p.p.) "sentite le
parti, può revocare con ordinanza l'ammissione di prove che risultano superflue
o ammettere prove già escluse" dal momento che non basta certo la semplice (sia
pur "ferma") opposizione della parte a rendere illegittimo il provvedimento che,
nella specie, risulta, comunque, motivato dal fatto che l'audizione del teste
Netti (verb, ud. 23.2.09) aveva reso superflua l'audizione degli altri due testi
posto che (come risulta dalla espressa richiesta fatta dal giudice al difensore
opponente) essi non avrebbero dovuto riferire su circostanze diverse.
Deve, peraltro, rammentarsi, in proposito che, anche di recente, questa S.C.
(Sez. Il, 21.1.09, Zerabib, Rv. 243306) ha avuto modo di affermare che il potere
giudiziale di revoca, per superfluità, delle prove già ammesse, nel corso del
dibattimento, é "più ampio di quello esercitabile all'inizio del dibattimento
stesso, momento in cui il giudice può non ammettere soltanto le prove vietate
dalla legge o quelle manifestamente superflue o irrilevanti'.
Destituito di fondamento è, da ultimo, anche il quarto motivo che - come è
piuttosto evidente anche nella breve sintesi sopra riportata - si risolve in una
serie di argomentazioni afferenti il merito e, come tali, inopportune nella
presente sede di legittimità.
D'altro canto, la censura avrebbe un suo spazio solo nella eventualità
emergessero vizi motivazionali da parte dei giudici di merito derivanti da una
mancata considerazione di risultanze processuali ovvero da una lettura
manifestamente illogica delle stesse.
Non è, però, questo il caso che occupa.
Come già evidenziato in precedenza, i giudici d'appello hanno richiamato
l'attenzione sul fatto che gli accertamenti della p.g. sono avvenuti
spontaneamente ("durante un normale controllo sul territorio") ed è, quindi,
destituita di fondamento la tesi di una "manovra calunniatoria da parte dei
proprietari terrieri limitrofi"; inoltre, (per quanto verificato) è stato
possibile anche escludere "la tesi suggestiva secondo la quale l'acqua si
sarebbe <inquinata> lungo il percorso".
Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Visti gli artt. 637 e ss. c.p.p.
rigetta
il ricorso e
condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma nell'udienza
dell'11 febbraio 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 24 MAR. 2010
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