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Testata registrata presso il Tribunale di Patti Reg. n. 197 del 19/07/2006  - ISSN 1974-9562



CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394


 
DIRITTO URBANISTICO - Modifica destinazione d’uso (da artigianale a residenziale) - Esecuzione di opere interne con caratteristiche residenziali - Sussistenza. In tema di modifica della destinazione d’uso, l'accertata esecuzione di opere interne con caratteristiche residenziali - in una situazione in cui rimangono assolutamente evanescenti le attività artigianali che i soggetti interessati andrebbero ad esercitare nelle singole unità immobiliari - appare, indubbiamente idonea a configurare la modifica della precedente destinazione d'uso. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Farina ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394

DIRITTO URBANISTICO - Reato di lottizzazione abusiva - Commissione con condotte eterogenee - Concorso di persone nel reato - Accordo preventivo - Necessità - Esclusione. Il reato di lottizzazione abusiva nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, purché ciascuno di essi apporti un contributo causale alla verificazione dell'illecito (sia pure svolgendo ruoli diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo preventivo [vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. IDI: 21.12.2009, n. 48924, Tortora ed altri; 8.10.2009, n. 39078, Apponi ed altri; 22.9.2009, n. 36844, Contò; 29.4.2009, n. 17865, P.M. in proc. Quarta ed altri]. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Farina ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394

DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione abusiva negoziale - Nozione - Condotta dell'acquirente in buona fede, malafede e sub-acquirente - Effetti. La lottizzazione abusiva negoziale ha carattere generalmente plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso un'operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale. La condotta dell'acquirente, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo causale allo concreta attuazione del disegno criminoso di quello [Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliani] e, per la cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quello concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della Costituzione [Corte Costituzionale sentenza n. 364/1988]. L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione. Quando, invece, l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell'intervento - o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato Iottizzatorio. Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei venditori, che, traendo in inganno acquirenti comunque diligenti, li convincano della legittimità delle operazioni [Cass., Sez, III: 22.5.1990, Oranges e 26.1.1998, Cusimano]. Neppure l'acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità, allorché si consideri che l'utilizzazione delle modalità dell'acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale [vedi Cass., Sez. III, 8.11.2000, Petracchi]. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Farina ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394

DIRITTO URBANISTICO - Lottizzazione negoziale - Contributo causale all'attività illecita del venditore - Posizione del compratore. In tema di lottizzazione abusiva, il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all'attività illecita del venditore [Cass., Sez. III, 26.6.2008, Belloi ed altri]. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Farina ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Riesame di provvedimenti di sequestro - Procedimenti incidentali - Tribunale del riesame - Limiti - Fumus commissi delicti - Accertamento e congruità degli elementi rappresentati. Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale. L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Farina ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394

DIRITTO PROCESSUALE PENALE - Oggetto dei sequestro preventivo - Limiti del vincolo coercitivo - Art. 321 c.p.p.. Oggetto dei sequestro preventivo di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. può essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato - purché esso sia, pure indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti [Cass.: n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992]. Ciò che rileva, in relazione al sequestro preventivo non finalizzato alla confisca, è l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore [Cass., Sez. III, 21.12.2009, n. 48924; 19.1.2009, n. 1806], poiché l'oggetto della situazione di indisponibilità è rappresentato da qualsiasi cosa pertinente al reato, indipendentemente dal titolo di proprietà, possesso o detenzione vantato dal soggetto, imputato o terzo, che ne dispone. Il vincolo coercitivo pertanto - a fronte di una valutazione di "pericolosità" connessa alla libera disponibilità, che non comprometta inutilmente i diritti dei terzi - può logicamente cadere anche su cose detenute per qualunque titolo da un soggetto estraneo alla condotta delittuosa. Pres. Grassi, Est. Fiale, Ric. Farina ed altri. CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 27/04/2010 (Cc. 17/02/2010), Sentenza n. 16394


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UDIENZA del 17.02.2010

SENTENZA N. 297

REG. GENERALE N. 40487/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

 

Dott. ALDO GRASSI                                    - Presidente
Dott. CIRO PETTI                                         - Consigliere
Dott. ALDO FIALE                                        - Rel. Consigliere
Dott. SILVIO AMORESANO                          - Consigliere
Dott. GIULIO SARNO                                    - Consigliere


ha pronunciato la seguente


ORDINANZA


sul ricorso proposto da:
1) FARINA ALESSANDRO N. IL xx/xx/xxxx
2) GARGIONE SABATO N. IL  xx/xx/xxxx
3) AUTUORI VINCENZO N. IL 17/10/1956
4) PALMENTIERI MARCELLO N. IL  xx/xx/xxxx


- avverso l'ordinanza n. 135/2009 TRIB. LIBERTA' di SALERNO, del 24/06/2009
- sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;

- sentite le conclusioni del PG Dott. Giocchino Izzo il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
- Udito il difensore Avv.to Mauro Germani, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 
FATTO E DIRITTO


Il G.I.P. del Tribunale di Salerno - con provvedimento del 17.10.2007 - convalidava il sequestro preventivo di due fabbricati in corso di realizzazione nel territorio del Comune di Pontecagnano.


Detto sequestro era stato disposto in relazione al reato di lottizzazione abusiva (art. 44, lett. c, del T.U. n. 380/2001), ipotizzato nei confronti di Rizzo Vincenzo per avere eseguito, quale rappresentante legale della s.r.I. "Residence Immobiliare", in concorso con altri soggetti, in zona omogenea artigianale-commerciale (D14) - in totale difformità del permesso di costruire n. 45 del 31.5.2005 e del permesso in variante n. 45 del 2007, che prevedevano la costruzione di due edifici a destinazione artigianale - opere edili consistite nella realizzazione di due edifici, composti da piano-terra, primo e secondo piano, per complessive 18 unità immobiliari a destinazione residenziale, con trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni dello strumento pianificatorio vigente ed in mancanza deIl'autorizzazione a Iottizzare.


Il Rizzo presentava istanze di dissequestro, rigettate con provvedimenti confermati dal Tribunale del riesame.


Autonoma istanza veniva presentata da Farina Alessandro, Gargione Sabato, Autuori Vincenzo e Palmentieri Marcello, i quali - qualificandosi come promettenti-acquirenti di alcune delle unità immobiliari in costruzione - chiedevano la revoca del sequestro delle stesse, contestando la sussistenza del reato di lottizzazione abusiva e prospettando di avere diritto alla restituzione per essere "terzi in buona fede concretamente interessati'.

 

Assumevano di svolgere tutti attività artigianale, che intendevano continuare ad esercitare negli immobili sottoposti a sequestro.


Il G.I.P. del Tribunale di Salerno rigettava la richiesta e, sull'appello proposto avverso tale diniego, il Tribunale di Salerno - con ordinanza del 24.6.2009 - respingeva il gravame, argomentando che:
- gli appellanti non potevano considerarsi "terzi acquirenti in buona fede degli immobili oggetto della contestata lottizzazione", in quanto non hanno stipulato alcun contratto di compravendita con il costruttore Rizzo Vincenzo, nemmeno preliminare: essi avevano depositato semplici copie di scritture private, riportanti esclusivamente la firma dell'interessato ma non quella del costruttore Rizzo, attestanti una mera opzione di acquisto degli immobili in costruzione;
- le unità immobiliari realizzate presentano tipologia "più consona ad edifici per civili abitazioni, per la presenza di opere tipiche di un uso residenziale, quali l'attacco di carico e scarico delle cucine, canne fumarie per i camini, distribuzioni di bagni finemente rifiniti ed accessori di pregio";
- la stessa amministrazione comunale, in data 4.12.2007, aveva emesso ordinanza di demolizione, sulla scorta dell'accertata diversa destinazione d'uso degli edifici;
- sussisteva il periculum in mora, trattandosi di opere in corso di esecuzione.


Avverso l'anzidetta ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore degli appellanti, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito che:

- erroneamente sarebbe stato escluso che i propri assistiti siano "terzi acquirenti di buona fede" degli immobili oggetto di sequestro, tenuto conto del valore giuridico che assume una opzione accettata dal destinatario, confermata dalI'emissione di assegni bancari e di fatture. Strumentale deve ritenersi la notifica ad essi di un avviso di conclusione delle indagini, intervenuta successivamente alla presentazione dell'istanza di dissequestro;
- nella specie, le riscontrate caratteristiche delle unità immobiliari non consentirebbero "una prognosi sicura della loro destinazione";
- non sussisterebbe il periculum in mora, perché i lavori risultavano già interrotti volontariamente ed autonomamente all'atto del sequestro.


**********


Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente infondato.


1. Va ribadito anzitutto che il reato di lottizzazione abusiva - secondo concorde interpretazione giurisprudenziale - nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, purché ciascuno di essi apporti un contributo causale alla verificazione dell'illecito (sia pure svolgendo ruoli diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo preventivo [vedi, tra le decisioni più recenti, Cass., Sez. IDI: 21.12.2009, n. 48924, Tortora ed altri; 8.10.2009, n. 39078, Apponi ed altri; 22.9.2009, n. 36844, Contò; 29.4.2009, n. 17865, P.M. in proc. Quarta ed altri].
La lottizzazione abusiva negoziale - in particolare - ha carattere generalmente plurisoggettivo, poiché in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso un'operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale.
La condotta dell'acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perché anzi inserisce un determinante contributo causale allo concreta attuazione del disegno criminoso di quello [vedi Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliani] e, per la cooperazione dell'acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un'azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quello concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della Costituzione [vedi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli interessi dell'altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica].
L'acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benché compartecipe al medesimo accadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè - pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell'adempimento degli anzidetti doveri di informazione e conoscenza - di partecipare ad un'operazione di illecita lottizzazione.
Quando, invece, l'acquirente sia consapevole dell'abusività dell'intervento - o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza - la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato Iottizzatorio.
Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei venditori, che, traendo in inganno acquirenti comunque diligenti, li convincano della legittimità delle operazioni [vedi Cass., Sez, III, 22.5.1990, Oranges e 26.1.1998, Cusimano].
Neppure l'acquisto del sub-acquirente può essere considerato legittimo con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza di detta sola qualità, allorché si consideri che l'utilizzazione delle modalità dell'acquisto successivo ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale [vedi Cass., Sez. III, 8.11.2000, Petracchi].
Il venditore non può predisporre l'alienazione degli immobili in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti nell'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatone di zona: "Il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell'acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all'attività illecita del venditore" [così testualmente Cass., Sez. III, 26.6.2008, Belloi ed altri].


Nel caso in questione, comunque, quale che sia la effettiva valenza civilistica delle cc.dd, "opzioni di acquisto" prodotte (che potrà trovare opportuno approfondimento, in sede dibattimentale, a fronte della possibilità di interposizioni fittizie nella circolazione dei beni):
- i ricorrenti non sono stati ritenuti estranei al reato, tanto che ad essi è stato notificato avviso di conclusione delle indagini ex art. 415bis c.p.p.;
- il Tribunale di Salerno non ha ravvisato in alcun modo la buona fede degli stessi, i quali - del resto - non hanno addotto alcun elemento idoneo in concreto a dimostrare di essere rimasti coinvolti, per inconsapevolezza non colpevole o perché tratti in inganno, in un'operazione di illecita lottizzazione.


Essi hanno prodotto, infatti, documentazione attestante la loro qualità di artigiani ma non hanno indicato quale attività artigianale intenderebbero specificamente e rispettivamente svolgere nelle unità immobiliari opzionate (sì da consentire la verifica della concreta praticabilità delle attività medesime in relazione alla situazione ed alle caratteristiche degli immobili).


2. L'accertata esecuzione di opere interne con caratteristiche residenziali - in una situazione in cui rimangono assolutamente evanescenti le attività artigianali che i ricorrenti andrebbero ad esercitare nelle singole unità immobiliari - appare, allo stato, significativamente idonea a configurare la modifica della precedente destinazione d'uso.


Nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto provvedimenti di sequestro, infatti, non è ipotizzabile una "plena cognitio" del Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità dell'esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con l'assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell'accusa, potere questo riservato al giudice del procedimento principale.
L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano fattuale, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono - in una prospettiva di ragionevole probabilità - di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica.


3. Secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte Suprema, oggetto dei sequestro preventivo di cui al primo comma dell'art. 321 c.p.p. può essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato - purché esso sia, pure indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti [vedi Cass.: n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992].
In relazione alle misure di cautela reale deve ritenersi preclusa ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla gravità degli stessi [vedi Cass., Sez. Unite, 25.3.1993, n. 4] e la eventuale carenza dell'elemento soggettivo del reato può essere valutata soltanto allorquando emerga ictu oculi in modo evidente e si riverberi sulla componente materiale, incidendo sulla configurabilità stessa del reato.
Ciò che rileva, in relazione al sequestro preventivo non finalizzato alla confisca, è l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore [vedi Cass., Sez. III, 21.12.2009, n. 48924; 19.1.2009, n. 1806], poiché l'oggetto della situazione di indisponibilità è rappresentato da qualsiasi cosa pertinente al reato, indipendentemente dal titolo di proprietà, possesso o detenzione vantato dal soggetto, imputato o terzo, che ne dispone.
Il vincolo coercitivo pertanto - a fronte di una valutazione di "pericolosità" connessa alla libera disponibilità, che non comprometta inutilmente i diritti dei terzi - può logicamente cadere anche su cose detenute per qualunque titolo da un soggetto estraneo alla condotta delittuosa.


4. Quanto al periculum in mora, nella specie (caratterizzata dalla stretta pertinenza degli immobili al reato di lottizzazione abusiva) - risultando che i lavori non sono ultimati - razionalmente è stata ritenuta prevedibile la prosecuzione delle opere abusive, sicché la misura di cautela reale appare legittimamente adottata, ai sensi dell'art. 321, l° comma, c.p.p., al fine di impedire ed evitare l'aggravamento o la protrazione di un reato tuttora in itinere.
La pregressa spontanea interruzione dei lavori da parte del costruttore Rizzo - ove effettivamente si sia verificata prima dell'esercizio dei poteri cautelari e sanzionatori dell'amministrazione comunale - non esclude di per se stessa l'esigenza preventiva, poiché la libera disponibilità dell'immobile ben può essere concretamente utilizzata dagli indagati per proseguire la condotta illecita, sì da portare a compimento le unità immobiliari non appena ciò possa tornare utile o economicamente fattibile.


Va altresì evidenziato che, a fronte di un nuovo insediamento residenziale tutt'altro che insignificante, si impone il rispetto degli standards correlati alle residenze dall'art. 3 del D.M. n. 1444/1968 ed a ciò si connette la esigenza di reperimento delle relative aree da parte dell'Amministrazione comunale.


Ulteriormente si pone, per il Comune, la necessità di provvedere ad una nuova complessiva organizzazione del proprio territorio (da attuarsi, in sede di ripianificazione, con îl coordinamento delle varie destinazioni d'uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l'assegnazione ad ogni singola destinazione d'uso di determinate qualità e quantità di servizi), risultando alterate e compromesse precedenti scelte pianificatone correlate allo sviluppo economico e sociale del territorio.


5. Alla stregua delle argomentazioni che precedono si ritiene, dunque, pienamente giustificato il rigetto dell'istanza di revoca della misura cautelare in questione.


6. Tenuto conto della sentenza 13.6.2000, n. 186 della Corte Costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che "le parti abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.", alla declaratoria della inammissibilità medesima segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento, da parte di ciascun ricorrente, di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di curo 1.000,00.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione,
visti gli artt. 127, 325, 607 e 616 c.p.p.,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00, in favore della Cassa delle ammende


Così deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 17.2.2010

DEPOSITATA IN CANCELLERIA il  27 APR. 2010



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