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CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza n. 16386
RIFIUTI - Attività di prelievo, analisi e campionamento - Garanzie difensive -
Natura amministrativa o di attività di polizia giudiziaria nell'ambito di una
indagine preliminare - Differenza e norma applicabile - Artt. 220 e 223 disp.
att. cod. proc. pen.. L'attività di prelievo, campionamento e di analisi ha
normalmente natura amministrativa, ma sempre purché sia svolta dagli organi di
polizia e di controllo nell'ambito della loro normale attività amministrativa di
vigilanza e di ispezione, ossia quando sia diretta soltanto ad accertare la
regolarità della attività e non sia ancora emersa nessuna notizia di reato.
Tuttavia, proprio perché anche dallo svolgimento di tali verifiche
amministrative potrebbero emergere indizi di reato, il legislatore
(conformemente alle indicazioni della Corte costituzionale) con l'art. 223 delle
disposizioni di coordinamento del cod. proc. pen. ha previsto alcune garanzie
difensive nei riguardi dei soggetti interessati proprio per l'eventualità che a
seguito delle analisi emergano nei loro confronti indizi di reato. Le previsioni
e le garanzie di cui all'art. 223 disp. att. cod. proc. pen., riguardano dunque
i prelievi e le analisi inerenti all'attività meramente amministrativa, ossia
appunto alla normale attività di vigilanza e di ispezione. Da tale ipotesi
bisogna pertanto distinguere nettamente le analisi ed i prelievi inerenti non ad
una attività amministrativa, bensì ad una attività di polizia giudiziaria
nell'ambito di una indagine preliminare, per i quali devono invece trovare
applicazione le norme dell'art. 220 disp. coord. cod. proc. pen., in base al
quale «quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o
decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di
prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge
penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice». Pertanto,
nel caso di attività di polizia giudiziaria svolta nell'ambito di una indagine
preliminare, devono operare «le norme di garanzia della difesa previste dal
codice di rito, anche laddove emergano indizi di reato nel corso di un'attività
amministrativa che in tal caso non può definirsi extra-processum» (Cass.
Sez. III, 14.5.2002, n. 23369, Scarpa, n. 221627). In altre parole, l'attività
di prelievo e di analisi ha «natura amministrativa... sempre che essa non venga
eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto
determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione le
garanzie difensive previste dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., mentre,
vertendosi in attività amministrativa, è applicabile l'art. 223 disp. att. cit.»
(Cass. Sez. III, 16.10.1998, n. 12390, Fecchio). (annulla l'ordinanza, emessa il
3/04/2009 dal Tribunale del riesame di Lecce, con rinvio al Tribunale di Lecce)
Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Vidori ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE,
Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza n. 16386
RIFIUTI - Attività di prelievo, analisi e campionamento - Fonti di prova e
indizi di reato - Garanzie difensive - Presupposto per l'operatività dell'art.
220 disp. att. cod. proc. Pen.. Il presupposto per l'operatività dell'art.
220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per il sorgere dell'obbligo di osservare
le disposizioni del codice di procedura penale per assicurare le fonti di prova
e raccogliere quant'altro possa servire ai fini dell'applicazione della legge
penale, è costituito dalla «sussistenza della mera possibilità di attribuire
comunque rilevanza penale al fatto che emerge dall'inchiesta amministrativa e
nel momento in cui emerge, a prescindere dalla circostanza che esso possa essere
riferito ad una persona determinata» (Cass. Sez. Un., 28.11.2004, n. 45477,
Raineri; Cass. Sez. II, 13.12.2005, n. 2601, Cacace). Il fatto che vengano
violate le disposizioni del codice di procedura e tutte le garanzie difensive
previste dal codice stesso per assicurare le fonti di prova e raccogliere
elementi utili alle indagini comporta che i risultati delle analisi in tal modo
ottenuti non possono assumere efficacia probatoria e, quindi, non sono
utilizzabili (cfr. Sez. III, 18.11.2008, n, 6881/09, Ceragioli, m. 242523).
(annulla l'ordinanza, emessa il 3/04/2009 dal Tribunale del riesame di Lecce,
con rinvio al Tribunale di Lecce) Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Vidori ed
altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010),
Sentenza n. 16386
RIFIUTI - Attività di prelievo, analisi e campionamento - Assenza del verbale
delle operazioni - Inutilizzabilità dei risultati - All. 3, del 2/08/2005 d.m.
Amb. e tutela del territorio - Metodo utilizzato: IRSA-CNR anziché UNI 10802 -
Motivazioni - Necessità. In tema di prelievo, campionamento ed analisi,
l'assenza del verbale delle operazioni è causa di inutilizzabilità dei relativi
risultati in quanto rende impossibile per il giudice il controllo sull'attività
compiuta dall'organo amministrativo» (Cass. Sez. III, 31.1.1994, n. 4423,
Negrini). Inoltre, ai sensi del punto 2, dell'allegato 3, del d.m. dell'ambiente
e della tutela del territorio 2 agosto 2005 (Definizione dei criteri di
ammissibilità dei rifiuti in discarica), «il campionamento dei rifiuti ai fini
della loro caratterizzazione chimico-fisica deve essere effettuato in modo tale
da ottenere un campione rappresentativo secondo i criteri, le procedure, i
metodi e gli standard di cui alla norma UNI 10802 "Rifiuti liquidi, granulari,
pastosi e fanghi - Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati
"». Nella specie, l'ordinanza impugnata non ha motivato sulle ragioni per le
quali nella specie sarebbe stato correttamente utilizzato il metodo IRSA-CNR,
anziché il metodo UNI 10802 previsto dalla norma tecnica. (annulla l'ordinanza,
emessa il 3/04/2009 dal Tribunale del riesame di Lecce, con rinvio al Tribunale
di Lecce) Pres. Onorato, Est. Franco, Ric. Vidori ed altri. CORTE DI
CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza n. 16386
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Provvedimenti limitativi della libertà personale
- Impugnazioni - Procedimento incidentale di riesame e giudizio di Cassazione -
Limiti - Art. 309 c.p.p.. In materia di impugnazioni avverso i provvedimenti
limitativi della libertà personale, nel procedimento incidentale di riesame
disciplinato dall'art. 309 c.p.p. - e nel successivo giudizio di Cassazione -
non sono deducibili, né rilevabili di ufficio, questioni relative
all'inefficacia della misura cautelare diverse da quelle concernenti
l'inosservanza dei termini stabiliti dai commi 5 e 9 dello stesso articolo
(Cass. Sez. IV, 6.5.1999, n, 1430, Barbaro, n. 214243; Cass. Sez. VI, 10.6.2003,
n. 29564, Vinci, n. 225222). (annulla l'ordinanza, emessa il 3/04/2009 dal
Tribunale del riesame di Lecce, con rinvio al Tribunale di Lecce) Pres. Onorato,
Est. Franco, Ric. Vidori ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III,
27/04/2010 (Cc. 10/02/2010), Sentenza n. 16386
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UDIENZA del 10.02.2010
SENTENZA N. 235
REG. GENERALE N. 22645/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.:
1. Dott. Pierluigi Onorato
Presidente
2. Dott. Agostino Cordova
Consigliere
3. Dott. Amedeo Franco
(est.) Consigliere
4. Dott.ssa Guicla I. Mulliri
Consigliere
5. Dott. Luigi Marini
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
- sul ricorso proposto da Vidori Andrea, nato a Valdobbiadene il xx.xx.xxxx e da
Vidori Giuseppe, nato a Vidor il xx.xx.xxxx;
- avverso l'ordinanza emessa il 3 aprile 2009 dal tribunale del riesame di
Lecce;
- udita nella udienza in camera di consiglio del 10 febbraio 2010 la relazione
fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
- udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
- udito il difensore avv. Giovanni Vasoin De Prosperi;
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 13.3.2009 il GIP del tribunale di Brindisi applicò nei
confronti di Vidori Andrea e Vidori Giuseppe la misura cautelare della custodia
in carcere in relazione al reato di cui all'art. 260, comma 1, d. lgs. 3 aprile
2006, n. 152, per avere, in concorso con Fiorillo Vincenzo, Castiglione Paolo e
Di Giulio Gianluca, il Fiorillo quale consigliere di amministrazione della
Formica Ambiente srl, il Castiglione quale gestore di fatto della discarica di
proprietà della Formica Ambiente sita in Brindisi, il Di Giulio quale addetto
alla discarica stessa, il Vidori Giuseppe quale amministratore della Vidori
Servizi Ambientali spa e il Vidori Andrea quale responsabile commerciale di tale
società, al fine di trarne profitto, con più operazioni, allestimento di mezzi
ed attività continuative organizzate, gestito abusivamente un traffico di
ingenti quantitativi di rifiuti tossico-nocivi per la presenza di benzene in
concentrazione superiore ai limiti per l'ammissibilità in una discarica di II
cat. di tipo B (falsamente indicati sui FIR anziché come rifiuti pericolosi come
rifiuti composti da rifiuti non pericolosi) e di rifiuti speciali pericolosi
(indicati sui FIR quali miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto
pericoloso) non abbandonabili nella discarica per la concentrazione di benzene.
La condotta contestata era quella di avere ricevuto nell'impianto della Vidori
in provincia di Treviso rifiuti anche tossico nocivi, di averli miscelati e poi
trasportati presso la discarica di Formica, che non avrebbe potuto riceverli, ed
infine di averli smaltiti, il tutto per 166 conferimenti di rifiuti
tossico-nocivi e 66 conferimenti di rifiuti pericolosi.
2. Il tribunale del riesame di Lecce, con l'ordinanza in epigrafe, dispose la
sostituzione della misura coercitiva applicata con quella degli arresti
domiciliari. Osservò tra l'altro il tribunale:
- che l'eccezione di inefficacia sopravvenuta della misura per nullità
dell'interrogatorio di garanzia non poteva essere dedotta dinanzi al tribunale
del riesame, bensì con apposita istanza al GIP.
- che la discarica sita in contrada Formica di Brindisi, gestita dalla soc.
Formica Ambiente, era una discarica di seconda categoria tipo B, in cui sono
abbancabili i rifiuti speciali e quelli pericolosi perché tossico nocivi, purché
non superino certe concentrazioni di alcune sostanze.
- che, a seguito di una segnalazione e di accertamenti effettuati il 2.8.2006 su
rifiuti provenienti da tale srl Sieco, era iniziata una intensa attività
investigativa mediante intercettazioni telefoniche ed acquisizione di
documentazione da cui risultava il conferimento nella discarica di Formica di
rifiuti ivi non abbancabili mediante la contraffazione dei formulari di
accompagnamento.
- che fra le società che effettuavano illeciti conferimenti di rifiuti
pericolosi e tossico nocivi mediante contraffazione dei formulari era stata
individuata la Vidori Servizi Ambientali spa.
- che il 7.12.2006 il Corpo forestale dello Stato aveva effettuato un
sopralluogo nella discarica Formica, mentre le intercettazioni telefoniche in
atto avevano permesso di accertare un tentativo dei responsabili della discarica
di sottrarre al controllo i camion con i rifiuti della Vidori, i cui autisti
vennero avvertiti che non avrebbero potuto scaricare nella discarica e furono
tenuti lontani da essa: tre camion furono fatti parcheggiare in una stazione di
servizio di Polignano a mare, per farli poi scaricare il mattino successivo
senza la presenza dei forestali, mentre un autocarro fu addirittura fatto
ritornare in sede.
- che solo l'11.12.2006 il Fiorillo autorizzò il Castiglione a ricevere i
camion, ma poi il giorno successivo il Castiglione rifiutò loro l'ingresso.
- che però nel frattempo l'11.12.2006 i tre camion parcheggiati nella area di
servizio di Polignano (e di cui si era parlato nelle intercettazioni
telefoniche) vennero individuati dai carabinieri ed i tecnici dell'Arpa
prelevarono i campioni dei rifiuti, mentre i camion furono poi dal Vidori fatti
rientrare in sede.
- che i risultati delle analisi avevano dimostrato che la tipologia dei rifiuti
era diversa da quella risultante dalla documentazione di accompagnamento perché
il valore degli oli minerali era superiore allo 0,1%, sicché i rifiuti andavano
qualificati come tossici e nocivi oppure come rifiuti pericolosi con
concentrazione di oli minerali superiore allo 0,1%, ossia rifiuti che non
potevano essere smaltiti nella discarica di Formica.
- che da una intercettazione telefonica del 9.1.2007 tra Vidori Giuseppe e il
Castiglione era risultato che, a seguito dei controlli della forestale, il
Fiorillo aveva momentaneamente sospeso l'attività della discarica.
- che da altra intercettazione telefonica del 14.3.2007 risultava che Vidori
Andrea e il Fiorillo avevano fatto riferimento al cambio di codici dei rifiuti
ed ai controlli che venivano eseguiti.
- che, quanto alla regolarità delle procedure di campionamento, il Gip non ne
aveva avuto disponibilità al momento di emissione della misura, ma dalla
documentazione successivamente inviata si evinceva che i campioni erano
rappresentativi dei miscugli di rifiuti, e che le modalità di prelievo erano in
linea con le previsioni del manuale IRSA-CNR relativo ai metodi analitici per i
fanghi.
- che dalla documentazione di accompagnamento risultava che il produttore dei
rifiuti era la società Vidori, tuttavia della presunta violazione dell'art. 223
disp. att. cod. proc. pen. poteva dolersi solo Vidori Giuseppe, legale
rappresentante della società, e non anche Vidori Andrea, che era solo il
direttore commerciale.
- che peraltro l'attività di campionamento e di analisi dei rifiuti aveva natura
amministrativa e quindi non doveva rispettare le norme del codice di rito, e
l'unica garanzia prevista era quella di cui all'art. 223 cod. proc. pen.
- che comunque l'avviso dell'inizio delle operazioni di analisi ai sensi
dell'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. non era necessario perché il prelievo
dell'11.12.2006 era avvenuto alla presenza degli autisti degli autocarri,
dipendenti della Veca Sud Autotrasporti srl, e l'avviso che le analisi sarebbero
state compiute il giorno successivo era stato dato oralmente a detti autisti,
sicché era idoneo a raggiungere il suo scopo.
- che infatti doveva ritenersi che l'avviso era stato regolarmente dato alla
parte interessata per il tramite degli autisti dipendenti dalla Veca Sud
Autotrasporti srl, che effettuava il trasporto per conto della soc. Vidori sulla
base di un regolare contratto, sicché l'avviso doveva ritenersi rivolto non solo
al titolare della ditta da cui dipendevano gli autisti, ma anche alla società
committente.
- che d'altra parte, dalle intercettazioni telefoniche che erano sempre in atto
risultava che i Vidori erano stati subito messi al corrente dell'avvenuto
prelievo dal titolare della ditta di autotrasporti Ventrone Lazzaro, che aveva
loro inviato via fax anche una copia dei verbali, e che Vidori Giuseppe era
anche venuto a conoscenza che le analisi si sarebbero svolte il giorno
successivo, tanto da mettersi in contatto col proprio consulente con il quale
avevano poi deciso di non essere presenti perché l'avviso non era stato dato
anche a loro.
- che dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e di risultati delle
analisi emergevano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato;
- che sussisteva altresì l'esigenza cautelare di impedire la reiterazione del
reato ed il pericolo di inquinamento probatorio.
3. Vidori Andrea e Vidori Giuseppe propongono ricorso per cassazione deducendo:
1) violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 302 cod.
proc. pen. per errata mancata dichiarazione della decadenza della misura
cautelare personale per entrambi gli imputati per nullità dell'interrogatorio di
garanzia, derivante dalla violazione del diritto di difesa, anche per parziale
inesistenza dell'interrogatorio o stesso, derivante da incompletezza non
addebitabile all'imputato. Osservano, che nel corso dell'interrogatorio il
giudice aveva affermato che le esigenze del pericolo di inquinamento probatorio
non riguardavano i due Vidori. Il difensore aveva quindi articolato le sue
difese prescindendo da tale profilo. L'interrogatorio era quindi nullo o
comunque incompleto per factum principis. Erroneamente il tribunale del
riesame ha ritenuto che l'eccezione non poteva essere proposta con il riesame ma
doveva essere avanzata con apposita richiesta al GIP, con eventuale appello.
2) violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla:
a) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (con riferimento alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza);
b) inosservanza degli artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen. in relazione alle sentenze n. 248/1983 e 15/1986 della Corte costituzionale;
c) mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione con riferimento all'art. 273, comma 1,
cod. proc. pen. ed all'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
Osservano che tutta la costruzione accusatoria si fonda sui tre prelievi
effettuati l'11.12.2006. Ora, tali prelievi ed analisi non possono essere
ritenuti rappresentativi se non di quei tre carichi e non già anche di tutti gli
altri carichi che costituirebbero gli ingenti quantitativi di rifiuti. Ciò vale
anche per il carattere abusivo dell'attività organizzata di gestione di rifiuti
e per l'organizzazione relativa.
Inoltre, nel fascicolo trasmesso dal PM al GIP con la richiesta di nuova misura
cautelare del 30.10.2008 non vi sono i verbali di campionamento descrittivi
delle operazioni compiute, il che è causa di nullità di tutta la procedura
perché non permette al giudice di valutare la reale rappresentatività del
campione.
Sembra poi che il campionamento sia stato effettuato direttamente sugli
automezzi posteggiati nella stazione di servizio, ossia con modalità difformi da
quelle prescritte, che prevedono il metodo della c.d. quartatura, compatibile
solo con lo scaricamento del carico dal mezzo per poter raggiungere tutti i
rifiuti del carico stesso. In ogni caso non si conosce a quali profondità e con
quali attrezzi sono stati prelevati i rifiuti.
E' stato poi violato il diritto dell'interessato a ricevere avviso dell'inizio
delle operazioni di analisi per potervi assistere con un proprio consulente.
Risultava documentato che il soggetto interessato al contraddittorio in sede di
analisi era la Vidori, che invece fu ignorata dai prelevatori. La mancanza di
avviso non può essere surrogata dall'avviso al trasportatore (peraltro in
potenziale conflitto di interessi con il produttore del rifiuti e nella specie
in sostanziale conflitto) così come non può pensarsi che una ipotetica
conoscenza desunta dalle intercettazioni telefoniche possa sostituire la
procedura legale e l'avviso, che comunque comporta la legittimazione del
destinatario a partecipare alle analisi con un proprio consulente. Inoltre,
l'ultimo verbale di prelievo è iniziato alle ore 15.00 dell' 11.12.2006 e
l'avviso fu dato al trasportatore per le ore 10.00 del giorno dopo. Da ciò
deriva l'inutilizzabilità delle analisi e comunque la nullità della procedura
seguita, a norma delle citate sentenze della Corte costituzionale. Il vizio
inficia tutte le prospettazioni accusatorie sia sulla classificazione sia sui
requisiti di accettabilità in discarica dei rifiuti.
Osservano poi che la questione sugli idrocarburi da considerare rilevanti in
sede di analisi per il superamento della soglia e la classificazione dei rifiuti
come pericolosi, è stata risolta dal legislatore con la legge 13/2009, di
conversione del d.l. 208/08, sicché ora la soglia dello 0,1% non può ritenersi
superata ove siano stati rilevati cumulativamente ed indistintamente tutti gli
oli minerali.
E' comunque manifestamente illogico ritenere che tutti i carichi conferiti dalla
Vidori alla discarica avessero le medesime caratteristiche.
Evidenziano poi alcuni elementi tecnici da cui risulta che l'approccio della
Vidori in ordine ai conferimenti alla discarica di Formica era stato del tutto
corretto ed in buona fede. Invero le omologhe tecniche elaborate dal fiduciario
della Formica attestavano che i rifiuti potevano essere conferiti nella
discarica; l'autorizzazione alla Formica dava atto che la discarica rispondeva
anche ai requisiti di discarica di categoria superiore; la stessa Arpa aveva
considerato i limiti di 10 volte il valore della tabella A.
A fronte della correttezza del comportamento, manca la motivazione sulla
sussistenza dell'elemento psicologico del reato.
3) violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento all'art. 274, lett.
a) e c), cod. proc. pen. Osservano che il pericolo di reiterazione del reato non
poteva dedursi dai modesti precedenti penali, peraltro risalenti nel tempo. Né
poteva essere considerato indice di pericolo di reiterazione la quantità di
rifiuti conferita, che è elemento costitutivo del reato. L'ordinanza del Gip non
ha tenuto presenti le caratteristiche dei rifiuti conferiti in altre discariche
e la polivalenza dei due codici CER in questione nonché il fatto che la
tipologia dei rifiuti conferiti alla Formica ora è inviata all'estero. Lamentano
che le esigenze cautelati non sono né specifiche, né motivate né attuali. E'
ormai superato il pericolo di inquinamento probatorio. Del resto il Gip di
Brindisi con provvedimento del 28.4.2009 ha revocato il sequestro dell'impianto
della Vidori, definendo impossibile alla radice il pericolo di reiterazione del
reato ed inesistenti le cautele probatorie.
In prossimità dell'udienza il difensore ha depositato memoria con allegata
documentazione.
Motivi della decisione
4. Ritiene il Collegio che il primo motivo sia infondato. Invero, secondo la
giurisprudenza di questa Suprema Corte, da cui non vi sono valide ragioni per
discostarsi, «in materia di impugnazioni avverso i provvedimenti limitativi
della libertà personale, nel procedimento incidentale di riesame disciplinato
dall'art. 309 c.p.p. - e nel successivo giudizio di Cassazione - non sono
deducibili, né rilevabili di ufficio, questioni relative all'inefficacia della
misura cautelare diverse da quelle concernenti l'inosservanza dei termini
stabiliti dai commi 5 e 9 dello stesso articolo (Nella specie, si trattava di
asserita inefficacia della misura per il mancato interrogatorio di garanzia ex
art. 294 c.p.p.; la Suprema Corte, nell'enunciare il principio di cui in
massima, ha ritenuto inammissibile la questione, riproposta in Cassazione in
conseguenza di declaratoria di inammissibilità pronunciata in sede di riesame,
ed ha precisato che la questione stessa - in quanto estranea all'ambito del
riesame - avrebbe dovuto formare oggetto di istanza al giudice del procedimento
principale, con conseguente provvedimento ex art. 306 c.p.p. soggetto
all'appello previsto dall'art. 310 c.p.p.» (Sez. IV, 6.5.1999, n, 1430, Barbaro,
m. 214243; Sez. VI, 10.6.2003, n. 29564, Vinci, m. 225222).
5. Quanto al secondo motivo, è innanzitutto fondata l'eccezione di violazione
degli artt. 220 e 223 disp. att. cod. proc. pen.
Il tribunale del riesame ha ritenuto che nella specie - in riferimento alle
attività di prelievo e di analisi dei campioni di rifiuti sui tre camion della
Vidori fermi nella stazione di servizio di Polignano a mare - non dovevano
applicarsi le procedure di cui all'art. 220 cit., bensì quelle di cui al
successivo art. 223, e ciò perché si sarebbe trattato di attività avente natura
amministrativa.
Si tratta di motivazione chiaramente erronea. Invero, l'attività di
campionamento e di analisi ha si, almeno normalmente, natura amministrativa, ma
sempre purché sia svolta dagli organi di polizia e di controllo nell'ambito
della loro normale attività amministrativa di vigilanza e di ispezione, ossia
quando sia diretta soltanto ad accertare la regolarità della attività e non sia
ancora emersa nessuna notizia di reato. E tuttavia, proprio perché anche dallo
svolgimento di tali verifiche amministrative potrebbero emergere indizi di
reato, il legislatore (conformemente alle indicazioni della Corte
costituzionale) con l'art. 223 delle disposizioni di coordinamento del cod.
proc. pen. ha previsto alcune garanzie difensive nei riguardi dei soggetti
interessati proprio per l'eventualità che a seguito delle analisi emergano nei
loro confronti indizi di reato. Le previsioni e le garanzie di cui all'art. 223
cit. riguardano dunque i prelievi e le analisi inerenti all'attività meramente
amministrativa, ossia appunto alla normale attività di vigilanza e di ispezione.
Da tale ipotesi bisogna pertanto distinguere nettamente le analisi ed i prelievi
inerenti non ad una attività amministrativa, bensì ad una attività di polizia
giudiziaria nell'ambito di una indagine preliminare, per i quali devono invece
trovare applicazione le norme dell'art. 220 disp. coord. cod. proc. pen., in
base al quale «quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da
leggi o decreti emergono indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le
fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della
legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice».
Nel caso quindi di attività di polizia giudiziaria svolta nell'ambito di una
indagine preliminare, devono operare «le norme di garanzia della difesa previste
dal codice di rito, anche laddove emergano indizi di reato nel corso di
un'at-tività amministrativa che in tal caso non può definirsi extra-processum»
(Sez. III, 14.5.2002, n. 23369, Scarpa, m. 221627). In altre parole, l'attività
di prelievo e di analisi ha «natura amministrativa... sempre che essa non venga
eseguita su disposizione del magistrato o non esista già un soggetto
determinato, indiziabile di reati: solo in tal caso trovano applicazione le
garanzie difensive previste dall'art. 220 disp. att. cod. proc. pen., mentre,
vertendosi in attività amministrativa, è applicabile l'art. 223 disp. att. cit.»
(Sez. III, 16.10.1998, n. 12390, Fecchio, m. 212374).
D'altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, il presupposto
per l'operatività dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen. e dunque per il
sorgere dell'obbligo di osservare le disposizioni del codice di procedura penale
per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire ai fini
dell'applicazione della legge penale, è costituito dalla «sussistenza della mera
possibilità di attribuire comunque rilevanza penale al fatto che emerge
dall'inchiesta amministrativa e nel momento in cui emerge, a prescindere dalla
circostanza che esso possa essere riferito ad una persona determinata» (Sez.
Un., 28.11.2004, n. 45477, Raineri, m. 220291; Sez. II, 13.12.2005, n. 2601,
Cacace, m. 233330).
Nel caso in esame la stessa ordinanza impugnata ricorda che le indagini
preliminari erano iniziate fin dal 2.8.2006 nei confronti di una serie di
soggetti in relazione alla attività della discarica di Formica, tanto che nei
confronti di detti soggetti, tra i quali gli odierni ricorrenti, era stata
avviata «un'intensa attività di intercettazioni telefoniche ... unitamente ai
servizi di riscontro ed alla acquisizione di copiosa documentazione». Risulta
quindi che all'epoca dei prelievi Vidori Giuseppe e Vidori Andrea, al pari di
altri concorrenti nel reato ipotizzato, avevano già acquistato la qualità di
persone sottoposte alle indagini, tanto da essere soggetti, insieme agli altri
indagati, ad intercettazioni telefoniche. Del resto, avevano sicuramente assunto
la detta qualità altri soggetti concorrenti nel medesimo reato, quale il
Fiorillo, già iscritto nel registro delle notizie di reato, il che è sufficiente
per ritenere che le procedure di cui all'art. 220 cit. dovevano essere
rispettate nei confronti di tutti i concorrenti nello stesso reato. In ogni
caso, non può dubitarsi che nella specie, quando il giorno 7.12.2006 il corpo
forestale fece il sopralluogo nella discarica di Formica e quando l'11.12.2006 i
carabinieri individuarono gli autocarri ed i tecnici dell'Arpa eseguirono i
prelievi, erano già in corso le indagini preliminari, iniziate sin dal
precedente mese di agosto, e sussistevano sicuramente, come afferma la stessa
ordinanza impugnata, gli «indizi di reato» di cui parla l'art. 220 cit. anche
nei confronti degli odierni ricorrenti. Del resto, sempre dalla ordinanza
impugnata, emerge anche che la stessa localizzazione dei camion e la decisione
di effettuare i campionamenti ed i prelievi vennero fatte, per così dire, in
diretta ed a colpo sicuro perché i camion erano stati individuati e localizzati
proprio sulla base delle intercettazioni telefoniche che venivano
contemporaneamente eseguite nei confronti degli indagati, ivi compresi gli
attuali ricorrenti. Ed infatti i carabinieri si recarono nella stazione di
servizio dove i camion erano parcheggiati facendosi già accompagnare dai tecnici
dell'Arpa proprio per prelevare i campioni. Non è quindi discutibile che le
attività di prelievo ed analisi di campioni di rifiuti, eseguite nei confronti
di persone già indagate e proprio al fine di assicurare le fonti di prova e
raccogliere quant'altro potesse servire per l'applicazione della legge penale,
costituivano vera e propria attività di polizia giudiziaria svolta nel corso
delle indagini preliminari, e non mera attività amministrativa, ed avrebbero
pertanto dovuto svolgersi a norma dell'art. 220 disp. att. cod. proc. pen.,
ossia con l'osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale e delle
conseguenti procedure e garanzie difensive. La polizia giudiziaria avrebbe
quindi dovuto procedere al sequestro dei mezzi, notiziare il pubblico ministero,
seguire le procedure di cui all'art. 360 cod. proc. pen., qualora gli
accertamenti tecnici fossero non ripetibili, ossia avessero ad oggetto cose o
luoghi il cui stato era soggetto a modificazione, avvisare gli indagati delle
facoltà di cui agli artt. 360 e 369 bis, fra cui quella di nominare un difensore
e propri consulenti prima di procedere al prelievo ed all'analisi dei campioni.
D'altra parte, per i motivi che saranno di seguito indicati, deve ritenersi che
nella specie il tribunale del riesame abbia implicitamente ritenuto che si
trattava di accertamenti non ripetibili, ossia su elementi e sostanze
deteriorabili o soggetti a modificazione.
Il fatto che siano state violate le disposizioni del codice di procedura e tutte
le garanzie difensive previste dal codice stesso per assicurare le fonti di
prova e raccogliere elementi utili alle indagini comporta che i risultati delle
analisi in tal modo ottenuti non possono assumere efficacia probatoria e,
quindi, non sono utilizzabili (cfr. Sez. III, 18.11.2008, n, 6881/09, Ceragioli,
m. 242523). D'altra parte, quand'anche si volesse - peraltro discutibilmente,
trattandosi di prove illegittimamente acquisite in violazione dei divieti
stabiliti dal codice di rito in relazione alle fonti di prova raccolte nel corso
delle indagini preliminari - parlare in termini di nullità, nella specie
dovrebbe comunque affermarsi la nullità di tutta la attività di campionamento e
di analisi dei rifiuti, senza che rilevi la questione se si tratti di nullità
assoluta o relativa, dal momento che la stessa è stata tempestivamente eccepita
con il primo atto difensivo.
6.1. Può peraltro per
completezza anche osservarsi che nella specie non sono state osservate nemmeno
le norme dettate dall'art. 223 disp. att. cod. proc. pen. per le attività di
campionamento ed analisi aventi mera natura amministrativa. Va ricordato che
l'art. 223 cit. prevede due distinte procedure, quella di cui al primo comma,
qualora si tratti di analisi di campioni per i quali non è prevista la
revisione, e quella di cui al secondo comma, per l'ipotesi di analisi per le
quali è prevista la revisione. Nella specie non risulta espressamente
dall'ordinanza impugnata se per le analisi in questione era o meno prevista la
revisione, ossia se le stesse avevano o meno ad oggetto cose modificabili o
deteriorabili. Peraltro, nella ordinanza impugnata si afferma, da un lato, che
dovevano trovare applicazione le norme di cui al primo comma dell'art. 223 cit.,
e, da un altro lato, che tali norme sarebbero state nella specie osservate. Deve
quindi ritenersi che il tribunale del riesame abbia implicitamente accertato in
fatto che le analisi avevano ad oggetto elementi deperibili o modificabili,
giacché altrimenti non avrebbero alcun senso le ripetute affermazioni che erano
state rispettate le norme di cui all'art. 223, primo comma, ed in particolare
l'obbligo di avvisare l'interessato dell'effettuazione delle prime analisi.
L'art. 223, primo comma, dispone che, a cura dell'organo procedente, deve essere
dato, anche oralmente, avviso agli interessati del giorno, dell'ora e del
luogo dove le analisi verranno effettuate. Nella specie è pacifico che l'avviso
che le analisi si sarebbero svolte a Bari il giorno successivo venne dato
oralmente soltanto agli autisti dei tre camion, i quali peraltro non erano
dipendenti della mittente società Vidori, bensì di una distinta società di
autotrasporti. E' pertanto evidente la assoluta insufficienza di tale avviso,
dal momento che l'art. 223 prescrive che l'avviso deve essere dato agli
interessati, i quali nella specie erano peraltro tutti individuabili e già
individuati, in quanto già sottoposti alle indagini preliminari ed alle
intercettazioni telefoniche.
L'ordinanza impugnata ha ritenuto invece sufficiente l'avviso agli autisti per
il motivo che, pur essendo questi dipendenti dalla Veca Sud Autotrasporti srl e
non della Vidori Servizi Ambientali Spa, tra le due società era stato stipulato
un contratto per il trasporto dei rifiuti da conferire alla discarica di
Formica, sicché «il preavviso devesi ritenere rivolto, per il tramite degli
autisti che hanno presenziato ai rilievi, non solo al titolare della loro ditta,
ma anche al committente Vidori Servizi Ambientali, cui quel trasporto era
riconducibile e che era legata alla Veca Sud dagli accordi negoziali intercorsi
tra le due società». Si tratta di motivazione meramente apparente nonché
manifestamente illogica sotto diversi profili. L'art. 223 dispone che l'avviso
del giorno, dell'ora e del luogo dove le analisi verranno effettuate deve essere
dato all'interessato, ossia al soggetto nei cui confronti potrebbero sorgere
indizi di reato in conseguenza dei risultati delle analisi. Tale soggetto,
ovviamente, non è l'autista dipendente della società di autotrasporti. Nella
specie, del resto, gli interessati ai quali doveva essere dato l'avviso erano
stati già individuati attraverso le intercettazioni telefoniche, ed erano i
diversi soggetti indagati, a vario titolo connessi con la società Vidori o con
la società Formica. In secondo luogo, non è spiegato per quale ragione potesse
presumersi che un avviso di analisi per l'indomani dato ai dipendenti della
società di autotrasporti, ossia di un soggetto estraneo agli interessati, fosse
stato portato a conoscenza anche dei mittenti e dei destinatari e comunque che
costoro fossero stati avvisati tempestivamente ed integralmente, anche circa il
luogo e l'ora delle analisi. La giurisprudenza citata dalla ordinanza impugnata
è inconferente perché si riferisce all'ipotesi di avviso dato al dipendente del
titolare interessato, fissando un principio che si condivide ma che non può
essere esteso analogicamente alla diversa ipotesi di avviso dato al dipendente
di società terza estranea rispetto a tutti gli indagati.
L'ordinanza impugnata, peraltro, afferma anche che l'avviso agli interessati
sarebbe stato superfluo perché dalle intercettazioni telefoniche in corso
emergeva che il giorno stesso Vidori Giuseppe era stato messo a conoscenza dal
titolare della ditta di autotrasporti dell'avvenuto prelievo e della fissazione
delle analisi, tanto che si era messo in contatto con il consulente della
Formica prof. Laricchiuta per discutere sulla possibilità ed opportunità che
questi presenziasse alle analisi. Anche questa motivazione è erronea oltre che
manifestamente illogica in quanto la conoscenza comunque avuta aliunde del luogo
e dell'ora delle analisi non può sostituire l'avviso ufficiale che deve essere
dato, anche oralmente ed in modo informale, ma sempre «a cura dell'organo
procedente». Solo questo avviso ufficiale, invero, è in grado di mettere
legalmente l'interessato in
condizione di esercitare i suoi diritti di difesa ed in particolare l'onere di
essere presente alle analisi, in modo che possano ricadere su di lui le
conseguenze della eventuale mancata presenza. Conoscenze avute in altro modo e
per via indiretta non possono dare la certezza che la mancata presenza sia
dovuta ad una decisione consapevole dell'interessato e ad una sua rinuncia ad
esercitare in questa fase le garanzie difensive, invece che, ad esempio, alla
convinzione che, in mancanza di avviso ufficiale, non fosse sorto il diritto o
l'onere di partecipare alle analisi. Nella specie, del resto, proprio dalla
intercettazione della telefonata intercorsa quel giorno tra Vidori Giuseppe ed
il prof. Laricchiuta, il cui contenuto è riportato testualmente dalla ordinanza
impugnata, sembra emergere che i due ritennero opportuno non presenziare alla
analisi proprio perché si erano convinti che, in mancanza di una avviso
legalmente rivolto alla Vidori, il titolare di questa non avrebbe potuto e
dovuto presentarsi.
Pertanto, anche qualora fosse applicabile l'art. 223 e non invece l'art. 220
disp. att. cod. proc. pen. dovrebbe ugualmente ritenersi che i risultati delle
analisi, a causa del mancato avviso agli interessati - nella specie a Vidori
Giuseppe ed Andrea - sarebbero inutilizzabili (cfr. Sez. VI, 5.11.1992, n. 592,
Urzi; Sez. VI, 8.10.1993, n. 189, Meini; Sez. III, 4.3.1993, n. 2581, Terenziani,
m. 193378; Sez. III, 21 febbraio 1994, n. 5310, Elena; Sez. III, 20.11.2002, n.
1068/03, Manzolillo; Sez. F., 3 agosto 2006, Paolillo), sia perché si
tratterebbe di prove raccolte in violazione del divieto di effettuare le analisi
di cui all'art. 223 cit. primo comma senza avere dato previamente avviso
all'interessato, sia perché il terzo comma del medesimo art. 223 dispone che se
non sia stata seguita la procedura ivi prevista i verbali delle analisi non
possono essere raccolti nel fascicolo del dibattimento e sono, quindi,
inutilizzabili. In ogni caso, anche volendo ritenere che l'omesso avviso
all'interessato determini non la inutilizzabilità dei risultati ma la nullità
della procedura di analisi (Sez. III, 13.11.1997, n. 10209, Serva; Sez. III,
15.3.2000, n. 5207, Murri) nella specie dovrebbe comunque dichiararsi tale
nullità, dal momento che essa è stata tempestivamente eccepita con il primo atto
difensivo.
6.2. E' appena il caso di rilevare come sia palesemente erroneo, oltre che
manifestamente illogico, l'assunto secondo cui della violazione dell'art. 223
disp. att. cod. proc. pen. potrebbe dolersi solo Vidori Giuseppe, che è legale
rappresentante della società, e non anche Vidori Andrea, per il motivo che
questi era solo il responsabile commerciale senza poteri di rappresentanza
esterna. La titolarità della rappresentanza esterna è infatti elemento del tutto
irrilevante, laddove ciò che rileva è la circostanza che anche Vidori Andrea era
sicuramente sottoposto alle indagini e quindi soggetto interessato, che aveva
diritto di essere avvisato e di presenziare alla analisi.
7. E' opportuno anche rilevare che il mancato rispetto delle procedure e
garanzie difensive previste dall'art. 220 e, in ogni caso, dall'art. 223 disp.
att. cod. proc. pen. sembra avere anche determinato risultati la cui
attendibilità non è stata accertata con congrua ed adeguata motivazione, tanto
che l'ordinanza
impugnata, quand'anche i risultati delle analisi fossero utilizzabili, dovrebbe
comunque essere annullata sul punto.
Ed invero, la difesa aveva innanzitutto eccepito che nel fascicolo processuale
trasmesso dal PM al GIP unitamente alla richiesta di misura cautelare in data
30.10.2008, non erano contenuti i verbali di campionamento. Sebbene, secondo la
giurisprudenza di questa Suprema Corte, «l'assenza del verbale delle operazioni
di analisi di campioni è causa di inutilizzabilità dei relativi risultati in
quanto rende impossibile per il giudice il controllo sull'attività compiuta dall'organo
amministrativo» (Sez. III, 31.1.1994, n. 4423, Negrini, m. 197329), il tribunale
del riesame ha risposto in modo poco chiaro a questa eccezione, perché da un
lato sembra confermare la mancanza del verbale, ma dall'altro lato, attribuisce
rilievo ad un verbale trasmesso dall'Arpa al PM oltre due anni dopo, senza
chiarire di che verbale si tratta e in quale data é stato redatto.
La difesa aveva altresì eccepito che le modalità di campionamento eseguite
sarebbero state difformi da quelle prescritte, perché i campioni di rifiuti
erano stati prelevati direttamente sui camion invece di seguire il metodo della
c.d. quartatura, che prevede lo scaricamento del mezzo in modo da poter
raggiungere tutti i rifiuti componenti il carico. Il tribunale del riesame ha
risposto in modo generico a questa eccezione affermando, senza spiegare i
motivi, che i campioni erano sicuramente rappresentativi dei miscugli di rifiuti
perché erano state seguite le modalità previste dal manuale IRSA-CNR. Sennonché,
ai sensi del punto 2, dell'allegato 3, del d.m. dell'ambiente e della tutela del
territorio 2 agosto 2005 (Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti
in discarica), «il campionamento dei rifiuti ai fini della loro
caratterizzazione chimico-fisica deve essere effettuato in modo tale da ottenere
un campione rappresentativo secondo i criteri, le procedure, i metodi e gli
standard di cui alla norma UNI 10802 "Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e
fanghi - Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati "».
L'ordinanza impugnata non ha motivato sulle ragioni per le quali nella specie
sarebbe stato correttamente utilizzato il metodo IRSA-CNR, anziché il metodo UNI
10802 previsto dalla norma tecnica.
La difesa aveva inoltre eccepito che i risultati delle analisi - svolte peraltro
senza che gli indagati fossero stati messi in condizione di assistervi - erano
inattendibili e comunque non significativi, anche per la minima entità dei
parametri considerati dall'Arpa al fine della classificazione dei rifiuti in
questione come tossico-nocivi, come tali non abbancabili nella discarica di
Formica. In particolare aveva eccepito che la questione sulla individuazione in
sede di analisi degli idrocarburi da considerare rilevanti per il superamento
della soglia di legge ai fini della dei rifiuti come pericolosi o meno, era
stata risolta dal legislatore con la legge 13/2009, di conversione del d.1.
208/08, sicché ora la soglia dello 0,1% non può ritenersi superata ove siano
stati rilevati cumulativamente ed indistintamente tutti gli oli minerali.
L'ordinanza impugnata ha omesso di rispondere anche a questa eccezione.
Deve infine ritenersi anche fondato il motivo di ricorso con il quale i
ricorrenti lamentano che comunque manca sostanzialmente una congrua ed adeguata
motivazione anche sulle ragioni per le quali il solo fatto che tre carichi della
Vidori contenessero rifiuti che superavano i limiti tabellari per alcune sostanze
potesse costituire grave indizio che tutti o almeno la gran parte (tale da
configurare la ingente quantità) dei rifiuti inviati nel tempo dalla Vidori alla
discarica di Formica fossero ugualmente tossico-nocivi o pericolosi per la
concentrazione di oli minerali superiore ai limiti di legge.
8. I ricorrenti lamentano anche che tutta la costruzione accusatoria in
relazione al contestato reato di cui all'art. 260 d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152,
si fonda unicamente sulle analisi dei tre prelievi effettuati dall'Arpa di Bari
l'11.12.2006 sui tre camion in sosta a Polignano ed individuati attraverso le
intercettazioni telefoniche.
Ora, il tribunale del riesame ha espressamente riconosciuto che sul contenuto
dei dialoghi intercettati riposa «parte della piattaforma indiziaria», sembrando
in tal modo riconoscere che, senza i risultati delle analisi - nella specie
inutilizzabili o comunque nulli per quanto dianzi osservato - le sole
intercettazioni telefoniche non sarebbero di per sé idonee a fornire gravi
indizi della sussistenza del reato ipotizzato.
In ogni modo l'ordinanza impugnata riporta innanzitutto una serie di
intercettazioni telefoniche fra i Vidori ed i gestori della discarica che però
si sono svolte tutte fra il 7 e l'11 dicembre 2006 e riguardano unicamente il
controllo del Corpo forestale nella discarica ed camion della Vidori, il carico
di parte dei quali fu sottoposto al prelievo ed alle analisi. Viene poi
riportata una conversazione del 9.1.2007 tra Vidori Giuseppe e Castiglione, da
cui si desume che il Fiorillo aveva sospeso l'attività della discarica. Viene
infine riportata una telefonata del 14.3.2007 tra Vidori Andrea ed il Fiorillo,
in cui si fa riferimento a cambi di codice, ai controlli ed a difficoltà della
Vidori. Non vengono però indicate le ragioni per le quali da queste ultime due
telefonate e dalle telefonate del 7-11.12.2006 si può desumere che i rifiuti
inviati dalla Vidori fossero non abbancabili nella discarica perché contenenti
elementi con valori superiori ai limiti consentiti e perché i carichi illeciti
fossero la gran parte di quelli inviati tanto da raggiungere una quantità
ingente di rifiuti illecitamente trafficati.
In sostanza, la motivazione dell'ordinanza impugnata è generica sulla
circostanza che dai contenuti delle intercettazioni telefoniche emergano nei
confronti degli attuali ricorrenti gravi indizi sulla sussistenza del reato
ipotizzato, tali da giustificare un provvedimento restrittivo della libertà
personale. Dai dialoghi riportati relativi ai Vidori possono semmai emergere
semplici indizi sulla possibile esistenza di un qualche reato, indizi che
giustificavano un approfondimento investigativo, ed in particolare dei sequestri
probatori e degli accertamenti tecnici. L'ordinanza però non spiega perché tali
dialoghi costituissero anche gravi indizi di colpevolezza con specifico
riferimento all'ipotizzato reato di traffico illecito di ingenti quantitativi di
rifiuti.
9. Analogamente, la motivazione dell'ordinanza impugnata è meramente apparente e
di stile anche in relazione alle esigenze cautelari, in quanto non sono stati
specificati né i pericoli di inquinamento probatorio che giustificherebbero il provvedimento privativo della libertà personale, né gli elementi da cui si
desumerebbe l'esistenza di un pericolo attuale e concreto di reiterazione di
reati della stessa specie. In particolare, non sono stati presi in
considerazione gli elementi indicati dalla difesa, tra cui il fatto che il reato
risulta contestato come commesso fino al dicembre 2006, mentre il provvedimento
restrittivo è stato emesso solo due anni dopo, il 13 marzo 2009.
10. In conclusione l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al
tribunale del riesame perché valuti, con adeguata e congrua motivazione, senza
tenere conto degli inutilizzabili risultati delle analisi chimiche, se
sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato contestato nonché se
sussistano, in concreto ed attualmente, le richieste esigenze cautelari.
Tutti gli altri motivi restano assorbiti.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Lecce.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte Suprema di Cassazione, il 10 febbraio 2010..
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 27 APR. 2010
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