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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/01/2010 (Ud. 15/12/2009), Sentenza n. 1601
DIRITTO URBANISTICO - Condono edilizio - False attestazioni - Dolo generico -
Reato di cui all’art. 483 c.p - Configurabilità. Si configura il reato di
cui all’articolo 483 c.p. nell’ipotesi di false attestazioni in merito alla
sussistenza dei requisiti per la condonabilità delle opere, il dolo (generico)
del falso deve, pertanto, ritenersi integrato dalla consapevolezza
dell’attestazione contraria al vero dei fatti dei quali l’atto è destinato a
provare la verità. Pres. Petti, Est. Teresi, Ric. Osso. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 14/01/2010 (Ud. 15/12/2009), Sentenza n. 1601
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UDIENZA P. del 15.12.2009
SENTENZA N. 2253
REG. GENERALE N. 30014/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori:
dott. Ciro Petti
Presidente
1. dott. Alfredo Teresi
Consigliere rel.
2. dott. Aldo Fiale
Consigliere
3. dott. Margherita Marmo
Consigliere
4. dott. Guida I. Mulliri
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da Osso A., nato a Martignacco il xx.xx.xxx, avverso la
sentenza della Corte d'Appello di Trieste in data 12.01.2009 che ha confermato
la condanna alla pena di mesi sei di reclusione; mesi i d'arresto E. 5.000
d'ammenda inflittagli nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli art.
44 lettera b) d.P.R. n. 380/2001 e 483 cod. pen.;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, dott. Francesco Salzano, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Guglielmo Pelizzo, che ha chiesto
l'accoglimento del ricorso;
osserva
Con sentenza in data 12.01.2009 la Corte d'Appello di Trieste confermava la
condanna alla pena di mesi sei di reclusione; mesi uno €. 5.000 di ammenda
inflitta nel giudizio di primo grado a Osso Arrigo quale colpevole
• di avere attestato falsamente, nella dichiarazione sostitutiva di atto di
notorietà presentata il 10.12.2004 al Comune di Trieste al fine del rilascio del
condono edilizio, che le opere menzionate nella richiesta erano state ultimate
entro il 31.03.2003, mentre i lavori erano iniziati nel 2004;
• di avere eseguito muretti di contenimento e di avere rimesso in pristino
terrazzamenti in un'area sottoposta a vincolo a paesaggistico nonostante gli
fosse stato notificato l'ordine di sospensione dei lavori emesso dal Comune di
Trieste in data 10.12.2004 [in Trieste il 22.06.2005].
Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando erronea applicazione
della legge penale; mancanza di motivazione sulla ritenuta prosecuzione dei
lavori perché "nessun teste aveva mai notato la ripresa dei lavori oggetto
dell'intimazione successivamente alla notifica del provvedimento".
Gli interventi erano consistiti in "riassestamenti" di muretti crollati, senza
creazione di superfici e di volumi, rientranti nella manutenzione ordinaria,
sicché non sussisteva lesione dei beni giuridici protetti.
L'ordine di sospensione non era stato notificato a tutti i soggetti individuati
dall'art. 97 d.P.R. n.380/2001 come necessari destinatari del medesimo.
Inoltre, egli non aveva dato alcun ordine proseguire i lavori ad esclusione
della potatura degli alberi.
Il ricorrente denunciava anche violazione di legge e vizio di motivazione
sull'affermazione di responsabilità per il reato di falso ideologico per essere
stata esattamente indicata la data di ultimazione dei lavori di manutenzione
straordinaria, mentre gli altri lavori di manutenzione ordinaria (attività
edilizia libera) successivamente eseguiti non erano penalmente rilevanti anche
per la mancanza dell'elemento psicologico del reato.
Infine é irragionevole equiparare la dichiarazione sostitutiva di notorietà e
l'atto pubblico.
Chiedeva l'annullamento della sentenza.
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con
le conseguenze di legge.
Osso, infatti, propone le stesse doglianze mosse con l'atto d'appello, doglianze
che i giudici di merito hanno confutato con argomentazioni ineccepibili
rilevando che:
- derivando legittimamente l'ordine
di sospensione dall'illecita esecuzione di manufatti in zona vincolata senza il
preventivo rilascio del prescritto nulla osta, era irrilevante la consistenza
delle nuove opere;
- alla stregua della testimonianza del verbalizzante, dei rilievi fotografici e
delle convergenti deposizioni dei testi della difesa [che avevano collocato
l'esecuzione dei muretti a secco nei primi mesi del 2005], era certo che si
fosse trattato di lavori diversi ed esulanti dall'ordinanza comunale poiché
erano state eseguite opere della medesima tipologia (rifacimento di muretti di
contenimento) di quelle sospese e realizzate nella medesima zona oggetto del
provvedimento inibitorio;
- il ricorrente, quale committente, aveva programmato settimanalmente [secondo
la deposizione del teste Buzzanza] i lavori da eseguire con l'impresa
esecutrice;
- la natura contravvenzionale del reato ne consentiva la configurazione anche a
titolo di colpa, sicché l'imputato doveva risponderne per non avere informato
l'impresa esecutrice della sospensione dei lavori e per non avere impedito la
commissione dell'illecito mediante la dovuta vigilanza sull'attività in corso
sul suo fondo.
In punto di addebito di falsità della dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorietà finalizzata a ottenere il condono edilizio, occorre rilevare come la
corte territoriale abbia dato atto della presentazione di una domanda nella
quale era falsamente indicata una data di ultimazione delle opere, utile per la
fruibilità del beneficio, essendo stato accertato e documentato fotograficamente
nel sopralluogo del luglio 2004 che nel giardino di pertinenza della casa di
civile abitazione dell'imputato, ubicata in zona vincolata, erano in corso
lavori edili consistenti nella sistemazione delle pastinature e nel rifacimento
dei relativi muri di contenimento.
Nella domanda di condono edilizio la parte richiedente aveva dichiarato che
sussistevano i requisiti previsti dalla legge per l'applicazione del beneficio
richiesto e, in particolare, che la manutenzione straordinaria si era stata
conclusa prima del 31/03/2003.
Pertanto, essendo le dichiarazioni allegate alla domanda di condono destinata a
provare la verità dei fatti attestati, è sicuramente applicabile, nel caso in
esame, la fattispecie prevista dall'articolo 483 cod. pen. richiamato dal d. L.
n. 445/2000.
Non è puntuale la censura sull'elemento soggettivo del reato, atteso che il dolo
(generico) del falso come contestato è integrato, come ritenuto in sede di
merito, dalla consapevolezza dell'attestazione contraria al vero di fatti dei
quali l'atto è destinato a provare la verità.
Proprio in punto di dolo del reato, l'impugnata sentenza ha adeguatamente
motivato sulla rappresentazione, nella domanda, di una situazione dei luoghi
difforme dal vero, quanto all'esecuzione del manufatto da sanare.
Trattasi di motivazione che si fonda su una lettura coerente delle risultanze
processuali e, pertanto, immune dalle censure di manifesta illogicità.
Peraltro, la tesi della buona fede è riproposta, nella presente sede, in termini
meramente enunciativi e non minimamente corredati di rilievi specifici alla
motivazione del provvedimento.
La manifesta infondatezza del ricorso comporta l'onere delle spese del
procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va
equitativamente fissata in €. 1.000.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa
delle ammende.
Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 15.12.2009.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 14 GEN. 2010
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