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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006 - ISSN 1974-9562
CORTE
DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16393
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Vincolo paesaggistico-ambientale - Reato di
pericolo - Configurabilità dell'illecito - Effettivo pregiudizio per l'ambiente
- Necessità - Esclusione - Principio di offensività - Art. 181, c. 1, D. Lgs. n.
42/2004 (già art. 1 sexies L. n. 431/1985 ed art. 163 D.Lgs. n. 490/1999).
In presenza di un vincolo paesaggistico-ambientale, il reato di cui all'art.
181, comma 1, del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (già art. 1 sexies della legge n.
431/1985 ed art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) è un reato di pericolo e, pertanto,
per la configurabilità dell'illecito non è necessario un effettivo pregiudizio
per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente
rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a
compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici.
(Cass., Sez. III, 9.4.2009, n. 15227; 11.1.2006, n. 564; 21.12.2005, n. 467671).
Pertanto, il principio di offensività deve essere inteso, in termini non di
concreto apprezzamento di un danno ambientale, bensì dell'attitudine della
condotta a porre in pericolo il bene protetto. (Conferma ordinanza n. 216/2009
TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 22/06/2009) Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric.
Cavallo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010),
Sentenza n. 16393
DIRITTO URBANISTICO - BENI CULTURALI ED AMBIENTALI - Permesso di costruire -
Variante con DIA - Limiti - Vincolo paesaggistico-ambientale - Realizzazione di
varianti cd. Lievi - Rilascio dell'autorizzazione - Necessità - D.Lgs. n.
42/2004 - Art. 22, cc. 2°e 6°, T.U. n. 380/2001. La successiva DIA non può
ritenersi che integri mera variante del progetto già approvato con il precedente
permesso di costruire. In quanto, si configura "variante" solo allorquando il
progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal
nuovo elaborato. Inoltre, le varianti, normalmente devono essere autorizzate con
il medesimo procedimento prescritto per il rilascio del permesso di costruire e
possono essere sottoposte a DIA soltanto qualora: a) non incidano sui parametri
urbanistici e sulla volumetrie; b) non modifichino la destinazione d'uso e la
categoria edilizia; c) non alterino la sagoma dell'edificio; d) non violino le
eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire (art. 22, 2° comma,
del T.U. n. 380/2001). Infine, in presenza di un vincolo
paesaggistico-ambientale, la realizzazione di varianti cd. lievi, sono comunque
subordinate al preventivo rilascio dell'autorizzazione richiesta dal D.Lgs. n.
42/2004 (art. 22, 6° comma, del T.U. n. 380/2001). (Conferma ordinanza n.
216/2009 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 22/06/2009) Pres. Grassi, Est. Fiale,
Ric. Cavallo. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc.
17/02/2010), Sentenza n. 16393
DIRITTO URBANISTICO - Nozione di "ristrutturazione edilizia" - Art. 3, 1° c.,
lett. d), T.U. n. 380/2001, come modif. D.Lgs. n. 301/2002. L'art. 3, 1°
comma, lett. d), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002,
ha esteso, la nozione di "ristrutturazione edilizia" ricomprendendovi pure gli
interventi ricostruttivi "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la
stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica". Volumetria
e sagoma, dunque, debbono rimanere identiche nei casi di ristrutturazione
attuata attraverso demolizione e ricostruzione, mentre non si pongono come
limiti per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la previa
demolizione. (Conferma ordinanza n. 216/2009 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del
22/06/2009) Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Cavallo. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16393
DIRITTO URBANISTICO - Reato edilizio - Art. 181, c. 1, D.Lgs. n. 42/2004 -
Permanenza e cessazione - Esaurimento totale dell'attività o cessazione della
condotta. La permanenza del reato edilizio cessa soltanto con la ultimazione
effettiva dei lavori, che deve farsi coincidere con I'ultimazione di tutte te
opere del fabbricato, rifiniture, infissi ed impianti compresi (vedi, tra le
pronunzie più recenti, Cass., Sez. III, 3.11.2009, n. 42179). Anche il reato
attualmente previsto dall'art. 181, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004, allorquando
sia realizzato mediante una condotta che si protrae nel tempo (come si verifica
per una costruzione edilizia), é permanente e si consuma con l'esaurimento
totale dell'attività o con la cessazione della condotta per altro motivo (vedi
Cass., Sez. III, 20.9.1994, n. 9983, Sale e 1.6.1994, n. 6371, P.M. in proc.
Bedogn). (Conferma ordinanza n. 216/2009 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del
22/06/2009) Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Cavallo. CORTE DI CASSAZIONE
PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16393
DIRITTO PROCESSUALE PENALE - fumus commissi delicti -
Accertamento della sussistenza - Criteri. L'accertamento della sussistenza
del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità
degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano
fattuale, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi
consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere
l'ipotesi formulata in quella tipica. (Conferma ordinanza n. 216/2009 TRIB.
LIBERTA' di SALERNO, del 22/06/2009) Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Cavallo.
CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n.
16393
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UDIENZA del 17.02.2010
SENTENZA N. 289
REG. GENERALE N. 30270/2009
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi
Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALDO GRASSI
- Presidente -
Dott. CIRO PETTI
- Consigliere -
Dott. ALDO FIALE
- Rel. Consigliere -
Dott. SILVIO AMORESANO
- Consigliere -
Dott. GIULIO SARNO
- Consigliere -
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) CAVALLO GERARDO N. IL xx/00/xxxx
- avverso l'ordinanza n. 216/2009 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 22/06/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
- sentite le conclusioni del PG Dott. Giocchino Izzo il quale ha richiesto il rigetto del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Il G.I.P. del Tribunale di Vallo della Lucania - con provvedimento del 24.7.2008
- disponeva il sequestro preventivo (tra l'altro) di un fabbricato in corso di
realizzazione nel territorio del Comune di Pisciotta.
Detto sequestro era stato disposto in relazione ai reati di cui agli arti: 44,
lett. e), T.U. n. 380/2001; 181 D. Lgs. n. 42/2004; 734 cod. pen..; 64, 65, 71,
72, 93 e 95 T.U. n. 380/2001; 13 e 30 legge n. 394/1991, ipotizzati nei
confronti di Cavallo Gerardo, per avere eseguito, in zona assoggettata a vincolo
paesaggistico - in totale difformità del permesso di costruire - opere edili
consistite nella demolizione di un piccolo fabbricato rurale già esistente e
ricostruzione di un nuovo fabbricato in cemento armato a due piani.
Il Cavallo presentava istanza di dissequestro, rigettata dal G.I.P. con
provvedimento del 17.4.2009, e, sull'appello proposto avverso tale diniego, il
Tribunale di Salerno - con ordinanza del 22.6.2009 - respingeva il gravame,
limitatamente all'immobile in oggetto, argomentando che:
- I'intervento di demolizione del preesistente fabbricato rurale e di
contestuale ricostruzione era stato autorizzato a condizione che non venissero
modificati la sagoma ed il volume; tali prescrizioni, però, non erano state
rispettate ed erano state realizzate modifiche per le quali non risultava
rilasciata, inoltre, la necessaria autorizzazione paesaggistica;
- sussisteva il periculum in mora, trattandosi di opere in corso di
esecuzione.
Avverso l'anzidetta ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione
il difensore dell'appellante, il quale - sotto i profili della violazione di
legge e del vizio totale di motivazione - ha eccepito che:
- le difformità esecutive dei lavori di ricostruzione sarebbero state ritenute
effettivamente esistenti senza attuare il necessario raffronto tra le
conclusioni rispettivamente raggiunte dal consulente tecnico di ufficio e dal
consulente di parte, apparendo del tutto ignorate le prospettazioni di
quest'ultimo;
- l'art. 10, 1° comma, lett. c), del T.U. n. 380/2001 consentirebbe "la
realizzazione di quegli interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto
o in parte diverso dal precedente, previa demolizione dello stesso, e che
comportino aumento di unità immobiliari, nonché modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti e delle superfici", sicché, nella specie,
l'amministrazione comunale non avrebbe potuto, nel rilascio del permesso di
costruire, imporre prescrizioni derogatorie a siffatto disposto legislativo.
Nella sostanza, comunque, le riscontrate difformità dal progetto consistono
nell'aggiunta, al piano seminterrato, di un locale tecnologico e di un
porticato, nonché nella ricostruzione del tetto con forma diversa da quella
preesistente: interventi tutti che non integrano aumento di volumetria;
- le anzidette opere difformi non altererebbero lo stato dei luoghi e l'aspetto
esteriore dell'edificio rispetto alla progettazione originaria già assentita
dalla Soprintendenza, per cui non sarebbe stato necessario un nuovo ed ulteriore
intervento autorizzatorio di tale ufficio;
- non sussisterebbe il periculum in mora, perché i lavori dovrebbero
considerarsi "ultimati", con riferimento al rustico ed al completamento della
copertura, e le difformità riscontrate non sarebbero suscettibili di incidere
sul carico urbanistico.
*********
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato.
Va rilevato, in punto di fatto, secondo la ricostruzione operata dal ricorrente,
che, in relazione al manufatto in oggetto, era stata dapprima rilasciato un
permesso di costruire (n. 10/2007) per "ristrutturazione edilizia senza
modifiche di sagoma e di volume", a fronte di una istanza che aveva invece
qualificato l'intervento come "risanamento e adeguamento igienico-sanitario".
Successivamente é stata presentata una DIA, che prevedeva la demolizione del
manufatto preesistente e la sua integrale ricostruzione.
E' stata riscontrata la esecuzione di lavori di ristrutturazione edilizia in
seguito a demolizione integrale del fabbricato preesistente, nonché la
non-coincidenza nella volumetria e nella sagoma del manufatto di nuova
costruzione rispetto a quello demolito.
2. In tale situazione di fatto deve ricordarsi che l'art. 10, 1° comma - lett.
c), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, assoggetta a
permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia "che
portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che
comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei
prospetti o delle superfici", ovvero si connettano a mutamenti di destinazione
d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).
L'art. 22, 30 comma - lett. a),
dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, prevede, però, che -
a scelta dell'interessato - tali interventi possono essere realizzati anche in
base a semplice denunzia di inizio attività.
Sono realizzabili, pertanto, in seguito a permesso di costruire ovvero (a scelta
dell'interessato) previa denunzia di inizio attività interventi di
ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni funzionali e strutturali
dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume.
Le "modifiche del volume" previste dall'art. 10 possono consistere, però, in
diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi
volumetrici modesti (tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria)
poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento
dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione
edilizia" e "nuova costruzione".
L'art. 3, 1° comma, lett. d), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs.
n. 301/2002, ha esteso, inoltre, la nozione di "ristrutturazione edilizia"
ricomprendendovi pure gli interventi ricostruttivi "consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello
preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla
normativa antisismica".
Volumetria e sagoma, dunque, debbono rimanere identiche nei casi di
ristrutturazione attuata attraverso demolizione e ricostruzione, mentre non si
pongono come limiti per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la
previa demolizione [vedi Cass., Sez. III: 26 ottobre 2007, Soldano; 18 marzo
2004, Calzoni. Vedi pure, in tal senso, C. Stato: Sez. IV, 18 marzo 2008, n.
1177; Sez. IV, 8 ottobre 2007, n. 5214; Sez. IV, 16 marzo 2007, n. 1276; Sez. IV,
22 maggio 2006, n. 3006].
Nella vicenda in esame, al contrario, la demolizione e ricostruzione é stata
denunziata con DIA ma il risultato finale dell'attività
demolitorio-ricostruttiva non coincide, nella volumetria e nella sagoma con il
manufatto prevedente, sicché l'intervento eseguito è stato esattamente
qualificato come "nuova costruzione", assoggettata esclusivamente al permesso di
costruire.
Né può ritenersi che la DIA successiva integri mera variante del progetto già
approvato con il precedente permesso di costruire.
Si configura "variante", infatti, solo allorquando il progetto già approvato non
risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato.
Le varianti, inoltre, normalmente devono essere autorizzate con il medesimo
procedimento prescritto per il rilascio del permesso di costruire e possono
essere sottoposte a DIA soltanto qualora: a) non incidano sui parametri
urbanistici e sulla volumetrie; b) non modifichino la destinazione d'uso e la
categoria edilizia; c) non alterino la sagoma dell'edificio; d) non violino le
eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire (art. 22, 2° comma,
del T.U. n. 380/2001).
Nella specie, invece, viene introdotto quale elemento nuovo la demolizione e,
nella riedificazione, sagoma e volumi risultano modificati.
3. Perfino la realizzazione di varianti siffatte (che possono definirsi
"lievi"), comunque, in presenza di un vincolo paesaggistico-ambientale, è
subordinata al preventivo rilascio dell'autorizzazione richiesta dal D.Lgs. n.
42/2004 (art. 22, 6° comma, del T.U. n. 380/2001).
Va ribadito, in proposito, l'orientamento costante di questa Corte Suprema
[vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass., Sez. III: 9.4.2009, n. 15227;
11.1.2006, n. 564; 21.12.2005, n. 467671 secondo il quale il reato di cui
all'art. 181, comma 1, del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (già art. 1 sexies della
legge n. 431/1985 ed art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999) è reato di pericolo e,
pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo
pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte
penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in
astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli
edifici.
Il principio di offensività deve essere inteso, al riguardo, in termini non di
concreto apprezzamento di un danno ambientale, bensì dell'attitudine della
condotta a porre in pericolo il bene protetto.
Nella fattispecie in esame le opere denunziate con la DIA appaiono ad evidenza
oggettivamente non irrilevanti ed astrattamente idonee a compromettere
l'ambiente: sussiste, pertanto, un'effettiva messa in pericolo del paesaggio,
oggettivamente insita nella minaccia ad esso portata e valutabile come tale
ex ante, nonché una violazione dell'interesse dalla P.A. ad una corretta
informazione preventiva ed all'esercizio di un efficace e sollecito controllo.
4. Le contrarie argomentazioni del consulente di parte, secondo i contenuti ai
quali viene fatto riferimento in ricorso, non smentiscono con evidenza immediata
l'impianto accusatorio e, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto
provvedimenti di sequestro, non é ipotizzabile una "plena cognitio" del
Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della
legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed
a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi
endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere
conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice
del procedimento principale.
L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delitti va compiuto
sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono
essere censurati sul piano fattuale, ma che vanno valutati così come esposti, al
fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole
probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica.
5. Quanto al periculum in mora, nella specie - risultando che i lavori
non sono ultimati - razionalmente è stata ritenuta prevedibile la prosecuzione
delle opere abusive, sicché la misura di cautela reale appare legittimamente
adottata, ai sensi dell'art. 321, 1° comma, c.p.p., al fine di impedire ed
evitare l'aggravamento o la protrazione di un reato tuttora in itinere.
Va ricordato, in proposito, che, secondo la giurisprudenza costante di questa
Corte, la permanenza del reato edilizio cessa soltanto con la ultimazione
effettiva dei lavori, che deve farsi coincidere con I'ultimazione di tutte te
opere del fabbricato, rifiniture, infissi ed impianti compresi (vedi, tra le
pronunzie più recenti, Cass., Sez. III, 3.11.2009, n. 42179).
Anche il reato attualmente previsto dall'art. 181, comma 1, del D.Lgs. n.
42/2004, allorquando sia realizzato mediante una condotta che si protrae nel
tempo (come si verifica per una costruzione edilizia), é permanente e si consuma
con l'esaurimento totale dell'attività o con la cessazione della condotta per
altro motivo (vedi Cass., Sez. III: 20.9.1994, n. 9983, Sale e 1.6.1994, n.
6371, P.M. in proc. Bedogn).
6. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle
spese del procedimento.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 127, 325, 607 e 616 c.p.p.,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio dei 17.2.2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 27 APR. 2010
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