AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
08/04/2010 (Cc. 18/02/2010), Sentenza n. 13232
RIFIUTI - Gestione dei rifiuti - Inosservanza delle prescrizioni contenute
nell'autorizzazione - Carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le
iscrizioni o comunicazioni - Distinzione ed effetti - Art 256 4° c. d. L.vo
152\06. La fattispecie richiamata nell’art 256 quarto comma decreto
Legislativo n. 152\06 non sanziona la mancanza del titolo abilitativo ma due
diverse condotte che presuppongono entrambe il titolo. La prima concerne
l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione rilasciata
dall'autorità per l'attività di gestione dei rifiuti. La seconda riguarda la
carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o
comunicazioni. Quest'ultima è l'ipotesi addebitata nella fattispecie, essendo
pacifica la mancanza di un'esplicita autorizzazione. Tale fattispecie ha dato
luogo a seri problemi interpretativi poiché la carenza dei requisiti e delle
condizioni per le iscrizioni e le comunicazioni potrebbe risolversi in
un'inesistente comunicazione posto che vi deve essere coincidenza tra il
possesso dei requisiti specifici e l'esercizio della corrispondente attività di
gestione. Pertanto l'assenza dei requisiti e/o delle condizioni richiesti per
una determinata attività di gestione dei rifiuti potrebbe comportare
l'impossibilità di utilizzare la procedura semplificata con la conseguenza che
quella che viene descritta come ipotesi attenuata assume connotati offensivi
identici all'attività di gestione dei rifiuti senza autorizzazione. Pertanto,
occorre distinguere tra quei requisiti e quelle condizioni che incidono sulla
medesima sussistenza del titolo abilitativo, da quelli che riguardano unicamente
le modalità di esercizio della medesima attività. Così, per semplificare, si è
ritenuto che il trasporto di rifiuti diversi rispetto a quelli per i quali si
era chiesta l'iscrizione nell'albo dei trasportatori, configura il reato di cui
al comma primo del decreto legislativo n 152 del 2006, in quanto la carenza di
tale elemento rende l'iscrizione inesistente (Cass. n.43849/2007). Viceversa il
trasporto di rifiuti con mezzi diversi da quelli comunicati incide solo sulle
modalità di esercizio dell'attività e quindi è configurabile l'ipotesi attenuata
(Cass. n. 5342/2008). (Annulla con rinvio ordinanza del tribunale di Catania del
27/07/2009) Pres. De Maio, Est. Petti, Ric. Monaco. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 08/04/2010 (Cc. 18/02/2010), Sentenza n. 13232
www.AmbienteDiritto.it©
UDIENZA del 18.02.2010
SENTENZA N. 318
REG. GENERALE N. 38348/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dai sigg.
magistrati:
Dott. Guido De Maio
presidente
Dott. Ciro Petti
consigliere
Dott. Alfredo Teresi
consigliere
Dott Silvio Amoresano
Consigliere
Dott. Santi Gazzarra
consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto difensore di Monaco Giuseppe, nato ad Acireale il xx/xx/xxxx,
avverso l'ordinanza del tribunale di Catania del 27 luglio del 2009;
- udita la relazione svolta dal consigliere dott. Ciro Petti;
- sentito il Procuratore generale nella persona dott. Francesco Mauro
Iacoviello, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Carmelo Galati, il quale ha concluso per
l'accoglimento del ricorso;
- Letti il ricorso e l'ordinanza denunciata osserva quanto segue:
IN FATTO
Con decreto notificato il 27 maggio del 2008, il giudice per le indagini
preliminari presso il tribunale di Catania, disponeva il sequestro preventivo
dell'impianto di compostaggio e recupero deiezioni animali sito nell'opificio
per la produzione di combustibile della società "Ofelia Ambiente s.r.l."
rappresentata da Monaco Giuseppe nonché dei piazzali e dei rifiuti in esso
stoccati, ipotizzando il reato di cui all'articolo 256 comma quattro del decreto
legislativo n 152 del 2006 nonché il reato di cui all'articolo 483 c.p. per una
mendace dichiarazione del Monaco, quale legale rappresentante della società
anzidetta in ordine all'avvenuta regolarizzazione delle prescrizioni impartite.
Successivamente il Monaco, assumendo che la Provincia di Catania, con
provvedimento del 20 ottobre del 2008, aveva revocato il precedente ordine di
sospensione dell'attività, ha chiesto la revoca del sequestro, ma l'istanza è
stata respinta prima dal giudice per le indagini preliminari e successivamente
dal tribunale in base al rilievo che la realizzazione dell'impianto in zona
agricola avrebbe dovuto essere autorizzata dalla Regione, non essendo
sufficiente il mero piano di emersione progressiva, comunque limitato a parte
dell'impianto e che in ogni caso la Provincia, nel revocare il precedente
provvedimento di sospensione dell'attività, aveva imposto una serie di
prescrizioni alle quali la società avrebbe dovuto adeguare la propria attività.
Ricorre per Cassazione il Monaco deducendo:
1) la nullità dell'ordinanza impugnata derivante dalla nullità del provvedimento
originario del giudice per difetto di motivazione;
2) violazione del principio devolutivo e dell'articolo 597 c.p.p., per avere il
tribunale modificato l'ipotesi accusatoria avendo ritenuto configurabile la
diversa ipotesi di cui all'articolo 256 comma 1, giacché ha considerato
l'impianto privo di una non ben specificata autorizzazione regionale;
3) violazione degli artt. 208 del decreto legislativo n 152 del 2006 e 31 e 33
del decreto legislativo n 22 del 1997, per avere il tribunale omesso di
considerare che la società operava in forma semplificata in forza della quale,
decorsi 90 giorni, l'attività deve considerarsi autorizzata e che non era stata
mai contestata l'assenza di un titolo abilitativo per la realizzazione
dell'impianto, in quanto non era mai stata considerata una contestazione
connessa alla mancata autorizzazione dell'impianto, trattandosi di impianto che
operava in regime semplificato ed era munito della prescritta autorizzazione per
le emissioni in atmosfera;
4) violazione dell'articolo 125 c.p.p. e 111 della Costituzione per difetto di
motivazione del provvedimento originario e di quello del tribunale, il quale
nulla ha osservato in merito alle note del Comune di Ramacca con cui si era
dichiarata la compatibilità dell'impianto di compostaggio in area agricola in
forza dell'articolo 22 della legge regionale n 71 del 1978, nonché per avere
omesso di apprezzare la documentazione prodotta dalla difesa e rilasciata dal
Comune di Ramacca attestante che nello strumento urbanistico non v'era
disponibilità di aree per insediamenti produttivi o industriali.
I motivi sono stati ulteriormente illustrati con memoria
IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Il Tribunale si è soffermato ad esaminare la compatibilità dell'impianto con gli
strumenti urbanistici benché tale questione non avesse formato oggetto
d'impugnazione. Secondo quanto emerge dallo stesso provvedimento impugnato il
sequestro non era stato disposto per violazioni urbanistiche ma per le
irregolarità riscontrate nella fase dell'attività di recupero dei rifiuti e più
precisamente si era contestata l'ipotesi criminosa di cui all'articolo 256 comma
quarto del decreto legislativo n 152 del 2006. In base a tale norma le pene
stabilite nei primi tre commi sono ridotte della metà nelle ipotesi di
inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni
nonché nell'ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le
iscrizioni o comunicazioni. Come risulta dal tenore letterale della norma, le
condotte descritte nei primi tre commi assumono rilevanza penale allorché le
stesse siano esercitate in assenza del prescritto titolo legittimante, il quale
a sua volta può essere costituito, a seconda dei casi, da un'autorizzazione, da
un'iscrizione o da una comunicazione. Quelle di cui al quarto comma sono invece
dirette a sanzionare la condotta di chi, pur avendo ottemperato all'obbligo di
sottoporre l'esercizio dell'attività di gestione dei rifiuti menzionata nei
primi tre commi della norma in esame al preventivo vaglio amministrativo, non si
sia poi adeguato alle autorizzazioni esplicite dell'autorità o non abbia
osservato i requisiti e le condizioni richiesti per le iscrizioni o
comunicazioni. Le ipotesi di cui al quarto comma della norma citata
presuppongono quindi l'esistenza di un titolo abilitativo costituito o
dall'autorizzazione esplicita nella procedura ordinaria o dalla comunicazione o
iscrizione nelle procedure semplificate. La fattispecie richiamata nello stesso
provvedimento impugnato (art 256 quarto comma decreto citato) non sanziona
quindi la mancanza del titolo abilitativo ma due diverse condotte che
presuppongono entrambe il titolo. La prima concerne l'inosservanza delle
prescrizioni contenute nell'autorizzazione rilasciata dall'autorità per
l'attività di gestione dei rifiuti. La seconda riguarda la carenza dei requisiti
e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. Quest'ultima è
l'ipotesi addebitata nella fattispecie, essendo pacifica la mancanza di
un'esplicita autorizzazione. Tale fattispecie ha dato luogo a seri problemi
interpretativi poiché la carenza dei requisiti e delle condizioni per le
iscrizioni e le comunicazioni potrebbe risolversi in un'inesistente
comunicazione posto che vi deve essere coincidenza tra il possesso dei requisiti
specifici e l'esercizio della corrispondente attività di gestione. Pertanto
l'assenza dei requisiti e/o delle condizioni richiesti per una determinata
attività di gestione dei rifiuti potrebbe comportare l'impossibilità di
utilizzare la procedura semplificata con la conseguenza che quella che viene
descritta come ipotesi attenuata assume connotati offensivi identici
all'attività di gestione dei rifiuti senza autorizzazione.
Per risolvere il problema si è affermato in giurisprudenza (ed anche in
dottrina) che occorre distinguere tra quei requisiti e quelle condizioni che
incidono sulla medesima sussistenza del titolo abilitativo, da quelli che
riguardano unicamente le modalità di esercizio della medesima attività. Così,
per semplificare, si è ritenuto da parte di questa Corte che il trasporto di
rifiuti diversi rispetto a quelli per i quali si era chiesta l'iscrizione
nell'albo dei trasportatori, configura il reato di cui al comma primo del
decreto legislativo n 152 del 2006, in quanto la carenza di tale elemento rende
l'iscrizione inesistente (cfr Cass n43849 del 2007). Viceversa il trasporto di
rifiuti con mezzi diversi da quelli comunicati incide solo sulle modalità di
esercizio dell'attività e quindi è configurabile l'ipotesi attenuata (Cass n
5342 del 2008).
Nel provvedimento impugnato non si è precisato in cosa consisterebbe la carenza
delle condizioni o dei requisiti richiesti per le procedure semplificate. Ma,
essendosi fatto riferimento al quarto comma dell'articolo 256 del più volte
citato decreto, si deve presumere che la divergenza fosse relativa alle sole
modalità di esercizio dell'attività.
In ogni caso il problema che pone la fattispecie non riguarda la legittimità del
sequestro sulla quale è intervenuto il giudicato cautelare, ma consiste nello
stabilire se le divergenze a suo tempo riscontrate con riferimento alla gestione
dei rifiuti, quali che siano, siano state o no eliminate successivamente
all'adozione del provvedimento.
L'interessato aveva chiesto la revoca del sequestro sulla base di due elementi nuovi ossia:
a) l'intervenuta ottemperanza alla diffida rivolta all'Azienda dall'Assessorato regionale concernente il ripristino della fase biossidativa, come da progetto approvato;
b) la revoca del precedente provvedimento di sospensione dell'attività da parte dell'autorità amministrativa.
Questi erano i due punti che il tribunale avrebbe dovuto esaminare al fine di
stabilire se le carenze prima riscontrate fossero state o no eliminate. Invece
tali elementi non sono stati valutati, in quanto il tribunale si è limitato a
fare riferimento ad una non meglio precisata mancanza di autorizzazione
esplicita e ad alcune irregolarità urbanistiche estranee al devolutum,
perché il sequestro dell'impianto relativo all'attività di compostaggio non
risulta disposto per irregolarità urbanistiche. Inoltre non ha adeguatamente
apprezzato la differenza tra la procedura ordinaria di gestione dei rifiuti e
quella semplificata, avendo richiamato la necessità di un titolo legittimante la
realizzazione dell'impianto senza considerare che l'impianto era preesistente ed
operava in regime semplificato tanto è vero che era stata ipotizzata la
violazione di cui al quarto comma dell'articolo 256 e non quella di cui al primo
comma della medesima norma.
Il provvedimento impugnato va quindi annullato con rinvio per carenza assoluta
di motivazione in ordine agli elementi addotti dal ricorrente per ottenere la
revoca del sequestro e per l'erronea applicazione delle norme sui rifiuti in
quanto, come già precisato, non si è adeguatamente apprezzata la differenza tra
la gestione dei rifiuti in base alla procedura ordinaria e quella espletata in
base a quella semplificata.
Il giudice del rinvio, tenuto conto dell'ipotesi criminosa ipotizzata, deve
riesaminare l'istanza di revoca al fine di stabilire se la carenza delle
condizioni per l'esercizio dell'impianto in regime semplificato sia stato o no
eliminata.
P.Q.M
LA CORTE
Letto l'articolo 623 c.p.p.
Annulla
L'ordinanza impugnata e rinvia al tribunale di Catania
Così deciso in Roma il 18 febbraio del 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA l'8 APR.. 2010
Vedi
altre:
SENTENZE PER ESTESO
Ritorna alle
MASSIME della sentenza - Approfondisci
con altre massime:
GIURISPRUDENZA -
Ricerca in:
LEGISLAZIONE
- Ricerca
in:
DOTTRINA
www.AmbienteDiritto.it
AmbienteDiritto.it - Rivista giuridica - Electronic Law Review - Tutti i diritti sono riservati - Copyright © - AmbienteDiritto.it
Testata
registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN
1974-9562