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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/01/2010 (Ud. 15/12/2009), Sentenza n. 1601



DIRITTO URBANISTICO - Condono edilizio - False attestazioni - Dolo generico - Reato di cui all’art. 483 c.p - Configurabilità. Si configura il reato di cui all’articolo 483 c.p. nell’ipotesi di false attestazioni in merito alla sussistenza dei requisiti per la condonabilità delle opere, il dolo (generico) del falso deve, pertanto, ritenersi integrato dalla consapevolezza dell’attestazione contraria al vero dei fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. Pres. Petti, Est. Teresi, Ric. Osso. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 14/01/2010 (Ud. 15/12/2009), Sentenza n. 1601


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UDIENZA P. del 15.12.2009

SENTENZA N. 2253

REG. GENERALE N. 30014/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Signori:


dott. Ciro Petti                                 Presidente
1. dott. Alfredo Teresi                       Consigliere rel.
2. dott. Aldo Fiale                            Consigliere
3. dott. Margherita Marmo                Consigliere
4. dott. Guida I. Mulliri                      Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da Osso A., nato a Martignacco il xx.xx.xxx, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Trieste in data 12.01.2009 che ha confermato la condanna alla pena di mesi sei di reclusione; mesi i d'arresto E. 5.000 d'ammenda inflittagli nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli art. 44 lettera b) d.P.R. n. 380/2001 e 483 cod. pen.;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere dott. Alfredo Teresi;
Sentito il PM nella persona del PG, dott. Francesco Salzano, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
Sentito il difensore del ricorrente, avv. Guglielmo Pelizzo, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;


osserva


Con sentenza in data 12.01.2009 la Corte d'Appello di Trieste confermava la condanna alla pena di mesi sei di reclusione; mesi uno €. 5.000 di ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a Osso Arrigo quale colpevole


• di avere attestato falsamente, nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà presentata il 10.12.2004 al Comune di Trieste al fine del rilascio del condono edilizio, che le opere menzionate nella richiesta erano state ultimate entro il 31.03.2003, mentre i lavori erano iniziati nel 2004;
• di avere eseguito muretti di contenimento e di avere rimesso in pristino terrazzamenti in un'area sottoposta a vincolo a paesaggistico nonostante gli fosse stato notificato l'ordine di sospensione dei lavori emesso dal Comune di Trieste in data 10.12.2004 [in Trieste il 22.06.2005].


Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando erronea applicazione della legge penale; mancanza di motivazione sulla ritenuta prosecuzione dei lavori perché "nessun teste aveva mai notato la ripresa dei lavori oggetto dell'intimazione successivamente alla notifica del provvedimento".


Gli interventi erano consistiti in "riassestamenti" di muretti crollati, senza creazione di superfici e di volumi, rientranti nella manutenzione ordinaria, sicché non sussisteva lesione dei beni giuridici protetti.


L'ordine di sospensione non era stato notificato a tutti i soggetti individuati dall'art. 97 d.P.R. n.380/2001 come necessari destinatari del medesimo.


Inoltre, egli non aveva dato alcun ordine proseguire i lavori ad esclusione della potatura degli alberi.


Il ricorrente denunciava anche violazione di legge e vizio di motivazione sull'affermazione di responsabilità per il reato di falso ideologico per essere stata esattamente indicata la data di ultimazione dei lavori di manutenzione straordinaria, mentre gli altri lavori di manutenzione ordinaria (attività edilizia libera) successivamente eseguiti non erano penalmente rilevanti anche per la mancanza dell'elemento psicologico del reato.


Infine é irragionevole equiparare la dichiarazione sostitutiva di notorietà e l'atto pubblico.

 

Chiedeva l'annullamento della sentenza.


Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile con le conseguenze di legge.


Osso, infatti, propone le stesse doglianze mosse con l'atto d'appello, doglianze che i giudici di merito hanno confutato con argomentazioni ineccepibili rilevando che:

- derivando legittimamente l'ordine di sospensione dall'illecita esecuzione di manufatti in zona vincolata senza il preventivo rilascio del prescritto nulla osta, era irrilevante la consistenza delle nuove opere;
- alla stregua della testimonianza del verbalizzante, dei rilievi fotografici e delle convergenti deposizioni dei testi della difesa [che avevano collocato l'esecuzione dei muretti a secco nei primi mesi del 2005], era certo che si fosse trattato di lavori diversi ed esulanti dall'ordinanza comunale poiché erano state eseguite opere della medesima tipologia (rifacimento di muretti di contenimento) di quelle sospese e realizzate nella medesima zona oggetto del provvedimento inibitorio;
- il ricorrente, quale committente, aveva programmato settimanalmente [secondo la deposizione del teste Buzzanza] i lavori da eseguire con l'impresa esecutrice;
- la natura contravvenzionale del reato ne consentiva la configurazione anche a titolo di colpa, sicché l'imputato doveva risponderne per non avere informato l'impresa esecutrice della sospensione dei lavori e per non avere impedito la commissione dell'illecito mediante la dovuta vigilanza sull'attività in corso sul suo fondo.


In punto di addebito di falsità della dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà finalizzata a ottenere il condono edilizio, occorre rilevare come la corte territoriale abbia dato atto della presentazione di una domanda nella quale era falsamente indicata una data di ultimazione delle opere, utile per la fruibilità del beneficio, essendo stato accertato e documentato fotograficamente nel sopralluogo del luglio 2004 che nel giardino di pertinenza della casa di civile abitazione dell'imputato, ubicata in zona vincolata, erano in corso lavori edili consistenti nella sistemazione delle pastinature e nel rifacimento dei relativi muri di contenimento.


Nella domanda di condono edilizio la parte richiedente aveva dichiarato che sussistevano i requisiti previsti dalla legge per l'applicazione del beneficio richiesto e, in particolare, che la manutenzione straordinaria si era stata conclusa prima del 31/03/2003.


Pertanto, essendo le dichiarazioni allegate alla domanda di condono destinata a provare la verità dei fatti attestati, è sicuramente applicabile, nel caso in esame, la fattispecie prevista dall'articolo 483 cod. pen. richiamato dal d. L. n. 445/2000.


Non è puntuale la censura sull'elemento soggettivo del reato, atteso che il dolo (generico) del falso come contestato è integrato, come ritenuto in sede di merito, dalla consapevolezza dell'attestazione contraria al vero di fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.


Proprio in punto di dolo del reato, l'impugnata sentenza ha adeguatamente motivato sulla rappresentazione, nella domanda, di una situazione dei luoghi difforme dal vero, quanto all'esecuzione del manufatto da sanare.


Trattasi di motivazione che si fonda su una lettura coerente delle risultanze processuali e, pertanto, immune dalle censure di manifesta illogicità.


Peraltro, la tesi della buona fede è riproposta, nella presente sede, in termini meramente enunciativi e non minimamente corredati di rilievi specifici alla motivazione del provvedimento.


La manifesta infondatezza del ricorso comporta l'onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in €. 1.000.


P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di €. 1.000 in favore della cassa delle ammende.


Cosi deciso in Roma nella pubblica udienza del 15.12.2009.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 14 GEN. 2010


 


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